Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24338 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24338 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 01/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
– SEZIONE TRIBUTARIA –
OGGETTO
composta dai seguenti magistrati:
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere – rel.-
NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 26/06/2025
ICI – RENDITE CATASTALI – VALORE DEI BENI –
ha deliberato di pronunciare la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27825/2018 del ruolo generale, proposto
DA
COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, in ragione di procura speciale e nomina poste in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME ( codice fiscale CODICE_FISCALE).
– RICORRENTE –
CONTRO
ROMA CAPITALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in forza di procura speciale e nomina poste a margine del controricorso, dall’avv. NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– CONTRORICORRENTE –
per la cassazione della sentenza n. 5722/1/2018 della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata in data 6 settembre 2018, non notificata. Numero sezionale 5542/2025 Numero di raccolta generale 24338/2025 Data pubblicazione 01/09/2025
UDITA la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio tenutasi in data 26 giugno 2025.
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia è la pretesa di cui all’avviso di accertamento indicato in atti, con cui Roma Capitale contestava l’omesso versamento ICI per l’anno d’imposta 2011 in relazione a ventuno immobili di proprietà del ricorrente, chiedendo il pagamento della complessiva somma di 211.841,82 €.
Con l’impugnata sentenza la Commissione tributaria regionale del Lazio rigettava l’appello proposto dal contribuente, assumendo che:
-la lettura dell’avviso rendeva comprensibile il motivo dell’accertamento, fondato sull’omesso versamento dell’imposta dovuta su ciascuno dei beni ivi menzionati, con specifica indicazione delle somme pretese;
le rendite catastali utilizzate per il calcolo dell’imposta erano quelle già note al contribuente perché iscritte in atti già da tempo, avendo poi il Comune chiarito che quelle elencate nell’avviso erano state solo rivalutate del 5% come richiesto dalla legge;
-l’avviso precisava nella sua motivazione « i momenti applicativi di alcune rendite nel frattempo modificate ad iniziativa dell’interessato con procedure Docfa prodotte nell’annualità di imposta considerata» (così nella sentenza impugnata priva di numerazione);
-l’efficacia retroattiva della rendita operava solo per quelle modificate dall’Ufficio, come precisato dalla Corte di Cassazione con la pronuncia il n. 20463/2017. Numero di raccolta generale 24338/2025 Data pubblicazione 01/09/2025
Avverso tale pronuncia NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, notificandolo in data 4 ottobre 2018, formulando sei motivi di impugnazione.
Roma Capitale resisteva con controricorso notificato in data 13 novembre 2018.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso non può essere accolto per le seguenti ragioni, subito avvertendo che si esamineranno singolarmente il primo, il secondo ed il sesto motivo, mentre si scrutineranno unitamente i restanti motivi perchè connessi.
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente ha dedotto, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3 c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 337, della legge 311/2004 e dunque del principio di irretroattività della rendita catastale attribuita dall’Agenzia del Territorio, ponendo in evidenza che l’atto impugnato risultava legato al riclassamento operato unilateralmente dal predetto Ufficio con due avvisi notificati in data 29 ottobre 2013 e, tuttavia, applicati al precedente anno di imposta 2011 in spregio alla previsione dell’art. 74, comma 1, della legge 342/2000, secondo cui la rendita attribuita decorre dalla data di notificazione all’interessato.
2.1. Il motivo si rivela inammissibile sotto un duplice profilo.
Esso difatti, pur nella sua estrema genericità (non indicando il contenuto ed i motivi del predetto riclassamento operato dall’Ufficio ed in base a quale procedimento), ignora del tutto le ragioni dell’impugnata sentenza, secondo cui le rendite applicate erano quelle
note al contribuente perché già da tempo iscritte in atti e solo aggiornate dal Comune con la rivalutazione del 5% prevista dall’art. 3, comma 48, della legge n. 662/1996. Numero di raccolta generale 24338/2025 Data pubblicazione 01/09/2025
Come se questa statuizione, basata su di un accertamento fattuale, non esistesse, la difesa dell’istante seguita a sostenere che il Comune avrebbe applicato le rendite accertate dall’Ufficio nell’anno 2013, laddove dai contenuti della sentenza impugnata emerge che il Comune aveva contestato tale circostanza, assumendo che era state applicate quelle già note al contribuente, come poi ritenuto dal Giudice regionale.
