Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18805 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 18805 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/07/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 1818/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)-
,
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE GENERALE DELLO STATO (P_IVA), che la rappresenta e difende -controricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. TOSCANA n. 339/2020 depositata il 25/05/2020,
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.La RAGIONE_SOCIALE ha presentato un atto di aggiornamento della rendita catastale dell’immobile sito in Prato, INDIRIZZO (folio 80, part. 27, sub. 525), ai sensi dell’art. 1,
commi 21 e 22, della legge n. 208 del 2015, proponendo la rideterminazione della rendita catastale da euro 7.296,00 ad euro 3.868,00.
2.L’RAGIONE_SOCIALE ha notificato un avviso di accertamento, con cui ha determinato la rendita catastale in euro 6.530,00.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso avverso tale avviso di accertamento, che è stato rigettato in primo grado, con sentenza confermata in appello.
4.Nella sentenza della Commissione regionale tributaria si legge che 1) la denuncia di variazione di cui all’art. 1, comma 22, della legge n. 208 del 2015 può essere giustificata solo dalla presenza nell’immobile degli imbullonati, presenza che, con riferimento all’immobile in esame, non è stata né affermata, né provata; 2) in ordine alla facoltà del contribuente di chiedere in ogni momento la correzione di errori di fatto o di diritto, la contribuente non ha indicato le ragioni per cui la stima dell’Ufficio, che è stima diretta, redatta secondo le previsioni di legge, sarebbe erronea.
Avverso tale sentenza la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, chiedendo la cassazione della sentenza impugnata e l’annullamento dell’avviso di accertamento.
L’RAGIONE_SOCIALE si è costituita con controricorso, chiedendo dichiararsi inammissibile o, in subordine, infondato il ricorso.
5.La Procura Generale ha depositato conclusioni scritte, confermate alla pubblica udienza, con cui ha chiesto accogliersi il secondo motivo di ricorso e cassarsi con rinvio la sentenza impugnata.
La causa è stata trattata e decisa all’udienza pubblica del 28 giugno 2024.
CONSIDERATO
1.La ricorrente ha dedotto: 1) la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., dell’art. 1, commi 21 e 22, legge n. 208 del 2015, in combinato disposto con gli artt. 4 d.m. 701/1994 e 17 r.d.l. n. 652 del 1939, atteso che il comma 21, nell’individuare l’ambito di applicazione soggettivo del procedimento previsto, fa riferimento a tutti gli intestatari di immobili censiti nelle categorie catastali del gruppo D ed E (e, cioè, immobili a destinazione speciale o particolare), offrendo agli stessi la possibilità di un aggiornamento, in linea con il principio desumibile dall’art. 17 del r.d.l. n. 652 del 1939, al fine di adeguare la rendita ai nuovi criteri di stima indicati, che non sono limitati alla individuazione degli elementi da includere o escludere nella valutazione, mentre, al contrario, l’interpretazione seguita dai giudici di merito presuppone un inesistente principio di immodificabilità della rendita; 2) la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 e 5, cod.proc.civ., degli artt. 112 e 115 cod.proc.civ., essendo stata valutata solo la stima allegata all’avviso di accertamento, ritenuta, con una motivazione apodittica, diretta e conforme ai criteri legali; 3) la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., dell’art. 1, commi 21 e 22, legge n. 208 del 2015, in combinato disposto con l’art. 10 del r.d.l. n. 652 del 1939, 37 del d.P.R. n. 917 del 1986 e 8 del d.P.R. n. 1142 del 1949, atteso che la stima operata dall’Ufficio non integra una stima diretta, non essendo avvenuta con riferimento all’immobile in esame, ma con riferimento alla categoria a cui esso appartiene, in base al prezzario DEI.
Il primo motivo, con cui è stata denunciata la violazione dell’art. 1, commi 21 e 22, della legge n. 208 del 2015, è infondato.
Come noto, la legge n. 208 del 2015, all’art. 1, commi 21 e 22, ha disposto che, a decorrere dal 1° gennaio 2016, da un lato, la determinazione della rendita catastale degli immobili a
destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D ed E, è effettuata, tramite stima diretta, tenendo conto del suolo e RAGIONE_SOCIALE costruzioni, nonché degli elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l’utilità, nei limiti dell’ordinario apprezzamento, con esclusione dalla stessa stima diretta di macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo (comma 21) e, dall’altro lato, che gli intestatari catastali degli immobili di cui al comma 21 possono presentare atti di aggiornamento ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro RAGIONE_SOCIALE finanze 19 aprile 1994, n. 701, per la rideterminazione della rendita catastale degli immobili già censiti nel rispetto dei criteri di cui al medesimo comma 21 (comma 22).
