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Rendita catastale: i limiti all’aggiornamento (2024)

Una società ha richiesto l’aggiornamento della rendita catastale di un immobile industriale ai sensi della L. 208/2015. La Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo che tale procedura è limitata allo scorporo dei macchinari “imbullonati” e non consente una revisione generale del valore. L’onere di indicare specificamente i beni da escludere grava interamente sul contribuente.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Aggiornamento Rendita Catastale: La Cassazione Chiarisce i Limiti della Legge “Imbullonati”

La determinazione della rendita catastale per gli immobili a destinazione speciale (gruppi D ed E) è un tema cruciale per le imprese, incidendo direttamente sul carico fiscale. Con la sentenza n. 18805 del 9 luglio 2024, la Corte di Cassazione ha fornito un’importante precisazione sui limiti della procedura di aggiornamento introdotta dalla Legge n. 208/2015, nota per aver escluso dal calcolo i cosiddetti “imbullonati”. La Corte ha stabilito che tale procedura non può essere utilizzata per una revisione generale del valore, ma è strettamente finalizzata allo scorporo delle componenti impiantistiche.

I Fatti di Causa

Una società proprietaria di un immobile industriale sito in Prato presentava un atto di aggiornamento catastale, proponendo di ridurre la rendita catastale da circa 7.300 euro a poco più di 3.800 euro. La richiesta si fondava sulle nuove disposizioni della Legge di Stabilità 2016 (L. n. 208/2015), che prevedono l’esclusione dalla stima diretta di macchinari e impianti funzionali al processo produttivo.

L’Agenzia delle Entrate, tuttavia, non accoglieva integralmente la richiesta e notificava un avviso di accertamento, rideterminando la rendita a circa 6.500 euro. La società impugnava l’atto, ma il suo ricorso veniva rigettato sia in primo grado dalla Commissione Tributaria che in appello dalla Commissione Tributaria Regionale. Secondo i giudici di merito, la contribuente non aveva né allegato né provato la presenza di “imbullonati” nell’immobile, né aveva specificato i motivi per cui la stima effettuata dall’Ufficio dovesse considerarsi errata.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla rendita catastale

La società ricorreva quindi in Cassazione, lamentando principalmente la violazione della L. n. 208/2015. Sosteneva che la legge offrisse una possibilità di aggiornamento generale della rendita catastale e non solo limitata allo scorporo degli impianti. Contestava inoltre l’omessa valutazione della propria perizia di parte e il metodo di stima utilizzato dall’Agenzia.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso in toto, confermando la decisione dei giudici di merito e stabilendo un principio di diritto chiaro e rigoroso.

Le Motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su un’interpretazione letterale e sistematica della normativa. I commi 21 e 22 dell’art. 1 della L. n. 208/2015 sono stati introdotti con uno scopo preciso: allineare la valutazione degli immobili già censiti ai nuovi criteri, escludendo dalla stima diretta le componenti impiantistiche. Di conseguenza, la procedura di aggiornamento non è un’istanza di revisione generica, ma uno strumento specifico per “ripulire” la rendita da elementi che il legislatore ha deciso di non considerare più parte del valore catastale dell’immobile.

Il Collegio ha affermato che la norma è innovativa solo per quanto riguarda l’esclusione degli impianti. Pertanto, chi intende avvalersene ha l’onere di indicare specificamente quali componenti produttive, originariamente incluse nella stima, debbano ora essere scorporate. Nel caso di specie, la società non aveva fornito questa prova, limitandosi a proporre un nuovo valore senza giustificarlo adeguatamente.

Per quanto riguarda gli altri motivi di ricorso, la Corte li ha ritenuti inammissibili o infondati. La doglianza sull’omessa valutazione della perizia di parte è stata respinta perché una perizia stragiudiziale costituisce un mero argomento difensivo, non una prova decisiva che il giudice è tenuto a confutare punto per punto se il suo ragionamento è già incompatibile con le conclusioni della perizia stessa. Inoltre, essendo le decisioni di primo e secondo grado conformi sui fatti (c.d. “doppia conforme”), il ricorso su questo punto era inammissibile.

Conclusioni

La sentenza n. 18805/2024 ribadisce un principio fondamentale in materia di rendita catastale per gli immobili d’impresa: la procedura di aggiornamento ex L. 208/2015 è un’opportunità mirata e non una sanatoria per rimettere in discussione l’intero valore catastale. L’onere della prova è saldamente in capo al contribuente, che deve dimostrare in modo analitico quali impianti e macchinari erano stati inclusi nella stima originaria e che ora, secondo i nuovi criteri, devono essere esclusi. Una semplice richiesta di riduzione del valore, anche se supportata da una perizia di parte, non è sufficiente se non si adempie a questo specifico onere probatorio.

È possibile utilizzare la procedura della Legge 208/2015 per chiedere una revisione generale della rendita catastale di un immobile industriale?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che questa procedura è consentita al solo fine di adeguare la rendita ai nuovi criteri, ovvero per escludere dal calcolo il valore di macchinari, congegni e altri impianti funzionali al processo produttivo (“imbullonati”). Non è uno strumento per una rinegoziazione generale del valore.

Chi ha l’onere di provare quali macchinari (“imbullonati”) devono essere esclusi dal calcolo della rendita catastale?
L’onere della prova spetta interamente al contribuente. Egli deve indicare specificamente quali componenti produttive, che erano state incluse nella stima catastale originaria, devono essere escluse in base alla nuova normativa. Non è sufficiente contestare genericamente la stima dell’Ufficio.

Una perizia di parte è sufficiente a contestare la stima dell’Agenzia delle Entrate?
No, da sola non è sufficiente. Secondo la Corte, una perizia di parte, anche se giurata, costituisce una semplice allegazione difensiva di carattere tecnico, priva di autonomo valore probatorio. Il giudice non è tenuto ad analizzarla e confutarla specificamente se pone a base della propria decisione considerazioni con essa incompatibili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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