Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21372 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21372 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 30/07/2024
ICI IMU Accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13203/2023 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE (c.f.05837260636), in persona del suo legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa dall’ avvocato NOME COGNOME (c.f. CODICE_FISCALE; pec EMAIL) con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio del AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
-ricorrente –
contro
Comune RAGIONE_SOCIALE (c.f. CODICE_FISCALE), in persona del suo Sindaco p.t. , rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME (c.f. CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (c.f. CODICE_FISCALE), ed elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio legale RAGIONE_SOCIALE (c.f. CODICE_FISCALE pec EMAIL);
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 358/2023, depositata in data 11 gennaio 2023, della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania; udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 4 luglio 2024, dal AVV_NOTAIO.
Rilevato che:
-con sentenza n. 358/2023, depositata in data 11 gennaio 2023, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania ha rigettato l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE, così confermando il decisum di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l’impugnazione di un avviso di accertamento (n. 305577/3012) emesso dal Comune di RAGIONE_SOCIALE in relazione all’IMU dovuta dalla contribuente, per l’anno 2019, e per il possesso di n. 5 unità immobiliari;
1.1 – il giudice del gravame ha ritenuto che:
l ‘atto impositivo risultava compiutamente motivato in quanto erano stati specificati chiaramente «i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche alla base del provvedimento adottato e permettendo all’odierno appellato di individuare i passaggi logici che conducono dalle acquisizioni istruttorie alle decisioni finali dell’amministrazione»;
quanto al dedotto erroneo calcolo della maggiore imposta accertata, «l’imposta relativa agli immobili per l’anno 2019 indicati ai punti 2,3,4 dell’avviso (POR-2-372-subb.11,12,13) è stata correttamente calcolata, assumendo quale base imponibile le rendite catastali in atti al 1° gennaio dell’anno accertato come risultanti dai certificati catastali versati in atti nel primo giudizio.»;
per il periodo di imposta in contestazione «la società era ben consapevole della rendita catastale da utilizzare», così che legittimamente il Comune di RAGIONE_SOCIALE aveva applicato la sanzione (del 30%) con riferimento al «caso di omesso o insufficiente o tardivo versamento del tributo»;
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di cinque motivi; il Comune di RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
Considerato che:
-il ricorso è articolato sui seguenti motivi:
1.1 -il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., espone la denuncia di nullità per violazione dell’art. 111, sesto comma, Cost., dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. , dell’art. 118, d.a. cod. proc. civ., e del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4, assumendo la ricorrente che il decisum della gravata sentenza si fondava su di una motivazione apparente che non dava conto delle relative ragioni giustificative; soggiunge la ricorrente che il giudice del gravame nemmeno si era pronunciato «nel merito della maggior imposta liquidata dal Comune di RAGIONE_SOCIALE, riguardo gli immobili n. 2, n. 3 e n. 4 dell’avviso di rettifica IMU 2019 dell’ente impositore »;
1.2 -il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n n. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., reca la denuncia di violazione e falsa applicazione del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, artt. 5 e 14, assumendo la ricorrente che la rendita catastale in atti, al gennaio 2019, andava ascritta a quella proposta (con dichiarazione docfa) da essa esponente (per l’importo di € 61.112,00) così che la rendita rettificata (in € 115.220,80) correlandosi ad un (sopravvenuto) avviso di accertamento catastale notificato in data 19 giugno 2012, e divenuto definitivo (a seguito della pronuncia di inammissibilità resa da Cass., 10 gennaio 2017, n. 374 sul proposto ricorso) -costituiva il solo dato utilizzabile ai fini del versamento del tributo né, pertanto, il detto versamento poteva essere sanzionato in difetto di evasione fiscale;
1.3 – – il terzo motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., espone anch’esso la denuncia di violazione
del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 , artt. 1 e ss., sull’assunto che la rendita catastale rilevante a fini impositivi era quella vigente alla data del 1° gennaio dell’anno di imposizione, così che dovevano considerarsi legittimi e corretti i versamenti eseguiti sulla base di una rendita catastale che solo successivamente era stata rettificata;
1.4 -col quarto motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione dell’art. 2909 cod. civ., e dell’art. 324 cod. proc. civ., deducendo che il giudice del gravame aveva ignorato l’eccezione di giudicato esterno «richiesto dalla RAGIONE_SOCIALE sin dal giudizio di primo grado, in ordine alla sanzione applicata di € 11.022,60.»;
1.5 -col quinto motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia nullità della gravata sentenza per violazione dell’art. 132, terzo comma, cod. proc. civ., deducendo che la sentenza non era stata sottoscritta né dal presidente né dal giudice relatore;
-il primo motivo di ricorso è destituito di fondamento;
2.1 -come le Sezioni unite della Corte hanno statuito, la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54, d.l. 22 giugno 2012 n. 83, conv. in l. 7 agosto 2012 n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione; pertanto, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel
contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881; Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053);
si è, quindi, ripetutamente precisato che deve ritenersi apparente la motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non renda tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perchè consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; v., altresì, Cass., 18 settembre 2019, n. 23216; Cass., 23 maggio 2019, n. 13977; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. Sez. U., 24 marzo 2017, n. 7667; Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; Cass. Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16599).
