Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9412 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9412 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Oleggio Castello il 27/09/1948, avverso la sentenza del 19/02/2024 della Corte di appello di Milano; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 19 giugno 2023, il Tribunale di Varese condannava NOME COGNOME alla pena di un anno di reclusione, in quanto ritenuto colpevole dei reati di cui all’art. 5 d.lgs. n. 74/2000, poiché, in qualità di legale rappresentan della RAGIONE_SOCIALE al fine di evadere l imposte sui redditi o sul valore aggiunto, pur essendovi obbligato, non presentava le dichiarazioni fiscali GLYPH relative agli anni di imposta 2015, 2016 e 2017, applicando le pene accessorie di legge e concedendo i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale.
Con sentenza del 19 febbraio 2024, la Corte di appello di Milano confermava la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza della Corte di appello di Milano, NOME COGNOME tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando sei motivi.
2.1 Con il primo motivo, la difesa lamenta inosservanza di norma tributaria di cui deve tenersi conto nell’applicazione della norma penale rilevante ai sensi dell’art. 606, comma 1, lettera b), cod. proc. pen. e comunque mancanza radicale della motivazione rilevante ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.
Lamenta il ricorrente che la Corte di appello di Milano aveva ritenuto che, per l’anno 2015, vi era stato il superamento della soglia di rilevanza penale, disattendendo le conclusioni cui era giunta la Commissione tributaria regionale della Lombardia nella sentenza n. 3423 del 07/09/2022, che aveva fatto corretta applicazione del principio di diritto comunitario di cui alla sentenza della Corte d Giustizia 7 novembre 2013 nella causa C 249/12, così incorrendo nel duplice errore di valutare erroneamente le norme tributarie di cui agli artt. 19 e 27 d.P.R. n. 633/1972, nonché la disciplina comunitaria, e di motivare il punto della decisione in modo apparente, illogico e contraddittorio. I giudici di appello, nel discostarsi dalla sentenza tributaria che aveva liquidato il tributo applicando il criterio c.d. del “sottocento”, in altre parole decurtando dal totale dell’incassat l’imposta percepita secondo le differenti aliquote (ventilazione del tributo), non avevano motivato adeguatamente, limitandosi ad affermare in modo apodittico “attesa l’errata prospettazione circa le soglie di rilevanza penale”.
Inoltre, quanto al capo C), la difesa lamenta contraddittorietà della motivazione ex art. 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., poiché, essendo pacifico che il ricorrente avesse presentato il modello EAS in data 29 marzo 2017
prima dell’avvio dell’attività ispettiva, ed avendo la Corte di merito afferma il vantaggio del ravvedimento riguarderebbe solo le operazioni successive c trovano la loro conclusione nella liquidazione dell’anno, i giudici di a avrebbero dovuto conseguentemente, in conformità del parametro di coerenza intrinseca e non contraddizione, determinare la liquidazione dell’IVA secondo modello di cui al regime agevolativo ex lege n. 398/1991 per l’intero anno 20 escludendo l’obbligo di presentazione della dichiarazione ai fini IVA, in rag dell’operatività del ravvedimento operoso.
2.2 Con il secondo motivo, la difesa lamenta erronea applicazione di norma tributaria (art. 2 comma 1 d.l. 52/2012 “Semplificazioni”, art. 7 d.l. 136 sulle competenze del Coni) rilevante ai fini dell’applicazione di norma pe birst=tesex art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen.
Premette il ricorrente che l’accesso al sistema tributario agevolativo p società sportive dilettantistiche richiede la sussistenza di due elementi for primo, di natura soggettiva, attiene alla sussistenza in capo al so contribuente dei requisiti quale società sportiva; il secondo, di natura ogge è l’invio entro 60 giorni dalla costituzione dell’EAS e comunque l’invio alla delle fatture emesse nel periodo. Oltre al fatto che lo svolgimento di at sportiva dilettantistica non è incompatibile con l’attività di natura commerci svolta entro i limiti della soglia di euro 400.000,00, soglia di cui non vi dell’avvenuto superamento.
