Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8908 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8908 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME , rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME che ha indicato recapito PEC, avendo il ricorrente dichiarato di eleggere domicilio presso lo studio del difensore, al INDIRIZZO in Lecce;
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente –
avverso
la sentenza n. 2433, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, il 25.7.2022, e pubblicata il 15.9.2022;
ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
la Corte osserva:
Fatti di causa
OGGETTO: Rimborso Irpef 2016/2019 -Previdenza complementare INPS – ‘Vecchi iscritti’ a ‘vecchi fondi’ -Regime di imposizione.
NOME COGNOME domandava il rimborso delle maggiori somme che riteneva essergli state trattenute in relazione al tributo dell’Irpef, con riferimento agli anni dal 2016 al 2019, ritenendo applicabile il favorevole regime fiscale di cui all’art. 11, comma 6, del D.Lgs. n. 252 del 2005. L’Amministrazione finanziaria non rispondeva.
Formatosi il silenzio rifiuto, il contribuente lo impugnava innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Lecce, evidenziando di essere un pensionato dell’Inps dal 1992, e sostenendo che gli importi relativi alla pensione complementare goduta erano stati erroneamente tassati nella misura ordinaria con riferimento all’87,50% delle somme corrisposte. La CTP riteneva fondate le ragioni del contribuente, sia perché sulle medesime rivendicazioni, relative a precedenti anni di imposta, la vicenda giudiziaria si era conclusa con decisione definitiva favorevole al contribuente, e pertanto in applicazione del c.d. giudicato esterno, sia perché riteneva applicabile il regime di tassazione favorevole di cui all’art. 11, comma 6, del D.Lgs. n. 252 del 2005. In conseguenza accoglieva l’istanza di rimborso.
L’Agenzia delle Entrate ha spiegato appello avverso la decisione sfavorevole conseguita nel primo grado del giudizio, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, riproponendo i propri argomenti. La CTR ha reputato fondate le rinnovate contestazioni proposta dall’Amministrazione finanziaria e relative alla non vincolatività del giudicato esterno, nonché all’inapplicabilità della disciplina d’imposizione di cui all’art. 11, comma 6, del D.Lgs. n. 252 del 2005.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, avverso la decisione adottata dal giudice dell’appello, affidandosi a tre motivi di ricorso. Resiste mediante controricorso l’Amministrazione finanziaria. Il contribuente ha depositato memoria, con la quale ha,
tra l’altro, ribadito la richiesta di valutare l’incidenza del giudicato esterno formatosi tra le parti in relazione alle medesime questioni in relazione a diversi anni d’imposta (2010 -2015, CTR Puglia 2823/2019).
Ragioni della decisione
Con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’impugnante contesta la violazione dell’art. 2909 cod. civ., dell’art. 324 cod. proc. civ., e dell’art. 49 del D.Lgs. n. 546 del 1992, perché la CTR ha erroneamente ritenuto non vincolante il giudicato esterno favorevole al contribuente formatosi in relazione ai precedenti anni d’imposta.
Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente censura la nullità della decisione della CTR, in conseguenza della violazione degli artt. 36, n. 4, e 61 del D.Lgs. n. 546 del 1992, nonché dell’art. 111, sesto comma, della Costituzione, in cui è incorso il giudice dell’appello per aver adottato una motivazione assente, contraddittoria, perplessa o incomprensibile, in ordine alla valenza pregiudiziale del giudicato esterno favorevole conseguito in relazione ai precedenti anni d’imposta.
Con il terzo strumento d’impugnazione, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il contribuente lamenta la violazione degli artt. 11, sesto comma, e 23 del D.Lgs. n. 252 del 2005, per avere la CTR erroneamente ritenuto inapplicabile nella fattispecie il regime d’imposizione favorevole previsto dalle norme citate.
