Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3806 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3806 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 12/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31369/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende, ope legis ;
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE;
– intimata –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 3264/19, depositata il 30 luglio 2019; udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 5 dicembre
2023 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. La RAGIONE_SOCIALE impugnò alcuni avvisi d’accertamento relativi agli anni 2003 e 2004 con cui fu recuperato a tassazione maggiore imponibile ai fini iva, a seguito del disconoscimento dei presupposti del regime del “margine” su acquisti di autoveicoli usati sulla scorta di due p.v.c., sostenendo di non essere tenuta a controllare la veridicità di quanto dichiarato dal dante causa.
Secondo la ricostruzione operata dall’Ufficio, la società ricorrente acquistò dalla RAGIONE_SOCIALE, e successivamente rivendette alcuni veicoli, applicando il regime del “margine”, nonostante i danti causa originari fossero risultati società di autonoleggio, ditte produttrici di automobili o soggetti che avevano potuto comunque detrarre l’iva.
2.La Commissione tributaria provinciale accolse i ricorsi con due distinte sentenze, ritenendo che la società ricorrente avesse dimostrato di aver acquistato e poi venduto autovetture i cui libretti di circolazione erano, per la maggior parte, intestati a persone fisiche.
L’ufficio propose appello avverso la sentenza di primo grado, chiedendo la riunione con l’altro giudizio relativo all’anno di imposta 2004.
La Commissione tributaria regionale respinse le impugnazioni, previa riunione dei giudizi, ritenendo che la contribuente non avesse compiuto atti diretti ad evadere l’iva.
3.Avverso la predetta decisione l’RAGIONE_SOCIALE propose ricorso per Cassazione che venne accolto.
In particolare, Cass. n. 10008/2018 affermò che il regime del margine – previsto dall’art. 36 del d.l. n. 41 del 1995, conv. con modif. in I. n. 85 del 1995, per le cessioni da parte di rivenditori di beni d’occasione, di oggetti d’arte, da collezione o di antiquariato costituisce un regime speciale in favore del contribuente, facoltativo e derogatorio rispetto al sistema normale dell’imposta, la cui disciplina deve essere interpretata restrittivamente e
applicata in termini rigorosi. Pertanto, qualora l’amministrazione contesti, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il cessionario abbia indebitamente fruito di tale regime, spetta a quest’ultimo dimostrare la sua buona fede, e cioè non solo di aver agito in assenza della consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale, ma anche di aver usato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto (secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità rapportati al caso concreto), al fine di evitare di essere coinvolto in tali situazioni, in presenza di indizi idonei a farne insorgere il sospetto. Con particolare riferimento alla compravendita di veicoli usati, dunque, rientra nella detta condotta diligente l’individuazione dei precedenti intestatari dei veicoli, nei limiti dei dati risultanti dalla carta di circolazione, eventualmente integrati da altri elementi di agevole e rapida reperibilità, al fine di accertare, sia pure solo in via presuntiva, se l’iva sia già stata assolta a monte da altri senza possibilità di detrazione. Nel caso di esito positivo della verifica, il diritto di applicare il regime del margine deve essere riconosciuto, anche quando l’amministrazione dimostri che, in realtà, l’imposta è stata detratta. Nell’ipotesi, invece, in cui emerga che i precedenti proprietari svolgano tutti attività di rivendita, noleggio o leasing nel settore del mercato dei veicoli, opera la presunzione (contraria) dell’avvenuto esercizio del diritto alla detrazione dell’iva, assolta a monte per l’acquisto dei veicoli, in quanto beni destinati ad essere impiegati nell’esercizio dell’attività propria dell’impresa, con conseguente negazione del trattamento fiscale più favorevole (Cass., SSUU, n. 21105/17; Cass., n. 658/14).
Alla luce del prefato principio la decisione venne cassata con rinvio e la causa rinviata alla C.T.R. di Milano, in diversa composizione.
4.Il giudizio di rinvio, riassunto tempestivamente dalla società contribuente la quale chiese altresì di annullarsi le sanzioni
irrogate, stante la situazione di oggettiva incertezza anche ai fini dell’art. 6 del d.lgs. n. 472 del 1997, si concluse con il parziale accoglimento dell’appello dell’ufficio e venne dichiarata la legittimità degli accertamenti impugnati limitatamente all’Iva dovuta per l’anno 2004 pari ad euro 30.360,00 e di euro 183.187 per l’anno 2003.
Vennero annullate le sanzioni stante l’incertezza normativa sfociata nella decisione RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite n. 21105 del 2017.
5.L’RAGIONE_SOCIALE impugna la prefata sentenza con due motivi. La società contribuente è rimasta intimata.
