Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28487 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28487 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1919/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA RAGIONE_SOCIALE STATO (P_IVA)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE CAMPANIA n. 4759/2021 depositata il 04/06/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/09/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE ricorre, sulla base di cinque motivi, illustrati con successiva memoria, per la cassazione della sentenza della CTR Campania n. 4759/2021, del 4.6.2021, non notificata in forza della quale è stata confermata la sentenza di primo grado che aveva rigettato l’impugnazione della società contribuente avverso l’avviso di accertamento avente ad oggetto rettifica catastale.
L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE.
Con i primi tre motivi -fra loro connessi – la società ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 7 l. 202/2000, degli artt. 15, 28, 29 e 30 del d.P.R. 1142/1949, degli artt. 54 e 75 del d.l. 70/1988 nonch è dell’art. 11 del r.d.l. 652/1939, sotto diversi profili.
1.1. In relazione ad un primo profilo di censura lamenta che i giudici di appello, con affermazioni generiche ed apodittiche non fondate sulla adeguata valutazione dei criteri adottati dall’Ufficio nella determinazione del riclassamento, non avevano verifi cato se l’ avviso di accertamento avesse fatto corretta applicazione, in sede di determinazione della stima indiretta proposta dall’Ufficio, della normativa legislativa e regolamentare denunciata, anche secondo l’interpretazione proposta dalla giurisprudenza di legittimità. Rileva che l’avviso di accertamento de quo , da un lato, faceva riferimento ad una stima diretta secondo metodologie comparative, dall’altro, affermava che la rendita catastale era stata determinata con stima sintetica correlata ai valori unitari medi di mercato rilevati nel biennio 88/89, con ciò confondendo un metodo di stima diretto con quello indiretto, ingenerando incertezza nella parte contribuente sulla metodologia utilizzata e che l’ufficio non si era limitato ad una mera rettifica ma aveva adottato una vera e propria differente ricostruzione di elementi estimativi di natura prettamente fattuale.
1.2. Per altro verso lamenta che la CTR, erroneamente, aveva ritenuto congrua la motivazione dell’avviso di accertamento, senza tener conto che nel DOCFA in esame si era espressamente dichiarato che i valori erano stati stimati in seguito allo stato attuale in cui versava l’immobile, in disuso da molti anni, che necessitava di consistenti interventi edilizi straordinari per riportarlo al normale utilizzo come comprovato nel corso del giudizio da una perizia di stima asseverata con allegata documentazione fotografica.
1.3. Infine, con il terzo motivo assume che la sentenza impugnata, erroneamente, aveva affermato la sufficienza della motivazione dell’avviso di accertamento anche in relazione ai valori di comparazione utilizzati per determinare il valore di stima dell’im mobile facendo riferimento ad immobili, non considerando che tali beni, seppure ricadevano nella medesima zona non avevano le medesime caratteristiche di quello in esame in ragione dello stato di inutilizzo espressamente dichiarato nel DOCFA, osservando che l’erroneità della variazione di classamento trovava piena conferma nel fatto che l’immobile, che nel 2010 aveva un valore pari ad € 107.000,00, a distanza di sette anni, sebbene abbandonato, ed in gravissimo stato di degrado ed in un periodo di gravissima crisi del settore immobiliare industriale, aveva avuto attribuito un valore di € 167.000,00 pari al 60 % in piu.
Con il quarto motivo lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 7 dello statuto del contribuente, dell’ art. 28 del d.P.R. 1142/1949 e dell’art. 1, comma 244, l. 190/2014. Assume che la CTR aveva trascurato di considerare che, nel caso di specie, pur vertendosi in tema di valutazione di cespite immobiliare assai datato negli anni (1975), il quale versava, come da documentazione allegata in uno stato di dismissione e, comunque in pessime condizioni manutentive, non era stato applicato alcun coefficiente di riduzione per vetustà, omettendo di considerare il necessario ‘deprezzamento’ nonostante l’immobile fosse stato
realizzato nel 1975 e giammai ristrutturato nel 1997, contrariamente a quanto affermato dall’ufficio.
Con il quinto motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 54 d.P.R. 1142/1949. Rileva che nella specie, in ragione RAGIONE_SOCIALE condizioni dell’immobile attestata dalla produzione documentale in atti, appariva necessaria ed indispensabile la effettuazione di una preventiva ‘visita”, imposta dalla regola generale di cui al citato art. 54.
I motivi, riguardanti tutti a vario titolo la questione della motivazione dell’atto impositivo e la correttezza della stima operata dall’ufficio, sono da ritenere privi di fondamento alcuno.
