Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3045 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3045 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 01/02/2024
Irpef -accertamento sintetico
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26930/2015 R.G. proposto da:
COGNOME E COGNOME, rappresentati e difesi dagli AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO, in virtù di procura a margine del ricorso, ed elettivamente domiciliati presso la cancelleria della Corte di cassazione;
-ricorrenti – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato ;
-resistente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, sezione di Salerno, n. 3283/2015 depositata in data 8/04/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/11/2023 dal consigliere dott. NOME COGNOME.
Rilevato che:
La CTR della Campania, sezione staccata di Salerno, riuniti gli appelli erariali avverso le sentenze rese dalla CTP di Avellino che avevano accolto i ricorsi proposti da NOME COGNOME, NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, rispettivamente, contro gli avvisi di accertamento per maggior reddito Ir pef dell’anno di imposta 2006 e contro l’avviso di accertamento per maggior Ires, sempre per lo stesso anno di imposta, rigettava il gravame contro la sentenza resa nei confronti della società e accoglieva gli appelli contro i sigg. COGNOME e COGNOME.
In particolare, i giudici di appello, per quanto rileva in questa sede, evidenziavano che tali accertamenti erano fondati sul cd. redditometro, di cui all’art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973 (aven do l’ufficio accertato in capo al sig. COGNOME come bene indice la sua residenza principale, nonchè le spese sostenute per incrementi patrimoniali, costituiti da una autovettura BMW e dalla sottoscrizione di alcune quote sociali; in capo alla sig. COGNOME, la titolarità di un’autovettura a gasolio e spese per incremento pa trimoniale costituto da un’altra autovettura).
Affermatane la natura di presunzione e ribadito che i contribuenti erano onerati di provare documentalmente non solo la sussistenza di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte ma anche le circostanze sintomatiche del fatto che le spese fossero sostenute con tali redditi, procedevano nell’esame dei redditi giustificativi allegati dalle parti; per il COGNOME, i redditi percepiti nel 2003 (da liquidazione e fondo pensione) erano stati presumibilmente usati per finanziare la società di cui egli e la moglie erano soci al 50%, RAGIONE_SOCIALE, che al 31/12/2003 presentava un saldo versamenti in conto capitale di euro 283.278,00, mentre i redditi percepiti nel 2007 e nel 2008 (da buoni postali e polizza
assicurativa) non potevano giustificare l’acquisto dell’autovettura, avvenuto in precedenza; quanto alla moglie, che se era vero che alcune riscossioni erano avvenute prima dell’acquisto di un’autovettura nel 2007, tuttavia l’esistenza di un bene indice fin dal 2002, la circostanza che ella non percepisse redditi fino al 2006, e l’assenza di idonea documentazione idonea a provare la durata del possesso dei redditi inducevano al rigetto del relativo ricorso.
Contro tale decisione propongono ricorso per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME, in base a un motivo.
L’RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 28/11/2023.
Considerato che:
Con un unico motivo, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 2727, 2728, 2729 cod. civ., 115 cod. proc. civ., 2697 cod. civ., lamentando che i giudici di appello abbiano erratamente richiesto la prova non solo dell’esistenza ma anche dell’impiego della provvista per il sostenimento RAGIONE_SOCIALE spese contestate, laddove ai coniugi spettava la sola prova del possesso del reddito esente o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta; a tale onere probatorio essi avevano adempiuto, mentre il fisco aveva allegato, in senso contrario, un mero elemento indiziario, derivante dal cospicuo saldo dei versamenti dei soci della società posseduta dai coniugi; con ciò violando l’onere della prova, posto dall’art. 2697 cod. civ., ed attribuendo all’elemento dedotto dall’ufficio i requisiti della gravità, precisione e concordanza, ai sensi dell’art. 2729 cod. civ., in realtà insussistenti, ben potendo il versamento in conto capitale essere stato effettuato negli anni precedenti.
1.1. Non vi è in giudizio la RAGIONE_SOCIALE ma non occorre integrare il contraddittorio nei suoi confronti, poiché si tratta di riunione di giudizi che non genera litisconsorzio necessario processuale, trattandosi di cause scindibili, aventi ad oggetto distinti avvisi di accertamento.
Si premette che, in relazione all’avviso (n. NUMERO_DOCUMENTO) emesso nei confronti di NOME COGNOME, risulta l’inserimento nell’elenco di cui all’art. 40, comma 3, del d.l. 13 del 2023, conv. in l. n. 41 del 2023, che prevede che Al fine di conseguire gli obiettivi di riduzione del numero dei giudizi pendenti dinnanzi alla Corte di Cassazione di cui alla Riforma 1.7 “Giustizia tributaria” della Missione 1, Componente 1, Asse 2, del Piano nazionale di ripresa e resilienza mediante la riduzione dei tempi per la dichiarazione di estinzione dei giudizi di legittimità ai sensi dell’articolo 1, comma 198, della legge 29 dicembre 2022 n. 197 e dell’articolo 391 del codice di procedura civile, l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, fermi restando gli oneri posti a carico del contribuente, provvede a depositare entro il 31 ottobre 2023 presso la cancelleria della Corte di cassazione un elenco RAGIONE_SOCIALE controversie per le quali è stata presentata domanda di definizione, con l’indicazione dei relativi versamenti previsti dal comma 197 del medesimo articolo 1 .