Sostiene il ricorrente che, competendo al Coni l’accertamento della natura società sportiva dilettantistica, e che, avendo il Coni riconosciuto tale qual RAGIONE_SOCIALE, finisce con l rimesso al Coni anche l’accertamento del possesso dei requisiti oggett ovverosia lo svolgere un’attività dilettantistica per la quale la legge c l’accesso al regime peculiare ai sensi dell’art. 30 d.l. n. 185/2008, second corrispettivi, le quote e i contributi…non sono imponibili a condizione che associativi siano in possesso dei requisiti qualificanti previsti dalla no tributaria e…trasmettano per via telematica all’Agenzia delle Entrate, al consentire gli opportuni controlli, i dati e le notizie rilevanti ai fini fiscal in proposito, il ricorrente che il sistema tributario particolare è stato pre le associazioni dilettantistiche, non tenute agli adempimenti contabili a cui sottoposte le società sportive dilettantistiche.
Sostiene, altresì, la difesa che l’adempimento formale previsto dall’ar d.l. n. 185/2008, vale a dire la trasmissione del modello EAS, era stato as dalla società legalmente rappresentata dall’imputato il 29/03/2017, e che d trasmissione avrebbe avuto effetto sanante in ordine alla fruizione dei benefi
natura fiscale (tra i quali l’esenzione dalla presentazione della dichiarazione ai fini IVA) ovvero in ordine all’accesso a regimi fiscali opzionali (tra i quali quello cui alla legge n. 398/1991) ai sensi dell’art. 2 d.l. n. 52/2012, non essendo ancora iniziata attività ispettiva alla data di trasmissione del modello EAS.
La Corte territoriale aveva valutato erroneamente il ravvedimento operoso ai sensi dell’art. 2 d.l. n. 52/2012, escludendolo sulla base di una circolare dell’Agenzia delle Entrate, non avente portata precettiva e addirittura successiva al fatto di cui si discute.
2.3 Con il terzo motivo, la difesa lamenta errata applicazione della norma penale (art. 5 d.lgs. n. 74/2000 in luogo dell’art. 4 d.lgs. n. 74/2000) comunque del fatto.
Censura la difesa la decisione dei giudici di appello di escludere la sussumibilità della vicenda nell’art. 4 d.lgs. n. 74/2000 in luogo dell’art. 5 d.lg n. 74/2000, affermando che il ricorrente ha compilato integralmente la dichiarazione secondo il modello previsto per il regime di cui alla legge n. 398/1991 per gli anni 2015, 2016, 2017, indicando il tributo dovuto e pagando tutti gli anni le imposte dovute.
Sostiene, inoltre, che la conclusione cui è giunta la Corte di appello è errata poiché il fatto è da sussumere nella previsione dell’art. 5 d.lgs. n. 74/2000 in relazione ai soli capi di imputazione A) e B) (anni di imposta 2015 e 2016), mentre per il capo C) (anno di imposta 2017), avendo la Corte di merito affermato la piena operatività del ravvedimento operoso per le operazioni compiute successivamente alla presentazione del modello EAS avvenuta il 29/03/2017, al momento della presentazione della dichiarazione IVA per l’anno di imposta 2017 (quindi modello IVA 2018), la società poteva legittimamente liquidare il tributo in modo forfettario, come correttamente avvenuto.
2.4 Con il quarto motivo, la difesa lamenta errata applicazione della norma penale (art. 51 cod. pen. e art. 2 cod. pen.).
Lamenta il ricorrente che il richiamo alla circolare 18/E del 01/08/2018 utilizzata per interpretare la disciplina speciale per le società sportive è i contrasto con l’art. 2 cod. pen., dal momento che le dichiarazioni IVA per gli anni 2015, 2016, e 2017 si sarebbero dovute presentare in data anteriore alla pubblicazione della circolare, cosicchè il disconoscimento ex post di un regime tributario speciale in relazione ad anni precedenti si traduce nell’applicazione retroattiva di una fattispecie incriminatrice con violazione anche delle norme poste a tutela del giusto processo art. 6 e 47 Cedu.
2.5 Con il quinto motivo, la difesa deduce carenza dell’elemento soggettivo, carenza di motivazione e travisamento delle risultanze istruttorie.