È incontroverso tra le parti, come emerge anche dalla sentenza impugnata, che l’atto impositivo in contestazione rinviene da dichiarazione di variazione (artt. 20 del r.d.l. 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, nel testo novellato dall’art. 2 del d.lgs. 8 aprile 1948, n. 514, e 56 del d.P.R. 1° dicembre49, n. 1142), presentata secondo la procedura (c.d. ‘DOCFA’) disciplinata dal d.m. 19 aprile 1994, n. 701.
Nella giurisprudenza di legittimità si è consolidato l’orientamento secondo il quale: – «in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della cd. procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall’Ufficio e l’eventuale discrasia tra rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni, mentre nel caso in cui vi sia una divergente valutazione degli elementi di fatto indicati dal contribuente, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente, sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso» (così, anche da ultimo, Cass.,
Sez. T., 8 marzo 2024, n. 6364, che richiama, Cass. n.30166/2019; n. 31809/2018; n. 12777/2018; n. 12497/2016; n. 23237/2014; nello stesso senso, Cass., Sez. T, 9 novembre 2021, n. 35397, che richiama anche Cass. 3104/2021; ancora Cass., Sez. T., 16 aprile 2020, n. 7854);
La questione dell’adeguatezza della motivazione del provvedimento di classamento ed attribuzione della rendita è stata così risolta da questa Corte, considerando che il provvedimento costituisce l’atto terminale di una procedura di tipo fortemente partecipativo quale è quella attivata dalla presentazione del DOCFA che implica per l’appunto l’indicazione degli elementi fattuali rilevanti da parte dello stesso contribuente, che l’Ufficio può valutare in maniera difforme rispetto alla proposta, circostanza che non impedisce al contribuente, mediante il raffronto con i dati indicati nella propria dichiarazione, di intendere il “petitum provvedimentale”, sì da essere in condizione di tutelarsi mediante ricorso alle commissioni tributarie (cfr. Cass., Sez. T., 8 marzo 2024, n. 6364, cit.).
Nella specie, in conformità ai principi enunciati, i giudici di appello, nel dare atto che correttamente era stata operata una ‘stima diretta’ dell’immobile in questione hanno osservato che i valori unitari attribuiti costituivano i costi ordinari, riferiti al biennio economico 1988/1989, rientranti nella forbice estimativa di maggiore frequenza 150-250 euro al mq. per strutture similari nel medesimo ambito zonale, precisando che, nelle stesse note alla Relazione di stima sintetica allegata all’accertamento, era stato evidenziato che: «… . i predetti valori erano stati rettificati prendendo a riferimento immobili della medesima società adiacenti alla unità immobiliare oggetto di stima: COGNOME f. 3, p.lla 5215 sub n. 5 aventi le medesime caratteristiche intrinseche ed estrinseche i cui valori di costo, riferiti alle superfici principali, risultano consolidati ed accettati dalla parte » ed, ancora, chiarendo che: « nel caso in esame l’Ufficio ha fornito nel giudizio di primo grado prova
documentale RAGIONE_SOCIALE precedenti dichiarazioni DOCFA prodotte dall’appellante, ciò a riprova della conoscenza e della esatta individuazione RAGIONE_SOCIALE caratteristiche tipologiche e costruttive dell’immobile di proprietà dell’appellante. Inoltre, alcuna violazione della disciplina catastale può ritenersi sussistente, atteso che l’avviso di accertamento impugnato fa esplicito riferimento alle unità immobiliari di riferimento del comparto al quale sarebbe stato riferito il processo di comparazione dei valori fondiari RAGIONE_SOCIALE superfici principali (sia per gli uffici che per le consistenze adibite alla produzione) dell’unità accertata».
