Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7762 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7762 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/03/2024
Avv. Acc. IRPEF 2008
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22073/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE.
-ricorrente principale – contro
COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO.
-controricorrente e ricorrente incidentale –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 1023/39/2015, depositata in data 23 febbraio 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’11 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
In data 25 settembre 2012 NOME COGNOME riceveva notifica di un avviso di accertamento ai fini IRPEF, n. NUMERO_DOCUMENTO, relativo all’anno d’imposta 200 8 . L’ RAGIONE_SOCIALE -direzione
provinciale di Frosinone -rideterminava sinteticamente il reddito complessivo del detto contribuente ex art. 38, quarto comma e ss., d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, rettificando il reddito dichiarato, pari ad € 10.657,00, in € 54.188,22 per l’anno d’imposta oggetto di contestazione; la rettifica originava dal riscontro, operato dall’ufficio, della disponibilità del contribuente di beni e situazioni indicativi di capacità contributiva quali, segnatamente: acquisto di un’autovettura di grossa cilindrata e relative spese di mantenimento.
Avverso l’ avviso di accertamento, dopo un infruttuoso tentativo di accertamento con adesione, il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Frosinone; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio , contestando i motivi di ricorso e chiedendo la conferma del proprio operato.
La C.t.p., con sentenza n. 479/03/13, accoglieva il ricorso del contribuente e annullava l’avviso di accertamento.
Contro tale decisione proponeva appello l’RAGIONE_SOCIALE dinanzi la C.t.r. del Lazio; si costituiva anche il contribuente, ribadendo quanto dedotto in primo grado.
Con sentenza n. 1023/39/2015, depositata in data 23 febbraio 201 6, la C.t.r. adita rigettava il gravame dell’ufficio e compensava tra le parti le spese di lite.
Avverso la sentenza della C.t.r. del Lazio, l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Il contribuente ha resistito con controricorso e, inoltre, ha formulato un motivo di ricorso incidentale condizionato.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del l’11 gennaio 2024.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 38 del DPR 600/1973 ed art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. »
l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. si è limitata a constatare l’esistenza di ulteriori redditi, senza verificare, e la prova non è stata fornita dal contribuente, se tali redditi fossero esenti o soggetti a ritenuta alla fonte, né la loro entità e durata nel possesso, da questi ultimi indicatori potendosi dedurre che le spese collegate agli indici di capacità contributiva attenzionati dall’ufficio sono state realizzate proprio con quei redditi.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.» l’Ufficio lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. non ha considerato come lo stesso contribuente avesse ammesso che le rimesse effettuate dai suoi familiari non erano sufficienti a giustificare per intero la maggiore capacità di spesa evidenziata dall’ufficio.
Con l’unic o motivo di ricorso incidentale condizionato, così rubricato: «Nullità parziale della sentenza per violazione dell’art. 2697 cod. civ., dell’art. 42 del DPR 600/1973 e dell’art. 7 della L. 27 luglio 2000, n. 212, dell’art. 56 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, dell’art. 2 bis del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, come modificato dal D.Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» il contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento motivato per relationem a documenti, prospetti recanti i calcoli per la rideterminazione, non allegati all’atto notificato al contribuente, né altrimenti da questo conosciuti.
I due motivi di ricorso dell’Ufficio, da trattarsi congiuntamente per ragioni di stretta connessione oggettiva perché con essi l’Ufficio si duole , sotto il profilo del n. 3 e del n. 5 dell’art. 360 cod. proc.
civ., della parte motiva della sentenza per aver ritenuto giustificate le spese da parte del contribuente, sono inammissibili oltre che infondati.
3.1. Anzitutto, va evidenziato che la complessiva censura si risolve nella sollecitazione ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, cosi mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito giudizio di merito, nel quale ridiscutere tanto il contenuto di fatti e vicende processuali, quanto ancora gli apprezzamenti espressi dal giudice di appello non condivisi e per ciò solo censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consone ai propri desiderata, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa potessero ancora legittimamente porsi dinanzi al giudice di legittimità.
3.2. Di poi, le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 RAGIONE_SOCIALE preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. S.U. n.8053/2014).
3.3. Nel merito della questione agitata, in tema di accertamento in rettifica RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi RAGIONE_SOCIALE persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 31/10/2021, n. 27811). Il sistema del ‹‹redditometro›› collega alla disponibilità di determinati beni e servizi in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito del soggetto secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di mantenimento del bene o servizio in questione. L’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la l. n. 413 del 1991 e il d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla l. n. 122 del 2010), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le «spese per incrementi patrimoniali», cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Ai sensi del sesto comma dell’art. 38 citato, resta salva la prova contraria, da parte del contribuente, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso
di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, o, più in RAGIONE_SOCIALE, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore. Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo la legge stessa di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori dì capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) RAGIONE_SOCIALE somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (Cass. 29/01/2020, n. 1980; Cass. 11/04/2019, n. 10266; Cass. 26/02/2019, n. 5544; Cass. 11/04/2018, n. 8933; Cass. 31/03/2017, n. 8539; Cass. 01/09/2016, n. 17487; Cass. 20/01/2016, n. 930; Cass. 21/10/2015, n. 21335). Rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in RAGIONE_SOCIALE, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 19/10/2016, n. 21142; Cass. 29/04/2012, n. 18604; Cass. 24/10/2005, n. 20588). Questa Corte, con orientamento ormai consolidato, ha chiarito, altresì, i confini della prova contraria che il contribuente può offrire, in ordine alla presenza di redditi non imponibili, per opporsi alla ricostruzione presuntiva del reddito operata dall’Amministrazione finanziaria, precisando che non è
sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente ‹‹sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere››; è la norma stessa infatti a chiedere qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), in quanto, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere), in tal senso dovendosi leggere lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) dell’entità di tali eventuali ulteriori redditi e della durata del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi. Nè la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la durata del possesso dei redditi in esame (Cass. 28/12/2022, 37985; Cass. 14/06/2022, n. 19082; Cass. 20/04/2022, n. 12600; Cass. 24/05/2018, n. 12889; Cass. 16/05/2017, n. 12207; Cass. 26/01/2016, n. 1332; Cass. 18/04/2014, n. 8995).
3.4. Nella fattispecie in esame, la C.t.r., con una motivazione immune da violazioni di legge, in conformità dei principi giurisprudenziali pacifici illustrati e, soprattutto, con una motivazione assolutamente comprensibile dal punto di vista dell’iter
logico-giuridico, ha dato contezza di come, andavano considerati alcuni elementi addotti in prova ossia che il contribuente risiedeva insieme al padre ed al fratello e che le disponibilità finanziarie della famiglia venivano gestite mediante tre conti correnti intrattenuti presso la BNL di Frosinone sui quali risultavano numerosi giroconti con addebito sui conti correnti del padre NOME COGNOME o su quello contestato ai familiari con accrediti sul conto corrente del contribuente. Sul punto, i giudici d’appello hanno contestato la tesi dell’Ufficio, assolutamente superata, della necessità della prova che detti ulteriori redditi erano stati utilizzati precipuamente per coprire le spese contestate, siccome, si ripete, la giurisprudenza oggi consolidata richiede che, attraverso idonea documentazione, sia fornita la prova che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta.
Dal rigetto dei due motivi principali discende la ragione dell’assorbimento del motivo di ricorso incidentale condizionato.
In conclusione va rigettato il ricorso principale con assorbimento del ricorso incidentale condizionato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato.
Condanna la ricorrente alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di lite che liquida in € 4.100,00 , oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15 % oltre ad IVA e c.p.a. come per legge.
Così deciso in Roma in data 11 gennaio 2024.