Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33020 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33020 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29354/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
FALLIMENTO DELLA RAGIONE_SOCIALE -intimato- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. del LAZIO-ROMA n. 1028/2019 depositata il 25/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Dalla sentenza in epigrafe si evince che la CTP di Roma, con sentenza n. 26740/14/2016, aveva accolto il ricorso di RAGIONE_SOCIALE avverso l’avviso di accertamento n. TK3035302908/2013 recante rettifica ex art. 54, comma 4, DPR n. 633 del 1972 della dichiarazione iva presentata per l’a.i. 2008. Invero, ‘l’Ufficio aveva sostenuto che dall’esame delle fatture di acquisto di autoveicoli usati nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE era emerso che per una parte degli acquisti corrispondenti ad un imponibile di euro 989.350,00 la società aveva assoggettato le operazioni, non ricorrendone i presupposti, al regime speciale cd. del margine, versando IVA pari ad euro 13.427,52. Aveva così accertato una maggiore imposta pari ad euro 184.442,48, oltre a sanzioni, per omessa contabilizzazione degli acquisti, ritenuti intracomunitari, di autoveicoli usati da altro Stato membro, in violazione degli artt. 38 e 46 del d.l. n. 331 del 1993 e per presentazione di dichiarazione infedele. L’Agenzia ha posto alla base dell’accertamento l’insussistenza dell’elemento soggettivo per accedere a tale regime speciale, desumendo solo dalle diciture riportate sulle fatture emesse dai cedenti comunitari, da qui si evincerebbe che questi ultimi hanno considerato le operazioni come cessioni intracomunitarie, con la conseguenza che la società avrebbe dovuto applicare l’IVA secondo il regime ordinario e non secondo il regime del margine’.
L’Ufficio proponeva appello, rigettato dalla CTR del Lazio, con la sentenza in epigrafe, sulla base della seguente motivazione:
‘Ufficio non ha contestato affatto l’insussistenza nella specie dei requisiti oggettivi (e cioè l’immatricolazione dei veicoli da più di sei mesi e la percorrenza superiore ai 6.000 Km.) per l’applicabilità del regime IVA sul margine .
‘Ufficio ha sostenuto l’illegittima applicazione del regime IVA sul margine per carenza dell’elemento soggettivo.
L’unico elemento sul quale l’Agenzia delle entrate ha basato le proprie contestazioni consiste nella valutazione delle diciture riportate sulle fatture, in lingua francese, tedesca e spagnola, che, tradotte, vorrebbero dimostrare l’assoggettamento delle operazioni al regime IVA ordinario applicabile alle vendite intracomunitarie.
Punto nodale della questione è dunque quella di verificare se in concreto vi era la possibilità, per il contribuente cessionario, di constatare la insussistenza di tale condizione soggettiva .
Ebbene, il Collegio deve in primo luogo rilevare che l’Agenzia non ha valutato gli ulteriori elementi presenti nelle fatture in contestazione, che portano invece ad opinare come la mancanza del requisito soggettivo sia sconfessata dalle stesse dichiarazioni fornite dai venditori sia nelle fatture d’acquisto sia nei contratti stipulati con l’odierna appellata.
Quanto alle fatture, risulta che su di esse i fornitori comunitari avevano apposto il timbro in italiano con la dicitura ‘Il bene viene venduto per esportazione, e da detrarre in regime del margine come autovettura usata superiore a sei mesi di vita dalla prima immatricolazione e oltre 6.000 Km. di percorrenza’, seguito dalla data, timbro e firma dei fornitori medesimi.