I giudici di appello hanno, ancora, precisato che: « Quanto alle caratteristiche tipologiche specifiche che l’appellante ritiene assenti nella pretesa tributaria, si evidenzia che nella Relazione di stima sintetica allegata all’accertamento impugnato si evincono chiaramente i caratteri dell’unità accertata, specificandosi altresì che dal confronto con le planimetrie allegate alle due dichiarazioni DOCFA, l’immobile non aveva riportato in realtà sostanziali cambiamenti strutturali o planimetrici, ma bensì variazioni di consistenza legate alle annessioni di corte. Allo stesso modo ritiene il Collegio che risultano infondate le censure mosse all’operato dei giudici di prime cure in ordine al mancato rilievo della illegittimità della procedura di comparazione con immobili similari eseguita dall’Ufficio in sede di accertamento. A tal proposito, si evidenzia che nell’avviso impugnato si chiarisce che l’immobile in questione riguarda un intero complesso produttivo realizzato negli anni ’80 da parte dell’RAGIONE_SOCIALE sul confine tra i due comuni di Teverola (CE) e COGNOME (CE), catastalmente censito in modo separato e questo spiegherebbe il riferimento nell’accertamento ad unità accatastate sul comune di COGNOME. Pertanto, l’Ufficio ha coerentemente considerato i valori unitari accertati sull’altra parte del vecchio stabilimento per evitare, trattandosi della stessa tipologia costruttiva, trattamenti diversificati in ossequio anche al principio di
imparzialità che deve applicarsi allorquando si è in presenza della medesima situazione sostanziale. Il richiamo alla diversa valutazione offerta nella perizia di parte depositata in giudizio dall’appellante non può ritenersi nel caso in esame utile e tale da prevalere sulle valutazioni offerte dall’ufficio che a differenza del tecnico di parte ha offerto una stima analitica allegata -ad integrazione della motivazione – all’avviso di accertamento. Pertanto, l’Ufficio ha coerentemente considerato i valori unitari accertati sull’altra parte del vecchio stabilimento per evitare, trattandosi della stessa tipologia costruttiva, trattamenti diversificati in ossequio anche al principio di imparzialità che deve applicarsi allorquando si è in presenza della medesima situazione sostanziale. Il richiamo alla diversa valutazione offerta nella perizia di parte depositata in giudizio dall’appellante non può ritenersi nel caso in esame utile e tale da prevalere sulle valutazioni offerte dall’ufficio che a differenza del tecnico di parte ha offerto una stima analitica allegata – ad integrazione della motivazione – all’avviso di accertamento».
La CTR ha, pure, precisato che: « In ordine poi alla mancata valutazione del” deprezzamento” dell’immobile, risulta del tutto corretta la motivazione offerta dai giudici di prime cure, dovendosi escludere la possibilità del deprezzamento nel caso in esame, spettando la riduzione solo quando la costruzione sia stata realizzata nel biennio economico di riferimento ( 1988/1989). Orbene, nel caso in esame è pur vero – come sottolineato dall’appellante che l’immobile risulta costruito nel 1975 tuttavia, trattandosi di un capannone ristrutturato totalmente nel 1997 (come da dichiarazione della stessa società contribuente nel quadro B del Mod. NUMERO_DOCUMENTO– parte I del DOCFA), deve considerarsi, sotto il profilo estimativo, lo stesso va considerato come una nuova costruzione che temporalmente esclude l’ipotesi del deprezzamento. Sul punto si richiama la legge 190/2014 art 244 (che ha recepito la circolare n. 6/12 sopra richiamata), chiarendo nell’allegato tecnico II che il coefficiente di ”
deprezzamento” (D), del costo a nuovo di strutture ed impianti, andrebbe visto in funzione: -della vita effettiva, ossia del periodo trascorso tra l’effettiva realizzazione o ristrutturazione e l’epoca censuaria (successiva) di riferimento ( 1988-1989); -della vita utile, ossia dell’arco temporale oltre il quale, per effetto della vetustà e dell’obsolescenza, il bene non è più in grado di assolvere la funzione per la quale è stato realizzato; – dell’eventuale valore residuo, inteso come possibile valore di realizzo del bene al termine della sua vita utile. In conclusione, deve ritenersi che per l’opificio ristrutturato totalmente nel 1997, come pacificamente dichiarato dalla contribuente, il costo di costruzione da assumere come riferimento per la determinazione della rendita catastale risulta pari al costo “a nuovo”, non potendosi dunque riconoscere alcuna riduzione anche se l’immobile risultava costruito prima del biennio economico di riferimento (1988/1989)».
Pertanto risulta acclarato che l’Ufficio ha dato conto di aver operato il riclassamento utilizzando i dati dichiarati ed allegati dal contribuente nella procedura DOCFA ed effettuando un raffronto con immobili similari, aventi la medesima destinazione, per poi allegare all’avviso una relazione di stima sintetica. Deve, quindi, ritenersi, conformemente a quanto affermato dai giudici di appello – le cui motivazioni sono state richiamate per esteso al fine di meglio cogliere la infondatezza RAGIONE_SOCIALE censure proposteche l’impugnato avviso d’accertamento reca una congrua e plausibile motivazione, la quale richiama le metodologie di comparazione con unità immobiliari già censite, oltre che le caratteristiche tipologiche dell’immobile, nel pieno rispetto RAGIONE_SOCIALE disposizioni tecniche impartite dagli artt. 27, 28, 29 e 30 del d.P.R. 1142/49, sì da consentire al contribuente un effettivo esercizio del diritto di difesa.
