Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16123 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16123 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 16/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15399/2022 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentato e difeso dall’avv . NOME COGNOME in forza di procura in calce al ricorso, elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO, posta elettronica certificata EMAIL
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 5765/02/2021 depositata il 14/12/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugnava l’avviso di accertamento n. TK3016 304924/2017, relativo all’anno di imposta 2012, emesso
sulla base delle risultanze emerse da un procedimento penale; l ‘Amministrazione finanziaria aveva accertato in particolare redditi diversi percepiti e non dichiarati, quali proventi derivanti da attività illecite, determinando così maggiori imposte Irpef, addizionale regionale e comunale, maggior contributo di solidarietà e relativa sanzione.
La Commissione tributaria provinciale di Roma dichiarava inammissibile il ricorso, poiché tardivo, e compensava le spese; in particolare, respingeva la richiesta di remissione in termini ai sensi dell’ art. 153 c.p.c., non ritenendo sussistenti le condizioni oggettive e soggettive di impedimento, ossia la dedotta causa di forza maggiore.
Avverso la sentenza di primo grado il contribuente proponeva appello dinnanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio, la quale rigettava il gravame, confermando le statuizioni del primo giudice. In particolare evidenziava che non sussistesse causa di forza maggiore impeditiva del rispetto del termine per proporre ricorso entro il 16/02/2018 in quanto l’obbligo giornaliero del contribuente di presentarsi presso la Stazione dei Carabinieri di Salerno era limitato all’orario 11.00 -12.00 e comunque il provvedimento cautelare era stato revocato in data 5/02/2018, in tempo utile per proporre ricorso, né la lamentata impossibilità di redigere il ricorso per l’impossibilità di consultare i documenti sequestrati appariva determinante potendo il contribuente presentare memorie successive.
Ricorre per la cassazione della decisione NOME COGNOME sulla base di un unico motivo di ricorso.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
Il consigliere delegato , ai sensi dell’art. 380bis c.p.c., ha proposto la definizione anticipata del giudizio.
Il ricorrente, munito di nuova procura speciale, ha depositato istanza per la decisione.
Il ricorso è stato fissato per l’adunanza camerale del 14 /04/2025, per la quale il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il contribuente censura l ‘ erroneità della sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione dell’art. 153 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3 , nonché l’o messa o, comunque, insufficiente motivazione su un fatto decisivo e controverso del giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c .
Il contribuente lamenta la insufficiente e carente motivazione e l ‘omessa valutazione, da parte della CTR, degli elementi fattuali e dirimenti circa la prova dell’esistenza di impedimento incolpevole, soggettivo e oggettivo, originato da una causa di forza maggiore che ha comportato la tardività della proposizione del ricorso di primo grado; in particolare, sotto il profilo soggettivo, egli era sottoposto a misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla p.g., mentre, sotto il profilo oggettivo, la documentazione contabile era sottoposta a sequestro, e gli era stata restituita solo il 4/07/2018, data da cui doveva decorrere il termine di sessanta giorni.
Il motivo è inammissibile, per plurime ragioni.
2.1. Occorre considerare che, nel caso di specie, ricorre la fattispecie di c.d. «doppia conforme» , ai sensi dell’art. 348 -ter , commi 4 e 5, c.p.c., con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c.
Come più volte ribadito da questa Corte, ricorre il caso di c.d. doppia conforme quando la pronuncia di appello conferma la decisione di primo grado per le stesse ragioni, inerenti ai medesimi fatti posti a base della decisione impugnata. In tal caso, il ricorso per cassazione può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui all’art. 360, primo comma, nn. 1), 2), 3), 4), c.p.c. e il ricorrente, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5 ) c.p.c.,
deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 12788/2024).
Nel caso di specie è evidente che le due statuizioni rese dal giudice di primo e di secondo grado siano sovrapponibili in quanto espressive di un medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, e coerentemente conducenti all’unica soluzione del rigetto della doglianza suindicata.
Giova precisare che non rileva quanto evidenziato da Cass. n. 32019/2024, richiamata in memoria, che si riferisce al diverso caso della sentenza del giudice di secondo grado che, pur confermando quella di primo grado, sia argomentata su ragioni di natura processuale (quali, ad esempio, la ritenuta aspecificità dei motivi di appello); nel caso di specie, invece, entrambe le sentenze condividono il medesimo percorso argomentativo in ordine alla valutazione fattuale della sussistenza o meno dell’impedimento.
