Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6698 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6698 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4390/2020 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-ricorrente-
contro
NOME
-intimato- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELL’EMILIA -ROMAGNA n. 1175/2/19 depositata il 17 giugno 2019
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 22 gennaio 2025 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale di Modena dell’Agenzia delle Entrate notificava a NOME COGNOME due distinti avvisi di accertamento con i quali rideterminava con metodo sintetico, in base agli indici di capacità contributiva previsti dai decreti ministeriali del 10
settembre e del 19 novembre 1992 (cd. ‘vecchio redditometro’), il reddito complessivo netto del contribuente relativo agli anni 2007 e 2008, operando le conseguenti riprese a tassazione ai fini dell’IRPEF.
Il Limaima impugnava gli atti impositivi dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Modena, la quale respingeva il suo ricorso. La decisione veniva in seguito parzialmente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia -Romagna, che con sentenza n. 1175/2/19 del 17 giugno 2019, accogliendo per quanto di ragione l’appello della parte privata, annullava l’avviso di accertamento relativo all’anno 2007 e rideterminava il reddito imponibile per l’anno 2008 in 49.905 euro.
A fondamento della pronuncia resa i giudici regionali osservavano che: con riferimento all’anno 2007 risultava mancante il previsto scostamento nella misura del 20% fra il reddito dichiarato dal contribuente e quello accertato dall’Ufficio; -relativamente all’anno 2008 l’Agenzia delle Entrate si era limitata a un «uso matematico» degli indici di capacità contributiva previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e del 19 novembre 1992, anzichè «accertare il reddito sulla base di elementi e circostanze di fatto certe o presuntivamente certe» .
Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
Il Limaima è rimasto intimato.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono denunciate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 38 del D.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 2697 c.c..
1.1 Si sostiene che, con riguardo all’anno d’imposta 2007, la CTR avrebbe a torto applicato la disposizione contenuta nell’art. 38, comma 6, del D.P.R. n. 600 del 1973, nel testo risultante a sèguito delle modifiche apportate dal D.L. n. 78 del 2010, convertito in L. n. 122 del 2010, in base alla quale «la determinazione sintetica del reddito complessivo… è ammessa a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un quinto quello dichiarato»; e ciò in quanto detta norma è da ritenere operante soltanto per gli accertamenti relativi agli anni d’imposta dal 2009 in poi.
1.2 I giudici di secondo grado avrebbero, pertanto, errato nel .
1.3 Viene, altresì, rimproverato al collegio regionale di aver parzialmente accolto l’appello del contribuente con riferimento all’anno d’imposta 2008, sebbene questi non avesse dimostrato la provenienza non reddituale delle somme utilizzate per il mantenimento del possesso dei beni-indice rinvenuti nella sua disponibilità (un’autovettura e un immobile acquistato al prezzo di 230.000 euro e intestato alla moglie, priva di reddito).
Il ricorso è fondato.
2.1 Va anzitutto osservato che agli accertamenti relativi a periodi d’imposta anteriori al 2009 è applicabile l’art. 38 del D.P.R. n. 600 del 1973 nella formulazione vigente anteriormente alle sostituzioni apportate dall’art. 22, comma 1, D.L. n. 78 del 2010, convertito in L. n. 122 del 2010, come si ricava dal chiaro tenore letterale di tale ultima norma, in cui viene precisato che le modifiche da essa introdotte operano «con effetto per gli accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore del presente decreto».
2.2 In argomento vedasi Cass. n. 28445/2024, secondo cui, «in tema di accertamento sintetico del reddito previsto dall’art. 38 del D.P.R. n. 600/1973, la disciplina del ‘nuovo redditometro’ introdotta dal D.L. n. 78/2010, convertito con modificazioni dalla legge n. 122/2010, si applica unicamente agli accertamenti relativi ai periodi d’imposta successivi al 2009. Pertanto, tale normativa non trova applicazione con riferimento agli anni d’imposta precedenti, come il 2008» (nello stesso senso Cass. n. 22285/2024, Cass. n. 19286/2024, Cass. n. 18799/2024).
2.3 Orbene, l’art. 38, nella versione che qui viene in rilievo, così recita ai commi 4, 5 e 6:
« 4. L’ufficio, indipendentemente dalle disposizioni recate dai commi precedenti e dall’art. 39, può, in base ad elementi e circostanze di fatto certi, determinare sinteticamente il reddito complessivo netto del contribuente in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze quando il reddito complessivo netto accertabile si discosta per almeno un quarto da quello dichiarato. A tal fine, con decreto del Ministro delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono stabilite le modalità in base alle quali l’ufficio può determinare induttivamente il reddito o il maggior reddito in relazione ad elementi indicativi di capacità contributiva individuati con lo stesso decreto, quando il reddito dichiarato non risulta congruo rispetto ai predetti elementi per due o più periodi di imposta.
Qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la stessa si presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro precedenti.
Il contribuente ha facoltà di dimostrare, anche prima della notificazione dell’accertamento, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da
redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta. L’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione».
2.4 Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, in caso di determinazione del reddito con metodo sintetico ex art. 38, commi 4 e 5, del D.P.R. n. 600 del 1973, nel testo applicabile «ratione temporis» , la rettifica della dichiarazione va operata rapportando il reddito complessivo netto accertato dall’Ufficio con il reddito netto dichiarato dal contribuente, dovendo il raffronto essere eseguito sulla base di dati omogenei (cfr. Cass. n. 8721/2021, Cass. n. 21932/2007, Cass. n. 8984/2007).
2.5 Tanto premesso, dalla lettura della sentenza impugnata si evince che, al fine di verificare se per l’anno d’imposta 2007 sussistesse lo scostamento richiesto dal citato articolo -peraltro erroneamente indicato nel 20% (un quinto), anziché nel 25% (un quarto)-, la CTR ha posto a confronto il reddito complessivo netto sinteticamente determinato dall’Ufficio, pari a 43.255 Euro, con quello «dichiarato dal contribuente… al lordo degli oneri detraibili» , ammontante a 37.622 euro.
2.6 I giudici regionali hanno in tal modo posto a confronto dati disomogenei, in violazione del suenunciato principio di diritto.
2.7 Per quanto, invece, attiene all’anno d’imposta 2008, occorre affrontare e risolvere il problema delle modalità di assolvimento dell’onere di prova documentale gravante sul contribuente ai sensi dell’art. 38, comma 6, del citato D.P.R..
2.8 In proposito, va tenuto presente che, secondo un orientamento di legittimità ormai consolidato, detta prova non riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche la loro entità e la durata del relativo possesso. 2.9 Sul tema è stato chiarito che, pur non risultando necessario dimostrare che tali ulteriori redditi siano stati utilizzati allo scopo di coprire la spesa per incrementi patrimoniali, è però espressamente
richiesta una prova documentale da cui emergano elementi sintomatici del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere (cfr. Cass. n. 8995/2014, Cass. n. 25283/2015, Cass. n. 14853/2016, Cass. n. 26321/2017, Cass. n. 29067/2018, Cass. n. 29761/2019, Cass. n. 18633/2020, Cass. n. 24444/2021, Cass. n. 31901/2022, Cass. n. 31579/2023).
2.10 La finalità della norma è pertanto quella di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità dei redditi in questione, onde consentire di ricollegare proprio ad essi la maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico e di escluderne l’avvenuto utilizzo per l’effettuazione di altre spese non considerate dall’Ufficio (cfr. Cass. n. 13707/2016, Cass. n. 25996/2017, Cass. n. 25630/2018, Cass. n. 11800/2019).
2.11 È stato, inoltre, ripetutamente affermato che la disciplina del cd. redditometro introduce una presunzione legale «iuris tantum» di capacità contributiva connessa alla disponibilità di alcuni beni, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettiva ricorrenza degli specifici elementi indicatori di tale capacità esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo loro assegnato dal legislatore, ma deve limitarsi a valutare la prova offerta dal contribuente in ordine alla provenienza non reddituale -e quindi alla non imponibilitàdelle somme necessarie per mantenere il possesso dei detti beni (cfr. Cass. n. 17487/2016, Cass. n. 20369/2017, Cass. n. 29761/2019, Cass. n. 1980/2020, Cass. n. 10378/2022).
2.12 Ribadito anche in questa sede il surriferito insegnamento nomofilattico, deve rilevarsi che dalla motivazione della sentenza gravata non emerge in alcun modo: (a)se il Limaima avesse documentato la disponibilità di redditi ulteriori rientranti, in rapporto alla loro provenienza, fra quelli esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o comunque legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile; (b)se l’entità di tali redditi fosse
sufficiente a coprire la spesa per incrementi patrimoniali contestata dall’Ufficio; (c)se il possesso degli stessi fosse stato mantenuto dal contribuente per un tempo tale da farne apparire verosimile l’impiego per il sostenimento della predetta spesa.
2.13 Risultando, quindi, completamente omessi gli accertamenti di merito necessari per una corretta sussunzione della fattispecie concreta nella pertinente previsione normativa, deve ritenersi sussistente anche «in parte qua» il denunciato «error in iudicando» .
Va, pertanto, disposta, ai sensi degli artt. 384, comma 2, prima parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna, in diversa composizione, perché proceda a un nuovo esame della controversia uniformandosi ai princìpi di diritto sopra espressi.
3.1 Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità, a norma degli artt. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. cit..
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione