Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27258 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5   Num. 27258  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/10/2025
Avviso di accertamento -ritenuta alla fonte -Impugnazione rimessione in termini
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15651/2024 R.G. proposto da: pro tempore,
RAGIONE_SOCIALE, in persona del rappresentante rappresentata e difesa dal l’AVV_NOTAIO,
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  Direttore pro  tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato,
-controricorrente – avverso la sentenza della CORTE GIUSTIZIA TRIB. SECONDO GRADO VENETO, n. 120/2023  depositata il 30/01/2023.
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23 settembre 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, in data 12 dicembre 2019, notificava alla RAGIONE_SOCIALE  avviso di  accertamento con il quale, per l’anno di imposta  2014,  recuperava  la  ritenuta  alla  fonte  con  riferimento  ai redditi di capitale dei fiducianti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
La società -assumendo di essere venuta a conoscenza dell’atto impositivo  solo  in  data  13  novembre  2020,  in  occasione  della consultazione  del  fascicolo  relativo  all’istanza  di  fallimento  avanzata dall’RAGIONE_SOCIALE  in  data  26  novembre  2020,  avanzava istanza di annullamento in autotutela alla quale non riceveva riscontro e  successivamente  impugnava  l’atto  impositivo  innanzi  alla  CTP  di Vicenza.
La CTP dichiarava inammissibile il ricorso, ex art. 21 d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto tardivamente presentato e la CTR confermava la sentenza, cos ì rigettando l’appello della contribuente. Osservava sul punto che la contribuente era già a conoscenza del fatto che l’ufficio aveva mosso RAGIONE_SOCIALE contestazioni nei suoi confronti (infatti in data 12 dicembre 2019 aveva partecipato al contraddittorio endoprocedimentale); che l’avviso di accertament o era stato notificato a mezzo pec il 16 dicembre 2019, ma che la destinataria non era riuscita ad aprire l’allegato; che, tuttavia, non si era preoccupata, come invece avrebbe dovuto e potuto, di richiedere all’Ufficio quale fosse l’oggetto della PEC ; che, di conseguenza le motivazioni addotte non erano sufficienti a consentire una rimessione in termini.
Avverso  la  sentenza  di  secondo  grado  la  società  contribuente ricorre nei confronti dell’ RAGIONE_SOCIALE, che  resiste  con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ. la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 153, secondo comma, cod. proc. civ. e per violazione dell’art. 29, comma 1, lett. a) e b) d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122.
Critica la sentenza impugnata per aver ritenuto inammissibile il ricorso in primo grado, sebbene la tardiva impugnazione dell’atto impositivo non le fosse imputabile. Ribadisce sul punto che era venuta a conoscenza dell’avviso di accertamento, notificatole a mezzo pec, solo in data 13 novembre 2020, «in quanto a causa di un bug (scoperto successivamente) di una versione di Thunderbird alcuni allegati RAGIONE_SOCIALE PEC in formato ‘.p7m’ non venivano visualizzati in allegato alla PEC stessa, sebbene in realtà presenti»; che solo dopo un intervento tecnico complesso sul proprio computer, era riuscita a visionare e stampare l’allegato della pec (contenente l’ avviso di accertamento) e senza indugio in data 26 novembre 2020, aveva inviato, a mezzo pec, istanza di autotutela per l’annullamento e istanza ai sensi della legge n. 241 del 1990 e in data 30 novembre 2020 aveva notificato il ricorso all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Vicenza, costituendosi lo stesso giorno. Aggiunge che, contrariamente a quanto affermato dalla CTR, aveva prodotto sia nel corso del giudizio di primo grado e sia nel giudizio di secondo grado, una perizia tecnica informatica con la quale era stata evidenziata la non visibilità dell’avviso di accertamento nella casella pec.
Aggiunge  che  il  ricorso  doveva  considerarsi  ammissibile  tenuto conto  anche  della  mancata  notifica  della  intimazione  di  pagamento, così come prevista dall’art.29, comma 1, lettera a), d.l. n. 78 del 2010 e  della  mancata  comunicazione  da  parte  dell’RAGIONE_SOCIALE dell’avviso di presa in carico di cui alla successiva lett. b) .
Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la nullità dell’avviso di accertam ento per violazione degli artt. 23, 25 e 64, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, degli art. 13 e 14 d.lgs. 28 dicembre 1997, n. 471 e dell’art. 1294 cod. civ.
Assume  che, n el  corso  del  giudizio,  aveva  eccepito  la  nullità dell’avviso  di  accertamento  per  violazione  e  falsa  applicazione  degli artt.23 e 25 d.P.R. n. 600 del 1973 ma che tale eccezione non era stata esaminata.
 Con  il  terzo motivo  denuncia,  in  relazione  all’art.  360,  primo comma, nn. 3  e  4  cod.  proc.  civ.,  la  nullità  dell’atto  per  violazione dell’art. 2697 cod. civ.
Con una prima censura, assume che i giudici non hanno rilevato e non si sono pronunciati sulla violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. e che, contrariamente a quanto affermato in sentenza, sia nel giudizio di primo grado che in quello di secondo grado, oltre a giustificare il ritardo, lo aveva anche documentato e provato depositando una perizia tecnica informatica.
