Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32987 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32987 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 17/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3171/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA LIGURIA n. 23/05/17 depositata il 16/01/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 23/05/17 del 16/01/2017, la Commissione tributaria regionale della Liguria (di seguito CTR) accoglieva parzialmente l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate (di seguito AE) avverso la sentenza n. 92/03/12 della Commissione tributaria provinciale di La Spezia (di seguito CTP), che aveva a sua volta accolto il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE nei confronti di un avviso di accertamento concernente IRES, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2003 .
1.1. Come si evince dalla sentenza impugnata, con l’avviso di accertamento venivano contestati alla società contribuente i rapporti intrattenuti con varie società e ditte prive di reale attività imprenditoriale e con finalità esclusiva di realizzare frodi IVA, in alcuni casi utilizzando il cd. regime del margine utile.
1.2. La CTR accoglieva parzialmente l’appello di AE, evidenziando che: a) le doglianze concernenti la violazione dello Statuto del contribuente dovevano ritenersi insussistenti, condividendosi in proposito la sentenza della CTP; b) gli acquisti di autoveicoli da società sostanzialmente inesistenti travolgeva la validità delle operazioni intercorse tra queste ultime e la società contribuente; c) il regime del margine IVA era inapplicabile, trattandosi di acquisti effettuati da società di noleggio o di leasing , che per loro natura utilizzano mezzi nuovi assoggettati ad IVA.
Avverso la sentenza di appello NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, affidato a tredici motivi, illustrati da memoria ex art. 380 bis .1 cod. proc. civ.
AE resisteva in giudizio con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso di NOME COGNOME è affidato a tredici motivi che vengono di seguito riassunti.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce, n. 3, la violazione degli artt. 6, 7, 10 e 12 della l. 27 luglio 2000, n. 212, per avere l’Amministrazione finanziaria violato i propri obblighi informativi e di contraddittorio.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si contesta la violazione degli artt. 7 e 12 della l. n. 212 del 2000, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., in ragione della illegittima estensione della verifica ai periodi dal 2001 al 2005, ancora una volta senza il rispetto dei dovuti obblighi informativi da parte dell’Amministrazione finanziaria.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta la violazione degli artt. 19 e 25 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, nonché degli artt. 2729 e 2967 cod. civ. e dell’art. 109 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. , per non avere la CTR considerato le prove fornite dalla contribuente e che la avrebbero condotta ad escludere la fittizietà dei fornitori e la vendita a prezzi inferiori a quelli di mercato.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, fatto concernente la prova del prezzo di mercato.
1.5. Con il quinto motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 36 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, degli artt. 116 e 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere la CTR omesso di motivare con riferimento al prezzo di mercato e per avere motivato illogicamente con riferimento alla segnalazione di processi penali.
1.6. Con il sesto motivo di ricorso si contesta violazione dell’art. 36 del d.l. 23 febbraio 1995, n. 41, conv. con modif. nella l. 22 marzo 1995, n. 85, nonché dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere erroneamente ritenuto l’inapplicabilità del regime del margine utile, quanto meno con riferimento ad alcuni acquisti di autovetture.
1.7. Con il settimo motivo di ricorso si contesta violazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per l’essere i recuperi relativi ad auto non intestate a società di noleggio privi di motivazione.
1.8. Con l’ottavo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di fatti decisivi che sono stati oggetto di discussione tra le parti e, in particolare: i) la circostanza che molti libretti relativi alle auto acquistate non sono intestati a società di noleggio; ii) la circostanza che la società contribuente ha pienamente rispettato il proprio obbligo di diligenza, secondo le indicazioni fornite dalla stessa AE.
1.9. Con il nono motivo di ricorso si contesta violazione degli artt. 5, 6 e 10 della l. n. 212 del 2000 e dell’art. 36 del d.l. n. 41 del 1995, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR omesso di considerare la violazione degli obblighi di lealtà e buona fede dell’Amministrazione finanziaria, avendo la società contribuente seguito le indicazioni dalla stessa provenienti.