In secondo luogo, il principale dei fornitori tedeschi della società contribuente, la società RAGIONE_SOCIALE ha trasmesso all’appellata una dichiarazione, In data 8 gennaio 2010, depositata agli atti, in cui si attesta che ‘Con la presente le confermiamo che i veicoli acquistati dall’RAGIONE_SOCIALE presso la nostra azienda, dall’anno 2006 fino a data odierna, sono tutti in regime del margine, hanno una percorrenza minima di 6.000 Km. e un minimo di vita di sei mesi, come da noi confermato attraverso l’apposito timbro in lingua italiana sulle nostre fatture, controfirmato dal nostro amministratore signor COGNOME
Va poi ancora rilevato che il contratto stipulato in data 1° gennaio 2007 tra la società appellata e la società RAGIONE_SOCIALE indica nelle premesse che ‘la cliente società che commercializza auto … usate che rientrano nella disciplina delle auto con più di sei mesi di vita dall’immatricolazione ed oltre 6.000 Km. di percorrenza’ e che ‘il fornitore ha disponibilità di auto con tali caratteristiche e rientranti in tale disciplina’.
Va infine rammentato che l’Agenzia delle entrate aveva già effettuato il controllo sulle fatture oggetto di contestazione e sui documenti relativi alle autovetture oggetto di cessione, autorizzando la reimmatricolazione in Italia dei veicoli, attraverso il cd. sblocco del telaio .
La società ricorrente, quindi, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, ha fatto legittimo e pieno affidamento sia nei riscontrati elementi oggettivi e soggettivi, e soprattutto nelle dichiarazioni dei cedenti, sia infine sul benestare dell’Agenzia con l’autorizzazione alla reimmatricolazione dei veicoli, ritenendo per l’effetto che fosse applicabile alle operazioni effettuate la disciplina speciale , secondo le regole dell’ordinaria diligenza.
Anche dal campione di libretti di circolazione esibiti dalla contribuente si evince che gli ultimi intestatari dei veicoli acquistati nel 2008 e ceduti alla società RAGIONE_SOCIALE erano persone fisiche, e quindi soggetti che non potevano detrarre l’IVA.
Deve conclusivamente ritenersi che la contribuente, con la documentazione prodotta, ha dimostrato di avere assolto al proprio onere di diligenza .
Propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate con un motivo; la contribuente, attualmente in fallimento, resta intimata.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso si denuncia: ‘Violazione e/o falsa applicazione degli artt. da 36 a 40 -bis del d.l. 41/95, dell’art. 2697 c.c., dell’art. 54 del DPR 633/72, dell’art. 1, commi da 9 a 11, della legge 282/2006, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 ‘.
‘Con l’atto impositivo in esame l’Ufficio contesta l’illegittima fruizione del cd. regime del margine in quanto nelle fatture ivi indicate, esibite dal contribuente, i cedenti comunitari avevano dichiarato che trattavasi di acquisti intracomunitari. Nell’avviso può infatti leggersi ‘. La sentenza impugnata è pertanto illegittima. ‘La reimmatricolazione dei veicoli acquistati da cedenti comunitari no costituisce un comportamento idoneo ad ingenerare nel contribuente alcuni affidamento e non libera, comunque, il contribuente dell’onere di verificare la correttezza del regime fiscale che pretende di applicare: dunque del tutto inconferente appare il riferimento a tale elemento’. La contribuente non ha poi adempiuto il proprio onere di diligenza, sì come individuato dalla giurisprudenza di legittimità’.
Il motivo è fondato e merita accoglimento.
Sull’acquisito presupposto concettuale che ‘il regime del margine di utile di cui all’art. 36 del d.l. n. 41 del 1995, conv. con modif. dalla l. n. 85 del 1995, rappresentando un regime speciale, derogatorio dell’ordinaria disciplina fiscale degli acquisti intracomunitari, impone che il contribuente provi la sussistenza dei relativi presupposti di fatto’ , questa S.C. – in piena applicazione dell’insegnamento di Sez. U, Sentenza n. 21105 del 12/09/2017 (Rv. 645308 -01), pertinentemente evocata nel motivo – ha avuto modo di ribadire che, ‘qualora l’Amministrazione finanziaria contesti, in forza di elementi oggettivi e specifici, la possibilità per il contribuente di avvalersi del regime di favore del cd. margine spetta al contribuente medesimo dimostrare la propria buona fede che, rispetto alla compravendita di veicoli usati, si connota nella diligente individuazione dei precedenti intestatari dei
veicoli, nei limiti dei dati risultanti dalla carta di circolazione, eventualmente integrati da altri elementi di agevole e rapida reperibilità, al fine di accertare, anche in via presuntiva, se l’IVA sia già stata assolta a monte da altri senza possibilità di detrazione’ .
La circostanza che, qualora l’Amministrazione contesti, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il cessionario abbia indebitamente fruito di tale regime, spetta a quest’ultimo dimostrare la sua buona fede’ implica che la prova liberatoria non può consistere solo nell’affermazione del medesimo di aver agito in assenza della consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale, dovendo offrire altresì la positiva dimostrazione di aver usato la massima diligenza ragionevolmente esigibile da un operatore accorto, nei limiti dei principi di proporzionalità e ragionevolezza rapportati al caso concreto, al fine di evitare ‘a monte’ di essere coinvolto in tali situazioni, in presenza di indizi idonei a farne insorgere il sospetto.
Nel caso di specie, la sentenza impugnata dà atto che la contestazione mossa alla contribuente in avviso muoveva dalla considerazione che le ‘diciture riportate sulle fatture, in lingua francese, tedesca e spagnola’, ‘tradotte’, dimostrerebbero
‘l’assoggettamento delle operazioni al regime IVA ordinario applicabile alle vendite intracomunitarie’. Un tanto emerge anche dalla parte di motivazione dell’avviso fotoriprodotta per autosufficienza nel motivo.
A fronte di ciò, ritiene la CTR che tuttavia ‘l’Agenzia non ha valutato gli ulteriori elementi presenti nelle fatture in contestazione’.
Si annida qui un primo errore compiuto dalla CTR, consistente nel misconoscere di contenuto e significato delle suddette ‘diciture’, onde apprezzarne la valenza di ‘campanello d’allarme’ per mettere sull’avviso un operatore professionalmente accorto.
Si innesta poi un secondo errore compiuto dalla CTR, consistente nell’attribuire rilevanza, in contrario, ai timbri apposti sulle fatture ed alla confermativa dichiarazione del fornitore in ordine alla sussistenza dei requisiti per l’applicabilità del regime del margine. Invero, le argomentazioni sul punto della sentenza impugnata non hanno pregio, atteso che (come esplicitato da Sez. 5, n. 32402 del 2018) ‘l’onere di diligenza ritenersi assolto in base ad un acritico affidamento alle dichiarazioni effettuate dalla società cedente’, tanto più in quanto detti timbri e dichiarazione, riguardati nella loro letteralità, di per sé non attestano la sussistenza del requisito soggettivo.
Né è sufficiente che ‘dal campione di libretti di circolazione esibiti dalla contribuente si evince che gli ultimi intestatari dei veicoli acquistati nel 2008 ceduti alla società RAGIONE_SOCIALE erano persone fisiche’, in quanto, al cospetto delle ‘diciture riportate sulle fatture’ inducenti all’attrazione delle operazioni, viceversa, al regime ordinario, non ha appurato la CTR l’eventuale compimento, da parte della contribuente, di ulteriori verifiche.
Infine, neppure può condividersi l’assunto della CTR secondo cui la procedura di reimmatricolazione di cui all’art. 1, commi 9, 10 e 11, d.l. n. 262 del 2006, conv. dalla l. n. 282 del 2006, confortasse la contribuente nel convincimento della regolarità del regime fiscale. Infatti, siffatta procedura è volta unicamente ad incrementare la possibilità di controllo da parte dell’Agenzia delle entrate in occasione del rilascio del titolo abilitativo alla circolazione, mediante un incrocio dei dati comunicati o documentati dal richiedente, senza tuttavia mai escludere, né implicitamente né men che meno esplicitamente, la possibilità di contestazioni propriamente fiscali una volta ottenuto, su un piano del tutto distinto, qual è il procedimento dinanzi all’Amministrazione dei trasporti (comma 9), il suddetto titolo.
In conclusione, in accoglimento del motivo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio, per nuovo esame e per le spese, comprese quelle del grado.
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, l’8 ottobre 2024.