Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22285 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22285 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/08/2024
Avv. Acc. IRPEF -ALTRO 2008
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8505/2016 R.G. proposto da:
COGNOME NOME , rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO.
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 4201/35/2015, depositata in data 29 settembre 2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’11 luglio 2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Rilevato che:
NOME COGNOME riceveva notifica di un avviso di accertamento ai fini IRPEF, n. NUMERO_DOCUMENTO, relativo all’anno d’imposta 2008.
RAGIONE_SOCIALE -rideterminava sinteticamente il reddito complessivo della detta contribuente ex art. 38, quarto comma e ss., d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, rettificando il reddito dichiarato pari a € 8.060,00 e accertando un maggior reddito di € 153.390,01 per l’anno d’imposta 2008; la rettifica originava dal riscontro, operato dall’Ufficio, della disponibilità della contribuente di beni e situazioni indicativi di capacità contributiva.
Avverso l’avviso di accertamento la contribuente, dopo un infruttuoso tentativo di accertamento con adesione, proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di RAGIONE_SOCIALE; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio, chiedendo la conferma del proprio operato.
La C.t.p., con sentenza n. 193/01/2014, accoglieva il ricorso della contribuente, condannando l’Ufficio al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
Contro tale decisione proponeva appello l’RAGIONE_SOCIALE dinanzi la C.t.r. della Lombardia; la contribuente non si costituiva in giudizio.
Con sentenza n. 4201/35/2015, depositata in data 29 settembre 2015, la C.t.r. adita accoglieva il gravame dell’Ufficio, rideterminando in € 63.334,00 il reddito imponibile per il 2008 (pari a quanto era stato indicato dall’ufficio nel vano tentativo di accertamento con adesione).
Avverso la sentenza della C.t.r. della Lombardia, la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio dell’11 luglio 2024.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione, ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., dell’art. 38 d.P.R. n. 600/1973» la contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte
in cui, nella sentenza impugnata, la RAGIONE_SOCIALE non ha ritenuto sufficiente la prova contraria offerta, malgrado la contribuente avesse dimostrato che le spese rilevanti sostenute successivamente ai periodi considerati e quelli per il mantenimento dei beni posseduti nelle annualità in questione, erano state possibili impiegando disinvestimenti e/o incassi risarcitori percepiti con sentenze del Tribunale di Milano, nonché per mezzo di rimborsi patrimoniali da parte di terzi.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Falsa applicazione, ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., dell’art. 38 d.P.R. n. 600/1973» la contribuente lamenta quanto già dedotto con il primo motivo, sotto il profilo della falsa applicazione.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 38 d.P.R. n. 600/1973 (con riferimento al principio del contraddittorio nell’accertamento sintetico), ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» la contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha riconosciuto la necessità dell’espletamento del contraddittorio preventivo, benché esso sia espressamente previsto dalla disciplina del nuovo redditometro e quest’ultima sia applicabile retroattivamente per via della sua natura procedimentale.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso, così rubricato: «Falsa applicazione dell’art. 38 d.P.R. n. 600/1973 (con riferimento al principio del contraddittorio nell’accertamento sintetico), ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» la contribuente lamenta quanto già dedotto con il precedente motivo, sotto il profilo della falsa applicazione.
1.5. Con il quinto motivo di ricorso, così rubricato: «Nullità della sentenza per falsa applicazione dell’art. 36 D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» la contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha enunciato i motivi
per cui sono state accolte le tesi e le eccezioni dell’ufficio né quelli per cui andava rigettata la difesa proposta dalla contribuente.
1.6. Con il sesto motivo di ricorso, così rubricato: «Nullità della sentenza per falsa applicazione dell’art. 36 D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.» la contribuente lamenta quanto già dedotto con il precedente motivo, sotto il profilo dell’ error in procedendo.
Ragioni di logicità e sistematicità suggeriscono di partire dall’esame del terzo e quarto motivo di ricorso, che possono esaminarsi congiuntamente stante la stretta connessione e l’affinità RAGIONE_SOCIALE critiche sollevate; essi risultano infondati.