1.10. Con il decimo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 5, 6 e 7 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, per non avere la CTR ritenuto la fondatezza delle censure concernenti le sanzioni (non dovute o, comunque, indebitamente aumentate del 10% in ragione del rilevante ammontare degli importi recuperati a tassazione).
1.11. Con l’undicesimo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 1 del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 112 cod. proc. civ., per avere la CTR omesso di pronunciarsi sulle censure di cui al motivo che precede.
1.12. Con il dodicesimo motivo di ricorso si contesta la violazione dell’art. 14, comma 4 bis , della l. 24 dicembre 1993, n. 537, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto indeducibili i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti.
1.13. Con il tredicesimo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione la violazione dell’art. 1 del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 112 cod. proc. civ., per avere la CTR omesso di pronunciarsi sulla censura concernente i costi, oggetto del motivo che precede.
Al fine di un’ordinata trattazione, si osserva che le questioni poste all’attenzione della Corte sono essenzialmente quattro: 1) la dedotta violazione degli obblighi procedimentali da parte dell’Amministrazione finanziaria (motivi primo e secondo); 2) la contestazione di utilizzazione di fatture emesse per operazioni soggettivamente inesistenti e la ritenuta indetraibilità dei relativi costi (motivi terzo, quarto, quinto, dodicesimo e tredicesimo); 3) la contestazione dell’applicazione del regime del margine (motivi sesto, settimo, ottavo e nono); 4) le sanzioni (motivi decimo e undicesimo).
1) La dedotta violazione degli obblighi procedimentali da parte dell’Amministrazione finanziaria.
NOME Car si duole essenzialmente del fatto che l’Amministrazione finanziaria avrebbe proceduto a verifiche nei suoi confronti in violazione degli obblighi informativi: sia perché avrebbe effettuato
verifiche e richieste documentali senza specificarne le ragioni (primo motivo); sia perché avrebbe illegittimamente esteso la verifica ad anni d’imposta differenti, antecedenti a quelli formalmente oggetto di verifica (secondo motivo).
3.1. Un siffatto comportamento avrebbe sostanzialmente impedito alla ricorrente di adottare i necessari accorgimenti per evitare di intrattenere rapporti con soggetti autori di frode, eventualmente cambiando i fornitori.
3.2. I motivi vanno, peraltro, disattesi, essendo per lo più inammissibili in ragione dell’estrema genericità che li contraddistingue.
3.3. La ricorrente non si duole della violazione del termine di sessanta giorni per l’emissione dell’avviso di accertamento previsto dall’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, né risulta che abbia depositato osservazioni a seguito della notificazione dei processi verbali di constatazione, ma si lamenta di non essere stata informata preventivamente da AE in ordine alle ragioni dell’accertamento, senza specificare i termini e il contenuto dell’obbligo informativo asseritamente violato.
3.4. Inoltre, Rea Car non riproduce, nemmeno per estratto o riassunto, alcun atto del procedimento (richieste di informazioni, verbali di accesso, processi verbali di constatazione), sicché, in ogni caso, questa Corte non è messa nelle condizioni di apprezzare la correttezza del comportamento dei verificatori e, più in generale di AE, anche sotto il profilo della eventuale violazione degli obblighi di buona fede e correttezza.
3.5. Vale, peraltro, la pena di evidenziare che, da un lato, le disposizioni asseritamente violate non comminano la nullità dell’accertamento per la violazione di un qualsivoglia generico obbligo informativo e, dall’altro, una volta autorizzata la verifica sulla scorta
dei dati a disposizione, la stessa può investire anche circostanze diverse, influenti per la revisione delle posizioni del contribuente, anche relative ad anni precedenti (cfr. Cass. n. 334 del 13/01/2021; Cass. n. 429 del 14/01/2015).
3.6. Quanto, infine, alla lamentata assenza di contraddittorio endoprocedimentale in materia di IVA, non è stata fornita una valida prova di resistenza con riferimento alle contestazioni dell’Ufficio.