Il citato comma 22, nell’individuazione dei soggetti legittimati alla presentazione dell’atto di aggiornamento catastale ivi previsto, fa riferimento a tutti gli intestatari catastali degli immobili di cui al comma 21 e, dunque, degli immobili a destinazione speciale, di cui alle categorie D ed E, ma, nel contempo, chiarisce che la nuova procedura introdotta è funzionale all’adeguamento della rendita castale ai criteri di cui al comma 21, che si presenta come innovativo rispetto al passato limitatamente alla esclusione dalla stima catastale di macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo. In proposito è opportuno ricordare che già l’art. 10 del r.d.l. n. 652 del 1939 prevedeva la determinazione con stima diretta degli opifici, dei fabbricati di cui all’art. 28 della legge n. 1231 del 1936, costruiti per le speciali esigenze di un’attività industriale o commerciale e non suscettibili di una destinazione estranea a tali esigenze senza radicali trasformazioni, e RAGIONE_SOCIALE unità immobiliari non raggruppabili in categorie e classi per la singolarità RAGIONE_SOCIALE loro caratteristiche.
Da tale premessa deriva che, in virtù del criterio di interpretazione letterale e di quello sistematico, la presentazione di
un atto di aggiornamento catastale in base alla legge n. 208 del 2015 è consentita agli intestatari catastali degli immobili a destinazione speciale, di cui alle categorie D ed E, al solo fine di ottenere la rideterminazione della rendita catastale degli immobili già censiti nel rispetto dei criteri di cui al medesimo comma 21. Si tratta, difatti, di una rideterminazione preordinata al fine di realizzare l’uniformità nei riferimenti estimativi catastali tra le unità immobiliari già iscritte in catasto e quelle oggetto di dichiarazione di nuova costruzione o di variazione, come ha correttamente chiarito la Circolare 2/E del Ministero RAGIONE_SOCIALE Finanze del 1° febbraio 2016 . L’aggiornamento catastale per la rideterminazione della rendita degli immobili già censiti nel rispetto dei nuovi criteri deve avvenire, pertanto, attraverso lo scorporo di quegli elementi che, in base alla nuova previsione normativa, non costituiscono più oggetto di stima catastale.
Questa Corte (Cass., Sez. 5, 20 giugno 2024, n. 17045) ha, del resto, già affermato che, in tema di classamento catastale, ove il contribuente presenti, successivamente ad una prima Docfa, una nuova dichiarazione, ai sensi dell’art. 1, comma 22, della legge n. 208 del 2015, e l’Amministrazione provveda alla rettifica della rendita proposta, nella controversia riguardante la verifica dell’attendibilità del provvedimento di classamento, incombe sul contribuente l’onere di indicare i componenti produttivi da non ricomprendere nella nuova rideterminazione che erano stati, invece, originariamente ricompresi.
Il ricorso deve, quindi, essere rigettato in base al seguente principio di diritto: in tema di rendita catastale, l ‘atto di aggiornamento castale, ai sensi dell’art. 1, comma 22, della legge n. 208 del 2015, può essere presentato dagli intestatari catastali di immobili a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D ed E, solo al fine dell’adeguamento della rendita castale alla nuova disciplina introdotta dal precedente
comma 21 e, quindi, al fine di escludere dalla rendita eventuali componenti impiantistiche, che non sono più oggetto di stima.
Solo per completezza deve rilevarsi che l’avviso, che ha ridotto la rendita esistente prima della d.o.c.f.a., non avrebbe potuto essere annullato perché adottato nell’ambito di un procedimento illegittimamente instaurato, visto che la ricorrente non ha, con il ricorso introduttivo, eccepito tale illegittimità, rispetto alla quale non aveva interesse.
Il secondo motivo, con cui è stata denunciata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod.proc.civ., la violazione degli artt. 112 e 115 cod.proc.civ. e, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, l’omessa valutazione di un fatto decisivo per il giudizio (individuato nella propria perizia di parte), è in parte inammissibile ed in parte infondato.