2.2 -nella fattispecie la gravata sentenza ha dato compiutamente conto delle ragioni decisorie, precisando il contenuto della sentenza (allora) impugnata e dei motivi di appello proposti, e rilevando che l’avviso di accertamento impugnato si fondava sui dati catastali legittimamente utilizzabili per il periodo di imposta 2019 nonché che l’Ente impositore aveva correttamente applicato la sanzione per l’omesso versamento del tributo;
è, poi, appena il caso di rilevare che -come reso evidente dal contenuto decisorio sopra ripercorso -il giudice del gravame non ha affatto omesso di esaminare la questione dedotta nel secondo grado di giudizio con riferimento alla correttezza dell’impo rto liquidato a titolo di IMU, avendo, difatti, precisato che «l’imposta relativa agli immobili per l’anno 2019 indicati ai punti 2,3,4 dell’avviso (POR-2-372-
subb.11,12,13) è stata correttamente calcolata, assumendo quale base imponibile le rendite catastali in atti al 1° gennaio dell’anno accertato come risultanti dai certificati catastali versati in atti nel primo giudizio.»;
-il secondo ed il terzo motivo – che vanno congiuntamente esaminati in quanto sottendono una medesima quaestio iuris di fondo -sono anch’essi destituiti di fondamento ;
3.1 -venendo in considerazione, nella fattispecie, l’IMU dovuta dalla contribuente per l’anno 2019 e risultando la base imponibile del tributo correlata (così come già previsto, con riferimento all’ICI, dal d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 2) alle rendite catastali «risultanti in catasto, vigenti al 1° gennaio dell’anno di imposizione» (d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, comma 4, conv. in l. 22 dicembre 2011, n. 214) -è (del tutto) evidente che, al 1° gennaio 2019, per rendita vigente dovesse intendersi -e senza alcuna possibilità di equivoco -la rendita catastale annotata in atti qual conseguente al giudicato che, in ordine alla sua determinazione, si era formato a seguito della pronuncia della Corte del 10 gennaio 2017, n. 374;
del resto, si è precisato (anche) che il riferimento operato dal d.lgs. n. 504 del 1992, art. 5, alle «rendite risultanti in catasto, vigenti al 1° gennaio dell’anno di imposizione», deve essere inteso come avente ad oggetto le rendite «legittimamente vigenti» (Cass., 12 maggio 2010, n. 11439), così che, nel caso del giudicato formatosi a seguito di impugnazione dell’atto di attribuzione della rendita catastale, la sentenza che ne determina la misura, ancorché passata in giudicato nel corso del giudizio avente ad oggetto la determinazione dell’imposta dovuta dal contribuente, rappresenta l’unico dato da prendere in considerazione ai fini dell’individuazione della base imponibile, dovendosi ritenere, a seguito dell’accertamento giudiziale definitivo,
che essa costituisca l’unica rendita valida ed efficace ai fini dell’applicazione dell’art. 5, comma 2, del d.lgs. 30 dicembre 1992 fin dal momento dell’attribuzione da parte dell’Ufficio , atteso che gli effetti di ogni provvedimento giurisdizionale retroagiscono al momento della domanda (v. Cass., 4 marzo 2015, n. 4334; Cass., 1 giugno 2006, n. 13069; v., tra le stesse parti, ed a riguardo della medesima vicenda sostanziale, Cass., 26 novembre 2020, n. 27019);
3.2 -la sanzione applicata -che si identifica con la fattispecie prevista dal d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13, comma 3 in relazione al «mancato pagamento di un tributo o di una sua frazione nel termine previsto» – rinviene, pertanto, il suo fondamento nella legittima utilizzazione della rendita che risultava vigente al 1° gennaio del 2019 (d.l. n. 201 del 2011, art. 13, comma 4, cit.) -e ne ll’emesso avviso di accertamento (d.lgs. n. 504 del 1992, cit., art. 12, richiamato dal d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 9, comma 7; l. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 162);