L ‘inserimento nel predetto elenco documenta la definizione della controversia nelle forme previste dall’art. 1, commi 186 e segg., della legge n. 197 del 2022 e l’assenza, allo stato, di diniego ai sensi del comma 200 della medesima disposizione.
A i sensi dei commi 200 e 201 dell’art.1 cit. «L’eventuale diniego della definizione agevolata deve essere notificato entro il 31 luglio 2024 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dalla notificazione del medesimo dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia. Nel caso in cui la definizione della controversia è richiesta
in pendenza del termine per impugnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata dal contribuente unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest’ultimo ovvero dalla controparte nel medesimo termine» (comma 200). Per i processi dichiarati estinti ai sensi del comma 198, l’eventuale diniego della definizione è impugnabile dinanzi all’organo giurisdizionale che ha dichiarato l’estinzione. Il diniego della definizione è motivo di revocazione del provvedimento di estinzione pronunciato ai sensi del comma 198 e la revocazione è chiesta congiuntamente all’impugnazione del diniego. Il termine per impugnare il diniego della definizione e per chiedere la revocazione è di sessanta giorni dalla notificazione di cui al comma 200 (comma 201).
Pertanto, alla luce RAGIONE_SOCIALE predette disposizioni, va dichiarata l’estinzione del giudizio in relazione a NOME COGNOME.
Quanto all’avviso emesso nei confronti di NOME COGNOME, l’unico motivo del ricorso non è fondato.
In tema di accertamento tributario con metodo sintetico, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel testo vigente ratione temporis , anteriore alla modifica intervenuta con il d.l. 31/05/2010, n. 78, convertito dalla l. 30/07/ 2010, n. 122, infatti, l’Amministrazione finanziaria può presumere il reddito complessivo netto del contribuente sulla base della «spesa per incrementi patrimoniali» da questi sostenuta, la quale si presume affrontata nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro anni precedenti, e di una serie di indici di capacità contributiva fondati sui consumi e, in particolare, sulla disponibilità dei beni e servizi descritti nella tabella allegata al d.m. 10 settembre 1992 e nel d.m. 19 novembre 1992 (c.d. redditometro) e su ulteriori circostanze di fatto indicative di una diversa capacità contributiva, quando il reddito dichiarato non risulti congruo rispetto ai predetti elementi per due o più periodi di imposta. Il sistema del
‹‹redditometro›› collega , cioè, alla disponibilità di determinati beni e servizi, in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito del soggetto secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di mantenimento del bene o servizio in questione.
Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo la legge stessa di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori dì capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) RAGIONE_SOCIALE somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (Cass. 29/01/2020, n. 1980; Cass. 11/04/2019, n. 10266; Cass. 26/02/2019, n. 5544; Cass. 11/04/2018, n. 8933; Cass. 31/03/2017, n. 8539; Cass. 01/09/2016, n. 17487; Cass. 20/01/2016, n. 930; Cass. 21/10/2015, n. 21335).
Rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in generale, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 19/10/2016, n. 21142; Cass. 29/04/2012, n. 18604).
Questa Corte, con orientamento ormai consolidato, ha chiarito, altresì, i confini della prova contraria che il contribuente può offrire, in ordine alla presenza di redditi non imponibili, per opporsi alla ricostruzione presuntiva del reddito operata dall’Amministrazione finanziaria, precisando che non è sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente ‹‹ sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere ››; è la norma stessa infatti a chiedere qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), in quanto, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere), in tal senso dovendosi leggere lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della ‹‹ durata ›› del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi. Né la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la ‹‹ durata ›› del possesso dei redditi in esame (Cass. 14/06/2022, n. 19082; Cass. 20/04/2022, n. 12600; Cass. 24/05/2018, n. 12889; Cass. 16/05/2017, n. 12207; Cass. 26/01/2016, n. 1332; Cass. 18/04/2014, n. 8995).
Di tali principi ha fatto corretta applicazione la CTR ove ha ritenuto che non fosse sufficiente la mera dimostrazione della presenza di redditi esenti, offerta dai contribuenti, in quanto, pur non prevedendo esplicitamente la norma indicata la prova che detti ulteriori redditi fossero stati utilizzati per coprire le spese contestate, essa chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere), il che nel caso di specie non era avvenuto; in tale contesto motivazionale l’affermazione che presumibilmente erano state versate somme per finanziare la loro società, in presenza di un ingente saldo attivo della medesima, unica affermazione cui si riferisce il motivo, appare essere stata utilizzata dai giudici di appello solo per confermare la ritenuta mancanza della prova nei termini predetti.
Il ricorso , in relazione all’avviso di accertamento emesso nei confronti del COGNOME, va quindi respinto.
Non vi è a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, poiché l’RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva.
P.Q.M.
dichiara estinto il giudizio in relazione a NOME COGNOME; rigetta il ricorso nel resto.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 /2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente COGNOME, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 28 novembre 2023.