Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8903 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8903 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6932 -20 18 R.G. proposto da:
COGNOME NOME , rappresentato e difeso, per procura speciale a margine del ricorso, dall’AVV_NOTAIO, ed elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio legale dell’AVV_NOTAIO;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO, domicilia;
– resistente –
Oggetto: Tributi – accertamenti bancari
avverso la sentenza n. 7407/24/2017 della Commissione tributaria regionale della CAMPANIA, depositata il 07/09/2017; udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 18/01/2024 dal AVV_NOTAIO;
Rilevato che:
1. In controversia relativa ad impugnazione di un avviso di accertamento di un maggior reddito di lavoro professionale per l’anno d’imposta 200 9 emesso dall’ Amministrazione finanziaria nei confronti di NOME COGNOME sulla scorta delle risultanze di un processo verbale di constatazione redatto dalla G.d.F. a seguito di verifica delle movimentazioni effettuate sul conto corrente bancario del predetto contribuente e dei genitori RAGIONE_SOCIALE stesso, ricondotte ad attività professionale di avvocato svolta dal COGNOME, in particolare con la società RAGIONE_SOCIALE, nonché di un atto di irrogazione delle sanzioni, con la sentenza in epigrafe indicata la CTR (ora Corte di giustizia tributaria di secondo grado) della Campania, riuniti i separati ricorsi proposti avverso i predetti atti impositivi, rigettava l’appello proposto dal contribuente con riferimento all’avviso di accertamento mentre accoglieva parzialmente quello proposto avverso l’atto sanzionatorio.
2. Dopo aver premesso che la sentenza di primo grado aveva correttamente escluso dalla ripresa a tassazione dei prelevamenti operati dal contribuente, essendo venuta meno, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, la presunzione legale di redditività dei prelevamenti effettuati da lavoratori autonomi, com’è il contribuente, i giudici di appello hanno sostenuto che l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi costituisce presupposto sufficiente per consentire all’RAGIONE_SOCIALE delle entrate di procedere all’accertamento induttivo ai sensi dell’art. 39, comma 2, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 e 55 del d.P.R. n. 633 del 1972, ed alla verifica delle movimentazioni bancarie e che il
contribuente non aveva fornito alcuna giustificazione delle somme versate sul conto corrente proprio e su quello dei genitori, al medesimo riferibili. Hanno, invece, parzialmente accolto l’appello avverso l’atto di irrogazione delle sanzioni che hanno ridotto escludendo quelle applicate con riferimento agli importi prelevati.
Avverso tale statuizione il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a due articolati motivi, cui non replica per iscritto l ‘ intimata.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., viene dedotta la violazione degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ., 36 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, 32, comma 1, n. 2 e 7, 39, comma 2, e 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, 56 del d.P.R. n. 633 del 1972 e 7 della legge n. 212 del 2000.
1.1. Sostiene il ricorrente che i giudici di appello, con motivazione meramente apparente, violando le disposizioni di cui agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., avevano respinto l’appello con una motivazione meramente apparente, che ricalcava quella di primo grado, omettendo di esaminare la documentazione prodotta in giudizio idonea a superare la presunzione legale di redditività delle movimentazioni bancarie oggetto di verifica.
Il motivo, là dove viene dedotto il difetto di motivazione della sentenza impugnata, è infondato.
Premesso che la motivazione è meramente apparente quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U,
Sentenza n. 22232 del 2016, Rv. 641526-01; conf. Cass., Sez. 65, Ordinanza n. 14927 del 2017; v. anche Cass. n. 13248 del 2020), osserva il Collegio che nella specie la sentenza impugnata si pone ben al di sopra del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., in quanto i giudici di appello hanno espresso delle chiare rationes decidendi affermando che dagli accertamenti svolti dalla G.d.F. risultavano accrediti sui conti correnti del contribuente e dei genitori « per ammontare che non trovava giustificazione, se non in rapporti professionali, in particolare -per come evidenziato nel pvc -con la società RAGIONE_SOCIALE, in relazione al quale risultava allegato al predetto pvc un tabulato da cui risultavano gli emolumenti riscossi a fonte di prestazioni (patrocini per sinistri stradali )» e che il contribuente « non produceva alcuna documentazione giustificativa » né ai verificatori né in giudizio.