Il ricorrente deduce che il teste COGNOME diversamente da quanto affermato dai giudici di appello, non ha riferito in ordine alla volontarietà dell’evasion dell’imposta, ma piuttosto sul principio del sottocento in relazione all’avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2015, offrendo la prova matematica che non vi fosse alcun superamento di soglia in relazione all’obbligazione tributaria di quell’anno, nonché sul fatto che il ricorrente aveva sempre provveduto al versamento dell’IVA dovuta ed alla trasmissione alla SIAE della documentazione prevista (a corollario dell’EAS), con ciò ponendo in essere un comportamento fattuale del tutto contrario alla rappresentazione ed alla volontà di non versare il tributo.
Afferma, infine, la difesa che il ricorrente ha sempre presentato i bilanci, inviato i dichiarativi con la liquidazione dell’IVA determinata in modo forfettari ex lege n. 398/1991 ed ha sempre pagato l’importo dovuto, attivandosi per la presentazione dell’EAS ed aderendo alla sanatoria per le irregolarità formali, senza avere nemmeno chiaro l’ammontare delle imposte dovute, e quindi il superamento della soglia di punibilità, la cui previsione – quale elemento costitutivo del reato – deve costituire oggetto di valutazione in capo all’agente e chiaramente rappresentata.
2.6 Con il sesto motivo, la difesa deduce erronea applicazione della legge penale, carenza, contraddittorietà della motivazione.
Deduce il ricorrente la contraddittorietà della motivazione in ordine agli aumenti per i reati satellite, dal momento che, nel caso di specie, non vi sarebbero reati satellite: considerato che l’anno 2015 è matematicamente sotto la soglia di punibilità, come accertato in sede tributaria, e che, per l’anno 2017, opera il ravvedimento operoso, la pena, al più, dovrebbe riguardare il solo anno 2016, salvo l’accoglimento del quarto motivo di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I primi cinque motivi di ricorso, da valutare congiuntamente perché connessi, sono infondati.
E’ opportuno premettere una breve disamina della normativa tributaria applicabile al caso in esame come ricostruita da Sez. 3, n. 38800 del 19/09/2024, COGNOME.
La legge 16 dicembre 1991, n. 398, prevede, in favore delle associazioni sportive dilettantistiche, un regime fiscale agevolato di determinazione delle
imposte ai fini IRES ed ai fini IVA e un regime contabile semplificato, tra cui l’esonero dall’adempimento di taluni obblighi tributari (tenuta delle scritture contabili, presentazione della dichiarazione IVA, sia annuale sia periodica, e certificazione dei corrispettivi e del libro degli acquisti). Il predetto regime fisc è esteso alle società sportive dilettantistiche costituite in società di capitali sen fine di lucro dall’art. 90 I. n. 289 del 2002, sicchè le società sporti dilettantistiche, che hanno optato per il regime di cui alla I. 398 del 1991, determinano il proprio reddito attraverso l’applicazione di un coefficiente di redditività predeterminato e versano, mediante detrazioni forfettarie, l’imposta sul valore aggiunto.
L’accesso a tale regime fiscale è subordinato, ai sensi dell’art. 1, comma 2, I. n. 398 del 1991, all’esercizio di un potere di opzione, da comunicare al concessionario (RAGIONE_SOCIALE) competente in relazione al domicilio fiscale dell’associazione (art. 9, comma 2, d.P.R. n. 544/1999) e all’Agenzia delle Entrate (art. 2, comma 2, d.P.R. n. 442/1997), nonchè al rispetto di un limite dimensionale del valore dei proventi da attività commerciali, realizzate nel corso dell’anno di imposta, non superiore a 250.000,00 euro ovvero a 400.000,00 euro dall’anno di imposta 2017 in avanti (art. 90, comma 2, I. n. 289/2002).
L’esercizio del potere di opzione è eseguito attraverso le modalità di cui all’art. 1, comma 1, I. n. 398/1991 ovvero per comportamento concludente ai sensi dell’art. 1 d.P.R. n. 442/1997.
Grava, infine, sulle società sportive dilettantistiche l’onere di trasmettere all’Agenzia delle entrate il modello EAS contenente i dati e le notizie rilevanti ai fini fiscali, al fine di consentire gli opportuni controlli ai sensi dell’art. 30 185 del 2008.