6.1. Diversamente ragionando, si incorre in una palese confusione tra la ‘motivazione’ dell’avviso di accertamento (oggetto di censura ab origine), che è finalizzata alla conoscenza da parte del
contribuente degli elementi di fatto e RAGIONE_SOCIALE ragioni di diritto della pretesa impositiva, e la ‘prova’ della pretesa impositiva (o della sua infondatezza), che va riferita al documento, quale mezzo da far valere nel processo. Questa distinzione tra piano della motivazione e piano della prova trova conferma normativa nell’art. 7, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (nel testo novellato dall’art. 1, comma 1, lett. f), del d.lgs. 30 dicembre 2023, n. 219), che, mentre richiede l’allegazione dell’atto a cui l’avviso si riferisce, sempre che non sia già stato portato a conoscenza dall’interessato o l’avviso ne riproduca il contenuto essenziale, prevede soltanto l’indicazione dei mezzi di prova, che potranno essere prodotti o acquisiti nell’eventuale processo a seguito dell’impugnazione dell’atto impositivo (in termini: Cass. 25 marzo 2024, n. 8016 -vedasi anche Cass, 12 gennaio 2025, n. 799).
6.2. Occorre, altresì, precisare che la valutazione della congruità della motivazione dell’avviso di accertamento è una questione di merito: «In tema di avviso di accertamento tributario, lo stabilire se, in concreto, la sua motivazione risponda o no ai requisiti di validità che, in generale, possono riferirsi anche ad elementi extratestuali che il contribuente sia in grado di conoscere – è compito del giudice tributario e non è dato al contribuente, se la decisione è motivata, sollecitare alla Corte di cassazione una revisione critica, salvo che non vengano enunciati ed evidenziati, nel ricorso, specifici errori di diritto in cui il giudice di merito sia incorso. (Sez. 5, Sentenza n. 9582 del 19/04/2013, Rv. 626327 – 01).
7. Per il resto va, quindi, osservato che:
In tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale abbia luogo a seguito della procedura disciplinata dall’art. 2 del d.l. n. 16 del 1993, conv. in l. n. 75 del 1993, e del d.m. 19 aprile 1994, n. 701 (cd. procedura DOCFA) ed in base ad una stima diretta eseguita dall’Ufficio (come accade per gli immobili classificati nel gruppo catastale D), tale stima, che integra il
presupposto ed il fondamento motivazionale dell’avviso di classamento (esprimendo un giudizio sul valore economico dei beni classati di natura eminentemente tecnica, in relazione al quale la presenza e l’adeguatezza della motivazione rilevano ai fini non già della legittimità, ma dell’attendibilità concreta del cennato giudizio, e, in sede contenziosa, della verifica della bontà RAGIONE_SOCIALE ragioni oggetto della pretesa), costituisce un atto conosciuto e comunque prontamente e facilmente conoscibile per il contribuente, in quanto posto in essere nell’ambito di un procedimento a struttura fortemente partecipativa, con la conseguenza che la sua mancata riproduzione o allegazione all’avviso di classamento non si traduce in un difetto di motivazione» (così Cass., Sez. T., 8 marzo 2024, n. 6364, che cita Cass. n. 17971/2018 e nello stesso senso Cass. Cass. Sez. T., 23 ottobre 2020, nn. 23230 e n.23231).
In tema di classamento, l’attribuzione di rendita ai fabbricati a destinazione speciale o particolare, e specificamente quelli classificati nei gruppi catastale D ed E), deve avvenire, come previsto anche dall’art. 7 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 604, mediante “stima diretta”, senza che ciò presupponga, peraltro, l’effettuazione di un previo sopralluogo, potendo l’amministrazione legittimamente avvalersi della valutazione, purché mirata e specifica, RAGIONE_SOCIALE risultanze documentali in suo possesso (Cass., Sez. 5^, 7 marzo 2019, n. 6633; Cass., Sez. 5^, 27 marzo 2019, n. 8529; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9291; Cass., Sez. 5^, 20 dicembre 2021, n. 40735; Cass., Sez. 5^, 25 ottobre 2022, n. 31554; Cass., Sez. 5^, 31 ottobre 2023, n. 30303). Invero la mancanza di esso non preclude, di per sé, la valutazione mediante ‘stima diretta’, allorquando l’ufficio sia comunque già in possesso di tutti gli elementi valutativi idonei allo scopo, come nel caso di specie, avendo esso a disposizione la denuncia DOCFA della contribuente; elementi valutativi che in tanto possono integrare ‘stima diretta’, in quanto appunto permettano di individuare le caratteristiche di
ciascuna unità immobiliare oggetto di classamento (Cass., Sez. 5^, 9 marzo 2020, n. 6554).
