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Remissione in termini: quando non è giustificata?

Un contribuente ha impugnato tardivamente un avviso di accertamento, chiedendo la remissione in termini a causa di un obbligo di firma e del sequestro di documenti. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei giudici di merito. Secondo la Corte, gli impedimenti lamentati non costituivano una causa di forza maggiore idonea a giustificare il ritardo, applicando inoltre il principio della ‘doppia conforme’ che limita il riesame dei fatti in sede di legittimità.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Remissione in Termini: Non Basta un Impedimento Qualsiasi

Nel processo tributario, rispettare le scadenze è fondamentale. Un ricorso presentato oltre i termini di legge viene dichiarato inammissibile, precludendo al contribuente la possibilità di difendersi nel merito. Esiste però uno strumento, la remissione in termini, che consente di ‘sanare’ il ritardo se causato da un impedimento non colpevole. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti di questo istituto, spiegando come non ogni difficoltà possa essere qualificata come ‘causa di forza maggiore’.

I Fatti di Causa: Un Ricorso Tardivo e la Richiesta di Remissione in Termini

Il caso riguarda un contribuente che aveva ricevuto un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2012, basato su presunti redditi non dichiarati derivanti da attività illecite. Il contribuente impugnava l’atto oltre il termine di legge, ma chiedeva di essere rimesso in termini, adducendo due principali impedimenti:
1. Una misura cautelare che lo obbligava a presentarsi quotidianamente presso una stazione dei Carabinieri.
2. Il sequestro della sua documentazione contabile, che a suo dire gli impediva di preparare una difesa adeguata.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano respinto la richiesta, ritenendo il ricorso tardivo e inammissibile. I giudici di merito avevano osservato che l’obbligo di firma era limitato a una sola ora al giorno e, in ogni caso, era stato revocato ben prima della scadenza del termine per ricorrere. Riguardo ai documenti sequestrati, era stato ritenuto che il contribuente avrebbe potuto comunque presentare il ricorso e integrare le difese in un secondo momento.

La Decisione sulla Remissione in Termini: Il Principio della “Doppia Conforme”

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha dichiarato il ricorso del contribuente inammissibile. La decisione si fonda primariamente sul principio della cosiddetta ‘doppia conforme’. Questo principio, previsto dall’art. 348-ter c.p.c., stabilisce che se le sentenze di primo e secondo grado confermano la decisione sulla base delle stesse identiche ragioni di fatto, non è possibile contestare in Cassazione la valutazione dei fatti stessi. Il ricorso di legittimità può basarsi solo su violazioni di legge o vizi procedurali, ma non su un presunto errore di valutazione delle prove da parte dei giudici di merito.

Nel caso specifico, entrambe le commissioni tributarie avevano concluso, con argomentazioni sovrapponibili, che le circostanze indicate dal contribuente non integravano una causa di forza maggiore. Pertanto, la censura del contribuente, che mirava a un riesame di quella valutazione fattuale, è stata ritenuta inammissibile.

Le Motivazioni della Corte: Perché la Remissione in Termini è Stata Negata?

La Corte non si è limitata a una declaratoria di inammissibilità per ragioni processuali, ma ha anche analizzato nel merito la correttezza della valutazione operata dai giudici precedenti. Ha stabilito che né l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria né il sequestro dei documenti potevano essere considerati impedimenti idonei a giustificare una remissione in termini.

L’obbligo di firma, limitato a una fascia oraria specifica (11:00-12:00) e cessato undici giorni prima della scadenza, non rappresentava un impedimento assoluto all’esercizio del diritto di difesa. Allo stesso modo, il sequestro dei documenti non era un ostacolo insormontabile. La Corte ha sottolineato che il contribuente non aveva chiarito la rilevanza specifica di tali documenti per la stesura del ricorso iniziale e, soprattutto, che la legge (art. 258 c.p.p.) prevede la possibilità per l’interessato di ottenere copie dei documenti sequestrati proprio per garantire il pieno esercizio del diritto di difesa.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Contribuenti

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la remissione in termini è un rimedio eccezionale, non una scappatoia per sanare negligenze. Per ottenerla, il contribuente deve dimostrare l’esistenza di un impedimento oggettivo, assoluto e non imputabile a sua colpa, che gli abbia reso materialmente impossibile rispettare la scadenza. Difficoltà personali o organizzative, anche se significative, non sono sufficienti se non raggiungono il livello di una vera e propria ‘causa di forza maggiore’. La decisione sottolinea inoltre che il contribuente ha l’onere di attivarsi per superare gli ostacoli, ad esempio richiedendo copie dei documenti sequestrati, invece di rimanere inerte e invocare successivamente l’impedimento.

Una misura cautelare come l’obbligo di firma giustifica sempre la remissione in termini per un ricorso tardivo?
No. Secondo la Corte, una misura del genere non costituisce un impedimento assoluto se è limitata a una specifica fascia oraria e, soprattutto, se viene revocata in tempo utile per consentire la proposizione del ricorso entro la scadenza.

Il sequestro di documenti contabili costituisce una causa di forza maggiore per impugnare un atto?
No, non necessariamente. La Corte ha stabilito che non è un impedimento insormontabile, in quanto il contribuente ha la facoltà di chiedere all’autorità giudiziaria il rilascio di copie dei documenti sequestrati per poter esercitare il proprio diritto di difesa, come previsto dall’art. 258 c.p.p.

Cos’è il principio della ‘doppia conforme’ e come limita il ricorso in Cassazione?
È un principio processuale secondo cui, se la sentenza d’appello conferma la decisione di primo grado basandosi sulle stesse ragioni di fatto, il ricorso in Cassazione non può contestare la ricostruzione dei fatti. L’appello alla Corte Suprema è limitato alla denuncia di violazioni di norme di diritto o vizi di nullità della sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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