1.1 Tanto premesso, il primo motivo è infondato sia perché generico, sia perché incoerente con il quadro normativo sopra delineato.
La Corte di merito ha ben illustrato che la società sportiva dilettantistica “RAGIONE_SOCIALE, rappresentata dal ricorrente, non poteva godere del regime fiscale agevolato relativamente agli anni di imposta oggetto di contestazione per non aver presentato il modello EAS nei termini ordinari, nè entro i termini previsti dal d.l. n. 16/2012 per rimessione in bonis (coincidenti con il termine di presentazione della prima dichiarazione utile), con il contestuale pagamento della prevista sanzione. La società era stata costituita il 27/11/2014, sicchè il termine per la remissione in bonis era legato alla prima dichiarazione utile da presentare nel 2015, mentre il modello EAS risulta essere stato presentato il 29/03/2017, con la conseguenza che tale tardivo adempimento non consentiva alla società sportiva di poter fruire
del regime agevolato per il periodo antecedente alla presentazione del predetto modello.
Per altro verso, il giudice di primo grado, le cui argomentazioni logiche e lineari, ricorrendo una ipotesi di “doppia conforme”, si saldano con la sentenza di secondo grado, afferma – con motivazione rimasta inattaccata nei motivi di ricorso – che la società sportiva non avrebbe potuto accedere al regime fiscale anche per aver perseguito finalità differenti rispetto a quelle istituzional affiancatesi di fatto alle finalità previste dallo statuto, ovverosia la gestione servizi relativi alla gestione del parco acquatico ed offerti a soggetti terzi rispet alla società del tutto estranei rispetto alla promozione dell’attività sporti dilettantistica senza scopo di lucro.
Quanto al periodo dell’anno di imposta 2017 successivo alla presentazione del modello, giova ricordare che l’art. 90 I. 27 dicembre 2002, n. 289, prevede che le disposizioni della legge n. 398 del 1991 e successive modificazioni, nonché le altre disposizioni tributarie riguardanti le associazioni sportive dilettantistich si applichino alle società sportive dilettantistiche costituite in società di capi senza fine di lucro, a meno che, al di là della veste formale, queste ultime svolgano in concreto attività commerciale avente scopo lucrativo; invero, come condivisibilmente affermato dalla giurisprudenza civile di questa Corte, le esenzioni d’imposta a favore delle associazioni non lucrative dipendono non dalla veste giuridica assunta dall’associazione, bensì dall’effettivo esercizio di un’attività senza fine di lucro, il cui onere probatorio incombe sull’interessato, sicché l’agevolazione fiscale non spetta in base al solo dato formale, bensì per l’effettivo svolgimento dell’attività considerata (Sez. L, n. 11492 del 30/04/2019, Rv. 653745; Sez. 6, 5, n. 10393 del 30/04/2018, Rv. 647995). Alla luce di tali principi, il motivo di ricorso è generico, non confrontandosi con gli specifici rili evidenziati dai giudici di merito in ordine al perseguimento, da parte della società sportiva, di finalità anche meramente commerciali e non istituzionali, ovverosia l’accesso al parco acquatico estivo e la vendita di pacchetti ingressi fitness quali attività tipicamente commerciali rivolte non a soci o tesserati, ma ad utenti terzi, alle quali fu indebitamente applicato il regime fiscale agevolativo. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il motivo di ricorso, così come il corrispondente motivo di appello, si rivelano generici anche con riferimento alla deduzione relativa al mancato superamento della soglia di rilevanza penale, non essendo dimostrata in concreto l’erroneità dei calcoli di accertamento dell’imposta evasa, ma essendo stato solo genericamente prospettato un metodo di calcolo dell’IVA dovuta erroneo perché operato senza decurtare, dal totale dell’incassato, l’imposta percepita, in base al principio affermato dalla Corte di giustizia U.E. secondo il quale “qualora le parti abbiano stabilito il prezzo di un bene senza menzionare nulla riguardo all’imposta
sul valore aggiunto e il fornitore di tale bene sia la persona tenuta a versare l’imposta sul valore aggiunto dovuta sull’operazione imponibile, il prezzo pattuito, nel caso in cui il fornitore non abbia la possibilità di recupera dall’acquirente l’imposta sul valore aggiunto riscossa dall’amministrazione tributaria, deve essere considerato come già comprensivo dell’imposta sul valore” (Corte giustizia, 07/11/2023, § 43).
Il ricorrente, tuttavia, nel riproporre il motivo di appello di cui assume l mancata risposta da parte della Corte territoriale, non specifica nel dettaglio se i pagamenti richiesti dalla società sportiva menzionassero VIVA, sia pure al 50%, oppure non la menzionassero (solo in tal caso generando le modalità di calcolo dell’imposta precisate dalla giurisprudenza della Corte di giustizia U.E.), né specifica la conseguenza degli errori che gli accertatori avrebbero compiuto disattendendo il citato principio della giurisprudenza europea: in altri termini, l difesa non spiega, ai fini della prova di resistenza, che costituisce declinazione del principio di specificità, se gli errori che si assume essere intervenuti ne computo dell’IVA dovuta avessero carattere decisivo, tali cioè da far rientrare l’imposta evasa al di sotto della soglia di punibilità, considerato che VIVA calcolata come dovuta dagli accertatori era pari, per l’anno 2015 ad euro 114.220,77 (rispetto all’IVA versata di euro 22.344,94), per l’anno 2016 ad euro 147.898,23 (rispetto all’IVA versata di euro 15.756,87), per l’anno 2017 ad euro 171.787,78 (rispetto all’IVA versata di euro 36.069,90), importi dunque ampiamente al di sopra della soglia di punibilità di euro 50.000,00. Ed è subito evidente come, per l’anno di imposta 2017, sulla stessa base dei calcoli eseguiti dal ricorrente che provvedeva a versare VIVA nella misura del 50%, l’importo del 100% dell’IVA dovuta superava la soglia di punibilità.
Né vale il richiamo alla sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 3423/15/2022, relativa peraltro al solo anno di imposta 2015: la richiamata decisione, infatti, circoscrive l’errore dell’operazione contabile alle sol entrate istituzionali (quali le quote di iscrizione annuale), conformemente al motivo di appello in quella sede proposto che riguardava appunto gli incassi discendenti dalle sole “entrate istituzionali”, senza prendere in considerazione le ulteriori entrate aventi natura commerciale (alle quali è stato anche indebitamente applicato il regime fiscale agevolativo).
Pertanto, il motivo di ricorso, così come il correlato motivo di appello, è in questa parte privo del requisito della specificità, consistente nella precisa e determinata indicazione dei punti di fatto e delle questioni di diritto da sottoporre al giudice del gravame.
1.2 II secondo motivo è manifestamente infondato perché contrario al quadro normativo vigente, dal momento che, come illustrato dalla Corte territoriale, l’iscrizione al CONI era requisito necessario, ma non sufficiente per poter fruire del regime fiscale agevolato, dovendo ricorrere anche i presupposti delineati al paragrafo 1, vale a dire l’esercizio del potere di opzione, l comunicazioni al concessionario (S.I.A.E.) e all’Agenzia delle Entrate, la trasmissione del modello EAS, infine il rispetto del valore dei proventi da attività commerciali, non superiore a 250.000,00 euro ovvero a 400.000,00 euro a partire dall’anno di imposta 2017.
1.3 Il terzo motivo, incentrato su una diversa qualificazione del fatto, è anch’esso manifestamente infondato perché l’assunto sostenuto è contrario agli orientamenti di legittimità.
Il reato di “omessa dichiarazione” di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 74 del 2000 è integrato allorquando, nei termini previsti dalle leggi tributarie, e nel rispet delle soglie individuate dallo stesso art. 5, il contribuente non trasmetta agli uffici competenti una delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi o all’IVA dovendosi solo precisare che il reato non è invece configurabile nel caso di presentazione di una dichiarazione fiscale incompleta, in quanto l’esaustiva individuazione normativa della condotta incriminata, consistente nella mancata presentazione della dichiarazione agli uffici competenti, non è suscettibile di lettura analogica, che si porrebbe in contrasto con il principio di legalità (Sez. 3, n. 5141 del 22/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282832, dove si è sottolineato che, nell’ipotesi in cui non siano indicati gli elementi attivi e passivi necessari p la determinazione degli imponibili, la dichiarazione si deve ritenere presentata e solo i singoli redditi si devono considerare non dichiarati, evenienza quest’ultima che ben può verificarsi non relativamente all’omessa indicazione di alcuni redditi, ma anche in relazione, addirittura, a tutti i redditi percepiti dal soggetto).
