Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18639 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 18639 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/07/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 24875/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) –EMAIL
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA RAGIONE_SOCIALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA, che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. TOSCANA n. 1832/2019 depositata il 13/12/2019, udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 28/06/2024 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.La RAGIONE_SOCIALE ha presentato un atto di aggiornamento della rendita catastale dell’immobile ubicato in PratoINDIRIZZO INDIRIZZO (folio 80, part. 27, sub. 537), ai sensi dell’art. 1, commi 21 e 22, della legge n. 208 del 2015, proponendo la rideterminazione della rendita catastale da euro 12.124,00 ad euro 7.738,00.
2.L’RAGIONE_SOCIALE ha notificato un avviso di accertamento, con cui ha determinato la rendita catastale in euro 12.831,28.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso avverso tale avviso di accertamento, che è stato rigettato in primo grado, con sentenza confermata in appello.
4.Nella sentenza della Commissione regionale tributaria si legge che va confermata la conclusione dei giudici di primo grado, secondo cui vi è «la possibilità da parte del contribuente di presentare la d.o.c.f.a., come da art. 1, comma 22, legge n. 208/2015, soltanto in quelle situazioni in cui all’immobile che risulti accatastato sia stata attribuita una rendita determinata sulla base dei criteri già previsti dalla circolare 6T del 2012…, includendovi gli impianti produttivi che ora invece debbono essere scorporati… non esiste la possibilità ..di revisione della rendita in modo generalizzato e senza la dimostrazione dell’esistenza di impianti produttivi da scorporare e senza la prova che detti impianti fossero effettivamente stati considerati nell’attribuzione della rendita in atti».
Avverso tale sentenza la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, chiedendo la cassazione della sentenza impugnata e l’annullamento dell’avviso di accertamento.
L’RAGIONE_SOCIALE si è costituita con controricorso, chiedendo dichiararsi inammissibile o, in subordine, infondato il ricorso.
5.La Procura Generale ha depositato conclusioni scritte, confermate nella successiva udienza pubblica, con cui ha chiesto rigettarsi il ricorso.
La causa, originariamente fissata presso la Sesta Sezione, è stata trattata e decisa all’udienza pubblica del 28 giugno 2024.
CONSIDERATO
1.La ricorrente ha dedotto, con un unico motivo, la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., dell’art. 1, commi 21 e 22, della legge n. 208 del 2015, in combinato disposto con gli artt. 4 del d.m. n. 701 del 1994 e 17 del r.d.l. n. 652 del 1939, atteso che il comma 21, nell’individuare l’ambito di applicazione soggettivo del procedimento previsto, fa riferimento a tutti gli intestatari di immobili censiti nelle categorie catastali del gruppo D ed E (e, cioè, immobili a destinazione speciale o particolare), offrendo agli stessi la possibilità di un aggiornamento, in linea con il principio desumibile dall’art. 17 del r.d.l. n. 652 del 1939, al fine di adeguare la rendita ai nuovi criteri di stima indicati, che non sono limitati alla individuazione degli elementi da includere o escludere nella valutazione, mentre, al contrario, l’interpretazione seguita dai giudici di merito presuppone un inesistente principio di immodificabilità della rendita.
Il motivo è infondato.
Come noto, la legge n. 208 del 2015, all’art. 1, commi 21 e 22, ha disposto che, a decorrere dal 1° gennaio 2016, da un lato, la determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie
catastali dei gruppi D ed E, è effettuata, tramite stima diretta, tenendo conto del suolo e RAGIONE_SOCIALE costruzioni, nonché degli elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l’utilità, nei limiti dell’ordinario apprezzamento, con esclusione dalla stessa stima diretta di macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo (comma 21) e, dall’altro lato, che gli intestatari catastali degli immobili di cui al comma 21 possono presentare atti di aggiornamento ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro RAGIONE_SOCIALE finanze 19 aprile 1994, n. 701, per la rideterminazione della rendita catastale degli immobili già censiti nel rispetto dei criteri di cui al medesimo comma 21 (comma 22).
Il citato comma 22, nell’individuazione dei soggetti legittimati alla presentazione dell’atto di aggiornamento catastale ivi previsto, fa riferimento a tutti gli intestatari catastali degli immobili di cui al comma 21 e, dunque, degli immobili a destinazione speciale, di cui alle categorie D ed E, ma, nel contempo, chiarisce che la nuova procedura introdotta è funzionale all’adeguamento della rendita castale ai criteri di cui al comma 21, che si presenta come innovativo rispetto al passato limitatamente alla esclusione dalla stima catastale di macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo. In proposito è opportuno ricordare che già l’art. 10 del r.d.l. n. 652 del 1939 prevedeva la determinazione con stima diretta degli opifici, dei fabbricati di cui all’art. 28 della legge n. 1231 del 1936, costruiti per le speciali esigenze di un’attività industriale o commerciale e non suscettibili di una destinazione estranea a tali esigenze senza radicali trasformazioni, e RAGIONE_SOCIALE unità immobiliari non raggruppabili in categorie e classi per la singolarità RAGIONE_SOCIALE loro caratteristiche.
Da tale premessa deriva che, in virtù del criterio di interpretazione letterale e di quello sistematico, la presentazione di un atto di aggiornamento catastale in base alla legge n. 208 del
2015 è consentita agli intestatari catastali degli immobili a destinazione speciale, di cui alle categorie D ed E, al solo fine di ottenere la rideterminazione della rendita catastale degli immobili già censiti nel rispetto dei criteri di cui al medesimo comma 21. Si tratta, difatti, di una rideterminazione preordinata al fine di realizzare l’uniformità nei riferimenti estimativi catastali tra le unità immobiliari già iscritte in catasto e quelle oggetto di dichiarazione di nuova costruzione o di variazione, come ha correttamente chiarito la Circolare 2/E del RAGIONE_SOCIALE del 1° febbraio 2016. L’aggiornamento catastale per la rideterminazione della rendita degli immobili già censiti nel rispetto dei nuovi criteri deve avvenire, pertanto, attraverso lo scorporo di quegli elementi che, in base alla nuova previsione normativa, non costituiscono più oggetto di stima catastale.
Questa Corte (Cass., Sez. 5, 20 giugno 2024, n. 17045) ha, del resto, già affermato che, in tema di classamento catastale, ove il contribuente presenti, successivamente ad una prima Docfa, una nuova dichiarazione, ai sensi dell’art. 1, comma 22, della legge n. 208 del 2015, e l’Amministrazione provveda alla rettifica della rendita proposta, nella controversia riguardante la verifica dell’attendibilità del provvedimento di classamento, incombe sul contribuente l’onere di indicare i componenti produttivi da non ricomprendere nella nuova rideterminazione che erano stati, invece, originariamente ricompresi.
Il ricorso deve, quindi, essere rigettato in base al seguente principio di diritto: in tema di rendita catastale, l’atto di aggiornamento castale, ai sensi dell’art. 1, comma 22, della legge n. 208 del 2015, può essere presentato dagli intestatari catastali di immobili a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D ed E, solo al fine dell’adeguamento della rendita castale alla nuova disciplina introdotta dal precedente
comma 21 e, quindi, al fine di escludere dalla rendita eventuali componenti impiantistiche, che non sono più oggetto di stima.
Solo per completezza deve rilevarsi che l’avviso, che fondamentalmente ripristina la rendita esistente prima della d.o.c.f.a., non avrebbe potuto essere annullato perché adottato nell’ambito di un procedimento illegittimamente instaurato, visto che la ricorrente non ha, con il ricorso introduttivo, eccepito tale illegittimità.
3.In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.600 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito; ai sensi dell’art. 13, comma -1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale. Così deciso in Roma, il 28/06/2024.