Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19102 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19102 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/07/2025
Oggetto: prodotti tecnologici ricondizionati in Stato extra UE Regime doganale ’42’ -IVA all’importazione – IVA del margineprincipio di diritto
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2240/2024 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliate in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
RAGIONE_SOCIALE NOME, titolare della omonima ditta individuale;
-intimato – avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell ‘Abruzzo n. 468/1/2023, depositata il 27.6.2023 e non notificata. Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 28 maggio 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del l’Abruzzo n. 468/1/2023, depositata il 27.6.2023 veniva accolto l’ appello principale proposto da NOME COGNOME e rigettato l’appello incidentale dell’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale de L’Aquila n. 625/3/2021 che aveva ad oggetto l’avviso di accertamento emesso per il recupero ad imposizione di IVA relativa all’anno di imposta 2017, sulla base di p.v.c. della Guardia di Finanza.
Nella sentenza impugnata si legge che l’Agenzia delle entrate accertava una maggiore IVA in capo ad NOME COGNOME, esercente l’attività di vendita al dettaglio di telefoni cellulari usati e rigenerati, per l’anno di imposta 2017. I telefonini usati venivano mandati in Cina, ricondizionati e importati attraverso la dogana di uno Stato UE (belga) con applicazione del cd. regime doganale ’42’ e differimento dell’IVA all’importazione e immessi al consumo con applicazione del cd. regime IVA del margine e abbattimento dell’aliquota ordinaria.
Il giudice di prime cure rigettava nel merito la prospettazione del ricorrente, ritenendo che l’operazione economica non potesse essere considerata un acquisto infracomunitario e dichiarava l’assenza
dei presupposti per il regime dell’IVA del margine di cui a ll’art.36, comma 1, del d.l. 41/1995.
Al contrario, il giudice d’appello riteneva che la ricostruzione dei fatti operata dal contribuente fondata sulla circostanza che, pur se riparati in Cina, i telefonini transitavano in Italia da una società belga, fosse ragionevole e non smentita, sotto il profilo fattuale, dall’Agenzia, che si sarebbe limitata a dare un’interpretazione diversa della norma in relazione alla fattispecie concreta.
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per Cassazione l’ Agenzia delle entrate deducendo tre motivi, mentre il contribuente è rimasto intimato.
Considerato che:
Con il primo motivo la ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., la violazione degli artt. 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. n. 546/1992 e 132, n. 4, cod. proc. civ, per aver il giudice di seconde cure, con motivazione meramente apparente, ritenuto sussistente il requisito soggettivo ai fini dell’assoggettabilità delle operazioni di rivendita di beni mobili usati al regime speciale previsto per il computo dell’IVA (cd. regime del margine), in relazione alle operazioni di rivendita in Italia di cellulari e altri apparecchi usati, provenienti dalla Cina ed introdotti nel territorio della UE tramite il mercato belga, effettuate dall ‘odierno intimato.
1.1 La ricorrente contesta la statuizione del giudice d’appello ritenuta una sbrigativa asserzione dalla quale non sarebbe dato desumere come la Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado abruzzese abbia raggiunto il convincimento che le operazioni di rivendita di cellulari e altri apparecchi usati acquistati in Cina (o comunque provenienti dalla Cina) e introdotti in territorio UE tramite
la dogana belga rientravano fra quelle che, a norma dell’art. 36, comma 1, del d.l. n. 41/1995 possono essere assoggettate al regime ivi previsto ai fini del computo dell’I VA che scontavano trattandosi di cessione di beni effettuate nell’esercizio di attività d’impresa .
Con il secondo motivo la ricorrente censura, in rapporto all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione del combinato disposto degli artt. 36, comma 1, del d.l. n. 41/1995 convertito dalla Legge n. 85/1995 e 115 cod. proc. civ, per aver essersi il giudice di seconde cure concentrato solo ed esclusivamente sugli aspetti del disposto volti a delimitare l’ambito d’applicazione dello speciale regime di computo dell’I VA ivi previsti con riferimento alla tipologia dei beni oggetto delle operazioni di rivendita e con riferimento alla necessità della preventiva acquisizione degli stessi da parte del cedente a mezzo di operazione intracomunitaria. Mancherebbe, lamenta la ricorrente, qualsiasi accertamento sul cd. requisito soggettivo, ossia con riferimento a chi aveva ceduto i telefoni cellulari e apparecchi usati provenienti dalla Cina e introdotti nel territorio UE per il tramite della dogana belga, che secondo l’Agenzia non sarebbero né privati, né di operatori economici che versavano in alcuna delle condizioni indicate dalla legge.