Mediante i primi due strumenti di impugnazione il contribuente contesta, in relazione ai profili della nullità della decisione adottata dalla CTR perché assente, nonché della violazione di legge, la pronuncia del giudice dell’appello che ha ritenuto non vincolante nella fattispecie il giudicato esterno a lui
favorevole statuito dalla CTR in ordine ai precedenti anni d’imposta, segnalando che quel giudizio, in relazione al profilo dell’ottemperanza al giudicato, è stato definito da questa Corte con pronuncia favorevole al ricorrente.
Evidenzia il contribuente che pure in relazione ai precedenti anni d’imposta (2010 -2015), la controversia aveva ad oggetto il regime di imposizione delle medesime somme corrisposte al contribuente a titolo di pensione complementare Inps.
4.1. Ha deciso in proposito la CTR in questo giudizio che è ‘da rigettare anche la questione del giudicato esterno, alla luce del suesposto principio di diritto intervenuto nel luglio 2022’, con la pronuncia Cass. 19.7.2022, n. 22665, ‘e, comunque, la fattispecie non riconducibile al citato comma 5 applicato, nonché, infine, per il principio di autonomia dei rapporti tributari con distinti periodi e rapporti tributari’ (sent. CTR, p. III). La pronunzia del giudice dell’appello, pertanto, per quanto sintetica è presente e chiara sul punto, ed il secondo motivo di ricorso risulta pertanto infondato, non ricorrendo una motivazione assente, contraddittoria, perplessa o incomprensibile, in ordine alla valenza pregiudiziale del giudicato esterno.
4.2. In ordine al vincolo rappresentato dal giudicato esterno invocato dal ricorrente, occorre quindi evidenziare che questa Corte regolatrice ha recentemente confermato che ‘in tema di giudicato esterno, l’interpretazione delle norme giuridiche compiuta dal giudice non può mai costituire limite all’attività esegetica esercitata da altro giudice, la quale, in quanto consustanziale allo stesso esercizio della funzione giurisdizionale, non può incontrare vincoli, non trovando riconoscimento, nell’ordinamento processuale italiano, il principio dello stare decisis . (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza con la quale la Commissione tributaria regionale, respingendo l’eccezione di giudicato esterno, aveva operato un’autonoma valutazione della fattispecie oggetto di
giudizio, relativamente alla legittimità del metodo utilizzato dall’Ente comunale per la stima dell’immobile soggetto ad ICI)’, Cass. sez. V, 5.3.2024, n. 5822.
Non si è discostata da questo principio la CTR nel presente giudizio, avendo ritenuto che l’interpretazione delle norme giuridiche compiuta dal giudice nella decisione invocata quale giudicato esterno dovesse ritenersi non condivisibile per più ragioni, anche in considerazione dell’orientamento interpretativo proposto dalla Corte di legittimità in materia.
Anche il primo strumento di impugnazione risulta pertanto infondato e deve perciò essere respinto.
Mediante il terzo motivo di ricorso il contribuente critica l’applicabilità alla fattispecie del più favorevole regime di imposizione introdotto dagli artt. 11, sesto comma, e 23 del D.Lgs. n. 252 del 2005. Chiarezza impone di ricordare che il contribuente ha goduto del trattamento pensionistico per cui è causa in relazione a contribuzioni versate fino all’anno 1992, pertanto a c.d. montanti risalenti ad epoca precedente al 1999, si tratta in conseguenza di un ‘vecchio iscritto’ a ‘vecchi fondi’ di previdenza complementare. La CTR ha ritenuto che la favorevole disciplina fiscale invocata trova invece applicazione solo con riferimento ai montanti maturati successivamente al 1°.1.2007.
5.1. Nelle sue pur pregevoli argomentazioni, al fine di affermare l’applicabilità della disciplina di cui agli artt. 11, sesto comma, e 23 del D.Lgs. n. 252 del 2005 il ricorrente sostiene, tra l’altro, che occorra distinguere tra l’epoca di maturazione dei montanti e l’epoca di erogazione delle prestazioni, che è successiva al 2007, riguardando gli anni dal 2016 al 2019, ma propone una lettura della normativa applicabile che non appare condivisibile.