Tutte le altre censure dedotte con il motivo in esame sono inammissibili.
In particolare, è inammissibile la censura proposta con riferimento all’artt. 115 cod. proc. civ. alla stregua del principio giurisprudenziale secondo cui con essa «occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.» (Cass., Sez. U, n. 20867 del 2020).
Osserva, inoltre, il Collegio che la censura di omesso esame della documentazione che il ricorrente assume di aver depositato in
giudizio al fine di superare la presunzione legale di redditività dei versamenti bancari accertati, è comunque inammissibile per difetto di specificità, ex art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., avendo il ricorrente omesso di allegare al ricorso i documenti di cui lamenta il mancato esame e, comunque, di trascrivere nel suo interno, anche per estratto, il contenuto o i passaggi essenziali dei documenti, onde consentire a questa Corte di valutarne la decisività, non essendo sufficiente a soddisfare il requisito ineludibile dell’autonomia del ricorso per cassazione il generico rinvio agli atti processuali (Cass., Sez. 1^, 1° marzo 2022, n. 6769, Rv. 664103-01; Cass., Sez. Trib., 5 settembre 2023, n. 26007, non massimata).
Analogamente inammissibili sono le censure di violazione di legge pure dedotte nel motivo, in particolare degli artt. 32, comma 1, n. 2 e 7, 39, comma 2, e 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, 56 del d.P.R. n. 633 del 1972 e 7 della legge n. 212 del 2000, in relazione alle quali nulla viene dedotto nel ricorso.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ., 39, comma 2, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973, 16 del d.lgs. n. d.lgs. n. 472 del 1997 del 1997, 6 e 9 del d.lgs. n. 471 del 1997, 1, commi da 96 a 117, della legge n. 244 del 2007.
8.1. Sostiene, al riguardo, che nel caso di specie ricorrevano i presupposti per l’applicazione al contribuente del regime fiscale agevolato dei ‘contribuenti minimi’ di cui alla legge n. 244 del 2007 non avendo superato nell’anno d’imposta 2008, precedente a q uello oggetto dell’atto impositivo impugnato, l’importo di 30.000,00 euro di ricavi o compensi percepiti, per come risultava dall’avviso di accertamento emesso con riferimento all’anno 2008 e dalla successiva sentenza resa dalla CTP nel giudizio di impugnazione di
tale atto impositivo, che aveva ridotto i ricavi accertati a 20.476,00 euro. Sentenza successivamente confermata dalla CTR ed impugnata dinanzi a questa Corte. Deduce, quindi, che i giudici di appello avevano omesso di pronunciare sull’eccezione all’uopo formulata.
Il motivo è fondato e va accolto.
In effetti, è la stessa sentenza impugnata che dà atto, a pag. 2, che il contribuente aveva lamentato in appello la « mancata sottoposizione al regime agevolato ex art. 1. Commi da 96 a 117 Legge finanziaria del 2008 », ma il motivo non è stato esaminato e deciso dalla CTR, né può ritenersi che nella specie lo stesso sia stato implicitamente rigettato.
Al riguardo è necessario precisare che questa Corte, con ordinanza del 17 maggio 2019, n. 13465, successiva alla sentenza d’appello impugnata, ha rigettato il ricorso per cassazione proposto dal ricorrente avverso la sentenza n. 5683/45/2017 emessa in data 22/06/2017 dalla CTR campana nel giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento relativo all’anno 2008, risultando così definitivamente accertata l’entità dei ricavi conseguiti dal contribuente nella minor misura indicata nella sentenza n. 15741/41/2015 della CTP di Napoli.
Ne consegue che, in accoglimento del motivo di ricorso in esame, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania che pronuncerà sul motivo pretermesso e provvederà anche alla regolamentazione delle spese processuali del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa
composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma in data 18/01/2024