LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Redditometro e prova: bonifici non bastano

Un contribuente, a seguito di un accertamento fiscale basato sul redditometro per l’acquisto di un’auto di lusso e un immobile, ha tentato di giustificare le spese con bonifici ricevuti da presunti parenti. La Corte di Cassazione ha stabilito che tali prove sono insufficienti. Per vincere la presunzione di maggior reddito del redditometro, il contribuente deve fornire una documentazione rigorosa che attesti non solo la ricezione dei fondi, ma anche la loro provenienza non imponibile e il loro specifico utilizzo per le spese contestate, annullando la decisione precedente e rinviando il caso per un nuovo esame.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Redditometro e prova contraria: perché i bonifici da parenti non bastano

L’accertamento sintetico tramite redditometro è uno degli strumenti più discussi del diritto tributario. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui limiti della prova che il contribuente può fornire per contrastare le presunzioni del Fisco. In particolare, la sentenza chiarisce che la semplice esibizione di bonifici, anche se provenienti da parenti, non è sufficiente a giustificare un tenore di vita sproporzionato rispetto al reddito dichiarato.

I fatti del caso: un tenore di vita non dichiarato

Il caso ha origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a un contribuente per gli anni di imposta 2006 e 2007. L’Amministrazione Finanziaria aveva rilevato una significativa discrepanza tra i redditi dichiarati, pari a zero, e la reale capacità di spesa manifestata. In particolare, il contribuente risultava aver acquistato un’autovettura di lusso e un immobile di grandi dimensioni (16 vani), beni considerati indici di un’elevata capacità contributiva.

Di fronte a questi elementi, l’Ufficio aveva proceduto con un accertamento sintetico, rideterminando il reddito imponibile del soggetto sulla base delle spese sostenute, applicando appunto il meccanismo del redditometro.

Il percorso giudiziario e la difesa del contribuente

Il contribuente ha impugnato gli avvisi di accertamento dinanzi alle commissioni tributarie. Inizialmente, sia in primo che in secondo grado, i giudici avevano dato ragione al contribuente, annullando le pretese del Fisco. La difesa si basava sulla produzione di documentazione attestante la ricezione di bonifici bancari provenienti dalla Cina, che, a suo dire, dimostravano la disponibilità di fondi sufficienti a coprire gli acquisti contestati. I giudici di merito avevano ritenuto credibile tale giustificazione, valorizzando anche un presunto “forte senso di solidarietà ed aiuto reciproco” all’interno della comunità di appartenenza del contribuente.

L’Agenzia delle Entrate, non soddisfatta, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando, tra i vari motivi, l’errata applicazione della normativa in materia di prova e di redditometro.

L’analisi del redditometro secondo la Cassazione

La Corte Suprema ha accolto il ricorso dell’Agenzia, cogliendo l’occasione per ribadire i principi fondamentali che governano l’accertamento sintetico. Il redditometro si basa su una presunzione legale relativa: una volta che l’amministrazione prova l’esistenza dei fatti-indice (come il possesso dell’auto di lusso), l’onere della prova si inverte e passa interamente al contribuente.

Quest’ultimo non può limitarsi a dimostrare di avere avuto la disponibilità di somme di denaro, ma deve fornire una prova documentale rigorosa e circostanziata che dimostri che il maggior reddito presunto:

1. È costituito da redditi esenti o già soggetti a ritenuta alla fonte.
2. Non esiste affatto, perché le spese sono state sostenute con somme la cui provenienza non è imponibile.

La prova deve essere specifica e puntuale, ancorata a fatti oggettivi, quantitativi e temporali.

Le motivazioni della decisione

Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto che la Corte territoriale abbia errato nel considerare sufficienti i bonifici ricevuti dal contribuente. La motivazione della Suprema Corte si fonda su diverse carenze probatorie:

* Mancata prova della provenienza: Non era stato dimostrato il carattere non reddituale delle somme trasferite.
* Assenza di causale: I bonifici erano privi di una causale che ne giustificasse il trasferimento.
* Legame di parentela non dimostrato: Non vi era prova certa che gli autori dei bonifici fossero effettivamente parenti del contribuente.
* Successione temporale: Alcuni trasferimenti di denaro erano successivi all’acquisto dell’immobile, rendendoli inidonei a giustificare la spesa.

Inoltre, i giudici hanno censurato il richiamo generico alla “solidarietà della comunità cinese”, definendolo un argomento privo di fondamento probatorio e non idoneo a sostituire la prova documentale richiesta dalla legge. Dimostrare semplicemente la formale provenienza delle somme da terzi non è sufficiente per escluderne la rilevanza reddituale.

Le conclusioni: cosa insegna questa ordinanza

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per i contribuenti. Per superare una presunzione del redditometro, non basta addurre giustificazioni generiche o presentare prove incomplete. È necessario fornire una “prova contraria” solida, che dimostri con documenti certi e verificabili (come estratti conto completi, atti di donazione, etc.) che le somme utilizzate per sostenere le spese contestate hanno un’origine che le sottrae all’imposizione fiscale. La semplice disponibilità di fondi su un conto corrente, senza una chiara tracciabilità e una causale non imponibile, non è sufficiente a vincere la battaglia contro il Fisco. La sentenza è stata quindi cassata con rinvio ad altra sezione della Corte di giustizia tributaria, che dovrà riesaminare il caso attenendosi a questi rigorosi principi.

A cosa serve il redditometro?
Il redditometro è uno strumento utilizzato dall’Amministrazione Finanziaria per effettuare un accertamento sintetico del reddito. Serve a presumere un reddito complessivo netto superiore a quello dichiarato dal contribuente, basandosi sulla sua disponibilità di beni e servizi che sono indice di una certa capacità di spesa (es. auto di lusso, immobili).

È sufficiente ricevere bonifici da parenti per giustificare spese maggiori del reddito dichiarato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la semplice esibizione di ricevute di bonifici, anche se indicati come provenienti da parenti, non è una prova sufficiente. Il contribuente ha l’onere di dimostrare in modo documentale e rigoroso non solo la ricezione delle somme, ma anche il carattere non reddituale delle stesse, il legame di parentela con gli ordinanti e che tali fondi siano stati effettivamente utilizzati per coprire le spese contestate.

Su chi ricade l’onere della prova in un accertamento con redditometro?
Inizialmente, l’onere della prova è a carico dell’Agenzia delle Entrate, che deve dimostrare l’esistenza dei fatti-indice di capacità contributiva (es. il possesso di un’auto o di un immobile). Una volta fornita questa prova, l’onere si inverte e passa interamente al contribuente, il quale deve dimostrare che il reddito presunto non esiste o è inferiore, provando che i fondi utilizzati provengono da redditi esenti, già tassati o comunque non imponibili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati