Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31380 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31380 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/12/2024
Avv. Acc. IRPEF 2006 e 2007
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15998/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato.
-ricorrente –
Contro
COGNOME rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. PIEMONTE n. 94/2016, depositata in data 26 gennaio 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 novembre 2024 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME riceveva notifica di due avvisi di accertamento ai fini IRPEF relativi agli anni d’imposta 2006 e 2007. L’Agenzia delle Entrate -direzione Provinciale di Novara – rideterminava
sinteticamente il reddito complessivo del detto contribuente ex art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, accertando un maggior reddito di € 56.472,00 per il 2006 e di € 57.590,00 per l’anno d’imposta 2007. La rettifica originava dal riscontro, operato dall’Ufficio, della disponibilità del detto contribuente di beni e situazioni indicativi di capacità contributiva quali, segnatamente: abitazione principale gravata da mutuo ipotecario, possesso di autoveicoli e acquisto di autovettura.
Avverso gli avvisi di accertamento il contribuente proponeva distinti ricorsi dinanzi alla C.t.p. di Novara; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio, chiedendo la conferma del proprio operato.
La C.t.p., previa riunione dei ricorsi, con sentenza n. 181/01/2014, li accoglieva parzialmente, rideterminando il reddito accertato nella misura a suo tempo proposta dall’Ufficio in sede di conciliazione giudiziale.
Contro tale decisione proponeva appello il contribuente dinanzi la C.t.r. del Piemonte; si costituiva in giudizio anche l’Agenzia delle Entrate, chiedendo la conferma di quanto statuito in primo grado.
Con sentenza n. 94/26/2016, depositata in data 26 gennaio 2016, la C.t.r. adita accoglieva il gravame del contribuente, annullando gli avvisi di accertamento impugnati.
Avverso la sentenza della C.t.r. del Piemonte, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi ed il contribuente ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 15 novembre 2024 per la quale il contribuente ha depositato memoria.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 38, quarto, quinto e sesto comma, d.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 2697 cod. civ., dei DD.MM. 10.9.1992 e 19.11.592, nonché dell’art. 42 d.P.R. n. 600/73 e dell’art. 7 L. 27 luglio 2000, n. 212 (art. 360, primo comma, п. 3, сod. proc. civ.)»
l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha ritenuto che le risultanze del redditometro non potessero assurgere al rango di presunzioni legali, ma potessero essere considerate soltanto delle presunzioni semplici da integrare aliunde , con conseguente illegittimità degli avvisi di accertamento in oggetto anche sotto il profilo del difetto di motivazione.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 38 d.P.R. n. 600/1973 e del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (art. 360, primo comma, п. 3, сod. proc. civ.)» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto che l’avviso di accertamento dovesse essere preceduto dal contraddittorio, nonostante quest’ultimo venga espressamente previsto dalla disciplina del c.d. nuovo redditometro soltanto per i periodi di imposta posteriori al 2009.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 38, quarto, quinto e sesto comma, d.P.R. n. 600/1973, dell’art. 2697 cod. civ. e dei DD.MM. 10.9.1992 e 19.11.592 (art. 360, primo comma, п. 3, сod. proc. civ.)» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto di poter privare, per urgenze equitative, del valore legalmente previsto i beni indice che venivano in rilievo nel caso di specie.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 38, quarto, quinto e sesto comma, d.P.R. n. 600/1973, del D.L. 78/2010, dell’art. 2697 cod. civ. e dei DD.MM. 10.9.1992 e 19.11.592 (art. 360, primo comma, п. 3, сod. proc. civ.)» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto di applicare retroattivamente agli accertamenti de qua la disciplina per la quale
le spese per incrementi sono da imputarsi esclusivamente all’anno del sostenimento, disciplina in realtà valevole dal 2009 in poi.
Il primo e il terzo motivo di ricorso, che possono esaminarsi congiuntamente stante la stretta connessione e l’affinità delle critiche sollevate, sono fondati; con essi, in particolare, parte ricorrente censura la decisione della C.t.r. nella parte in cui ha ritenuto di assegnare valore di presunzione semplice allo strumento del redditometro, anziché quello di presunzione legale, e fatto venir meno i valori assegnati dai decreti ministeriali a determinate spese.
