Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1879 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1879 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 17/01/2024
Tributi – IVA – contribuenti minimi – rapporto di collaborazione continuativa
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16840/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dal l’avv. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE) in virtù di procura speciale in calce al presente atto, elettivamente domiciliato presso il suo indirizzo PEC
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sardegna, n. 800/01/21 depositata in data 22 dicembre 2021 Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 22 novembre 2023.
RILEVATO CHE
La contribuente COGNOME NOME ha impugnato un avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta 2010, con cui veniva accertata maggiore IVA, con cui -come risulta dalla sentenza impugnata -veniva disconosciuto il regime semplificato per contribuenti minimi a termini dell’art. 1 , commi 96 -117, l. 24 dicembre 2007 n. 244, per superamento nel periodo di imposta 2009 del reddito massimo imponibile previsto per la fruizione dei contribuenti minimi.
La CTP di Cagliari ha rigettato il ricorso.
La CTR della Sardegna, con sentenza in data 22 dicembre 2021, ha rigettato l’appello . Ha ritenuto il giudice di appello, sulla base dell’esame della documentazione prodotta, che il contratto di collaborazione tra la contribuente e la Provincia di Ogliastra, in relazione ai cui compensi l’Ufficio aveva ritenuto il superamento del limite per il quale usufruire del regime agevolato IVA, fosse rapporto di lavoro autonomo, essendo caratterizzato da autonomia di orario e organizzativa, nonché con libertà di prestazione di attività anche verso altri committenti, con conseguente applicazione del regime IVA, condannando la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali.
Ha proposto ricorso per cassazione la contribuente, affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso l’Ufficio .
E’ stata emessa in data 11 maggio 2023 proposta di definizione anticipata, ritualmente opposta dal ricorrente con procura speciale. Il ricorrente ha, poi, depositato memoria .
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 5 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e 50, comma 1, lettera cbis, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), oltre che dell’art. 112, cod. proc. civ., per avere la sentenza impugnata omesso di rilevare il corretto trattamento fiscale dei compensi erogati a seguito di espletamento di attività da contratto di collaborazione continuata e coordinata. Deduce parte ricorrente che la rilevata autonomia del rapporto di collaborazione sottoscritto dalla contribuente e valorizzato dal giudice di appello come rapporto di collaborazione autonoma debba essere qualificato come rapporto assimilato a quello di lavoro subordinato, esente IVA. Osserva, in proposito, parte ricorrente che l’art. 50 , lett. cbis TUIR è situato all’interno del capo relativo ai redditi da lavoro dipendente, disposizione espressamente richiamata nel contratto stipulato con la Provincia di Ogliastra. Osserva, inoltre, parte ricorrente che vi sarebbe vincolo di orario e svolgimento della prestazione presso una determinata sede di lavoro, oltre che la soggezione alle direttive dei funzionari dell’Ente conferente. In memoria parte ricorrente ritorna sulla questione, evidenziando come il lavoro autonomo svolto verso ultimo committente genera redditi assimilabili a rapporti di lavoro dipendente esenti da IVA.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 , primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’artt. 91 primo comma, cod. proc. civ. nella parte in cui la sentenza impugnata ha liquidato all’Amministrazione, in giudizio in proprio, le spese di lite secondo tariffario forense.
Questa Corte ha ritenuto infondato, con proposta di definizione anticipata comunicata al ricorrente, il primo motivo, per non avere il ricorrente correttamente censurato le regole di interpretazione della volontà contrattuale, nonché in quanto l’interpretazione della volontà
RAGIONE_SOCIALE parti si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito (« per costante giurisprudenza di questa Corte (tra molte, Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 9461 del 09/04/2021; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 27136 del 15/11/2017) posto che l’accertamento della volontà RAGIONE_SOCIALE parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione RAGIONE_SOCIALE norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata »), conclusione che il Collegio condivide, in quanto tale censura è pregiudiziale al fine di ritenere insussistenti i presupposti per la fruizione del regime agevolativo.
4. Nella specie, il giudice di appello ha esaminato le clausole del contratto stipulato tra la contribuente e l’Ente conferente, ritenendo che l’esame RAGIONE_SOCIALE clausole -secondo le disposizioni codicistiche – e, in particolare, le clausole che prevedevano autonomia sia di prestazione (orario), sia organizzativa, nonché la clausola che consentiva di svolgere prestazioni anche verso altri committenti (e, quindi, senza vincolo di subordinazione nei confronti dell’Ente conferente ), costituivano elementi sufficienti per ritenere che il rapporto di collaborazione fosse inquadrabile come rapporto di lavoro autonomo, in quanto tale rilevante a termini dell’art. 1, commi 96 e ss., l. n.