Motivi della decisione
1.Con il primo si denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 56 del d.lgs. n. 546 del1992 perché la società non avrebbe riproposto espressamente la domanda di annullamento RAGIONE_SOCIALE sanzioni nel giudizio di secondo grado (il primo) così rinunciando alla domanda e così il giudice pronunciandosi extrapetita .
S.U. n. 7940 del 2019, infatti, afferma che nel processo ordinario di cognizione risultante dalla novella di cui alla l. n. 353 del 1990 e dalle successive modifiche, le parti del processo di impugnazione, nel rispetto dell’autoresponsabilità e dell’affidamento processuale, sono tenute, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia (al di fuori RAGIONE_SOCIALE ipotesi di domande e di eccezioni esaminate e rigettate, anche implicitamente, dal primo giudice, per le quali è necessario proporre appello incidentale ex art. 343 c.p.c.), a riproporre ai sensi dell’art. 346 c.p.c. le domande e le eccezioni non accolte in primo grado, in quanto rimaste assorbite, con il primo atto difensivo e comunque non oltre la prima udienza, trattandosi di fatti rientranti già nel thema probandum e nel thema decidendum del giudizio di primo grado.
Il ricorrente nel formulare il motivo non riporta alcun passo degli atti della società contribuente ma si limita a rinviare all’allegato 7.
2.In disparte i profili di inammissibilità in punto di autosufficienza, il motivo è infondato atteso che la pronuncia sull’annullamento RAGIONE_SOCIALE sanzioni ha carattere consequenziale ed accessorio rispetto alla pronuncia di annullamento dell’atto di talché non è necessaria una specifica riproposizione della domanda di annullamento RAGIONE_SOCIALE sanzioni una volta che si sia richiesto l’annullamento dell’atto. L’impugnazione proposta dalla società contribuente, indipendentemente da una esplicita formulazione, non può non coinvolgere, in ragione del proprio effetto espansivo interno, anche le sanzioni riconnesse alla pretesa di cui si afferma la illegittimità, trattandosi di un capo della decisione che, sebbene autonomo, è, nel caso specifico, direttamente dipendente dal capo concernente la pretesa impositiva, atteso che, venendo meno quest’ultima, vengono meno anche le sanzioni (cfr. Cass. n. 23985 del 26/09/2019; Cass. n. 19937 del 06/10/2004).
Deve quindi ribadirsi quanto statuito da Cass. n. 24732/2020 secondo cui «nel caso di annullamento di una pretesa tributaria e RAGIONE_SOCIALE relative sanzioni, l’impugnazione proposta con esclusivo riferimento all’imposta annullata si estende, in virtù del suo effetto espansivo interno, anche nei confronti RAGIONE_SOCIALE sanzioni, che sono direttamente dipendenti dalla statuizione sulla pretesa, sempre che le sanzioni non siano state annullate per ragioni diverse ed autonome rispetto all’imposta».
3.Con il secondo motivo l’RAGIONE_SOCIALE denuncia la violazione dell’art. 10 della l. n. 212 del 2000 e dell’art. 6 del d.lgs. n. 472 del 1997 in combinato disposto con l’art. 62 del d.lgs. n. 546 del 1992.
Con il predetto motivo ci si duole del fatto che il giudice avrebbe ritenuto sussistenti obiettive condizioni di incertezza sulla portata dell’art. 36 de d.l. n. 45 del 1995 in forza dell’intervenuta sentenza S.U. n. 21105/2017, mentre l’interpretazione della norma sarebbe stata piana in punto di onere probatorio.
3.1 Il motivo è fondato.
Nella specie trova applicazione S.U. n. 10662 del 2018 che esplicitamente afferma ‘in tema di sanzioni per violazione di norme tributarie, l’incertezza normativa oggettiva che costituisce, ai sensi dell’art. 10, comma 3, del d.lgs. n. 212 del 2000 e dell’art. 8 del d.lgs. n. 546 del 1992, causa di esenzione dalla responsabilità amministrativa del contribuente, postula una condizione di inevitabile incertezza su contenuto, oggetto e destinatari della norma tributaria, sicché la stessa non sussiste rispetto ad una questione per la quale, in assenza di contrasto giurisprudenziale, le Sezioni Unite siano intervenute per sancire un principio di particolare importanza, in quanto idoneo a disciplinare una molteplicità di casi simili’.
In conclusione deve essere accolto il secondo motivo del ricorso , rigettato il primo e per l’effetto cassata la sentenza impugnata e disposto il rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per la determinazione RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo del ricorso, rigetta il primo, e, per l’effetto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per regolare le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2023