2.1. Lo strumento del «redditometro» collega alla disponibilità di determinati beni e servizi in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il e di
valore del reddito del soggetto secondo criteri statistici presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi mantenimento del bene o servizio in questione.
L’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la L. 30 dicembre 1991, n. 413 e il D.L. n. 78/2010, convertito dalla L. 30 luglio 2010, n. 122), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le «spese per incrementi patrimoniali», cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Ai sensi del sesto comma dell’art. 38 citato, resta salva la prova contraria, da parte del contribuente, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, o, più in generale,
nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore.
2.2. Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo la legge stessa di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori dì capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (Cass. n. 1980/2020, Cass. n. 10266/2019, Cass. n. 5544/2019, Cass. n. 8933/2018, Cass. n. 8539/2017, Cass. n. 17487/2016, Cass. n. 930/2016 e Cass. n. 21335/2015). Rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in generale, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. n. 21142/2016, Cass. n. 18604/2012 e Cass. n. 20588/2005).
2.3. Questa Corte, con orientamento ormai consolidato, ha chiarito, altresì, i confini della prova contraria che il contribuente può offrire, in ordine alla presenza di redditi non imponibili, per opporsi alla ricostruzione presuntiva del reddito operata dall’amministrazione finanziaria, precisando che non è sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della
disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente «sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere»; è la norma stessa infatti a chiedere qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), in quanto, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere), in tal senso dovendosi leggere lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) dell’entità di tali eventuali ulteriori redditi e della durata del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi. Né la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la durata del possesso dei redditi in esame (Cass. n. 37985/2022, Cass. n. 19082/2022, Cass. n. 12600/2022, Cass. n. 12889/2018, Cass. n. 12207/2017, Cass. n. 1332/2016 e Cass. n. 8995/2014).
2.4. Nella fattispecie in esame, la C.t.r. ha fatto malgoverno dei principi normativi e giurisprudenziali laddove ha argomentato che le risultanze del redditometro non possono assurgere al rango di presunzioni legali potendo essere considerate soltanto delle presunzioni semplici da integrare aliunde e laddove ha ritenuto che sia all’abitazione principale gravata da mutuo che all’autovettura
non potesse essere ricollegato un reddito quale quello derivante dall’applicazione del redditometro, in sostanza disapplicandolo.
Il secondo motivo, con il quale l’Ufficio si duole che, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto che l’avviso di accertamento dovesse essere preceduto dal contraddittorio, anche con riferimento agli anni d’imposta precedenti al 2009, anno di introduzione della disciplina del nuovo redditometro che espressamente prevede tale obbligo, è fondato.
3.1. In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata esclusivamente per i tributi “armonizzati” di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, mentre, per quelli “non armonizzati”, non essendo rinvenibile, nella legislazione nazionale, una prescrizione generale, analoga a quella comunitaria, solo ove risulti specificamente sancito, come avviene per l’accertamento sintetico in virtù dell’art. 38, comma 7, del d.P.R. n. 600 del 1973, nella formulazione introdotta dall’art. 22, comma 1, del d.l. n. 78 del 2010, conv. in l. n. 122 del 2010, applicabile, però, solo dal periodo d’imposta 2009, per cui gli accertamenti relativi alle precedenti annualità sono legittimi anche senza l’instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale (Cass. Sez. U, 09/12/2015, n. 24823 del 09/12/2015; Cass. 31/05/2016, n. 11283).
3.2. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno invero affermato (Cass.24823/2015) il seguente principio di diritto: “Differentemente dal diritto dell’Unione europea, il diritto nazionale, allo stato della legisl.zione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo
dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto”. ( Ric. 2015 n. 10372 sez. MT ud. 27-04-2016 -3- kic. 2015 n. 10372 sez. MT – ud. 27-04-2016 -3.4. Nella fattispecie in esame, ha errato la C.t.r. allorquando ha ritenuto che, per un procedimento impositivo relativo ai periodi di imposta 2006 e 2007, l’accertamento sintetico tramite redditometro doveva essere preceduto a pena di nullità dall’instaurazione di un contraddittorio con il contribuente.