Nel caso in esame, non ricorre certamente un caso di dichiarazione fiscale incompleta, eventualmente diversamente qualificabile ai sensi dell’art. 4 d.lgs. n. 74/2000 (Sez. 3, n. 18532 del 17/01/2023, COGNOME, Rv. 284774; Sez. 3, n. 5141 del 22/12/2021, cit.), ma piuttosto un caso di omessa dichiarazione IVA per ben tre annualità, essendo stata presentata la sola dichiarazione dei redditi; del resto, la mancata presentazione della dichiarazione IVA era proprio conseguenza del regime fiscale agevolato cui la società sportiva aveva deciso di aderire. Pertanto, rappresentando le dichiarazioni relative ai redditi e all’IVA attività distinte e, tra loro, per nulla fungibili, la mancata presentazione del dichiarazione ai fini IVA integra la fattispecie contestata di cui all’art. 5 d.lgs
74/2000, restando indifferente che, per lo stesso anno di imposta, il contribuente abbia presentato le dichiarazioni relative alle imposte sui redditi.
1.4 Il quarto motivo, con il quale si lamenta l’errata applicazione dell’art. cod. pen., è manifestamente infondato, avendo la Corte di merito illustrato, con linearità e senza vizi logici o giuridici, che, in disparte i profili pure evidenz relativi allo svolgimento di attività prettamente commerciale da parte della società sportiva, la mancata trasmissione del modello EAS rappresenta condizione di fruibilità del regime fiscale agevolato non in quanto stabilito da una circolare dell’Agenzia delle Entrate, ma in quanto previsto espressamente da una norma di legge, ovverosia l’art. 30 d.l. n. 185/2008 che chiaramente condiziona la non imponibilità di corrispettivi, quote e contributi al possesso dei requisi previsti dalla normativa tributaria e alla trasmissione per via telematica del modello EAS all’Agenzia delle entrate al fine di consentire gli opportuni controlli.
2. Il quinto motivo di ricorso è infondato.
La Corte di legittimità è ferma nel ritenere che, in tema omessa dichiarazione, la prova del dolo specifico di evasione può essere desunta dall’entità del superamento della soglia di punibilità vigente, unitamente alla piena consapevolezza, da parte del contribuente obbligato, dell’esatto ammontare dell’imposta dovuta, che può, peraltro, costituire oggetto di rappresentazione e volizione anche solo nella forma del dolo eventuale (Sez. 3, n. 38802 del 25/09/2024, Nuzzolese, Rv. 286950).
La Corte di merito ha fornito, sul punto, una motivazione corretta, coerente e non manifestamente illogica, sottolineando come l’imputato fosse consapevole dell’obbligo comunicativo del modello EAS, ma lo ritenne irrilevante, continuando a fruire del regime agevolato, senza perciò fornire i dati e le notizie rilevanti fini fiscali e così consentire gli opportuni controlli. La sentenza impugnata ha richiamato, nel contempo, le argomentazioni del giudice di primo grado, laddove è perspicuamente messo in evidenza come la società rappresentata dal ricorrente, pur avendo sempre svolto la medesima attività a partire dal 2010, anno di costituzione della società, non aveva beneficiato di alcun regime fiscale agevolato fino all’anno di imposta 2014, per poi, senza adempiere a tutte le prescrizioni imposte, in particolare la presentazione del modello EAS, omettere di presentare la dichiarazione IVA e iniziare così a fruire indebitamente di un regime fiscale agevolato senza aver soddisfatto le condizioni normative.
Il sesto motivo di ricorso è inammissibile, perché gli assunti su cui è basato – erroneità degli aumenti di pena per i reati satellite relativi agli anni
imposta 2015 e 2017 – sono manifestamente infondati come affermato al paragrafo 1.1, alle cui argomentazioni si rinvia.
In conclusione, stante la infondatezza delle doglianze formulate, il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME deve essere rigettato, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 20/11/2024.