2) La contestazione di utilizzazione di fatture emesse per operazioni soggettivamente inesistenti e la ritenuta indetraibilità dei relativi costi.
Con il terzo, il quarto ed il quinto motivo la ricorrente si lamenta, essenzialmente, del fatto che la CTR non avrebbe correttamente valutato le prove offerte in giudizio, con particolare riferimento alla fittizietà dei fornitori e alla congruità del prezzo delle autovetture oggetto di transazione.
4.1. I motivi sono inammissibili sotto un duplice profilo.
4.2. In primo luogo, la ricorrente deduce fatti e circostanze che sarebbero stati oggetto dei giudizi di merito, senza operare alcuna trascrizione e senza indicare gli atti di causa in cui detti elementi sarebbero stati introdotti nel processo, né dove essi siano rinvenibili nel fascicolo d’ufficio, con evidente carenza di autosufficienza delle contestazioni (Cass. S.U. n. 8950 del 18/03/2022; Cass. n. 12481 del 19/04/2022).
4.3. In secondo luogo -e con specifico riferimento al terzo motivo di ricorso -, la ricorrente, pur deducendo apparentemente, una violazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. n. 3340 del 05/02/2019; Cass. n. 640
del 14/01/2019; Cass. n. 24155 del 13/10/2017; Cass. n. 8758 del 04/07/2017; Cass. n. 8315 del 05/04/2013).
4.4. Non decisivo è, infine, il rilievo di illogicità della menzione alle segnalazioni penali quali elemento idoneo a suffragare la fittizietà delle operazioni contestate: si tratta di un argomento di prova ad colorandum utilizzato dalla CTR, che non fonda su di esso la contestazione di operazioni soggettivamente inesistenti (contestazione fondata essenzialmente sulla fittizietà dei fornitori).
4.5. Inammissibili sono anche i motivi dodicesimo e tredicesimo.
4.6. Questa Corte ha già avuto occasione di rilevare, anche sulla scorta della relazione al disegno di legge di conversione del d.l. n. 16 del 2012, che, poiché nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti i beni acquistati -di regola (e salvo il caso, ad esempio, in cui il “costo” sia consistito nel “compenso” versato all’emittente il falso documento) -non sono stati utilizzati direttamente per commettere il reato ma, nella maggior parte dei casi, per essere commercializzati, non è più sufficiente il coinvolgimento, anche consapevole, dell’acquirente in operazioni fatturate da soggetto diverso dall’effettivo venditore perché non siano deducibili, ai fini delle imposte sui redditi, i costi relativi a dette operazioni; ferma restando, tuttavia, la verifica della concreta deducibilità dei costi stessi in relazione ai requisiti generali di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità (cfr. Cass. n. 10167 del 20/06/2012; Cass. n. 24426 del 30/10/2013; Cass. n. 26461 del 17/12/2014; Cass. n. 25249 del 07/12/2016; Cass. n. 27566 del 2018, cit.; Cass. n. 32587 del 12/12/2019; Cass. n. 4645 del 21/02/2020).
4.7. Tuttavia, il motivo difetta di autosufficienza: non è dato, infatti, sapere (mancandone ogni evidenza nella sentenza impugnata) se al giudice di merito sia stata rivolta una domanda o un’eccezione
autonomamente apprezzabili; né se tale domanda o eccezione sia stata riportata puntualmente, nei suoi esatti termini, nel ricorso per cassazione, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo o del verbale di udienza nel quale l’una o l’altra sia stata proposta, onde consentire al giudice di verificarne, in primo luogo, la ritualità e la tempestività, e, in secondo luogo, la decisività (oltre la già citata Cass. S.U. n. 8950 del 2022, si vedano, altresì, Cass. S.U. n. 15781 del 28/07/2005; Cass. n. 5344 del 04/03/2013).
3) La contestazione dell’applicazione del regime del margine.
Il sesto, il settimo, l’ottavo ed il nono motivo attengono all’applicabilità del regime del margine.
