Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29350 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29350 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 06/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26164/2018 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE CAMPANIA n. 6611/2018 depositata il 06/07/2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/10/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.La società ricorrente, proprietaria di un immobile nel Comune di Napoli, accatastato in categoria D/5 – istituto di credito cambio e assicurazione – effettuava lavori edili finalizzati ad una diversa distribuzione degli spazi interni, procedendo anche alla fusione tra diverse particelle iscritte in catasto. A tal fine presentava Docfa nel quale rappresentava la nuova distribuzione degli spazi interni, attribuendo al cespite la rendita catastale di euro 36.880 81. La rendita veniva rettificata dall’ufficio in euro 39.591,36 con avviso di classamento che non veniva opposto.
In data 3 febbraio 2016, la società presentava una nuova dichiarazione Docfa ai fini dell’aggiornamento catastale, proponendo la nuova rendita catastale pari ad euro 17.240,00. L’agenzia RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE rettificava la rendita catastale accertando una rendita pari ad euro 39.591,36, vale a dire la medesima rendita precedentemente attribuita all’immobile; avviso che veniva impugnato dalla società.
La Commissione tributaria provinciale di Napoli respingeva il ricorso sul presupposto che la distribuzione interna dell’immobile avesse costituito il pretesto per rimodulare la rendita catastale, a nulla rilevando il dedotto mutato contesto socio-economico e la predicata variazione della redditività dell’immobile.
Avverso detta sentenza interponeva gravame la società, assumendo che il contribuente può rettificare la rendita catastale dell’immobile qualora essa non sia più rappresentativa dell’effettiva redditività del cespite, insistendo, inoltre, nel censurare la sentenza di primo grado evidenziando la carenza motivazionale dell’avviso di accertamento opposto.
La Commissione tributaria regionale della Campania escludeva il vizio motivazionale dell’avviso, contenendo i dati oggettivi del bene ed i relativi riferimenti catastali; statuiva, infine, l’infondatezza dell’appello proposto, in quanto l’atto impugnato consisteva in una
rettifica di un Docfa presentato per lavori edili di distribuzione interna del cespite e non per una variazione basata su un diverso reddito lordo ritraibile.
La società indicata in epigrafe propone, avverso la sentenza n.6611 del 6 luglio 2018, ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi.
Replica con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
MOTIVI DI DIRITTO
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., si denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1, secondo comma, d.P.R. 19 aprile 1994, n. 701, nonché degli artt. 15 – 26 del d.P.R. del 1° dicembre 1949, n. 1142; per avere il decidente errato nell’applicare la previsione dell’art. 1, comma 2, del d.P.R. rubricato, laddove prevede che il procedimento Docfa consiste in una dichiarazione con la quale il proprietario propone la rendita catastale indicando i dati tecnici della categoria e depositando gli allegati grafici che rappresentano l’immobile.
Si assume che la società aveva evidenziato in giudizio che la minor entità della rendita proposta derivava dalle mutate condizioni socioeconomiche e dalle variate condizioni di redditività dell’immobile ex artt. 15 e ss d.P.R. n. 1142/2019 (reddito lordo retraibile), e che il criterio del capitale fondiario ex art. 27 del summenzionato decreto, adottato dall’RAGIONE_SOCIALE per rettificare la rendita catastale, non poteva condizionare l’ammissibilità del proposto ricorso.
In particolare, la contribuente rammenta che il criterio principale per la determinazione della rendita catastale è quello indicato dagli artt. 9 del r.d.l. n. 652 del 1939 e 15 d.P.R. n. 1142 del 1949, vale a dire il reddito lordo ritraibile al netto RAGIONE_SOCIALE spese indicate dalla norma. La stessa circolare n. 6 del 30 novembre 2012 individua il procedimento diretto di stima come quello delineato dagli artt. 15 e seguenti del Regolamento ove si stabilisce che appunto la rendita
catastale si ottiene dal reddito lordo ordinariamente ritraibile, detraendo le spese nonché le eventuali perdite, là dove il reddito lordo ordinario è il canone di locazione, fatte salve le eventuali aggiunte e detrazioni di cui agli artt. 16 e 17 del menzionato decreto; mentre il procedimento indiretto di stima è quello individuato dagli artt. 27 e seguenti del regolamento, nei quali si precisa che il reddito ordinario può essere calcolato a partire dal valore del capitale fondiario, identificabile nel valore di mercato dell’immobile ovvero nel valore di costo di ricostruzione, tenendo conto in quest’ultimo caso di un adeguato coefficiente di riduzione in relazione al deprezzamento.
Si argomenta che, se i canoni di locazione degli immobili ubicati nel centro storico di Napoli hanno subito in modo permanente dei fortissimi ribassi, anche le relative rendite catastali devono necessariamente seguire il medesimo andamento. La ricorrente prosegue citando la circolare n. 6/2012 dell’RAGIONE_SOCIALE del territorio e l’allegato tecnico 1) nella parte in cui individua le spese e le perdite eventuali da detrarre dalla rendita.
2.La seconda censura prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992; per avere il giudicante erroneamente interpretato la natura del processo tributario, avendo ritenuto che gli spettasse un mero controllo di legittimità dell’atto impugnato e non il compito di determinare nel merito la rendita catastale dell’immobile.
3.Il terzo strumento di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo il giudice d’appello omesso di pronunciarsi sulla quantificazione della rendita catastale da attribuirsi all’immobile di proprietà della società, limitandosi ad affermare che il ricorso era incentrato sulla legittimità della riduzione della rendita catastale per ragioni diverse da quelle esposte nel Docfa.
4.Con il quarto mezzo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 19, primo comma, lettera F, e 2, secondo comma, d.lgs. n. 546 del 1992; avendo il decidente violato i principi affermati dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo i quali il proprietario di un immobile può chiedere in ogni momento la revisione della rendita catastale ove questa non sia più corrispondente al mutato quadro economico sociale e alla redditività che lo stesso esprime, confortando detto assunto con il richiamo a decisioni di questa Corte in materia di rettifica catastale ad opera del contribuente.
5.Il quinto strumento di ricorso, introdotto ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. che regola il principio dell’onere della prova. Si afferma che la sentenza ha posto a carico del contribuente l’onere di dimostrare il valore del capitale fondiario solo enunciato dall’ufficio per individuare la rendita catastale da essa accertata, in tal modo gravando la società dell’onere di provare che la rendita catastale accertata non fosse corretta; così procedendo, la Commissione tributaria regionale avrebbe violato le regole relative alla distribuzione dell’onere della prova, spettando all’ufficio tributario fornire in giudizio la prova della fondatezza della pretesa fiscale e quindi, in tema di rilassamento e attribuzione di rendita, della congruità della rendita in concreto assegnato all’immobile.
6.Il primo ed il quarto motivo di ricorso possono essere congiuntamente scrutinati, involgendo la medesima questione. Essi non hanno pregio, assorbite le restanti censure.
6.1.Il nucleo concettuale dei due mezzi riposa, difatti, sul rilievo che la revisione della rendita catastale del classamento può essere domandata dal proprietario dell’immobile in ogni momento, chiedendo la rettifica dei dati dichiarati in quanto la procedura Docfa reca una mera dichiarazione di scienza, il che gli consente di
ricorrere al giudice per ottenere l’accertamento della rendita rettificata dall’ufficio sulla base RAGIONE_SOCIALE mutate condizioni e della vetustà dell’edificio ( v. decisioni di legittimità citate a pagina 12 del ricorso).
6.2. La rendita catastale può essere modificata a seguito della presentazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni di nuova costruzione e dì variazione edilizia ex d.m. n. 701/1994 o per effetto di provvedimenti ministeriali che prevedono la revisione parziale o generale degli estimi ovvero del classamento.
6.3. L’art 38, comma primo del d.P.R. nr 917/1986 stabilisce un ulteriore strumento di rideterminazione della rendita catastale, residuale rispetto a quelli precedenti, prevedendo che «se per un triennio il reddito lordo effettivo dell’unità immobiliare differisce dalla rendita catastale per almeno il 50% di questa, l’ufficio tecnico erariale, su segnalazione dell’ufficio RAGIONE_SOCIALE imposte o del comune o su domanda del contribuente, procede a verifica ai fini di un diverso classamento dell’unità immobiliare…, il reddito lordo effettivo è costituito dai canoni di locazione risultanti dai relativi contratti; in mancanza di questi è determinato comparativamente ai canoni di locazione di unità immobiliari aventi caratteristiche similari e ubicate nello stesso o in altri fabbricati viciniori».
6.4.Nel caso in esame, la società risulta aver optato per lo strumento del procedimento Docfa, ai fini della revisione catastale, regolato, come dianzi illustrato, dal d.m. n. 701/1994, che prevede che si possa far ricorso ad essa in due soli casi: nell’ipotesi di presentazione di dichiarazione di nuova costruzione di cui all’art 56 del d.P.R. n. 1142/1949 o in caso di variazione dello stato dei beni di cui all’art. 20 r.d.l. n. 652/1939, il quale impone alle persone o enti indicati nell’art. 3 l’obbligo di denunciare, nei modi e termini da stabilirsi con il regolamento, le variazioni nello stato e nel possesso dei rispettivi immobili, le quali comunque implichino mutazioni ai sensi dell’art 17.
6.5. L’impiego della procedura Docfa è pertanto limitata ai soli casi di variazione effettiva dello stato dell’immobile che implichi modifica nella consistenza RAGIONE_SOCIALE singole unità immobiliari, circostanza questa che sembra essersi verificata nella presente fattispecie, ove è incontestato che la procedura Docfa sia stata presentata dalla contribuente unicamente per una variazione concernente , cui ha fatto seguito la proposta di una rendita, pari ad euro 17.240,00, ridotta rispetto al precedente valore catastale di euro 39.591,36 attribuito all’edificio; così com’è incontestato che l’avviso di accertamento catastale sia stato impugnato dalla società non per motivi inerenti le variazioni denunciate con il Docfa, bensì a causa della minore reddività del cespite determinatasi nel corso degli anni, come dedotto con l’originario ricorso.
6.6. Avendo la società introdotto la nuova rendita sulla base di una diversa distribuzione degli spazi interni, l’ente finanziario ha notificato l’avviso di accertamento ripristinando la precedente rendita catastale – non ravvisando nella variazione denunciata una idonea giustificazione per proporre una minor rendita catastale per poi vedersi esposta alla impugnazione giudiziale dell’atto sulla base di una dedotta minore reddività dell’unità immobiliare di cui non si fa alcun riferimento nella procedura seguita dalla contribuente (v. Cass. n. 2250/21 in motiv.).
7.Non coglie nel segno la tesi sostenuta dalla contribuente secondo cui .
7.1.Indubbiamente, nel vigente sistema tributario la rendita catastale non ha mai efficacia costitutiva diretta di alcuna obbligazione fiscale, ma solo una efficacia riflessa, ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte sul reddito complessivo, ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte sul patrimonio immobiliare e ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte indirette sui trasferimenti immobiliari. La rendita catastale non forma oggetto di una dichiarazione annuale del contribuente e non esaurisce la propria
efficacia con riguardo ad una singola annualità d’imposta, avendo al contrario – efficacia pluriennale escludente in radice qualsiasi ipotesi di definitività o irrevocabilità. Avendo la rendita catastale efficacia illimitata nel tempo, altrettanto illimitata deve essere la facoltà del contribuente di presentare istanze di variazione, di rettifica, di correzione. Pertanto, come l’amministrazione finanziaria, senza conseguenze di caducazione dei suoi poteri accertativi, può sempre intervenire a rettificare la rendita proposta dal contribuente, non vi è ragione per cui quest’ultimo – avvedutosi dell’errore dichiarativo – non possa correggere i propri errori od omissioni ripristinando l’esatto valore secondo il reddito effettivamente retraibile.
7.2. La non emendabilità di dichiarazioni ab origine inesatte, del resto, finirebbe per cristallizzare nel tempo una imposizione falsata nei suoi presupposti, in contrasto con il principio della capacità contributiva garantito dall’art. 53 Cost.. E’, infatti, principio generale che le dichiarazioni del contribuente che risultino affette da errore di fatto o di diritto sono sempre emendabili e ritrattabili, quando possa derivarne l’assoggettamento e ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico. Come la dichiarazione dei redditi non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti, costituendo essa solo un momento dell’iter procedimentale volto all’accertamento dell’obbligazione tributaria, lo stesso principio va -a maggior ragione -applicato alla dichiarazione di classificazione catastale, che costituisce l’atto iniziale di un procedimento amministrativo di tipo “cooperativo” per la classificazione degli immobili e le rendite da questi prodotte che per valere come base per il calcolo dell’imposta – debbono essere idonee a rappresentare l’indice di capacità contributiva del
cittadino. (Cass.n. 29996/2022; Cass. 13 febbraio 2015, n. 3001; Cass. 4 novembre 2021, n. 31574).
7.3. E’ evidente, tuttavia, che nella fattispecie sub iudice la ricorrente non ha inteso con la procedura Docfa rettificare la rendita catastale attribuita al cespite per emendare un pregresso errore nell’indicazione dei dati catastali ovvero degli elementi che hanno condotto alla rendita successivamente rettificata dall’ufficio, bensì, nel rappresentare variazioni consistenti in una diversa distribuzione degli spazi interni, ha tentato, attraverso la summenzionata procedura, di modificare la pregressa rendita attribuitale dall’amministrazione, impugnando, poi, l’avviso di rettifica sulla base di motivazioni del tutto avulse dalla procedura Docfa e dalle dichiarate variazioni, introducendo nel giudizio di merito circostanze -non esposte nel Docfa né, ovviamente, valutate dall’amministrazione per ripristinare la pregressa rendita catastale dell’immobile -quali l’esigenza di applicare il criterio del reddito lordo rappresentato dal canone annuo di fitto ordinariamente ritraibile dall’unità immobiliare, calcolato al termine di ciascun anno ( art. 15 d.P.R. n. 1142/1949) e non il subordinato criterio fondiario di cui all’art. 27 d.P.R. n. 1142/1949.
7.4. La contribuente avrebbe dovuto seguire la procedura per la rettifica della rendita catastale che segue alla perdita per un triennio del reddito lordo effettivo dell’unità immobiliare per almeno il 50% di questa, prescritta dall’art. 38 cit., nel qual caso l’amministrazione avrebbe potuto verificarne i presupposti anche attraverso l’avviso di accertamento.
7.5.La circostanza che l’immobile in questione fosse da tempo dotato di rendita non escludeva, di per sè, il potere-dovere dell’ufficio di procedere alla revisione di quest’ultima sulla base del già accertato valore del bene all’esito della diversa distribuzione degli spazi interni; d’altra parte, l’esigenza di aggiornamento catastale (dunque comprensivo anche della rendita) era stata
rappresentata dalla stessa contribuente la quale, proprio a tal fine, aveva attivato la procedura Docfa per il fabbricato già censito.
Discende quale corollario che il giudice di merito ha ritenuto correttamente di non poter valutare le questioni sollevate nel giudizio della società ricorrente e non perché abbia ritenuto di non poter controllare l’effettiva congruità e rispondenza della rendita attribuita ai parametri legali (con riferimento al secondo ed al terzo motivo di ricorso), quanto piuttosto perché l’avviso era stato emesso con riferimento alla variazione per lavori edili rappresentata dal Docfa e non sulla base di un diverso reddito lordo ritraibile.
Segue il rigetto del ricorso. Le spese seguono la soccombenza. Sussiste l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo ed il quarto motivo di ricorso, assorbiti i restanti.
Condanna la parte soccombente alla refusione RAGIONE_SOCIALE spese di lite in favore dell’amministrazione che liquida in complessivi euro 4.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art.13, comma 1- quater, del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, ove dovuto
Così deciso nella camera di consiglio della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione il 15.10.2025 .
IL PRESIDENTE NOME COGNOME