I due motivi, possono esaminati congiuntamente in quanto connessi, entrambi relativi alla statuizione del giudice con riferimento alla commercializzazione in Italia con applicazione dell’IVA del margine di prodotti tecnologici usati, nella specie telefoni, rigenerati da società della Repubblica popolare cinesi e importati attraverso la dogana belga in regime doganale ’42’ .
3.1. La Corte reitera l’insegnamento secondo cui la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante
argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. Un. 3 novembre 2016 n. 22232). Si rammenta inoltre che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, dev ‘ essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014 n. 8053). Va anche ribadito che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo , quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. Un. 3 novembre 2016 n. 22232).
3.2. Nel caso di specie, il giudice di seconde cure, riformando la sentenza di primo grado, ha affermato che «nel caso di specie, sotto il
profilo soggettivo è pacifico (non essendo neanche stato contestato) che i beni oggetto dell’operazione economica siano ‘beni mobili usati, suscettibili di reimpiego nello stato originario o previa riparazione’; altresì, sotto il profilo oggettivo, è pacifico che i suddetti beni transitavano in Italia non dalla Cina ma dal Belgio, paese intracomunitario. Inoltre, al di là della (comunque chiara) lettera della legge, lo spirito della disposizione è proprio quello di favorire la circolazione dei beni mobili usati, non potendosi assimilare l’operazione effettuata in concreto dal contribuente come un acquisto ex novo dalla Cina dei telefonini riparati» (cfr. p. 3 sentenza).
3.3. La motivazione del giudice d’appello -benché confonda i requisiti soggettivi ed oggettivi per la fruizione del beneficio de ll’art. 36, comma 1, del d.l. 41/1995 – non è apparente come denuncia la prima censura, perché esprime una comprensibile ratio decidendi , che dà per pacifica la natura della merce di bene usato e l’ origine infracomunitaria dell’acquisto . L ‘interpretazione della normativa espressa dal giudice comporta che sulle partite di telefonini rigenerati in Cina, importate attraverso la dogana belga e commercializzate in Italia, vengono cumulati due benefici fiscali, da un lato l’immissione in territorio UE in regime doganale ’42’ con differimento dell’IVA all’importazione e, dall’altro, la disciplina dell’IVA del margine di cui all’art. 36, comma 1, del d.l. 41/1995 con abbattimento dell’aliquota rispetto alla misura ordinaria.
L’ argomentazione di cui si è dato conto nel suo complesso rispetta il minimo costituzionale, ma applica falsamente la legge.
4.1. Innanzitutto, il Collegio rammenta che il regime dell’IVA del margine
E’ regolato innanzitutto dall’art. 36, comma 1, del d.l. 41/1995, il quale, quanto alla base
imponibile, prevede che «Per il commercio di beni mobili usati, suscettibili di reimpiego nello stato originario o previa riparazione, nonché degli oggetti d’arte, degli oggetti d’antiquariato e da collezione, indicati nella tabella allegata al presente decreto, acquistati presso privati nel territorio dello Stato o in quello di altro Stato membro dell’Unione europea, l’imposta relativa alla rivendita è commisurata alla differenza tra il prezzo dovuto dal cessionario del bene e quello relativo all’acquisto, aumentato delle spese di riparazione e di quelle accessorie. Si considerano acquistati da privati anche i beni per i quali il cedente non ha potuto detrarre l’imposta afferente all’acquisto o all’importazione, nonché i beni ceduti da soggetto passivo d’imposta comunitario in regime di franchigia nel proprio Stato membro e i beni ceduti da soggetto passivo d’imposta che abbia assoggettato l’operazione al regime del presente comma.».
4.2. Sul piano interpretativo di tale disposizione, per stabilire se un bene ricondizionato ricade o no nella disciplina dell’IVA del margine, la Corte di giustizia UE (cfr. 17 maggio 2023, in causa C-365/22, RAGIONE_SOCIALE pour pièces) ; 18 gennaio 2017, in causa C-471/15, RAGIONE_SOCIALE) ricorda che, s ai 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva IVA novembre 2006), i «beni mobili materiali suscettibili di
sensi dell’articolo (direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 costituiscono «beni d’occasione» reimpiego, nello stato originario o previa riparazione».
Già sotto questo aspetto la decisione del giudice d’appello applica falsamente la legge, riconducendo il requisito all’elemento soggettivo («nel caso di specie, sotto il profilo soggettivo è pacifico (non essendo neanche stato contestato) che i beni oggetto dell’operazione economica siano ‘beni mobili usati, suscettibili di reimpiego nello stato originario o previa riparazione’ ».