5.2. In materia questa Corte si è recentemente pronunciata, come evidenziato anche dalla CTR, e le osservazioni proposte dal
ricorrente non inducono a modificare le valutazioni espresse in quella sede.
Si è infatti rilevato che ‘l’art. 64 della legge 17 maggio 1999, n. 144, ha disposto la soppressione a decorrere dal 1° ottobre 1999 dei fondi integrativi costituiti presso gli enti di cui alla legge n. 70 del 1975 (legge sul cd. parastato), compresa la gestione speciale istituita presso l’INPS , è il caso di richiamare l’art. 23, comma 7, d.lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, che recita: «Per i lavoratori assunti antecedentemente al 29 aprile 1993 e che entro tale data risultino iscritti a forme pensionistiche complementari istituite alla data di entrata in vigore dalla legge 23 ottobre 1992, n. 421: b) ai montanti delle prestazioni entro il 31 dicembre 2006 si applica il regime tributario vigente alla predetta data » … il contribuente, dunque, è un ‘vecchio iscritto’ a ‘vecchio fondo’, e cioè al fondo integrativo gestito dall’INPS, (come sopra indicato) soppresso dal 1°/10/1999, ed è chiaro quindi che i montanti previdenziali oggetto della sua istanza di rimborso sono venuti a maturazione fino al 30/09/1999. Trova quindi applicazione (a mente del settimo comma dell’articolo 23, disposizione che meglio si attaglia al caso di specie rispetto al precedente quinto comma, poiché la fattispecie riguarda un ‘vecchio iscritto’ ad un fondo soppresso nel 1999) il regime tributario anteriore al 31/12/2006 e non il nuovo sistema di tassazione agevolata introdotto dall’art. 11, comma 6, d.lgs. n. 252 del 2005, su cui poggia l’istanza di rimborso’. Può pertanto enunciarsi ‘il principio di diritto per il quale «In tema di fondi previdenziali integrativi, ai sensi dell’art. 23, comma 7, d.lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, per i lavoratori assunti antecedentemente al 29 aprile 1993 e che entro tale data risultino iscritti a forme pensionistiche complementari istituite alla data di entrata in vigore dalla legge 23 ottobre 1992, n. 421, ai montanti delle prestazioni entro il 31 dicembre 2006 si applica il regime tributario vigente alla predetta data. Ne consegue che per i cd. ‘vecchi iscritti’ a ‘vecchi
fondi’ compresa (in relazione al caso in esame) la gestione speciale istituita presso l’INPS (e soppressa dal 1°/01/1999) -è senz’altro inapplicabile ratione temporis il nuovo sistema di tassazione agevolata introdotto dall’art. 11, comma 6, d.lgs. n. 252 del 2005, in vigore dal 1°/01/2007»’, Cass. sez. V, 19.7.2022, n. 22665.
Anche in questo caso, pertanto, la decisione assunta dalla CTR appare condivisibile, e risulta anche conforme con l’orientamento interpretativo proposto da questa Corte regolatrice in materia.
Pure il terzo strumento di impugnazione risulta pertanto infondato e deve perciò essere respinto.
Anche le spese di lite del giudizio di legittimità, essendo stata disposta dalla CTR la compensazione delle spese processuali con riferimento ai gradi di merito del giudizio, possono essere interamente compensate tra le parti, in considerazione delle peculiarità che hanno caratterizzato le pronunce registratesi nei confronti del contribuente in relazione ai diversi anni d’imposta.
6.1. Deve ancora darsi atto che ricorrono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, del c.d. doppio contributo.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
rigetta il ricorso proposto da COGNOME Paolo .
Dispone la compensazione delle spese di lite tra le parti.
Ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, il 19.2.2025.