Con una seconda censura osserva che l’RAGIONE_SOCIALE nel corso del giudizio non aveva mai prodotto in giudizio alcun atto notificato ai fiducianti relativamente al mancato versamento della ritenuta d’acconto essendo nella fattispecie vigente il sistema della solidarietà tra sostituto d’imposta e sostituito così come previsto espressamente dalle norme di legge. Inoltre, non ha mai depositato l’avviso di accertamento o gli avvisi di accertamento emessi nei confronti dei fiducianti a seguito RAGIONE_SOCIALE indagini finanziarie.
Il primo motivo -se pure ammissibile, diversamente da quanto sostenuto dalla contoricorrente, vertendo sull’interpretazione dell’istituto della rimessione in termini è infondato.
4.1. L ‘istituto della rimessione in termini è stato dapprima previsto dall’art.  184 -bis proc.  civ.  e,  quindi,  in  via  generale  dall’art.  153, secondo  comma,  cod.  proc.  civ.,  a  seguito  dell’abrogazione  della precedente disposizione ad opera dell’art. 46 della l. n. 69 del 2009 .
In entrambi i casi, l’istituto si applica anche al processo tributario e opera -anche nella vigenza dell’art. 184 bis proc. civ., da interpretarsi estensivamente -sia con riferimento alle decadenze relative ai poteri processuali interni al giudizio, sia a quelle correlate alle facoltà esterne e strumentali al processo, quali l’impugnazione RAGIONE_SOCIALE sentenze del giudice tributario o dei provvedimenti sostanziali (tra le tante Cass. 10/05/2022, n. 14779 Cass. 17/06/2021 n. 17237; Cass. 21/02/2020 n. 4585);
4.2. L ‘istituto della rimessione in termini richiede, in primo luogo, una tempestiva istanza della parte che assuma di essere incorsa nella decadenza da un’attività processuale per causa ad essa non imputabile (Cass.  01/03/2019  n  6102.),  tempestività  da  intendere come immediatezza della reazione della parte stessa al palesarsi della necessità  di  svolgere  un’attività  processuale  ormai  preclusa (Cass. 05/08/2021, n. 22342; Cass. 29/09/2016 n.  19290.)
In  secondo  luogo, l’istituto  presuppone  la  dimostrazione  che  la decadenza  sia  stata  determinata  da  una  causa  non  imputabile  alla parte o al suo difensore, perché cagionata da un fattore estraneo alla volontà degli stessi (Cass. 09/08/2019, n. 21304; Cass. 16/10/2015, n. 20992), riferibile ad un evento che presenti il carattere dell’assolutezza, e non già di un’impossibilità relativa, né tantomeno di una  mera  difficoltà (Cass. sez.  U.  04/02/2021.  n.  2610;  Cass. 04/12/2020, n. 27773).
4.3. La motivazione resa dalla CTR è nel senso di escludere detto secondo  presupposto.  La  CTR,  infatti,  dopo  aver  affermato  che  il contribuente  non  aveva  nemmeno  in  secondo  grado  giustificato  la
tardività  del  ricorso,  ha  evidenziato  che  lo  stesso  avrebbe  potuto  e dovuto, una volta ricevuta la pec con l’allegato che non era riuscito ad aprire, chiederne copia all’Ufficio.
4.4. La censura mossa dal contribuente, incentrata sulla ragione tecnica -comprovata da perizia giurata -che aveva reso impossibile l’apertura dell’allegato contenente l’atto impositivo, non coglie, pertanto, la ratio deicdendi della sentenza impugnata che si fonda sul diverso presupposto per il quale, una volta constatata l’impossibilità di accedere al file allegato, la contribuente, la quale avendo partecipato al contraddittorio endo-procedimentale era già a conoscenza RAGIONE_SOCIALE contestazioni mosse dall’Uff icio, avrebbe dovuto attivarsi presso l’Ufficio per conoscerne il contenuto.
4.5. La ratio decidendi sottesa alla sentenza impugnata è, per altro, in linea con la giurisprudenza di questa Corte, sopra richiamata, la quale, come detto, è costante nell’affermare che l’istituto della rimessione in termini presuppone la sussistenza in concreto di una causa non imputabile, riferibile ad un evento che presenti il carattere dell’assolutezza -e non già un’impossibilità relativa, né tantomeno una mera difficoltà -e che sia in rapporto causale determinante con il verificarsi della decadenza in questione.
Quanto, poi,  alla  ricorrenza  di  un  impedimento  assoluto,  questa Corte,  a  sezioni  unite,  ha  precisato  che  il  relativo  accertamento compete al giudice del merito ed è incensurabile per cassazione, se non nei limiti di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (Cass. sez. U., 11/03/2025, n. 6431).
Le ulteriori censure e gli ulteriori motivi restano, di conseguenza assorbiti dalla conferma della sentenza che ha dichiarato inammissibile l’impugnazione dell’atto impositivo in quanto tardiva.
Ne consegue, il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a corrispondere all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE le spese del giudizio di legittimità, che liquida in  euro  5.900,00  a  titolo  di  compenso,  oltre  alle  spese  prenotate  a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo  di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto
Così deciso in Roma, il 23 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME