Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24133 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24133 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 09/09/2024
degli organismi d’investimento collettivo. Ma anche la nozione di gestione del fondo è nozione unionale ed è stata definita dalla Corte di giustizia in relazione a casi simili a quello in esame . Posto che l’attività specifica di un fondo comune d’investimento consiste nell’investimento collettivo dei capitali raccolti, la Corte di giustizia ha quindi chiarito (con sentenza in causa causa C-275/11, GfBk, punti 22 e 24) che, allorquando gli attivi di un fondo consistono in beni immobili, l’attività specifica comprende, da un lato, la scelta, l’acquisto e la vendita dei beni immobili e, dall’altro, i relativi compiti amministrativi e di contabilità (Corte giust. in causa C-595/13, punto 77), purché, però, gli affiliati al fondo sopportino il rischio di gestione (secondo le precisazioni di Corte giust. 7 marzo 2013, causa C-424/11, cit. e 9 dicembre 2015, causa C-595/13, cit.). Senz’altro, invece, l’attività propria di gestione del fondo’ ed è questo l’elemento centrale che viene in conto -‘non comprende l’amministrazione effettiva dei beni immobili che mira a preservare e a accrescere il patrimonio investito, perché il suo obiettivo non attiene specificamente
all’attività di un fondo comune d’investimento, ma riguarda ogni tipo d’investimento (Corte giust. in causa C-595/13, cit., punto 78)’.
Tornando al caso di specie, in ragione di quanto da ultimo evidenziato, la sentenza impugnata si sottrae alle critiche mossele nel motivo in disamina, avendo la CTR in buona sostanza messo in luce, attraverso un non censurato e comunque non censurabile accertamento in fatto, la redditività locatizia -come tale non rientrante nel perimetro dell’attività tipica di un fondo d’investimento, beneficiante dell’esenzione degli immobili del RAGIONE_SOCIALE: redditività, oltretutto, ritratta mediante l’esercizio organizzato di un’attività d’impresa.
Fondato è, al contrario, il secondo motivo.
5.1. Osserva Sez. 5, n. 1841 del 18/02/2000, Rv. 534056-01, in motivazione, che
l’inclusione, fra i compiti del cessionario o committente, di un apprezzamento critico, su quanto l’emittente di fattura completa dichiari in ordine alla non imponibilità dell’operazione, trasformerebbe l’obbligato in rivalsa in un collaboratore con supplenza in funzioni di esclusiva pertinenza dell’Ufficio finanziario, e, dunque, andrebbe oltre la ratio di assicurare all’Ufficio medesimo la conoscenza piena dei fatti rilevanti al fini impositivi, introducendo una sorta di accertamento “privato” in rettifica RAGIONE_SOCIALE dichiarazione del debitore d’imposta. Una dilatazione delle incombenze in discorso, nel senso voluto dall’Amministrazione, non sarebbe del resto coerente con il contestuale obbligo del soggetto tenuto alla regolarizzazione RAGIONE_SOCIALE fattura altrui di pagare l’imposta non versata o versata in misura insufficiente.
La tesi porterebbe ad esigere quel versamento prima che l’Ufficio abbia controllato ed eventualmente rettificato la suddetta dichiarazione di non tassabilità dell’operazione, e quindi ad imporre il soddisfacimento di un credito non ancora accertato e fatto valere
nel rapporto con il soggetto passivo, sulla mera base RAGIONE_SOCIALE prefigurabilità di una successiva iniziativa dell’Ufficio stesso; il risultato sarebbe anomalo, e non scevro da dubbi di compatibilità con i precetti di cui agli artt. 3, 24 e 53 RAGIONE_SOCIALE Costituzione, in quanto si richiederebbe al cessionario o committente, solo perché debitore “finale” in esito alla rivalsa, una ‘solutio’ di tipo anticipatorio e cautelativo rispetto a credito d’imposta non ancora esercitato.
È ben vero -come sostiene l’Ufficio che il caso oggetto di Sez. 5, n. 1841 del 2000, riguardava l’emissione di fatture irregolari, inaugurando il principio di diritto (ribadito, in varie guise, da svariate pronunce successive: cfr ad. es. Sez. 5, n. 7681 del 16/05/2003, Rv. 563199-01; Sez. 5, n. 5880 del 20/04/2001, Rv. 546123-01; Sez. 5, n. 5805 del 19/04/2001, Rv. 546091-01; Sez. 5, n. 4284 del 23/03/2001, Rv. 545136-01) secondo cui, in tema di IVA, l’art. 41, quinto comma, lett. b) del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 (riformulato dal d.P.R. 29 gennaio 1979 n. 24 e dal D.L. 2 marzo 1989 n. 69, convertito in legge 27 aprile 1989 n. 154, poi abrogato dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, e sostituito dalle disposizioni dell’art. 6 di quest’ultimo), in base al quale il cessionario di un bene od il committente di un servizio, ricevendo fattura irregolare, è tenuto a “regolarizzare l’operazione”, con la presentazione di un documento integrativo contenente tutte le indicazioni prescritte dall’art. 21 e con il versamento dell’imposta dovuta, restando soggetto in caso d’omissione pure a sanzione pecuniaria, implica l’obbligo di supplire alle mancanze commesse dall’emittente in ordine all’identificazione dell’atto negoziale ed alla notizia dei dati di fatto fiscalmente rilevanti, non anche di controllare e sindacare le valutazioni giuridiche espresse dall’emittente medesimo, quando, in fattura recante l’annotazione di tutti i suddetti estremi, inserisca l’esplicita dichiarazione di non debenza dell’imposta (dichiarazione prevista dal sesto comma di
detto art. 21), indipendentemente dalla questione RAGIONE_SOCIALE tassabilità o meno dell’operazione.
Ancora recentemente Sez. 5, n. 14275 del 08/07/2020, Rv. 658355-01, ha avuto modo di affermare che, in tema di IVA, l’obbligo, in capo al concessionario o committente, di regolarizzare le fatture emesse dal cedente sussiste nel solo caso in cui le mancanze da questi commesse riguardino l’identificazione dell’atto negoziale e i dati fiscalmente rilevanti, ma non si estende anche a controlli sostanziali sulla corretta qualificazione fiscale dell’operazione, non soltanto perché ciò non sarebbe coerente con il contestuale obbligo del soggetto tenuto alla regolarizzazione RAGIONE_SOCIALE fattura altrui di pagare l’imposta non versata o versata in misura insufficiente, ma anche perché l’inclusione, tra i suoi compiti, di un apprezzamento critico su quanto dichiarato in ordine all’imponibilità dell’operazione, trasformerebbe l’obbligato in rivalsa in un collaboratore, con supplenza di funzioni di esclusiva pertinenza dell’Ufficio finanziario .
Nondimeno -a differenza di quanto sostenuto dall’Ufficio non corrisponde al vero che l’affermazione dell’esclusione di controlli sostanziali sulla corretta qualificazione fiscale dell’operazione dagli obblighi di diligenza in capo al cessionario debba necessariamente riferirsi soltanto al caso di emissione di fatture irregolari, ad esclusione di quello di omessa emissione RAGIONE_SOCIALE fattura.
Al contrario,
-per un verso, entrambi i casi sono accomunati dall’unitaria previsione dell’art. 6, comma 8, D.Lgs. n. 497 del 1971;
-per altro verso, l’affermazione dell’esclusione di controlli sostanziali sulla corretta qualificazione fiscale ha di per se stessa una portata generale, atteso che, in riferimento ad entrambi i casi, e non soltanto a quello di emissione di fatture irregolari, è predicabile la giustificazione che siffatta esclusione mira ad evitare che ‘l’obbligato in rivalsa’ sia trasformato ‘in un collaboratore con
supplenza in funzioni di esclusiva pertinenza dell’Ufficio finanziario’, per l’effetto ‘introducendo una sorta di accertamento ‘privato’ in rettifica RAGIONE_SOCIALE dichiarazione del debitore d’imposta’ e, soprattutto, imponendo ‘il soddisfacimento di un credito non ancora accertato e fatto valere nel rapporto con il soggetto passivo, sulla mera base RAGIONE_SOCIALE prefigurabilità di una successiva iniziativa dell’Ufficio stesso’ .
La riprova RAGIONE_SOCIALE superiore conclusione si ha in ciò che, proprio da Sez. 5, n. 26183 del 12/12/2014, richiamata dall’Ufficio per sostenere la tesi RAGIONE_SOCIALE differenza del caso dell’omessa emissione RAGIONE_SOCIALE fattura da quello dell’emissione di fatture irregolari, è invece tratto un principio di diritto (‘sub’ Rv. 633620 -01) che correttamente le accomuna (enfasi aggiunta):
In tema di IVA, l’art. 6, comma 8, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, in base al quale il cessionario di un bene o il committente di un servizio è tenuto a “regolarizzare” l’operazione imponibile posta in essere dal cedente o dal prestatore senza emissione di fattura o con fattura irregolare, implica il solo obbligo di verificarne la regolarità formale, con riferimento al dato cronologico RAGIONE_SOCIALE ricezione RAGIONE_SOCIALE fattura “nei termini di legge” ed alla sussistenza dei suoi requisiti essenziali, individuati dall’art. 21 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e non esige invece il controllo sostanziale RAGIONE_SOCIALE corretta qualificazione fiscale dell’operazione, come si desume dalla
circostanza che l’esenzione del cessionario/committente dall’irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzione pecuniaria è subordinata al pagamento RAGIONE_SOCIALE “maggiore imposta eventualmente dovuta” proprio in base ai dati risultanti dallo stesso documento (aliquota, ammontare dell’imposta e dell’imponibile) e non a quello dell’intera imposta dovuta in base alla corretta valutazione RAGIONE_SOCIALE qualificazione fiscale dell’operazione.
Del resto, in perfetta coerenza con il principio di diritto di cui innanzi, nella motivazione di Sez. 5, n. 26183 del 2014, leggesi (enfasi aggiunta):
23. È appena il caso di rilevare come soggetto passivo d’imposta, nel rapporto contrattuale intercorso tra società appaltatrice/committente e società subappaltatrice/fornitrice, sia quest’ultima, tenuta pertanto ad emettere fattura ove la prestazione eseguita sia assoggettata ad IVA od anche sia considerata dalla legge non imponibile (non venendo in tal caso meno gli “obblighi formali” posti a carico del soggetto passivo: art. 21co6, lett. b), Dpr n. 633/72), e -nel primo caso- tenuta anche a versare l’imposta all’Erario, con obbligo di rivalsa. Pertanto rispetto al rapporto tributario tra soggetto passivo ed Erario, il soggetto obbligato in rivalsa è terzo estraneo, venendo ad integrare l’obbligo di rivalsa un rapporto giuridico, di diritto civile devoluto pertanto alla cognizione del Giudice ordinario, del tutto autonomo e distinto da quello tributario. In relazione a tale configurazione dei rapporti giuridici tra soggetto passivo, Erario e soggetto obbligato in rivalsa, quest’ultimo non può essere chiamato (escluso ovviamente il caso di frode) a rispondere personalmente per eventuali inadempimenti RAGIONE_SOCIALE obbligazione tributaria che fa capo esclusivamente al soggetto passivo, ma può essere invece chiamato a rispondere sul piano sanzionatorio per colpevole inosservanza di obblighi di condotta che, pur attenendo alla regolarità formale del rapporto privatistico con il cedente/prestatore (qual è l’obbligo di emissione RAGIONE_SOCIALE
fattura), vengono a riverberare “ab externo” sulla corretta attuazione del distinto rapporto tributario. In tale contesto si colloca il controllo richiesto al cessionario/committente sulla regolarità formale RAGIONE_SOCIALE operazione dallo stesso effettuata con il cedente/prestatore, in relazione alla fattura emessa da quest’ultimo, condotta richiesta al cessionario/committente la cui inosservanza integra illecito tributario ai sensi dell’art. 6 comma 8 Dlgs n. 471/1997.
24. Tale norma sanzionatoria definisce i limiti oggettivi RAGIONE_SOCIALE condotta “esigibile” dal cessionario/committente (in quanto riconducibile alla sfera di controllo di quest’ultimo), configurando due diverse fattispecie. Fermo l’obbligo ex lege del soggetto passivo di emettere fattura (art. 21 Dpr n. 633/72) cui è condizionata anche l’attuazione del rapporto privatistico avente ad oggetto l’esercizio del diritto di rivalsa (art. 18, comma 1 e 4, Dpr 633/72: cfr. Corte cass. Sez. 2, Sentenza n. 17876 del 23/07/2013), al cessionario/committente è prescritto di verificare la regolarità formale RAGIONE_SOCIALE operazione in relazione: a) alla mancata ricezione RAGIONE_SOCIALE fattura nei termini di legge; b) alla ricezione di una fattura “irregolare”. Orbene, mentre nella prima delle due ipotesi considerate, la norma presuppone che il cessionario/committente “nell’esercizio di imprese, arti o professioni, abbia acquistato beni o servizi” (art. 6, comma 8, prima parte, Dlgs n. 471/1997), e cioè presuppone la incontestata riconducibilità del rapporto intercorso tra le parti ad una delle operazioni -astrattamente -assoggettabili ad IVA ex art. 1 Dpr n. 633/72, venendo ad essere in conseguenza limitato il controllo del cessionario/committente alla osservanza da parte del cedente/prestatore del termine entro il quale la fattura deve essere rilasciata, come è dato evincere dal riferimento cronologico che riveste elemento essenziale nella fattispecie omissiva (mancata ricezione RAGIONE_SOCIALE fattura “nei termini di legge”), diversamente, nella seconda ipotesi contemplata dalla norma
sanzionatoria, il “controllo” richiesto al cessionario/committente è intrinseco al documento, in quanto limitato alla “regolarità formale” RAGIONE_SOCIALE fattura .
Nel piano e chiaro percorso argomentativo di Sez. 5, n. 26183 del 2014, il cessionario o committente, siccome non titolare passivo del rapporto d’imposta, è bensì gravato di obblighi di controllo, ma solo formali, anche nell’ipotesi ‘sub’ a) di ‘mancata ricezione RAGIONE_SOCIALE fattura nei termini di legge’: detta ipotesi ‘presuppone’ (ed è questo il punto) ‘la incontestata riconducibilità del rapporto ad una delle operazioni -astrattamente -assoggettabili ad IVA’ ed è proprio in ragione di tale ‘incontestata riconducibilità’ che il ‘cessionario/committente’ è tenuto a verificare l”osservanza da parte del cedente/prestatore del termine entro il quale la fattura deve essere rilasciata’.
Contrariamente, dunque, alla lettura proposta dalla difesa erariale, proprio l’espresso riferimento di Sez. 5, n. 26183 del 2014, ad una situazione di pacifico assoggettamento dell’operazione ad IVA porta ad escludere, ‘a contrario’, che il ‘cessionario/committente’ sia tenuto a compiere approfondimenti di merito, tanto più se impingenti sulla sfera del ‘cedente/prestatore’, per attingere conclusioni di verisimile certezza riguardo alla disciplina fiscale dell’operazione.
Né, in contrario, sovviene il principio enunciato da Sez. 5, n. 12138 del 14/04/2022, Rv. 664497-01, che anzi corrobora le conclusioni esposte.
Secondo Sez. 5, n. 12138 del 2022, in tema di IVA e sanzioni ex art. 6, comma 8, del d.lgs. n. 471 del 1997, il cessionario/committente di beni o servizi non può limitarsi ad un controllo puramente formale RAGIONE_SOCIALE fattura che riceve dal cedente, laddove la sua condotta non si limiti ad operare “ab externo” sul solo rapporto di rivalsa ma incida direttamente sul rapporto tributario, risultando in tal caso condotta esigibile quella
relativa al controllo ed al vaglio critico RAGIONE_SOCIALE qualificazione fiscale dell’operazione.
Nello schema di Sez. 5, n. 12138 del 2022, il controllo non puramente formale di cui è onerato il ‘cessionario/committente’ è collegato al presupposto che egli non sia meramente obbligato in rivalsa.
Un tanto si evince con estrema chiarezza dalla motivazione RAGIONE_SOCIALE sentenza in disamina, laddove si osserva che
5.2.n un caso come quello in esame , la condotta del cessionario/committente non si è soltanto riverberata ‘ab externo’, innestando il solo rapporto di rivalsa, ma ha inciso direttamente sul rapporto tributario (come, d’altronde, questa Corte ha ritenuto nel caso in il cedente stesso non sia in possesso di caratteri esteriori che denotino l’esercizio dell’attività d’impresa editoriale: Cass. n. 13032/21). E ciò perché la qualificazione dell’operazione come intracomunitaria, fornita dal cedente, ha innestato la condotta di assolvimento dell’iva mediante il meccanismo dell’inversione contabile, che è appunto in quel caso prescritto. La cessionaria, dunque, si è comportata come soggetto passivo d’imposta, e non già come partecipe del rapporto di rivalsa, considerato che, in virtù di quel meccanismo, la soggettività passiva si configura appunto in testa al cessionario/committente, e non più in relazione al cedente/prestatore’.
5.2. Tirando le somme di tutto quanto detto sin qui, deve, sinteticamente, enunciarsi il seguente principio di diritto:
In tema di IVA, l’obbligo, previsto dall’art. 6, comma 8, D.Lgs. n. 471 del 1997 in capo al cessionario di un bene od al committente di un servizio, di regolarizzare l’operazione imponibile posta in essere dal cedente, comporta, in caso di omessa emissione RAGIONE_SOCIALE fattura, come in quello di emissione di fattura irregolare, la necessità per il cessionario/committente di verificare la regolarità formale
dell’operazione, restando escluso che egli sia altresì tenuto a compiere approfondimenti di merito per individuare la corretta disciplina applicabile, giacché ciò si risolverebbe nell’esercizio, da parte di un soggetto privato, di funzioni investigative e valutative di pertinenza tipicamente dell’Amministrazione in sede di rettifica RAGIONE_SOCIALE dichiarazione del cedente/prestatore, quale unico ed effettivo debitore d’imposta.
5.3. La sentenza impugnata -rimproverando a ‘RAGIONE_SOCIALE, cessionaria, non provveduto in luogo del cedente RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a regolarizzare l’omessa fatturazione RAGIONE_SOCIALE locazione in questione’, nonostante che ciò avesse comportato un’indagine sul merito del rapporto in funzione dell’assoggettamento ad IVA: risultato cui lo stesso Ufficio è giunto solo in conseguenza di una complessiva analisi dell’attività di detto RAGIONE_SOCIALE, volta a far emergere l’esercizio abituale e sistematico, mediante una specifica organizzazione, di attività lucrativa -ha fatto evidente malgoverno del superiore principio.
La fondatezza del motivo in disamina determina l’assorbimento del terzo ed ultimo, che ha riguardo, bensì, ad una denuncia di infrapetizione, tuttavia rilevante, alla stregua RAGIONE_SOCIALE sua stessa prospettazione, solo in via gradata rispetto alla questione, come visto risolta positivamente per la contribuente, di cui al secondo motivo.
Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di II grado del Lazio, che in diversa composizione provvederà, oltre che alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, anche al riesame dell’appello, tenendo conto del principio di diritto enunciato.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo ed assorbito il terzo.
Cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di II grado del Lazio, cui demanda in diversa composizione anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso a Roma, lì 29 maggio 2024.