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Rendita catastale: i limiti all’aggiornamento

Una società ha tentato di ridurre la propria rendita catastale basandosi sulla Legge 208/2015. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che la norma consente l’aggiornamento solo al fine specifico di escludere dal calcolo il valore degli impianti produttivi precedentemente inclusi, e non per una revisione generalizzata del valore immobiliare. L’onere della prova di tale precedente inclusione spetta al contribuente.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rendita Catastale: Quando è Possibile Aggiornarla per Immobili Speciali?

La determinazione della rendita catastale è un elemento cruciale per la fiscalità immobiliare, influenzando imposte come l’IMU. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 18639 del 8 luglio 2024, ha fornito chiarimenti fondamentali sui limiti e le condizioni per l’aggiornamento di tale valore, in particolare per gli immobili a destinazione speciale. La pronuncia chiarisce che la possibilità di revisione introdotta dalla Legge di Stabilità 2016 non è una porta aperta a una rinegoziazione generalizzata del valore, ma uno strumento con finalità ben precise.

Il Contesto: La Riforma della Rendita Catastale del 2015

Per comprendere la decisione della Corte, è necessario fare un passo indietro alla Legge n. 208 del 2015 (Legge di Stabilità 2016). L’articolo 1, commi 21 e 22, di tale legge ha introdotto un’importante novità per gli immobili classificati nei gruppi catastali D ed E (immobili a destinazione speciale come opifici, centrali elettriche, ecc.).

Il comma 21 ha stabilito che, ai fini della stima diretta della rendita catastale, si deve tener conto del suolo e delle costruzioni, escludendo però “macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo”. Questi elementi, spesso definiti “imbullonati”, non dovevano più contribuire a formare la base imponibile.

Il successivo comma 22 ha concesso ai proprietari di tali immobili la facoltà di presentare un atto di aggiornamento catastale per adeguare la rendita ai nuovi criteri. Ed è proprio sull’interpretazione di questa facoltà che è sorto il contenzioso.

I Fatti del Caso: Una Richiesta di Revisione Respinta

Una società proprietaria di un immobile industriale ha presentato un atto di aggiornamento (procedura d.o.c.f.a.) proponendo una drastica riduzione della rendita catastale da oltre 12.000 euro a circa 7.700 euro. L’Agenzia delle Entrate ha respinto la proposta e, a seguito di un accertamento, ha fissato la rendita a un valore ancora superiore a quello originario, quasi 13.000 euro.

La società ha impugnato l’avviso di accertamento, ma i giudici tributari, sia in primo che in secondo grado, hanno dato ragione all’Agenzia. Secondo le commissioni tributarie, la revisione è ammessa solo se il contribuente dimostra che nella rendita originaria erano stati inclusi impianti produttivi che, secondo la nuova legge, dovevano essere esclusi. Non è possibile, invece, una revisione generalizzata del valore dell’immobile.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione, investita del caso, ha confermato la linea dei giudici di merito, rigettando il ricorso della società. I giudici supremi hanno chiarito che la procedura di aggiornamento prevista dal comma 22 è strettamente funzionale all’applicazione del nuovo principio introdotto dal comma 21. Lo scopo non è quello di permettere una rinegoziazione complessiva della rendita catastale, ma unicamente quello di “scorporare” il valore degli impianti e dei macchinari funzionali al processo produttivo.

In altre parole, la legge offre la possibilità di correggere una valutazione precedente che includeva elementi non più computabili, uniformando così il trattamento tra immobili già accatastati e quelli di nuova costruzione. La Corte ha sottolineato che l’onere di dimostrare quali componenti produttivi fossero stati originariamente inclusi nella stima e che ora necessitano di essere esclusi spetta interamente al contribuente. Mancando questa prova, la richiesta di aggiornamento non può essere accolta.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La sentenza stabilisce un principio di diritto chiaro: l’atto di aggiornamento della rendita catastale ai sensi della Legge 208/2015 può essere presentato solo al fine di escludere dalla stima componenti impiantistiche che la nuova normativa non considera più parte del valore catastale. Non si tratta di un’opportunità per ridiscutere il valore dell’immobile nel suo complesso. Questa interpretazione restringe il campo di applicazione della norma, ponendo a carico del contribuente un onere probatorio specifico: dimostrare non solo l’esistenza degli impianti da scorporare, ma anche la loro precedente inclusione nella determinazione della rendita.

La legge 208/2015 consente una revisione generalizzata della rendita catastale per gli immobili speciali (categorie D ed E)?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che la legge non consente una revisione generalizzata. L’aggiornamento è permesso solo per adeguare la rendita ai nuovi criteri, escludendo specifici componenti.

Qual è lo scopo principale dell’atto di aggiornamento della rendita catastale previsto dalla legge 208/2015?
Lo scopo è quello di escludere dalla stima catastale il valore di macchinari, congegni, attrezzature e altri impianti funzionali allo specifico processo produttivo, che in precedenza potevano essere stati inclusi nella valutazione.

Su chi ricade l’onere di provare quali elementi devono essere esclusi dalla rendita catastale?
L’onere della prova ricade interamente sul contribuente. Egli deve dimostrare quali componenti produttivi erano stati originariamente inclusi nella stima della rendita e che, in base alla nuova normativa, devono essere scorporati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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