4.3. Inoltre,
‘articolo 314 della citata direttiva IVA stabilisce: «Il regime del margine si applica alle cessioni di beni d’occasione, di oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato effettuate da un soggetto passivo -rivenditore, quando tali beni gli siano stati ceduti nella Comunità da una delle persone seguenti: a) una persona che non sia soggetto passivo; b) un altro soggetto passivo, qualora la cessione del bene da parte di quest’ultimo sia esentata conformemente all’articolo 136; c) un altro soggetto passivo, qualora la cessione del bene da parte di quest’ultimo benefici della franchigia per le piccole imprese prevista agli articoli da 282 a 292 e riguardi un bene d’investimento; d) un altro soggetto passivo -rivenditore, qualora la cessione del bene da parte di quest’ultimo sia stata assoggettata all’ conformemente al presente regime speciale».
La brevissima affermazione della sentenza impugnata, secondo la quale i «suddetti beni transitavano in Italia non dalla Cina ma dal Belgio, paese intracomunitario» non è idonea a dar conto dei requisiti di legge quanto al profilo soggettivo.
4.4. Al proposito, va anche tenuto conto che le Sezioni unite della Corte di cassazione (Cass. Sez. U. n.21105/2017) hanno chiarito come la disciplina dell’IVA del margine regoli le cessioni da parte di rivenditori di beni d’occasione, di oggetti d’arte, da collezione o di antiquariato, e costituisce un regime speciale in favore del contribuente, facoltativo e derogatorio rispetto al sistema normale dell’imposta, che dev ‘ essere interpretata restrittivamente e applicata in termini rigorosi.
Nella base imponibile non rientrano perciò le operazioni d’importazione di beni acquistati da soggetti di Paesi extraUE, dovendo la norma interpretarsi restrittivamente e così applicarsi alle operazioni di acquisto di beni usati suscettibili di reimpiego -oltre ad oggetti d’arte, d’antiquariato e da collezione – presso privati nel territorio dello
Stato o in quello di altro Stato membro dell’Unione europea, cui il disposto fa esplicito riferimento.
Inoltre, la sentenza impugnata non coglie un aspetto fondamentale dell’operazione economica, ossia che alla partita di telefoni usati ricondizionati nella Repubblica popolare cinese e importati attraverso la dogana belga, è stato già applicato il regime ’42’ , ossia un particolare doganale regime agevolativo introdotto dall’articolo 143, comma 1, lett. d) della Direttiva 2006/112/CE (cfr. p.v.c. della Guardia di Finanza riprodotto nelle parti rilevanti in ricorso). In base a tale disciplina, lo Stato membro UE esenta le importazioni di beni spediti o trasportati a partire da un territorio terzo o da un Paese terzo in uno Stato membro diverso da quello d’arrivo della spedizione o del trasporto, se la cessione dei beni, effettuata dall’importatore designato o riconosciuto come debitore dell’imposta in virtù dell’articolo 201, è esente conformemente all’articolo 138 della medesima Direttiva. In sintesi, tale disposto consente, al momento dell’importazione di un bene commerciale nel territorio dell’ Unione Europea, la sua immissione con formalità semplificate (cd. libera pratica) senza il pagamento dell’IVA e i beni così importati possono poi essere oggetto di successive cessioni comunitarie da parte dell’importatore.
5.1. Il beneficio consente un immediato risparmio di liquidità all’importazione, ma si presta a meccanismi di frode, ad esempio nel caso in cui l’imposta non sia assolta nel Paese di immissione in consumo del bene (cfr. relazione OLAF 6 febbraio 2024 Operazione RAGIONE_SOCIALE , relazione della Corte dei conti europea n.13/2011 ed emendamenti apportati dalla direttiva 2009/69/CE, recepita nel nostro ordinamento dall’art. 8, comma 2, lettera i) della legge n.217/2011 legge comunitaria 2010 – che ha modificato l’art.67 del d.P.R. n.633/72).
La giurisprudenza della Corte di giustizia si è a sua volta occupata più volte del fenomeno, ed è stato al proposito affermato che, nell’ambito dell’esenzione delle cessioni intracomunitarie di beni in applicazione dell’articolo 138 della direttiva IVA, il fornitore che, in buona fede e adottate tutte le misure che possono essergli ragionevolmente richieste, abbia effettuato un’operazione che rientrava, a sua insaputa, in una frode commessa dall’acquirente, non può essere tenuto al pagamento a posteriori dell’IVA (v., in tal senso, CGUE 27 settembre 2007, in causa C-409/04, RAGIONE_SOCIALE e a. , punti da 65 a 67; v. inoltre CGUE 25 ottobre 2018, in causa C-528/17, NOME COGNOME , punto 38).
