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Regime del margine: onere della prova e buona fede

La Cassazione ha rigettato il ricorso di una società di autoveicoli usati, confermando l’accertamento fiscale per l’illegittima applicazione del regime del margine. La Corte ha ribadito che spetta al contribuente dimostrare la propria buona fede e la massima diligenza per beneficiare del regime agevolato, specialmente in presenza di indizi di frode IVA intracomunitaria.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Regime del Margine: la Cassazione ribadisce il rigoroso onere della prova

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul regime del margine, un’agevolazione fiscale cruciale per chi commercia beni usati. La decisione chiarisce i confini della responsabilità del contribuente, sottolineando come la buona fede non sia sufficiente a garantire l’accesso al beneficio in presenza di indizi di frode. È richiesta la prova di aver agito con la massima diligenza possibile.

I Fatti del Caso: La Controversia sul Regime del Margine

Una società operante nel settore della compravendita di veicoli usati si è vista notificare avvisi di accertamento per IVA, IRPEG, IRAP e IRPEF relativi a due annualità. L’Agenzia delle Entrate contestava l’illegittima applicazione del regime del margine, sospettando che la società fosse coinvolta, seppur inconsapevolmente, in una frode IVA intracomunitaria basata sull’interposizione fittizia di soggetti nelle transazioni economiche con fornitori europei. Sia la Commissione Tributaria Provinciale (in parte) che quella Regionale avevano dato ragione al Fisco, ritenendo che la società non avesse fornito prove sufficienti della propria diligenza e buona fede. La società ha quindi proposto ricorso per Cassazione, lamentando vizi procedurali e una motivazione carente.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili tutti i motivi di ricorso presentati dalla società, confermando integralmente la decisione di secondo grado e condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Corte ha analizzato e respinto punto per punto le censure sollevate, consolidando principi giurisprudenziali importanti in materia di accertamento fiscale e onere della prova.

Le Motivazioni: Analisi dei Principi Giuridici

La decisione si fonda su argomentazioni giuridiche precise, che meritano un’analisi approfondita.

Il Contraddittorio Preventivo è Facoltativo

Un primo motivo di doglianza riguardava la presunta violazione delle norme sull’accertamento con adesione, in particolare la mancata convocazione della società per un contraddittorio preventivo. La Corte ha ribadito un principio consolidato: l’instaurazione del contraddittorio da parte del Fisco è facoltativa e non obbligatoria. La sua omissione non comporta la nullità dell’avviso di accertamento. Peraltro, è lo stesso contribuente a poter attivare la procedura di adesione una volta ricevuto l’atto, presentando un’apposita istanza.

L’Onere della Prova nel Regime del Margine

Il cuore della questione risiede nell’onere della prova. La Cassazione ha ricordato che il regime del margine è una disciplina speciale e derogatoria, che deve essere interpretata restrittivamente. Quando l’amministrazione finanziaria contesta l’applicazione di tale regime sulla base di elementi oggettivi e specifici che facciano sospettare una frode, l’onere probatorio si sposta sul contribuente. Quest’ultimo non deve solo dimostrare di aver agito in buona fede (cioè senza la consapevolezza di partecipare a un’evasione fiscale), ma deve anche provare di aver usato la massima diligenza esigibile da un operatore accorto per evitare di essere coinvolto in tali situazioni. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano correttamente ritenuto che la società non avesse assolto a tale onere.

Inammissibilità dei Motivi di Ricorso Generici

La Corte ha inoltre dichiarato inammissibili gli altri motivi di ricorso perché generici, non autosufficienti o volti a un riesame del merito della controversia, non consentito in sede di legittimità. Ad esempio, la censura sull’irregolarità dell’ordine di servizio per la verifica fiscale è stata respinta perché non confrontava la motivazione della sentenza impugnata, che le aveva qualificate come mere irregolarità procedurali non sanzionate con la nullità. Allo stesso modo, le lamentele sulla valutazione delle prove (come le dichiarazioni di terzi) sono state ritenute inammissibili perché non indicavano in modo specifico il contenuto degli atti processuali rilevanti.

Le Conclusioni: Implicazioni per i Contribuenti

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per tutti gli operatori economici che utilizzano regimi fiscali agevolati come quello del margine. La decisione conferma che, di fronte a indizi di frode, non è sufficiente dichiararsi in buona fede. È indispensabile poter documentare e dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie per verificare la legittimità delle operazioni e l’affidabilità delle controparti commerciali. La diligenza richiesta è quella massima, rapportata alla professionalità dell’operatore. Questa pronuncia rafforza la posizione dell’amministrazione finanziaria nella lotta alle frodi IVA e impone un elevato standard di attenzione e responsabilità a carico delle imprese.

L’amministrazione finanziaria è obbligata ad avviare un contraddittorio con il contribuente prima di emettere un avviso di accertamento?
No, la Corte di Cassazione ha confermato che l’instaurazione del contraddittorio preventivo da parte del Fisco è facoltativa e non obbligatoria. La sua omissione non determina la nullità dell’atto impositivo, e il contribuente ha comunque la facoltà di richiedere la procedura di accertamento con adesione dopo aver ricevuto l’avviso.

In caso di contestazione sul regime del margine, a chi spetta l’onere della prova?
Quando l’amministrazione finanziaria contesta l’applicazione del regime del margine sulla base di indizi di frode, l’onere della prova si sposta sul contribuente. Egli deve dimostrare non solo la propria buona fede (l’assenza di consapevolezza di partecipare all’evasione), ma anche di aver agito con la massima diligenza esigibile da un operatore accorto per evitare di essere coinvolto in tali situazioni.

Le dichiarazioni rese da terzi durante una verifica fiscale possono essere utilizzate come prova contro il contribuente?
Sì, secondo la giurisprudenza citata, le dichiarazioni rese da terzi, anche se non in contraddittorio, hanno valore indiziario. Possono essere utilizzate dall’Ufficio e concorrono a formare il convincimento del giudice, che le valuterà insieme agli altri elementi probatori disponibili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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