Secondo l’art. 10 del r.d.l. 13 aprile 1939, n. 652, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249: «La rendita catastale RAGIONE_SOCIALE unità immobiliari costituite da opifici ed in genere dai fabbricati di cui all’art. 28 della legge 8 giugno 1936, n. 1231, costruiti per le speciali esigenze di una attività industriale o commerciale e non suscettibili di una destinazione estranea alle esigenze suddette senza radicali trasformazioni, è determinata con stima diretta per ogni singola unità. Egualmente si procede per la determinazione della rendita catastale RAGIONE_SOCIALE unità immobiliari che non sono raggruppabili in categorie e classi, per la singolarità RAGIONE_SOCIALE loro caratteristiche».
In base all’art. 30 del d.P.R. 1° dicembre 1949, n. 1142: «Le tariffe non si determinano per le unità immobiliari indicate nell’art. 8. Tuttavia la rendita catastale RAGIONE_SOCIALE unità immobiliari appartenenti a tali categorie si accerta ugualmente, con stima diretta per ogni singola unità»; inoltre, ai fini della determinazione del reddito dei fabbricati, l’art. 37 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, stabilisce che: «Il reddito medio ordinario RAGIONE_SOCIALE unità immobiliari è determinato mediante l’applicazione RAGIONE_SOCIALE tariffe d’estimo, stabilite secondo le norme della legge catastale per ciascuna categoria e classe, ovvero, per i fabbricati a destinazione speciale o particolare, mediante stima diretta».
Su tale presupposto, onere del contribuente è, dunque, quello di confutare gli avvisi attributivi di rendita in questione, non perché emessi in assenza di sopralluogo, ma perché emessi in assenza di elementi di stima diretta e mirata sulle caratteristiche dei singoli beni (Cass., Sez. 5^, 25 ottobre 2006, n. 22886; Cass., Sez. 5^, 10 gennaio 2017, n. 374; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2018, n. 12743; Cass., Sez. 5^, 29 ottobre 2021, nn. 30869 e 30893; Cass., Sez.
5^, 18 aprile 2023, n. 10224; Cass., Sez. 5^, 5 ottobre 2023, n. 28102).
8. Ribadito che l’atto impositivo è risultato congruamente motivato, che non vi è stata alcuna violazione del contraddittorio e che sussisteva alcun onere da parte dell’ ufficio di procedere ad un ‘sopralluogo’, appare di tutta evidenza che parte contribue nte, lungi da prospettare vere e proprie violazioni di legge quanto alla stima operata dall’ufficio in seno all’avviso di accertamento impugnato, mira a censurare il merito della decisione, contestando, peraltro, dei dati fattuali (quali, ad esempio, l’avv enuta ristrutturazione dell’immobile) oggetto di accertamento effettuato dai giudici territoriali, non cogliendo in alcun modo nel segno la censura secondo cui: ‘Della totale ristrutturazione che si assume avvenuta nell’anno 1997 alcuna prova è fornita dall’ente impositore, né nell’avviso di accertamento, né nel corso del giudizio’ .
Ed, anche, laddove la società contribuente afferma che: ‘La dimostrazione RAGIONE_SOCIALE condizioni in cui versava l’immobile all’atto dell’accertamento (le cd. condizioni attuali) come il grado da usura, la qualità RAGIONE_SOCIALE finiture e lo stato degli impianti (elettrico, idraulico, riscaldamento, ecc.) era, dunque, fondamentale per determinare l’applicabilità o meno del coefficiente di deprezzamento’ sicchè anche se l’immobile era stato ristrutturato ‘le sue reali condizioni potevano influire sul suo valore e sulla determinazione della rendita catastale’ risulta evidente che la stessa sollecita una diversa valutazione di elementi fattuali rispetto all’accertamento compiuto da giudici di merito, e non prospetta una violazione della normativa applicabile alla fattispecie de qua , contrariamente a quanto in astratto lamentato con le censure proposte.
Conseguentemente il ricorso deve essere rigettato e parte ricorrente va condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità liquidate in favore dell’ufficio come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente a rifondere all’ ufficio controricorrente le spese del giudizio di legittimità liquidate in € 2. 410,00 per compensi professionali, oltre alle spese prenotate a debito;
visto l’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, in data 9 settembre 2025
Il Presidente (NOME COGNOME)