Tale giurisprudenza si applica anche al regime ’42’, ossia di esenzione all’importazione dei beni destinati a costituire l’oggetto di una cessione intracomunitaria, previsto all’articolo 143, paragrafo 1, lettera d), della direttiva IVA (v., anche, CGUE 20 giugno 2018, in causa C-108/17, RAGIONE_SOCIALE , punto 94). Il presente caso è diverso, dal momento che ad essere attinto dall’atto impositivo è il commerciante acquirente che ha immesso in consumo il bene, e non il fornitore importatore che avrebbe dovuto assolvere l’IVA al momento delle operazioni doganali e lo ha immesso in libera pratica.
5.2. L’agevolazione è rilevante, in quanto sensi de ll’art. 67, comma 1, lett. a) del d.P.R. 633/1972, l’applicazione del regime ’42’ comporta l’attribuzione della posizione doganale di merce unionale a merce proveniente da Paesi extra comunitari in virtù di operazioni che, normalmente, sono soggetti a formalità e controlli, ad es. la verifica della licenza d’importazione e i controlli sanitari (v. nota illustrativa 1.4.2014, Agenzia delle Dogane e dei Monopoli). Inoltre, determina una modifica del regime impositivo, poiché sottrae i beni importati ai dazi UE normalmente previsti dalla disciplina unionale e al l’assolvimento dell’IVA in dogana, sul presupposto che il pagamento
avvenga nello Stato, diverso da quello di sdoganamento, in cui il bene viene immesso in consumo, secondo il meccanismo del reverse charge .
5.3. Perciò, il regime doganale ’42’ determina (tra l’altro) una modifica del regime impositivo, ma non altera in alcun modo la circostanza di fatto che il bene interessato viene importato da un soggetto extra UE e lo vincola al successivo pagamento dell’imposta . In altri termini, è un regime agevolativo ai fini delle formalità e dei controlli di importazione da un Paese extra-UE che comporta, tra l’altro , un differimento del versamento immediato dell ‘IVA all’importazione, con immissione bel bene in libera pratica e poi circolazione tra gli Stati membri dell’Unione sul presupposto del successivo pagamento dell’imposta nel Paese cui il bene viene immesso in consumo mediante reverse charge , che si colloca su di un piano distinto per finalità e presupposti rispetto al regime agevolativo dell’IVA del margine.
6. Dalla ricostruzione che precede si evince che l ‘IVA del margine è una agevolazione, speciale e facoltativa rispetto all’applicazione dell’ordinario regime IVA, ben distinta per presupposti e finalità rispetto al regime ’42’ : la prima si applica a beni mobili usati, e a oggetti d’arte, antiquariato e collezione, che, sotto il profilo soggettivo, sono acquistati non da soggetti extra UE, bensì presso privati nel territorio dello Stato o in altro Stato UE. Inoltre, persegue uno scopo ben diverso dalla semplificazione delle procedure di sdoganamento e conservazione della liquidità all’importazione , ossia evitare una doppia applicazione dell’imposta armonizzata, i
di diritto:
« L’applicazione del Regime doganale 42, di cui all’articolo 143, comma 1, lett. d) della direttiva 2006/112/CE, comporta l’immediata immissione in libera pratica dei beni importati da paesi extra UE (nella specie, cellulari ricondizionati dalla Cina) e l’ attribuzione della posizione doganale di merce unionale con differimento del pagamento dell’Iva al momento dell’immissione in consumo, senza tuttavia incidere sulle condizioni e modalità di acquisto del bene, pur sempre avvenuto da soggetto extra UE, né determinare, di per sé, la trasformazione della cessione in operazione intraunionale; ne deriva l’inapplicabilità alla cessione al privato del regime del margine in materia di Iva. ».
7. L’accoglimento del secondo motivo, rigettato il primo reca con sé l’assorbimento del terzo motivo relativo alla valutazione del
materiale probatorio, con cui la ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 2700 cod. civ., per aver il giudice di seconde cure fondato la decisione su affermazioni in fatto contrastanti con quanto attestato nel processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, le cui risultanze hanno fede privilegiata, al quale rinvia l’avviso d’accertamento impugnato. La questione dovrà essere complessivamente riesaminata dal giudice del rinvio.
8. Per l’effetto, la sentenza impugnata è cassata e la controversia va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Abruzzo , in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili, e per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte: accoglie il secondo motivo, rigettato il primo, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Abruzzo , in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili, e per la liquidazione delle spese di lite.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 28.5.2025