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Regime del margine: la Cassazione e la prova del Fisco

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 33020/2024, ha stabilito che per l’applicazione del regime del margine su veicoli usati acquistati da altri paesi UE, non è sufficiente un affidamento acritico alle dichiarazioni del fornitore. Se le fatture presentano elementi contraddittori, come diciture che suggeriscono una cessione intracomunitaria, il contribuente ha l’onere di svolgere ulteriori verifiche per dimostrare la propria buona fede e il diritto a beneficiare del regime speciale. La Suprema Corte ha cassato la decisione di merito che aveva dato ragione a una società di rivendita auto, sottolineando che l’onere della prova in un regime derogatorio spetta interamente al contribuente.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Regime del margine: quando la diligenza non è mai troppa

L’applicazione del regime del margine nella compravendita di beni usati, specialmente nel settore automobilistico, rappresenta una significativa agevolazione fiscale. Tuttavia, come chiarisce una recente ordinanza della Corte di Cassazione, l’accesso a questo beneficio richiede un’attenta e scrupolosa diligenza da parte dell’operatore. La sentenza analizza il caso di una società di rivendita auto a cui l’Agenzia delle Entrate aveva contestato l’illegittima applicazione del regime speciale per acquisti intracomunitari, ridefinendo i contorni dell’onere della prova a carico del contribuente.

I Fatti: L’acquisto di auto usate e la contestazione fiscale

Una società operante nel commercio di autoveicoli usati aveva acquistato diverse vetture da fornitori di altri Stati membri dell’Unione Europea, applicando l’IVA secondo il regime del margine. L’Amministrazione Finanziaria, a seguito di un controllo, aveva emesso un avviso di accertamento, sostenendo che per tali operazioni si dovesse applicare il regime IVA ordinario previsto per gli acquisti intracomunitari.
La contestazione si basava principalmente su alcune diciture presenti sulle fatture di acquisto, redatte in lingue straniere (francese, tedesco e spagnolo), che, una volta tradotte, sembravano indicare che i cedenti comunitari avessero considerato le vendite come cessioni intracomunitarie ordinarie. Di conseguenza, secondo il Fisco, la società acquirente avrebbe dovuto applicare l’IVA sull’intero importo e non solo sul margine.
La società si era difesa producendo prove a sostegno della propria buona fede, tra cui timbri in lingua italiana apposti sulle stesse fatture che attestavano i requisiti per il regime speciale, dichiarazioni dei fornitori e i libretti di circolazione da cui risultava che i precedenti intestatari dei veicoli erano persone fisiche (e quindi senza diritto a detrazione IVA).
I giudici di primo e secondo grado avevano dato ragione alla società, ritenendo che avesse sufficientemente dimostrato di aver agito con diligenza e in buona fede. L’Agenzia delle Entrate, tuttavia, ha proposto ricorso per cassazione.

L’applicazione del regime del margine e l’onere della prova

Il regime del margine è una disciplina speciale derogatoria dell’IVA, concepita per evitare una doppia imposizione sui beni usati. Invece di calcolare l’imposta sull’intero prezzo di vendita, essa viene applicata solo sulla differenza (il margine) tra il prezzo di vendita e quello di acquisto. Per potervi accedere, è necessario che il bene sia stato acquistato da un soggetto che non ha potuto detrarre l’IVA al momento del suo acquisto originario (tipicamente un privato consumatore).
Proprio perché si tratta di un regime di favore, la giurisprudenza consolidata impone che sia il contribuente che intende beneficiarne a dover provare la sussistenza di tutti i presupposti di fatto e di diritto. Questo onere della prova diventa cruciale quando emergono elementi contraddittori, come nel caso di specie.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza di appello e delineando principi rigorosi in materia di onere della diligenza. Secondo gli Ermellini, la Commissione Tributaria Regionale ha commesso due errori fondamentali.
Il primo errore è stato quello di sottovalutare il significato delle diciture originali presenti sulle fatture. Queste indicazioni, sebbene in lingua straniera, costituivano un evidente “campanello d’allarme” che un operatore professionale accorto avrebbe dovuto cogliere. Ignorarle equivale a un difetto di diligenza.
Il secondo errore è stato attribuire un valore probatorio eccessivo agli elementi portati dalla società, come i timbri e le dichiarazioni successive dei fornitori. La Corte ha ribadito un principio chiave: l’onere di diligenza non può considerarsi assolto sulla base di un “acritico affidamento alle dichiarazioni effettuate dalla società cedente”. In presenza di indizi contrari, il contribuente è tenuto a compiere ulteriori verifiche per dissipare ogni dubbio sulla legittimità dell’operazione. Neppure la circostanza che i precedenti proprietari fossero persone fisiche è stata ritenuta, da sola, sufficiente a superare gli indizi di segno opposto.

Le conclusioni: cosa insegna questa ordinanza

L’ordinanza in esame rafforza l’idea che l’accesso ai regimi fiscali agevolati non è automatico ma richiede un comportamento proattivo e diligente da parte del contribuente. Per gli operatori che acquistano beni usati da altri paesi UE, la lezione è chiara: non basta fidarsi delle assicurazioni del fornitore, specialmente se la documentazione commerciale contiene elementi ambigui o contraddittori. È necessario analizzare con attenzione tutta la documentazione, risolvere eventuali incongruenze e, se necessario, richiedere chiarimenti e prove supplementari per poter dimostrare, in caso di controllo, di aver fatto tutto il possibile per operare nel rispetto della normativa fiscale.

Può un rivenditore di auto usate fidarsi delle dichiarazioni del fornitore UE per applicare il regime del margine?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un affidamento acritico alle dichiarazioni del fornitore non è sufficiente a soddisfare l’onere della diligenza, soprattutto in presenza di altri elementi documentali che suggeriscono il contrario.

Quali elementi possono far sorgere il sospetto che il regime del margine sia applicato illegittimamente?
Secondo la sentenza, diciture sulle fatture di acquisto, anche in lingua straniera, che indicano un’operazione come cessione intracomunitaria ordinaria, devono essere considerate un “campanello d’allarme” che impone all’acquirente di effettuare ulteriori verifiche.

A chi spetta l’onere di provare la corretta applicazione del regime del margine?
L’onere della prova spetta interamente al contribuente che intende beneficiare di questo regime speciale. Essendo una deroga alla disciplina ordinaria dell’IVA, è il contribuente a dover dimostrare la sussistenza di tutti i requisiti richiesti dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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