Per tale via, il motivo risulta inammissibile non solo per difetto di specificità (cfr. tra le tante, Cass. Sez. T., 21 febbraio 2023, n. 5429 ed i precedenti ivi citati), non confutando le ragioni della sentenza impugnata, ma perché ripropone questioni di carattere fattuale, come se il presente giudizio costituisse un terzo grado di merito.
Con la seconda censura il ricorrente hanno eccepito, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c., non essendo stato il giudizio sospeso, nonostante la pendenza in cassazione del giudizio (n. 13490/2017 r.g.), avente ad oggetto la pregiudiziale controversia catastale concernente il riclassamento operato dall’Ufficio.
3.1. Si tratta di doglianza che -a tutto voler concedere -si rivela del tutto superata e priva di attualità, essendo stato il citato giudizio deciso da questa Corte con ordinanza n. 8155/2022, che ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal contribuente.
4 . Con la terza censura l’istante ha lamentato, in forza del parametro dell’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., l’omessa e carente motivazione della sentenza in ordine alla dedotta violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 e dell’art. 7 della legge n.
212/2000, stante la non intellegibilità delle somme richieste in relazione al bene ed alla aliquota applicata, arbitrariamente calcolate. Numero di raccolta generale 24338/2025 Data pubblicazione 01/09/2025
4.1. Con la quarta ragione di contestazione, articolata a mente dell’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., il ricorrente ha denunciato l’omessa e carente motivazione della sentenza in ordine alla dedotta violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 e dell’art. 7 della legge n. 212/2000 con riguardo all’illegittimità del tasso di capitalizzazione applicato.
4.2. Con il quinto motivo, ancora sviluppato secondo il canone di cui dell’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., il contribuente ha lamentato l’omessa e carente motivazione della sentenza in ordine alla dedotta violazione degli artt. 6 e 7 della legge n. 212/2000.
4.3. Si tratta di motivi inammissibili per più ragioni.
Intanto, perché i prime due (il terzo ed il quarto), concernenti il deficit motivazionale della sentenza sul motivo di appello relativo alla motivazione dell’avviso, sono palesemente diretti a conseguire una diversa valutazione di merito in ordine alla motivazione dell’atto impugnato, già compiutamente eseguita dal Giudice regionale, senza peraltro illustrare il contenuto rilevante dell’avviso, in violazione del canone di autosufficienza (cfr., tra le tante, Cass., Sez. T, 27 giugno 2023, n. 18387; Cass., Sez. T, 21 giugno 2023, n. 17840, che richiama cfr. Cass., Sez. V, 28 giugno 2017, n. 16147, Cass. Sez. V, 13 febbraio 2015, n. 2928, Cass., Sez. V, 4 aprile 2013, n. 8312; Cass., Sez. V, 19 dicembre 2022, n. 37170; Cass., Sez. 5 civ., 13 novembre 2018, n. 29093, che richiama Cass. Sez. VI/III, 28 settembre 2016, n. 19048 e, sul piano generale, Cass., Sez. U. civ., 27 dicembre 2019, n. 34469; Cass., Sez. T., 25 ottobre 2022, n. 31554, che richiama Cass., Sez. V, 4 aprile 2013, n. 8312, Cass., Sez. V, 19 aprile 2013, n. 9536, Cass., Sez. V, 10 dicembre 2021, n. 39283, Cass., Sez. V, 6 novembre 2019, n. 28570, Cass., Sez. V, 14
marzo 2022, n. 8156, Cass., Sez. VI/V, 11 maggio 2022, n. 14905 ed ancora Cass., Sez. I, 19 aprile 2022, n. 12481; ancora, più recentemente, Cass., Sez. T. 10 giugno 2024, n. 16096). Numero sezionale 5542/2025 Numero di raccolta generale 24338/2025 Data pubblicazione 01/09/2025
Il ricorrente ha poi lamentato, nella sostanza, l’arbitrario valore assegnato ai beni, dell’aliquota e del tasso di capitalizzazione applicati, così confondendo il piano della motivazione dell’atto con quello della fondatezza della pretesa.
Va, allora, ribadita la distinzione tra la questione dell’esistenza della motivazione dell’atto impositivo, requisito formale di validità, e quella concernente, invece, l’effettiva esistenza degli elementi dimostrativi dei fatti costitutivi della pretesa tributaria, che non è prescritta quale elemento costitutivo della validità dell’atto impositivo, ma è disciplinata dalle regole processuali dell’istruzione probatoria da applicarsi nello svolgimento del giudizio (cfr. sul principio, Cass., Sez. T., 14 maggio 2024, n. 13305; Cass., Sez. T., 10 maggio 2022, n. 14744; Cass. 9 marzo 2020, n. 6524; Cass. 28 settembre 2020, n. 20428; Cass. 5 aprile 2013, n. 8399).
4.4. Del pari inammissibile è il quinto motivo, non essendone stato compiutamente illustrato il contenuto e le ragioni della contestazione, certamente non desumibili dal generico rilievo secondo cui «Anche con riferimento a tali disposizioni si è verificato lo stesso tipo di violazione da parte del giudice di appello avendo lo stesso asserito di aver compiuto un preciso esame degli elementi maggiormente rilevanti ai fini della decisione tuttavia mancando di concreto di rilevare l’inesatta applicazione delle norme in questione» (v. pagina n. 12 del ricorso), senza rappresentare come ed in che termini la valutazione del Giudice regionale abbia violato le predette disposizioni
5 . Con la sesta censura l’istante ha rimproverato al Giudice regionale, a mente dell’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., di aver
Numero sezionale 5542/2025
liquidato le spese di giudizio a favore dell’ente impositore, benchè fosse stata difesa da un funzionario. Numero di raccolta generale 24338/2025 Data pubblicazione 01/09/2025
5.1. Il motivo non è fondato.
La giurisprudenza di questa Corte ha avuto di modo di chiarire che la normativa tributaria si fonda su una specifica disciplina, in quanto l’art. 15 d.lgs. 546/1992 ha sempre normativamente previsto la ripetibilità di dette spese nell’ipotesi in cui l’attività difensiva sia stata svolta da funzionari dell’amministrazione finanziaria o da dipendenti di enti locali, con alcune varianti attinenti, tuttavia (nelle varie novelle succedutesi), alle modalità di determinazione dei compensi » (cfr. Cass., Sez. V. ,19 luglio 2021, n. 20530, ai cui più ampi contenuti si rinvia, cui adde , Cass., Sez. T., 15 febbraio 2024, nn. 4180 e 4222).
Alla stregua delle riflessioni che precedono il ricorso va complessivamente respinto.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza.
8 . Va, infine, dato atto che sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1quater , d.P.R. n. 115/2002, per il versamento da parte del ricorrente di una somma ulteriore pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna NOME COGNOME al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in favore di Roma Capitale nella somma di 6.000,00 € per competenze, oltre accessori e nella somma di 200,00 € per spese vive.
Dà atto che sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, per il versamento da parte del ricorrente di una somma ulteriore pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato.
Numero registro generale 27825/2018
Numero sezionale 5542/2025
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26 giugno 2025 . Numero di raccolta generale 24338/2025 Data pubblicazione 01/09/2025
IL PRESIDENTE
NOME COGNOME