2.2. In secondo luogo, la deduzione del vizio di cui al n. 5 dell’art. 360, primo comma, c.p.c. deve comunque avere ad oggetto uno specifico fatto storico, principale o secondario, inteso nel senso di circostanza fattuale o un preciso accadimento in senso storico naturalistico Cass. 06/09/2019, n. 22397; Cass. 03/10/2018, n. 24035; Cass. 08/09/2016, n. 17761; Cass., Sez. U., 23/03/2015, n. 5745; Cass. 08/10/2014, n. 21152; Cass. 04/04/2014, n. 7983; Cass. 05/03/2014, n. 5133), la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia e postula la sua concreta e specifica indicazione, anche in relazione alla sede processuale ove sia stata dedotta.
Nel caso di specie invece il motivo mira ad un generale riesame della valutazione operata dai giudici di merito.
2.3. Deve, poi, escludersi in radice la sussistenza di un vizio di motivazione apparente, pure adombrato nel motivo, in quanto tale vizio, riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, si configura quando la motivazione manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione -ovvero… essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum . Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata (Cass., Sez. U. n. 8053/2014; successivamente tra le tante Cass. n. 22598/2018; Cass. n. 6626/2022).
In particolare si è in presenza di una motivazione apparente allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture.
Nel caso di specie la motivazione esiste graficamente ed esprima una ratio decidendi , in diritto e fatto, pienamente comprensibile
2.4. Sotto altro profilo, alla medesima pronuncia di inammissibilità si espone la dedotta violazione dell’art. 153 c.p.c., in quanto con tutta evidenza il motivo contiene esclusivamente una richiesta di riesame della valutazione di fatto operata dalla CTR in merito alla esistenza della causa di forza maggiore, insindacabile in sede di legittimità.
Peraltro, la valutazione censurata risulta corretta e congrua rispetto al quadro normativo di riferimento, posto che né l’obbligo di presentazione alla p.g. né il sequestro giudiziario dei documenti -investiti dal contribuente del ruolo di elementi impeditivi e confluenti nella causa di forza maggiore -possono ritenersi idonei ad integrare la fattispecie richiamata e a condurre alla pronuncia di remissione in termini.
Da un lato, i giudici di merito hanno correttamente rilevato che la misura cautelare dell’obbligo di presentazione , unica misura personale vigente all’epoca della notifica dell’atto impositivo, come espressamente evidenziato dal ricorrente e ribadito in memoria, era limitata all’orario 11.00 -12.00 e comunque cessava undici giorni prima della scadenza del termine utile per la proposizione del ricorso.
D all’altro lato, non può non rilevarsi come il motivo sia inammissibile laddove non chiarisce la rilevanza della documentazione (indicata solo negli estratti conto bancari) ai fini della redazione delle difese. Del resto, e comunque, l’autorità giudiziaria può concedere l’estrazione di copia degli atti e dei documenti sequestrati, autorizzando se del caso la cancelleria a rilasciare gratuitamente copia autentica a chi li detiene legittimamente, ai sensi dell’art. 258 c.p. p., consentendo in tal modo la piena esplicazione del diritto di difesa, avendo il legislatore disciplinato tale ipotesi e fornito adeguato strumento di tutela onde evitarne la compressione.
In definitiva il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo , anche ai sensi dell’art. 96, terzo comma, c.p.c., fondandosi la decisione sulle ragioni poste a fondamento della proposta di definizione anticipata; il ricorrente va, inoltre, condannato , ai sensi dell’art. 96, quarto comma, c.p.c., richiamato dall’art. 380 -bis c.p.c., al pagamento dell’ulteriore somma liquidata in dispositivo in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento, in favore del l’Agenzia delle entrate, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.800,00, oltre alle spese prenotate a debito, e ad euro 2.900,00 ai sensi dell’art. 96, terzo comma, c.p.c.
condanna il ricorrente al pagamento della somma di euro 1.000,00 ai sensi dell’art. 96, quarto comma , c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13 , comma 1quater, del d.P.R. n. 115/2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 14/04/2025.