I motivi in discorso, infatti, censurano il mancato espletamento da parte dell’ufficio del contraddittorio preventivo, espletamento previsto dalla nuova disciplina del redditometro che, secondo parte ricorrente, sarebbe suscettibile di applicazione retroattiva per via della sua natura procedimentale.
2.1. L’applicabilità nella fattispecie in oggetto della disciplina del c.d. nuovo redditometro , tra cui l’obbligo del contraddittorio preventivo previsto dal nuovo testo dell’art. 38, comma 7, d.P.R. n. 600/1973, è esclusa dallo stesso legislatore.
In conformità a quanto già chiarito nella giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 7269/2022), al caso di specie, riguardante l’anno d’imposta 2008, si applica, ratione temporis , l’art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973 nella versione antecedente le modifiche introdotte dall’art. 22 D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, poiché tale novella si applica solo a far data dall’anno d’imposta 2009. Infatti, il primo comma del predetto art. 22 D.L. n. 78 del 2010 espressamente prevede che le modifiche che esso reca al testo dell’art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973 abbiano «effetto per gli accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore del presente decreto», vale a dire per gli accertamenti del
reddito relativi ai periodi d’imposta successivi al 2009, tra i quali non sono compresi quelli sub iudice . A sua volta, l’art. 5 d.m. 24 dicembre 2012, conformemente alla citata disposizione di legge, statuisce che le «disposizioni contenute nel presente decreto si rendono applicabili alla determinazione dei redditi e dei maggiori redditi relativi agli anni d’imposta a decorrere dal 2009».
2.2. Al riguardo questa Corte, nell’escludere l’applicazione retroattiva della novella in questione, ha già avuto modo di chiarire che: a) non sono in questione i principi sulla retroattività, atteso che la giurisprudenza che afferma l’applicabilità degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e del 19 novembre 1992 ai periodi d’imposta precedenti alla loro adozione (da ultimo, ex plurimis , Cass. n. 556/2019) si fonda piuttosto sulla natura procedimentale RAGIONE_SOCIALE norme dei decreti, dalla quale soltanto (e non dalla retroattività) consegue la loro applicazione con riferimento al momento dell’accertamento; b) neppure è in questione il principio del favor rei , la cui applicazione è predicabile unicamente rispetto a norme sanzionatorie, non invece in materia di poteri di accertamento o di formazione della prova, rilevanti in materia di redditometro; c) comunque, l’individuazione della norma applicabile è questione di diritto intertemporale e di fronte alla esplicita previsione di diritto transitorio, già richiamata, che inequivocabilmente identifica la norma applicabile, è recessivo anche il principio tempus regit actum , altrimenti applicabile alle norme che dovessero qualificarsi come procedimentali (Cass. n. 21041/2014, Cass. n. 22744/2015, Cass. n. 1772/2016 e Cass. n. 30355/2019).
2.3. Orbene, alla luce di quanto sopra, la decisione della C.t.r. deve ritenersi corretta nella parte in cui non ha riconosciuto l’applicazione retroattiva dell’obbligo all’esplicazione del contraddittorio preventivo previsto dalla nuova disciplina del redditometro.
Proseguendo nell’analisi del ricorso, vengono in rilievo il quinto e il sesto motivo, anch’essi passibili di esame congiunto stante la stretta connessione e l’affinità RAGIONE_SOCIALE critiche sollevate; i motivi, riguardanti la nullità della sentenza per mancanza di una autonoma ed esauriente motivazione, sono fondati.
In particolare, mentre il sesto motivo solleva correttamente la detta censura ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., il quinto lo fa mediante riferimento al n. 3 dell’art. 360, primo comma, cod. proc. civ.; ciononostante, quest’ultimo motivo risulta ammissibile (e analizzabile insieme al sesto) in quanto, pur mancante dell’espresso richiamo al n. 4 dell’art. 360, primo comma, cod. proc. civ. nella rubrica con cui si apre la sua spiegazione, contiene comunque il richiamo (e risulta rivolto) alla nullità della sentenza per omessa motivazione (c.f.r. Cass., SS. UU., sent. 24 luglio 2013 n. 17931).
3.1. Fatta questa premessa, occorre dire che la mancanza della motivazione, rilevante ai sensi dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e, nel caso di specie, dell’art. 36, comma 2, n. 4, D.Lgs. n. 546 del 1992, riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., si configura quando questa manchi del tutto -nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere, risultante dallo svolgimento del processo, segue l’enunciazione della decisione, senza alcuna argomentazione -ovvero nel caso in cui essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum (Cass., SS. UU., sent. 7 aprile 2014 n. 8053; successivamente, tra le tante, Cass. n. 6626/2022 e Cass. n. 22598/2018).
3.2. Inoltre, un corretto esame della motivazione utilizzata dalla C.t.r. non può prescindere da una breve ricognizione di quelli che sono i principi in tema di «redditometro» affermati da questa Corte.
Esso collega alla disponibilità di determinati beni e servizi in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito del soggetto secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di mantenimento del bene o servizio in questione.
L’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la L. 30 dicembre 1991, n. 413 e il D.L. n. 78/2010, convertito dalla L. n. 122/2012), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le «spese per incrementi patrimoniali», cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Ai sensi del sesto comma dell’art. 38 citato, resta salva la prova contraria, da parte del contribuente, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, o, più in RAGIONE_SOCIALE, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore.
3.3. Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo la legge stessa di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori dì capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma
può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) RAGIONE_SOCIALE somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (Cass. n. 1980/2020, Cass. n. 10266/2019, Cass. n. 5544/2019, Cass. n. 8933/2018, Cass. n. 8539/2017, Cass. n. 17487/2016, Cass. n. 930/2016 e Cass. n. 21335/2015).
Rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in RAGIONE_SOCIALE, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. n. 21142/2016, Cass. n. 18604/2012 e Cass. n. 20588/2005).
3.4. Questa Corte, con orientamento ormai consolidato, ha chiarito, altresì, i confini della prova contraria che il contribuente può offrire, in ordine alla presenza di redditi non imponibili, per opporsi alla ricostruzione presuntiva del reddito operata dall’amministrazione finanziaria, precisando che non è sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente «sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere»; è la norma stessa infatti a chiedere qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), in quanto, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale
su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere), in tal senso dovendosi leggere lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) dell’entità di tali eventuali ulteriori redditi e della durata del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi.
Né la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la durata del possesso dei redditi in esame (Cass. n. 37985/2022, Cass. n. 19082/2022, Cass. n. 12600/2022, Cass. n. 12889/2018, Cass. n. 12207/2017, Cass. n. 1332/2016 e Cass. n. 8995/2014).
3.5. Nella fattispecie in esame, risulta ictu oculi come la sentenza del Giudice del merito sia affetta da un vizio motivazionale; essa, dopo aver riepilogato quella che era la vicenda ed esposto molto sinteticamente il funzionamento RAGIONE_SOCIALE strumento del redditometro, si limita ad affermare che: «Questo Collegio ritiene pertanto – non essendo significativamente attenuata la capacità contributiva del contribuente nel 2008 rispetto il 2007, di poter determinare per l’annualità d’imposta 2008, il reddito di Euro 63.334,00 con interessi e sanzioni di legge», in questo modo non dando assolutamente contezza né del fatto se il Giudice si sia attenuto ai principi (sopra ricordati) espressi da questa Corte in tema di redditometro, né della misura in cui lo stesso si sia confrontato con le varie prove prodotte dalle parti e, conseguentemente, del perché abbia ritenuto fondate alcune piuttosto che altre. Una motivazione del genere non può passare indenne all’esame di questa Corte, in quanto la stessa si risolve in una violazione di legge
costituzionalmente rilevante (Cass., SS. UU., sent. 7 aprile 2014 n. 8053).
Il primo e il secondo motivo di ricorso, invece, restano assorbiti.
In conclusione, vanno accolti il quinto e il sesto motivo, rigettati il terzo e il quarto, e assorbiti il primo e il secondo; la sentenza impugnata, quindi, va cassata ed il giudizio va rinviato al giudice a quo affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato nonché provveda anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quinto ed il sesto motivo e, rigettati il terzo e il quarto ed assorbiti il primo e il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia il giudizio innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato nonché provveda anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma in data 11 luglio 2024.