Il quarto motivo di ricorso è fondato; con esso, in particolare, parte ricorrente censura la sentenza della C.t.r. nella parte in cui ha retroattivamente fatto applicazione della regola per la quale le spese per incrementi sono da imputarsi esclusivamente all’anno del sostenimento, regola introdotta solo con la disciplina del nuovo redditometro (2009).
4.1. Come questa Corte ha già avuto modo di chiarire , ‘In materia di giudizio tributario, il nuovo comma 5-bis dell’art. 7 del d.lgs. n. 546 del 1992, introdotto dall’art. 6 della l. n. 130 del 2022,
secondo cui il giudice deve valutare la prova “comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale”, non si pone in contrasto con la persistente applicabilità delle presunzioni legali che, nella normativa tributaria sostanziale, impongano al contribuente l’onere della prova contraria’ (Cass. 310/01/2024, n. 2746).
«È vero, infatti, che al caso di specie, relativo agli anni d’imposta 2007 e 2008, si applica, ratione temporis, l’art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973 nella versione antecedente le modifiche introdotte dall’art. 22 d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, poiché tale novella si applica solo a far data dall’anno d’imposta 2009. Infatti, il primo comma del predetto art. 22 d.l. n. 78 del 2010 espressamente prevede che le modifiche che esso reca al testo dell’art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973 abbiano «effetto per gli accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore del presente decreto», vale a dire per gli accertamenti del reddito relativi ai periodi d’imposta successivi al 2009, tra i quali non sono compresi quelli sub iudice. A sua volta, l’art. 5 d.m. 24 dicembre 2012, conformemente alla citata disposizione di legge, statuisce che le ‘disposizioni contenute nel presente decreto si rendono applicabili alla determinazione dei redditi e dei maggiori redditi relativi agli anni d’imposta a decorrere dal 2009′. Al riguardo questa Corte (Cass., 06/10/2014, n. 21041; Cass., 6/11/2015, n. 22744; Cass., 29.01.2016, n. 1772; Cass. 21.11.2019, n. 30355), nell’escludere l’applicazione retroattiva della novella in questione, ha già avuto modo di chiarire che: a) non sono in questione i principi sulla retroattività, atteso che la giurisprudenza che afferma l’applicabilità degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e del 19 novembre 1992 ai periodi d’imposta precedenti alla loro adozione (ex plurimis, Cass., 26/02/2019, n. 5566) si fonda piuttosto sulla natura procedimentale delle norme dei
decreti, dalla quale soltanto (e non dalla retroattività) consegue la loro applicazione con riferimento al momento dell’accertamento; b) neppure è in questione il principio del favor rei, la cui applicazione è predicabile unicamente rispetto a norme sanzionatorie, non invece in materia di poteri di accertamento o di formazione della prova, rilevanti in materia di redditometro; c) comunque, l’ individuazione della norma applicabile è questione di diritto intertemporale ed a fronte alla esplicita previsione di diritto transitorio, già richiamata, che inequivocabilmente identifica la norma applicabile, è recessivo anche il principio tempus regit actum, altrimenti applicabile alle norme che dovessero qualificarsi come procedimentali. Tanto premesso, poiché la citata norma intertemporale si riferisce ai redditi dei periodi d’imposta oggetto dell’accertamento, alle fattispecie concrete qui controverse (relative ad accertamenti per i redditi del 2007 e del 2008) continua pertanto ad applicarsi il comma quinto dell’ art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973, il quale, nella predetta versione vigente ratione temporis, prevedeva che «Qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la stessa si presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro precedenti.». La circostanza che la spesa in relazione alla quale è stato determinato il reddito accertato sinteticamente -e ripartito pro quota anche nelle annualità antecedenti sia stata effettuata nel corso di un periodo d’imposta successivo al 2008 non è quindi idonea a determinare l’applicazione della ridetta novella (ferma restando, in ipotesi, l’eventuale prova contraria da parte del contribuente, consentita dalla norma, circa una collocazione temporale delle risorse reddituali, utilizzate per sostenere la medesima spesa, diversa da quella presunta ex lege ). Tanto più che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in fattispecie quali quelle sub iudice, non sussiste per
l’Amministrazione l’obbligo di necessaria coincidenza tra il periodo d’imposta oggetto dell’ accertamento sintetico e quello in cui la spesa sia stata sostenuta. Infatti, è stato già ritenuto da questa Corte (Cass. 08/10/2021, n. 27433, in motivazione) che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, gli elementi e le circostanze di fatto utilizzate per l’accertamento sintetico di cui all’art. 38, quarto comma, d.P.R. 29/09/1973 n. 600, nella formulazione vigente ratione temporis per l’avviso di accertamento relativo all’anno 2008, non debbono necessariamente riferirsi all’anno in contestazione, ma possono essere accaduti in anni diversi, allorché si riflettano sul periodo fiscale interessato, traducendosi in ulteriori ed autonomi indici contributivi. Ciò anche in quanto, in base alla formulazione previgente dell’art. 38, quattro comma, del d.P.R. cit., è consentito all’Ufficio di determinare sinteticamente un imponibile maggiore rispetto a quello ricavabile dalla valutazione analitica in presenza di fatti che, provando un certo ammontare di spesa, presuppongono la disponibilità di un corrispondente reddito, e che possono anche essere accaduti in anni diversi da quello in contestazione, allorché si riflettano sul periodo fiscale interessato, traducendosi in ulteriori ed autonomi indici contributivi. La norma in parola non esclude la possibilità di superare dette presunzioni, ma sempre che il contribuente soddisfi l’onere, a suo carico, di provare che la disponibilità di quel reddito presunto non rientra nella base imponibile da prendere in considerazione ai fini della determinazione delle imposte (cfr., ex plurimis, Cass. 02/06/1992, n. 6714; Cass. 22/12/1995, n. 13089; Cass. 21/06/2002, n. 9099; Cass. 01/07/2003, n. 10371; Cass. 07/06/2006, n. 13316; Cass. 20/04/2012, n. 6222; Cass. 26/03/2014, n. 7163). Pertanto, gli elementi circostanziali utilizzati per l’accertamento sintetico possono essere accaduti in anni diversi da quello in contestazione, sempre che si riflettano sul periodo fiscale interessato, traducendosi, così, in ulteriori ed autonomi indici contributivi. Ne
deriva che per superare le presunzioni derivanti dall’applicazione dei parametri contenuti nel decreto ministeriale cui al comma quarto dell’art. 38 d.P.R. cit., con la conseguente imputazione della spesa ai redditi conseguiti, in quote costanti, nell’anno in cui essa è stata effettuata e nei quattro precedenti, ai sensi del successivo quinto comma- il contribuente dovrà provare che il reddito presunto non rientrava nella base imponibile presa in considerazione dall’Ufficio, perché la spesa per gli incrementi patrimoniali in questione, verificatisi dopo l’anno 2008, non deriva in realtà da redditi già disponibili negli anni dell’accertamento».
4.2. Nella fattispecie in esame, ha errato la C.t.r. allorquando ha annullato la ripresa derivante dall’incremento patrimoniale avvenuto nel 2009, affermando che ‘L’agenzia non può comunque prendere come riferimento ai fini dell’accertamento sintetico per anni precedenti incrementi patrimoniali avvenuti a decorrere dal 2009 in ragione della sopravvenuta modifica normativa del d.l. n. 78/2010. Infatti fino al 2008 la spesa patrimoniale si presume conseguita con redditi formatisi per quote costanti nell’anno di investimento e nei quattro precedenti; dal 2009 poi la spesa viene imputata con le maggior reddito nell’anno del suo sostenimento’. citata consolidata giurisprudenza, che non ha mai fornito una siffatta lettura della disciplina dell’accertamento sintetico, confermando la
Tale interpretazione è in evidente contrasto con la cd. ‘spalmatura’ nel quinquennio precedente.
5. In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio del giudizio innanzi al giudice a quo affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia il giudizio innanzi alla Corte di Giustizia di secondo grado del Piemonte affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e
motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 15 novembre 2024.