5.1. Va premesso che, secondo una recente sentenza di questa Corte a Sezioni Unite, « in tema di IVA, il regime del margine -previsto dall’art. 36 del d.l. n. 41 del 1995, conv. con modif. in l. n. 85 del 1995, per le cessioni da parte di rivenditori di beni d’occasione, di oggetti d’arte, da collezione o di antiquariato -costituisce un regime speciale in favore del contribuente, facoltativo e derogatorio rispetto al sistema normale dell’imposta, la cui disciplina deve essere interpretata restrittivamente e applicata in termini rigorosi. Pertanto, qualora l’amministrazione contesti, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il cessionario abbia indebitamente fruito di tale regime, spetta a quest’ultimo dimostrare la sua buona fede, e cioè non solo di aver agito in assenza della consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale, ma anche di aver usato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto (secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità rapportati al caso concreto), al fine di evitare di essere coinvolto in tali situazioni, in presenza di indizi idonei a farne insorgere il sospetto. Con particolare riferimento alla compravendita di veicoli usati, dunque, rientra nella detta condotta diligente
l’individuazione dei precedenti intestatari dei veicoli, nei limiti dei dati risultanti dalla carta di circolazione, eventualmente integrati da altri elementi di agevole e rapida reperibilità, al fine di accertare, sia pure solo in via presuntiva, se I’IVA sia già stata assolta a monte da altri senza possibilità di detrazione. Nel caso di esito positivo della verifica, il diritto di applicare il regime del margine deve essere riconosciuto, anche quando l’amministrazione dimostri che, in realtà, l’imposta è stata detratta. Nell’ipotesi, invece, in cui emerga che i precedenti proprietari svolgano tutti attività di rivendita, noleggio o leasing nel settore del mercato dei veicoli, opera la presunzione (contraria) dell’avvenuto esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA, assolta a monte per l’acquisto dei veicoli, in quanto beni destinati ad essere impiegati nell’esercizio dell’attività propria dell’impresa, con conseguente negazione del trattamento fiscale più favorevole » (Cass. S.U. n. 21105 del 12/09/2017).
5.2. La sentenza impugnata ha dimostrato puntuale ossequio al superiore principio di diritto affermando che, nel caso di specie, le autovetture acquistate da RAGIONE_SOCIALE sono tutte provenienti da società di autonoleggio e di leasing , con conseguente non applicabilità del regime del margine utile.
5.3. I motivi sesto e settimo, pertanto, devono ritenersi inammissibili, in quanto si pongono in contrasto con l’accertamento di fatto contenuto nella sentenza impugnata.
5.4. L’ottavo motivo è, invece, inammissibile per quanto concerne l’affermazione, priva della necessaria autosufficienza in difetto delle opportune trascrizioni e dei pertinenti riferimenti, secondo la quale alcuni libretti non siano intestati a società di autonoleggio.
5.5. Per il resto, sempre con l’ottavo motivo e, quindi, con il nono motivo la ricorrente si duole della violazione degli obblighi di lealtà e
buona fede, in quanto si sarebbe puntualmente attenuta alle indicazioni dell’Amministrazione finanziaria.
5.6. Orbene, la circostanza di essersi adeguati ad inesatte indicazioni dell’Amministrazione finanziaria (quand’anche la si voglia ritenere provata) non fa venir meno l’obbligo di assolvimento del tributo in ragione della erronea applicazione di una norma di legge (cfr. Cass. n. 18618 del 11/07/2019), con conseguente infondatezza delle censure proposte.
4) Le sanzioni.
I vizi di autosufficienza denunciati che caratterizzano molti motivi di ricorso rendono inammissibili anche i motivi decimo e undicesimo in materia di sanzioni.
6.1. Invero, la ricorrente afferma di avere effettuato contestazioni concernenti le sanzioni, ma non riporta e non indica gli specifici atti del giudizio di merito in cui detti rilievi sarebbero stati effettuati.
In conclusione, il ricorso va rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite di euro 3.517.455,00.
7.1. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in complessivi euro 18.000,00, oltre alle spese di prenotazione a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 27/03/2024.