Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 611 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 611 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 25444/2022 R.G. proposto da:
COGNOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME presso cui dichiara di voler ricevere le comunicazioni all’indirizzo pec: EMAIL, ove elegge domicilio digitale;
-ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore, domiciliata ope legis in Roma INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende.
-controricorrente-
e
Agenzia delle entrate, direzione provinciale di Palermo, in persona del direttore pro tempore.
tributi
avverso la sentenza n. 8482/2021 della Commissione tributaria regionale della Sicilia, depositata il 28 settembre 2021 e non notificata. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 dicembre 2023 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
COGNOME NOME ricorre, con due motivi, nei confronti d ell’Agenzia delle entrate avverso la sentenza indicata in epigrafe con la quale la C.t.r., quale giudice di rinvio, a seguito della sentenza della Corte di Cassazione n.14512/2016, ha rigettato il ricorso del contribuente avverso il silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso presentata da quest’ultimo.
COGNOME NOME , dirigente in quiescenza dell’Enel s.p.aRAGIONE_SOCIALE, già iscritto al Fondo pensione denominato «PIA» (previdenza integrativa aziendale) e successivamente RAGIONE_SOCIALE, cui venivano trasferiti i fondi a partire dal 1998, avanzava istanza di rimborso Irpef della differenza tra quanto versato all’erario dal sostituto d’imposta pari al 33,45 per cento sulle somme erogate e quanto dovuto per effetto dell’applicazione dell’aliquota del 12,5 per cento, prevista per i redditi di capitale dall’art. 42, comma 4, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e dell’art. 6, della legge 26 settembre 1985, n. 482.
Formatosi il silenzio-rifiuto, il contribuente impugnava il diniego.
La C.t.p. accolse il ricorso del contribuente con sentenza confermata dalla C.t.r.
L’ufficio impugnava la pronuncia del giudice di appello innanzi a questa Corte che, con la sentenza n.14512/2016, sopra citata, accoglieva il ricorso e cassava con rinvio prescrivendo al giudice del merito di attenersi ai principi fissati dalle Sezioni Unite con sentenza n. 13642 del 2011, secondo cui la ritenuta del 12,50 per cento, prevista dall’art. 6 legge n. 482 del 1985, andava applicata soltanto sulle
somme rinvenienti dalla liquidazione del cd. rendimento, dovendosi con tale espressione intendere «il rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato». Rilevava pertanto, che il profilo di diritto, inciso dal ricorso, andava definito in base alla distinzione temporale della iscrizione a forme pensionistiche complementari avvenuta prima o dopo il d.lgs. n. 124/1993; che solo nel secondo caso era in toto applicabile il trattamento tributario della tassazione separata. Per gli iscritti in epoca anteriore, come il ricorrente, era invece necessario distinguere, quanto alle prestazioni erogate in forma di capitale, tra: (a) importi maturati fino al 31 dicembre 2000, per i quali la prestazione era assoggettata al regime di tassazione separata unicamente nei limiti delle attribuzioni patrimoniali conseguenti alla cessazione del rapporto di lavoro, rimanendo invece le somme rinvenienti dalla liquidazione del cd. rendimento (per tale dovendosi intendere, in base al citato arresto delle Sezioni Unite, il «rendimento netto» imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato) soggette a ritenuta del 12,50 per cento prevista dall’art. 6 della legge n. 482 del 1985; e (b) importi maturati dopo il 1° gennaio 2001, ai quali, a norma del d.lgs. n. 17 del 2000, si applicava interamente il regime di tassazione separata di cui all’art. 16 d.P.R. n. 917 del 1986 (non essendo più consentito distinguere, al riguardo, tra capitale e rendimento di polizza).
Riassunto il giudizio, la C.t.r., con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva l’appello dell’ufficio, ritenendo che fosse legittimo il diniego tacito di rimborso.
In prossimità dell’udienza, parte contribuente ha depositato memoria.
Considerato che:
Con il primo motivo, il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 legge delega 23/10/1992, n. 421; 6, comma 1, legge 26/9/1985, n. 482; 1 e 14-bis, d.lgs. 21/4/1993, n. 124; 41, comma 1, lett. g-quater; 42, comma 4 e 70, comma 1, d.P.R. 22/12/1986, n. 917 (TUIR) vigente ratione temporis , come integrato con il comma 3 dell’art. 11 della legge 8/8/1995, n. 335 e come autenticamente interpretato con il comma 5 dell’art. 1 del d.l. 31/12/1996, n. 669, convertito con modificazioni dalla legge 28/2/1997, n. 30; artt. 4, comma 2, e 5 della citata legge 8/8/1995, n. 335; artt. 1882, 2117 e 2697, commi 1 e 2, cod.civ.; art. 2, comma 1, codice delle assicurazioni private; il tutto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
Con il secondo motivo, il ricorrente censura la violazione o falsa applicazione dell’art. 115 e dell’art.116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.
3. I motivi sono infondati e vanno rigettati.
Invero, la C.t.r., si è attenuta alla nozione di rendimento evincibile dalla decisione delle Sezioni Unite, cui hanno fatto seguito numerose altre sentenze ( Cass. 720/2017; Cass. 5614/15; Cass.287/12; Cass. 14498/12; Cass. 23520/12; Cass. 3130/14; Cass.17365/14; Cass. 10285/17), quale “rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato”, la cui quantificazione deve essere compiuta dal giudice di merito sulla base di una congruente analisi giuridica della fattispecie concreta, che operi l’accertamento della natura e quantit à del rendimento che sarebbe stato erogato a favore del contribuente, verificando se vi sia stato (e quale sia stato) da parte del Fondo l’impiego sul mercato del capitale accantonato e quale (e quanto) sia stato il rendimento conseguito in relazione a tale impiego.
E’ stato ulteriormente chiarito che <> ( ex multis , vedi Cass. n. 24525/ 2017; n.15853/2018; n.27610/2018).
Nella specie, il giudice di rinvio ha ritenuto che la documentazione versata in atti dal contribuente non fosse idonea a dimostrare l’effettivo rendimento netto derivante dalla gestione sui mercati finanziari e che, pertanto, il contribuente istante, attore in senso sostanziale, non avesse assolto all’onere probatorio, dimostrando l’esistenza di tutti gli elementi costitutivi dell’invocato diritto.
Come correttamente evidenziato dal giudice di merito, la sussistenza del presupposto dell’agevolazione fiscale (ossia che trattasi di somme prodotte dall’investimento sul mercato finanziario) non può desumersi da generiche documentazioni rilasciate da ENEL, depositate in giudizio dalla parte interessata (nella specie semplici lettere dell’ENEL), prive di qualsivoglia riferimento agli elementi enucleati dalle pronunce della Corte regolatrice (ancora si veda Cass., sent., n.15324 del 19 giugno 2013).
Né appare corretto quanto sostenuto dal ricorrente, che ha asserito che la C.t.r. avrebbe errato nel non ritenere sufficiente la documentazione prodotta dal contribuente in quanto la stessa, non essendo stata contestata, avrebbe dovuto costituire pertanto il fondamento della decisione.
In realtà l’ufficio risulta aver contestato in maniera chiara ed esplicita le affermazioni del ricorrente, richiamando il contenuto della
sentenza di cassazione e rilevando l’insufficienza della documentazione prodotta da controparte ai fini della determinazione dell’ammontare richiesto a rimborso.
In conclusione, il ricorso va rigettato ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a pagare all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5600,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 13 dicembre 2023.