244/2007 ai fini della fruizione dell’allora regime dei contribuenti minimi.
5. Parte ricorrente, in disparte l’omessa censura della violazione dell’art. 1, comm i 96 e ss., l. n. 244/2007, deduce (con ulteriori argomentazioni contenute in memoria), che il contratto di collaborazione coordinata e continuativa non sia computabile ai fini della fruizione del regime agevolativo. Tuttavia, la ricorrente non censura l’accertamento in fatto circa la natura autonoma del rapporto di collaborazione come in concreto articolato nel contratto, né censura l’interpretazione che è stata operata del testo contrattuale, accertamenti che sono serviti al giudice di appello al fine di fare applicazione della disciplina di cui all’art. 1, commi 96 e ss. , l. 244/2007, che presuppone l’esercizio di una attività di impresa o di lavoro autonomo (cfr. art. 1, comma 102, l. ult. cit.) quale presupposto per la fruizione del relativo regime agevolativo. Il motivo non coglie, pertanto, complessivamente la ratio decidendi della sentenza impugnata ed è inammissibile.
6. Il secondo motivo è infondato, posto che nel processo tributario, alla parte pubblica assistita in giudizio da propri funzionari o da propri dipendenti, in caso di vittoria della lite spetta la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese, la quale deve essere effettuata mediante applicazione della tariffa ovvero dei parametri vigenti per gli avvocati, con la riduzione del venti per cento dei compensi ad essi spettanti (Cass., Sez. V, 11 ottobre 2021, n. 27634; Cass., Sez. V, 17 settembre 2019, n. 23055; Cass., Sez. V, 23 novembre 2011, n. 24675). Tale principio riposa su una espressa norma di legge, inestensibile ad altri casi in cui in giudizio sia presente una amministrazione pubblica (v. Cass., Sez. II, 4 agosto 2023, n. 23825, sentenza richiamata dal ricorrente in memoria), quale è nel caso di specie l’ art. 15, comma 2sexies , d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, che nella formulazione pro tempore prevede
espressamente che « nella liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese a favore dell’ente impositore, dell’agente della riscossione e dei soggetti iscritti nell’albo di cui all’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, se assistiti da propri funzionari, si applicano le disposizioni per la liquidazione del compenso spettante agli avvocati, con la riduzione del venti per cento dell’importo complessivo ivi previsto». L’omessa censura di tale disposizione e, soprattutto, la violazione del parametro ivi indicato, comporta il rigetto del motivo.
7. Il ricorso va, pertanto, rigettato in conformità alla proposta di definizione anticipata, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo. Al rigetto del ricorso in conformità alla proposta consegue l’applicazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni di cui agli artt . 380bis , terzo comma, 96, commi terzo e quarto cod. proc. civ. (Cass., Sez. U., 22 settembre 2023, n. 27195; Cass., Sez. U., 27 settembre 2023, n. 27433). La condanna alle somme di cui al terzo comma dell’art. 96 cod. proc. civ. consegue alla conferma della proposta di definizione anticipata, essendo tale norma volta, al pari RAGIONE_SOCIALE disposizioni relative alla colpa grave (Cass., Sez. V, 24 novembre 2022, n. 34693) a contemperare le esigenze di deflazione del contenzioso con la tutela del diritto di azione (Cass., Sez. U., n. 27195/2023, cit.); si reputa di quantificare equitativamente tale somma in relazione alla liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese legali (Cass., Sez. U., 28 novembre 2022, n. 32001; Cass., n. 34693/2022, cit.), somma che viene liquidata come da dispositivo, così come viene equitativamente determinata la somma di danaro di cui al quarto comma del medesimo articolo, anch’essa come da dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del pagamento del contributo unificato.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in
complessivi € 1.500,00, oltre spese prenotate a debito; condanna, altresì, la ricorrente al pagamento dell’importo di € 800,00 a termini dell’art. 96, terzo comma , cod. proc. civ., nonché de ll’importo ulteriore di € 800,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 22 novembre 2023