3.1. Per quanto concerne la parte della doglianza riconducibile all’art. 360, primo comma, n. 5, cod.proc.civ., deve rilevarsi che nell’ipotesi di doppia conforme (che ricorre nel caso di specie), il ricorso per cassazione proposto per il motivo di cui al n. 5) dell’art. 360 cod.proc.civ. è inammissibile, ai sensi dell’art. 348 -ter, ultimo comma, cod.proc.civ., se non indica le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass., 28 febbraio 2023, n. 5947; v. anche Cass., Sez. 1, 22 dicembre 2016, n. 26774, secondo cui nell’ipotesi di doppia conforme, prevista dall’art. 348 -ter, comma 5, cod.proc.civ., il ricorrente in cassazione -per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5, cod.proc.civ. deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse).
A ciò si aggiunga che, in tema di ricorso per cassazione non può essere dedotto, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., il
vizio di omesso esame di un fatto decisivo della controversia per la mancata considerazione di una perizia stragiudiziale, in quanto la stessa costituisce un mero argomento di prova (Cass., Sez. 6, 9 aprile 2018, n. 8621).
3.2.Per quanto concerne la dedotta violazione dell’art. 115 cod.proc.civ., deve evidenziarsi che, in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio (cfr. Cass. SU. n. 20867 del 30/09/2020, SU n. 15486 del 22/6/2017 in motiv.; Cass. n. 11892 del 10/5/2016).
Più precisamente l’art. 115 cod.proc.civ. impone di porre a fondamento della decisione del giudice le prove dedotte ed i fatti pacifici. Tuttavia, la conformità della sentenza al modello di cui all’art. 132, n. 4, cod. proc. civ. e l’osservanza degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. non richiedono che il giudice del merito dia conto di tutte le prove dedotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente e necessario che egli esponga in maniera concisa gli elementi in fatto e in diritto posti a fondamento della sua decisione (Cass., Sez . 3, 28/10/2009, n. 22801; cfr. anche Cass. n. 13485 del 13/06/2014, Cass. n. 16499 del 15/07/2009, secondo cui, in tema di prova, spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonché la facoltà di escludere anche attraverso un
giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni).
Peraltro, la perizia invocata non costituisce una prova in senso tecnico, ma piuttosto il veicolo di una serie di argomentazioni tecniche per contrastare la quantificazione fatta dall’Ufficio (v. in proposito Cass., 9/04/2021, n. 9483, secondo cui la consulenza di parte, ancorché confermata sotto il vincolo del giuramento, costituisce una semplice allegazione difensiva di carattere tecnico, priva di autonomo valore probatorio, con la conseguenza che il giudice di merito, ove di contrario avviso, non è tenuto ad analizzarne e a confutarne il contenuto, quando ponga a base del proprio convincimento considerazioni con esso incompatibili).
3.3. Neppure può ravvisarsi una violazione dell’art. 112 cod.proc.civ., essendosi i giudici di appello pronunciati sulla domanda proposta e sulle censure di appello formulate.
3.4. Infine, per quanto concerne l’art. 132 cod.proc.civ. (che sebbene non richiamato in rubrica, viene evocato lamentando «una motivazione assiomatica e tautologica» in ordine alla correttezza della stima dell’RAGIONE_SOCIALE), occorre chiarire che la sentenza, avendo escluso, nel caso di specie, la possibilità di presentare la dichiarazione di aggiornamento catastale ai sensi dell’art. 1, comma 22, della legge n. 208 del 2015, si è limitata a negare l’allegazione e la dimostrazione di un errore di fatto o di diritto, effettuato nella precedente valutazione catastale, tale da autorizzare la contribuente a chiederne una correzione.
Alla luce dell’individuazione del corretto significato della sentenza, la motivazione risulta esaustiva, tenuto conto, peraltro, che parte ricorrente non ha neppure chiarito quale sarebbe l’errore
(allegato e dimostrato nella propria perizia di parte) riferito alla originaria valutazione catastale (su cui i giudici di merito avrebbero dovuto soffermarsi con argomentazioni concrete).
Il terzo motivo è inammissibile, in quanto, da un lato, non risulta aggredire la ratio decidendi della sentenza (omessa allegazione e dimostrazione dell’errore della precedente valutazione catastale) e, dall’altro, pur denunciando una violazione di legge, mira a chiedere a questa Corte una inammissibile valutazione di merito in ordine al carattere diretto della stima, effettuata dall’Amministrazione, ed alla minore attendibilità del prezzario usato dalla stessa rispetto a quello usato dal proprio perito.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.600,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito; a i sensi dell’art. 13 , comma-1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale. Così deciso in Roma, il 28/06/2024.