-la disposizione di cui all’art. 13, cit., difatti, deve ritenersi applicabile (anche) ai tributi locali (v. il d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 473, art. 16; v., altresì, Cass., 26 novembre 2021, n. 37006) – in quanto, come rimarcato dalla Corte, disposizione di carattere generale (Cass., 22 aprile 2024, n. 10773; Cass., 23 aprile 2020, n. 8076; Cass., 28 marzo 2018, n. 7608; Cass., 4 agosto 2010, n. 18140) -ed è specificamente volta a sanzionare l’omesso versamento del tributo con conseguente pregiudizio alla riscossione in capo a ll’Ente impositore;
e, come ripetutamente rimarcato dalla Corte in tema di elemento soggettivo dell’illecito amministrativo tributario, il d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 5, applicando alla materia fiscale il principio generale sancito dalla l. 24 novembre 1981, n. 689, art. 3, stabilisce che –
seppur non rilevando la mera volontarietà del comportamento sanzionato -rimane, ad ogni modo, sufficiente la consapevolezza del contribuente, al quale deve potersi imputare un comportamento quanto meno negligente, ancorché non necessariamente doloso, così che, a fronte della condotta cosciente e volontaria del contribuente, la disposizione pone a suo carico una presunzione di colpa per l’atto illecito (Cass., 30 gennaio 2020, n. 2139; Cass., 15 maggio 2019, n. 12901; Cass., 13 settembre 2018, n. 22329; Cass., 17 marzo 2017, n. 6930);
-il quarto motivo di ricorso è inammissibile;
la parte, difatti, non dà alcun conto del contenuto del dedotto giudicato esterno, né precisa il quando, ed il come, della relativa produzione in giudizio;
-se, poi, l’indicazione della parte è corretta (quanto, dunque, alla citata sentenza «C.T.R. NA 3584/19/2021»), di null’altro si tratterebbe, nella fattispecie, se non di pronuncia che certamente non è passata in giudicato in quanto, all’odierna udienza, viene alla cognizione della Corte nel giudizio iscritto al n. 27498/2021 di COGNOME;
-anche il quinto motivo di ricorso è manifestamente destituito di fondamento;
5.1 -la sentenza, difatti, risulta depositata con modalità telematica e sottoscritta, con firme digitali, dal Presidente del Collegio, e dal giudice relatore;
seguendo, difatti, il percorso normativo che -con la finalità di dare attuazione ai «principi previsti dal codice dell’amministrazione digitale nella materia della giustizia tributaria e per assicurare l’efficienza e la celerità del relativo processo» – è stato avviato dal d.l. 6 luglio 2011 n. 98, art. 39, comma 8, conv. in l. 15 luglio 2011, n. 111, il d.m. 23 dicembre 2013, n. 163 ha approvato il regolamento recante la disciplina dell’uso
di strumenti informatici e telematici nel processo tributario, in particolare prevedendo (all’art. 16) la redazione come documenti informatici delle sentenze, dei decreti e delle ordinanze e, quindi, rinviando a successivi decreti di attuazione l’individuazione delle «regole tecnico-operative per le operazioni relative all’abilitazione al S.I.Gi.T., alla costituzione in giudizio mediante deposito, alla comunicazione e alla notificazione, alla consultazione e al rilascio di copie del fascicolo informatico, all’assegnazione dei ricorsi e all’accesso dei soggetti di cui al comma 2 del presente articolo, nonchè alla redazione e deposito delle sentenze, dei decreti e delle ordinanze.» (art. 3, comma 3); regole, queste, che, da ultimo, sono state adottate con decreto del 6 novembre 2020 ;
6. -le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1quater ).
P.Q.M.
La Corte
-rigetta il ricorso;
-condanna la ricorrente al pagamento, in favore del Comune di RAGIONE_SOCIALE, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in € 2.200,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge;
-ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 luglio 2024.