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Redditometro: quando l’accertamento è legittimo

Un contribuente impugnava avvisi di accertamento basati sul redditometro. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che il redditometro costituisce una presunzione legale e spetta al cittadino fornire prova contraria idonea a superarla. La Corte ha anche chiarito che l’obbligo del contraddittorio preventivo non si applicava ai fatti di causa.

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Pubblicato il 9 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Redditometro: la Cassazione conferma la legittimità dell’accertamento

Con l’ordinanza n. 21546 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla validità degli accertamenti fiscali basati sul redditometro, chiarendo i confini della prova contraria a carico del contribuente e i presupposti per l’applicazione di garanzie procedurali. La decisione analizza un caso in cui un contribuente si era visto notificare due avvisi di accertamento per gli anni 2007 e 2008, con i quali l’Agenzia delle Entrate aveva rideterminato il suo reddito in via sintetica sulla base di alcuni indicatori di spesa, tra cui il possesso di una barca a vela. La Suprema Corte ha respinto integralmente il ricorso, fornendo importanti principi di diritto.

I fatti di causa

La vicenda trae origine da due avvisi di accertamento notificati a un contribuente, con cui l’Agenzia delle Entrate, utilizzando il cosiddetto ‘vecchio redditometro’, contestava un maggior reddito imponibile ai fini IRPEF. Il contribuente impugnava gli atti dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, che accoglieva parzialmente i ricorsi, riducendo il reddito accertato.

Successivamente, sia il contribuente che l’Agenzia delle Entrate proponevano appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale. Quest’ultima, in riforma della decisione di primo grado, accoglieva l’appello dell’Ufficio e rigettava quello del contribuente, ripristinando la pretesa fiscale originaria. La CTR riteneva, in sintesi, che il contribuente non avesse ‘affatto dimostrato’ che le spese per la gestione dei beni posseduti e gli incrementi patrimoniali fossero stati finanziati da disinvestimenti o redditi esenti.

Avverso tale sentenza, il contribuente proponeva ricorso per cassazione, affidato a sei distinti motivi.

L’accertamento con redditometro e i motivi del ricorso

Il ricorrente lamentava una serie di vizi procedurali e di merito. In particolare, contestava:
1. L’inammissibilità dell’appello dell’Agenzia, in quanto sottoscritto da un funzionario privo di una delega specifica prodotta in giudizio.
2. L’omessa pronuncia del giudice d’appello sulla violazione del principio del contraddittorio preventivo, che non sarebbe stato attivato dall’Ufficio prima di emettere gli avvisi.
3. La violazione delle norme sul redditometro e sull’onere della prova, sostenendo che l’Agenzia non avesse fornito elementi sufficienti a corroborare la presunzione di maggior reddito e che la sentenza non avesse valutato adeguatamente la documentazione da lui prodotta.
4. Un’ulteriore omessa pronuncia sulla nullità delle sanzioni amministrative irrogate, ritenute illegittime.
5. L’erronea applicazione delle norme sulla responsabilità, obiettando che questa non potesse basarsi su una doppia presunzione: quella di reddito dal possesso di beni e quella di colpa dalla presunta evasione.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, rigettando tutti i motivi di impugnazione e consolidando importanti principi in materia di accertamento tributario.

Validità della firma sull’atto di appello

Sul primo punto, la Corte ha ribadito il suo consolidato orientamento secondo cui la sottoscrizione dell’atto di appello da parte del preposto al reparto competente dell’ufficio finanziario è valida anche in assenza dell’esibizione in giudizio di una specifica delega. Spetta al contribuente, eventualmente, eccepire e provare la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio appellante, cosa non avvenuta nel caso di specie.

La natura del redditometro come presunzione legale

Il cuore della decisione riguarda la natura e l’operatività del redditometro. La Corte ha chiarito che questo strumento introduce una presunzione legale iuris tantum di capacità contributiva. Ciò significa che, una volta che l’Ufficio dimostra la disponibilità di determinati beni-indice da parte del contribuente, scatta una presunzione di legge circa l’esistenza di un reddito adeguato a sostenerne i costi. A questo punto, l’onere di superare tale presunzione si sposta interamente sul contribuente. Il giudice di merito non può sindacare la validità degli indici scelti dal legislatore, ma deve limitarsi a valutare la prova contraria offerta dal contribuente. Le censure del ricorrente, secondo la Corte, miravano inammissibilmente a ottenere un nuovo esame del merito della vicenda.

L’obbligo del contraddittorio preventivo nei tributi ‘non armonizzati’

Un altro snodo cruciale riguarda il contraddittorio preventivo. La Corte, richiamando la giurisprudenza delle Sezioni Unite, ha specificato che un obbligo generalizzato di contraddittorio preventivo, pena l’invalidità dell’atto, vige solo per i tributi ‘armonizzati’ a livello europeo. Per i tributi ‘non armonizzati’, come l’IRPEF, tale obbligo sussiste solo nelle ipotesi espressamente previste dalla legge. Nel caso in esame, relativo a fatti del 2007-2008, la normativa sul redditometro all’epoca vigente non prevedeva tale obbligo, che è stato introdotto solo successivamente. Pertanto, la doglianza è stata respinta.

Insussistenza del divieto di doppia presunzione

Infine, la Corte ha smontato la tesi del ricorrente sul divieto di ‘praesumptio de praesumpto’ (doppia presunzione). I giudici hanno affermato che non esiste nell’ordinamento un divieto assoluto che impedisca di fondare un accertamento su una presunzione che a sua volta deriva da un fatto accertato in via presuntiva. Inoltre, in tema di sanzioni, la legge stessa stabilisce una presunzione di colpa a carico di chi commette la violazione, gravandolo dell’onere di fornire la prova contraria.

Le conclusioni

L’ordinanza in commento ribadisce la forza dello strumento del redditometro come meccanismo di accertamento basato su una presunzione legale, che inverte l’onere della prova a carico del contribuente. Quest’ultimo, per vincere la pretesa del Fisco, deve fornire una prova concreta e documentata che il proprio tenore di vita era sostenuto da redditi esenti, disinvestimenti patrimoniali o altre fonti lecite non tassabili. La decisione, inoltre, consolida un’interpretazione restrittiva dell’obbligo del contraddittorio preventivo per i tributi non armonizzati, legandolo alle specifiche previsioni di legge vigenti al momento dei fatti.

Un accertamento basato sul ‘redditometro’ è legittimo?
Sì, è legittimo. La Corte di Cassazione ha confermato che il redditometro introduce una presunzione legale di capacità contributiva. L’accertamento basato su di esso è valido e spetta al contribuente l’onere di fornire la prova contraria per dimostrare che il reddito presunto non è corretto.

È sempre obbligatorio per l’Agenzia delle Entrate avviare un confronto con il contribuente prima di un accertamento sintetico?
No, non sempre. Secondo la sentenza, per i tributi ‘non armonizzati’ come l’IRPEF, l’obbligo del contraddittorio preventivo sussiste solo nei casi espressamente previsti dalla legge. Per gli accertamenti in questione, basati sulla normativa vigente all’epoca dei fatti (2007-2008), tale obbligo generalizzato non era previsto.

Se un atto di appello dell’Agenzia delle Entrate è firmato da un funzionario delegato, è necessario produrre in giudizio la delega?
No, non è necessario. La Corte ha ribadito il suo orientamento consolidato secondo cui la sottoscrizione dell’atto da parte del preposto al reparto competente è da ritenersi valida anche senza l’esibizione della delega, a meno che la controparte non provi specificamente la non appartenenza del firmatario all’ufficio o l’usurpazione del potere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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