Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17738 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17738 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11463/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO è domiciliata;
-ricorrente –
CONTRO
NOME , rappresentata e difesa, giusta procura speciale in atti, dall’avv. NOME COGNOME del foro di Livorno, unitamente e disgiuntamente dall’avv. NOME COGNOME del foro di Roma, presso il cui studio è elettivamente domiciliata
-controricorrente – avverso la sentenza n. 1981/10/2016 della Commissione tributaria regionale della Toscana, sez. distaccata di Livorno, depositata in data 10.11.2016, non notificata;
udita la relazione svolta all’udienza camerale dell’8.5.2025 dal consigliere dal Cons. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugnava l’avviso di accertamento n. T8H01F502214/2012, emesso dall’Agenzia delle Entrate di Livorno, a mezzo del quale l’Ufficio procedeva a recuperare a tassazione,
per l’anno di imposta 2007, il maggior reddito IRPEF accertato sulla base del metodo sintetico da redditometro, tenuto conto degli indici di capacità contributiva analiticamente indicati nel predetto avviso di accertamento.
La CTP di Livorno rigettava il ricorso, ritenendo non assolto l’onere probatorio in ordine alla giustificazione della capacità di spesa, a fronte del reddito dichiarato.
La C.T.R. della Toscana, sez. distaccata di Livorno, accoglieva l’appello della contribuente soccombente, ritenendo che l’art. 38, comma 6, del d.p.r. 600/73, nella versione vigente ratione temporis , non imponeva affatto la dimostrazione dettagliata dell’impiego delle somme per la produzione degli acquisti per le spese di incremento, ma solo la dimostrazione dell’esistenza di redditi esenti o sottoposti a tassazione separata. L’appellante aveva assolto al proprio onere probatorio mediante la produzione di ” idonea documentazione contabile “. L’accertamento dell’Ufficio si era basato esclusivamente su parametri astratti espressi dalle tabelle ministeriali ed aveva del tutto omesso una verifica concreta in ordine alla realtà dei fatti, per cui doveva ritenersi che l’Ufficio non avesse fornito prove sufficienti a dimostrare il maggior reddito presunto.
Avverso la precitata sentenza ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate, sulla base di un unico motivo.
NOME COGNOME resiste con controricorso.
E’ stata fissata l’udienza camerale dell’8.5.2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con primo ed unico motivo di ricorso -rubricato «violazione e falsa applicazione dell’art. 38 del d.p.r. 600/73 e dell’art. 2967 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c ..» l’Agenzia delle Entrate censura l’operato della C.T.R. per aver violato l’art. 38, commi 4 e seguenti, del d.p.r. 600/73, nel testo vigente ratione temporis, sotto molteplici profili, evidenziando come la
giurisprudenza di legittimità abbia costantemente descritto il meccanismo dell’accertamento sintetico da c.d. redditometro secondo lo schema della presunzione legale relativa, a fronte della quale l’Amministrazione finanziaria non è tenuta ad eseguire ulteriori accertamenti in concreto per corroborare l’acclarata disponibilità di beni indice ai sensi della disciplina ministeriale di attuazione dell’art. 38 del d.p.r. 600/73, diversamente da quanto sostenuto del giudice del gravame, che ha finito per svilire la portata presuntiva di detti indici di capacità contributiva asserendo che l’amministrazione finanziaria avrebbe dovuto compiere ulteriori accertamenti per dimostrare la concreta capacità reddituale del contribuente. Inoltre, la C.T.R. non aveva correttamente applicato l’art. 38 cit. nella parte in cui richiede che il contribuente dia prova documentale non solo dell’esistenza di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche che l’entità e la durata del loro possesso risultino da idonea prova documentale, affermando invece che fosse sufficiente dimostrare l’esistenza di tali redditi.
Il motivo è ammissibile e fondato.
2.1. L’Agenzia delle Entrate, contrariamente all’assunto della controricorrente, ha fatto espresso riferimento ai documenti sui quali si fonda il ricorso (l’avviso di accertamento e la documentazione prodotta dalla ricorrente in sede di risposta al questionario n. Q00443/2012 e nel primo grado del giudizio). Inoltre, va escluso che il provvedimento impugnato abbia deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e che l’esame dei motivi non offra elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa, ai sensi dell’art. 360 bis, comma 1, c.p.c..
2.2. Questa Corte ha infatti più volte affermato che l’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la
l. n. 413 del 1991 e il d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla l. n. 122 del 2010), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le «spese per incrementi patrimoniali», cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Ai sensi del sesto comma dell’art. 38 citato, resta salva la prova contraria, da parte del contribuente, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, o, più in generale, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore. Il contribuente che deduca che le spese effettuate e contestate derivino dalla percezione di ulteriori redditi di cui ha goduto, è onerato della prova contraria sulla loro disponibilità, sull’entità degli stessi e sulla durata del possesso, sicché, sebbene non debba dimostrare l’utilizzo diretto per sostenere le spese contestate, è tenuto a produrre documenti, quali ad esempio gli estratti conto bancari, dai quali emergano elementi sintomatici del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere (tra le più recenti, Cass. n. 10310/2024, Cass. n. 8274/2025).
Sempre con riferimento ai criteri di ripartizione dell’onere della prova in tema di accertamento a mezzo redditometro, è stato chiarito (v. Cass. 10310/2024 cit.) che non si è in presenza di un contrasto nella giurisprudenza di legittimità, quanto piuttosto di un progressivo percorso di mitigazione del contenuto della prova contraria a carico del contribuente. Inizialmente, si riteneva che quest’ultimo fosse tenuto alla dimostrazione che le risorse di natura non reddituale fossero state effettivamente utilizzate per
l’acquisizione proprio degli incrementi patrimoniali oggetto dell’accertamento sintetico (cfr. Cass.26/11/2014, n. 25104, Cass. 20/03/2009, n. 6813). Rispetto a tale orientamento, altro indirizzo ha, invece, ritenuto sufficiente la prova limitata alla sola disponibilità (Cass. 19/03/2014, n. 6396). La successiva giurisprudenza si è, infine, stabilizzata in termini mediani, ritenendo che, pur non prevedendosi che le ulteriori entrate reddituali) siano state utilizzate proprio per coprire le spese contestate, si chiede, tuttavia, espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere. In tal senso va letto lo specifico riferimento, di cui all’art. 38, sesto comma, d.P.R. n. 600 del 1973, alla prova (risultante da «idonea documentazione») della «entità» di tali eventuali ulteriori redditi e della «durata» del relativo possesso; previsione, questa, che ha la finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva, accertata con metodo sintetico, in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalità non considerate ai fini dell’accertamento sintetico (Cass. nn. 11278 e 11279 del 2022 cit.; Cass., 30/07/2019, n. 2047, Cass. 10/07/2018, n. 18097, Cass., 20/01/2017, n. 1510). Questa Corte ha pure chiarito che la prova documentale richiesta dalla norma in esame può essere fornita con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, purché questi siano idonei a dimostrare la «durata» del possesso dei redditi in esame -e quindi non il loro semplice «transito» nella disponibilità del contribuente -ovvero a fornire la prova necessaria a consentire la riferibilità della maggiore capacita contributiva accertata con metodo sintetico proprio a tali ulteriori redditi (Cass. 16/07/2015, n. 14885).
3. La sentenza impugnata è pertanto viziata per violazione e falsa applicazione dell’articolo 38 del d.P.R. 600/73 e del D.M. 19/11/1992 nella parte in ha sostanzialmente disapplicato i parametri del cosiddetto redditometro di cui al citato decreto ministeriale; tali provvedimenti, che stabiliscono i parametri del redditometro, integrano direttamente la generale previsione del citato art. 38 e, pertanto, costituiscono a tutti gli effetti norme giuridiche che il giudice è tenuto ad applicare e non può disapplicare sic et simpliciter. Il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori di capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di togliere a tale elementi la capacità presuntiva contributiva che il legislatore ha connesso alla loro disponibilità, potendo solo valutare la prova che contribuente offre in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile) delle somme necessarie per mantenere il possesso dei beni indicati dalle norme medesime (Cass. 19/12/2011, n. 27545).
In altre parole, la CTR non ha fatto corretta applicazione delle regole di riparto degli oneri probatori scaturenti dall’art. 38 cit., non solo in quanto ha ritenuto astratti gli indici di capacità patrimoniale evidenziati dall’Ufficio, laddove l’accertamento ha invece evidenziato indici concreti di capacità contributiva, ma anche in quanto ha ritenuto raggiunta la prova contraria da parte del contribuente ” mediante la produzione di idonea documentazione contabile ” ossia senza neppure identificare le fonti di prova del suo convincimento, nè verificare se gli (eventuali) ulteriori redditi posseduti, fossero esenti o soggetti ritenuta alla fonte a titolo di imposta e se di essi la contribuente fosse ancora in possesso nell’anno di imposta 2007 ed in quale misura.
4. Va pertanto affermato il seguente principio di diritto: 1) In tema di accertamento in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla
base degli indici previsti dai decreti ministeriali, applicabili ratione temporis (cioè tra la l. n. 413 del 1991 e il d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla l. n. 122 del 2010), concernenti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore; 2) La prova contraria, di cui al sesto comma dell’art. 38 del d.p.r. n. 600/73, di natura documentale, non attiene solo all’esistenza di eventuali redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, ma anche all’entità ed alla durata del possesso degli stessi, con riferimento all’anno di imposta cui si riferisce l’accertamento.
5. La sentenza va pertanto cassata e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, sez. distaccata di Livorno, in diversa composizione, la quale provvederà a nuovo e motivato esame, tenendo conto dei principi di diritto sopra illustrati, oltre alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.G.T.2 della Toscana, sez. distaccata di Livorno, in diversa composizione, per un nuovo e motivato esame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’8.5.2025.