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Redditometro mutuo: la Cassazione chiarisce il calcolo

Un contribuente ha ricevuto un accertamento fiscale basato sul ‘redditometro mutuo’ per il possesso di immobili. L’Agenzia delle Entrate ha contestato la decisione di un tribunale inferiore che aveva calcolato il reddito presunto basandosi solo sulle rate del mutuo. La Corte di Cassazione ha dato ragione all’Agenzia, stabilendo che, secondo la normativa applicabile (D.M. 10/09/1992), la rata annuale del mutuo deve essere sommata al valore catastale dell’immobile e solo successivamente il totale deve essere moltiplicato per il coefficiente previsto dalla legge. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Redditometro e Mutuo: Come si Calcola il Reddito Presunto? La Cassazione Fa Chiarezza

L’accertamento fiscale tramite redditometro rappresenta da sempre un tema delicato nel rapporto tra Fisco e contribuente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 3032/2024, interviene su un aspetto cruciale: il corretto metodo di calcolo del redditometro mutuo per gli anni d’imposta regolati dalla vecchia normativa (D.M. 10 settembre 1992). La Corte ha chiarito che le rate del mutuo non vanno considerate isolatamente, ma sommate al valore base dell’immobile prima di applicare i coefficienti moltiplicativi.

I Fatti del Caso: Un Accertamento Fiscale Contestato

Il caso ha origine da tre avvisi di accertamento notificati a un contribuente per gli anni d’imposta 2006, 2007 e 2008. L’Agenzia delle Entrate, utilizzando il metodo sintetico del redditometro, aveva rilevato una significativa discrepanza tra il reddito dichiarato e la capacità di spesa manifestata dal possesso di alcuni beni, tra cui una residenza principale di 140 mq e una secondaria di 50 mq, per le quali era stato acceso un mutuo con rata annuale di 22.800,00 euro.

Il contribuente ha impugnato gli avvisi e la Commissione Tributaria Provinciale ha parzialmente accolto il ricorso, riducendo il reddito accertato. Questa decisione è stata poi confermata in appello dalla Commissione Tributaria Regionale, la quale ha ritenuto corretto considerare, ai fini del calcolo, unicamente l’importo delle rate di mutuo pagate annualmente, senza applicare i coefficienti moltiplicativi previsti dalla normativa.

L’Agenzia delle Entrate, ritenendo errata tale interpretazione, ha proposto ricorso in Cassazione.

Il Calcolo del Redditometro Mutuo Secondo la Cassazione

Il cuore della controversia riguarda l’interpretazione del Decreto Ministeriale del 10 settembre 1992, applicabile ratione temporis ai fatti di causa. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia, affermando un principio di diritto netto e inequivocabile.

Secondo la Suprema Corte, la Commissione Tributaria Regionale ha commesso un error in iudicando nel limitare la capacità contributiva alla sola spesa sostenuta per il pagamento delle rate del mutuo. Il meccanismo del vecchio redditometro, infatti, non si basava sulla spesa sostenuta, ma sulla disponibilità di determinati beni e servizi, considerata come indice di capacità contributiva.

Il D.M. del 1992 stabiliva espressamente che, per le residenze in proprietà acquistate con mutuo, gli importi base (calcolati in euro/mq) dovevano essere “aumentati delle rate di ammortamento degli eventuali mutui”. La procedura corretta, quindi, è la seguente:

1. Si determina il valore base della disponibilità dell’immobile (es. € 25,97/mq per la Lombardia).
2. A questo valore si somma l’importo annuale delle rate del mutuo.
3. La somma così ottenuta viene moltiplicata per il coefficiente previsto dalla tabella (nel caso di specie, 5).

Questo approccio, a differenza di quello adottato dai giudici di merito, è vincolato alla metodologia statistico-matematica stabilita dalla legge, che lega a un determinato bene un valore presuntivo di reddito.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha ribadito che il redditometro introduce una presunzione legale relativa. Una volta che l’Ufficio ha provato l’esistenza dei fatti-indice (la disponibilità degli immobili), scatta automaticamente la presunzione di un reddito adeguato a mantenerli. Il giudice tributario non ha il potere di modificare o disapplicare i coefficienti previsti dalla legge, ma deve limitarsi a valutare la prova contraria fornita dal contribuente.

Nel caso specifico, la Corte ha sottolineato che i giudici di merito, escludendo l’applicazione del coefficiente moltiplicatore alle rate del mutuo, hanno di fatto modificato la capacità presuntiva attribuita dalla legge al possesso di quel bene. Hanno trasformato un sistema basato sulla disponibilità del bene in uno basato sulla spesa, contravvenendo alla logica della normativa allora vigente.

Spetta al contribuente, e non al giudice, l’onere di superare questa presunzione, dimostrando con prove documentali che il maggior reddito presunto non esiste, o esiste in misura inferiore, perché la capacità di spesa è stata sostenuta con redditi esenti, già tassati alla fonte o comunque non imponibili.

Conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale per gli accertamenti fiscali basati sul vecchio redditometro. Per i contribuenti con immobili acquistati tramite mutuo, la rata annuale non è un semplice costo, ma un elemento che incrementa la base di calcolo del reddito presunto. Questo significa che la rata viene sommata al valore dell’immobile e l’intero importo viene poi moltiplicato per il coefficiente di legge. La decisione chiarisce che il giudice non può ricalcolare il quantum secondo criteri di equità, ma deve attenersi scrupolosamente alla metodologia normativa, lasciando al contribuente la piena responsabilità di fornire la prova contraria. La Corte ha quindi cassato la sentenza e rinviato il giudizio alla Corte di Giustizia di secondo grado della Lombardia per una nuova valutazione basata su questi principi.

Come si calcola il reddito presunto con il redditometro in caso di acquisto di un immobile con mutuo, secondo la normativa del 1992?
Secondo la Corte, le rate di ammortamento annuali del mutuo devono essere prima addizionate all’importo indicato nelle tabelle ministeriali per quel tipo di residenza. Solo successivamente, la somma ottenuta deve essere moltiplicata per il coefficiente previsto dalla stessa tabella.

Il giudice tributario può decidere di non applicare i coefficienti moltiplicativi previsti dal redditometro?
No. La Corte ha stabilito che l’attività degli Uffici e dei giudici è vincolata all’applicazione degli indici e dei coefficienti previsti dai decreti attuativi. Una volta accertata l’esistenza del bene (l’immobile), il giudice non ha il potere di privarlo del valore presuntivo connesso dalla legge, ma può solo valutare la prova contraria offerta dal contribuente.

Quale prova deve fornire il contribuente per contestare un accertamento basato sul redditometro?
Il contribuente ha l’onere di dimostrare, con idonea documentazione, che il maggior reddito determinato sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta. In generale, deve provare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore, dimostrando l’origine non imponibile delle somme usate per sostenere le spese.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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