Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31376 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31376 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5228/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato.
-ricorrente – contro
NOME COGNOME
-intimato -n.
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LIGURIA 1602/03/2016, depositata in data 16 dicembre 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 novembre 2024 dal consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME riceveva notifica di tre avvisi di accertamento ai fini IRPEF, nn. NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA, rispettivamente relativi agli anni d’imposta 2006, 2007 e 2008. L’Agenzia delle Entrate direzione provinciale di Genova -rideterminava sinteticamente il reddito complessivo del detto
Avv. Acc. IRPEF 2006, 2007 e 2008
contribuente ex art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, accertando un maggior reddito per gli anni d’imposta in oggetto. La rettifica originava dal riscontro, operato dall’Ufficio, della disponibilità di beni e situazioni indicativi di capacità contributiva quali, segnatamente: immobili, autovetture ed un cavallo.
Avverso gli avvisi di accertamento il contribuente proponeva distinti ricorsi dinanzi alla C.t.p. di Genova; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio, chiedendo la conferma del proprio operato.
La C.t.p., previa riunione dei ricorsi, con sentenza n. 455/14/2014, li rigettava.
Contro tale decisione proponeva appello il contribuente dinanzi la C.t.r. della Liguria; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio, chiedendo la conferma di quanto statuito in primo grado.
Con sentenza n. 1602/03/2016, depositata in data 16 dicembre 2016, la C.t.r. adita accoglieva il gravame del contribuente.
Avverso la sentenza della C.t.r . della Liguria, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi mentre il contribuente è rimasto intimato.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 12 novembre 2024.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 38, quarto, quinto e sesto comma, d.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 2697 cod. civ., nonché dei DD.MM. 10/09/1992 e 19/11/1992 (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. non ha ritenuto che lo strumento del redditometro avesse natura di presunzione legale, ma semplice, così esonerando il contribuente dall’onere di prova contraria.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 38, quarto, quinto e sesto comma, d.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 2697 cod. civ. (art. 360, primo comma, n.
3, cod. proc. civ.)» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha ritenuto che la prova contraria fosse integrata dalla sola esistenza di disponibilità finanziarie per i periodi in oggetto, e non anche dalla specifica dimostrazione del loro utilizzo proprio per le spese attenzionate dall’Ufficio.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 38 d.P.R. n. 600/1973, e dell’art. 2697 cod. civ. (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha valorizzato il fatto che il cavallo posseduto non fosse da corsa, bensì da passeggiata, in questo modo creando un distinguo in realtà non previsto dal Legislatore.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 38, quarto, quinto e sesto comma, d.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 2697 cod. civ. (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha ritenuto che, una volta escluso il cavallo dai beni indice, non ci fosse più lo scostamento di un quarto per procedersi ad accertamento, nonostante ai fini di quest’ultimo fosse necessario che lo scostamento sussistesse al momento in cui vi ha proceduto l’Ufficio e non anche in sede giurisdizionale.
I quattro motivi, da trattare congiuntamente per la connessione delle questioni proposte e l’affinità delle critiche sollevate, sono fondati.
2.1. Va premesso che in tema di accertamento in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice
della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 31/10/2021, n. 27811). Il sistema del ‹‹redditometro›› collega alla disponibilità di determinati beni e servizi in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito del soggetto secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di mantenimento del bene o servizio in questione. L’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la l. n. 413 del 1991 e il d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla l. n. 122 del 2010), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le «spese per incrementi patrimoniali», cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Ai sensi del sesto comma dell’art. 38 citato, resta salva la prova contraria, da parte del contribuente, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, o, più in generale, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore. Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo la legge stessa di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una capacità contributiva,
sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori dì capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (Cass. 29/01/2020, n. 1980; Cass. 11/04/2019, n. 10266; Cass. 26/02/2019, n. 5544; Cass. 11/04/2018, n. 8933; Cass. 31/03/2017, n. 8539; Cass. 01/09/2016, n. 17487; Cass. 20/01/2016, n. 930; Cass. 21/10/2015, n. 21335). Rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in generale, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 19/10/2016, n. 21142; Cass. 29/04/2012, n. 18604; Cass. 24/10/2005, n. 20588). Questa Corte, con orientamento ormai consolidato, ha chiarito, altresì, i confini della prova contraria che il contribuente può offrire, in ordine alla presenza di redditi non imponibili, per opporsi alla ricostruzione presuntiva del reddito operata dall’Amministrazione finanziaria, precisando che non è sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente ‹‹sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere››; è la norma stessa
infatti a chiedere qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), in quanto, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere), in tal senso dovendosi leggere lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) dell’entità di tali eventuali ulteriori redditi e della durata del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi. Nè la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la durata del possesso dei redditi in esame (Cass. 28/12/2022, 37985Cass. 14/06/2022, n. 19082; Cass. 20/04/2022, n. 12600; Cass. 24/05/2018, n. 12889; Cass. 16/05/2017, n. 12207; Cass. 26/01/2016, n. 1332; Cass. 18/04/2014, n. 8995).
2.2. Nella fattispecie in esame, la C.t.r. ha fatto malgoverno dei principi normativi e giurisprudenziali testè illustrati laddove ha opinato che si fosse incorsi in una inversione dell’onere della prova a carico del contribuente ritenendo la determinazione del reddito sintetico solo una presunzione semplice che deve essere corroborata da parte dell’agenzia con altre prove mentre al contribuente sarebbe richiesta solo la prova di disponibilità di una provvista reddituale idonea al mantenimento.
Tale prospettazione si pone assolutamente in contrasto con quanto pacificamente reiterato da questa Corte in tema di accertamento sintetico del reddito e utilizzazione dei criteri di cui ai DD.MM.
10/09/1992 e 24/12/2012 secondo cui, si ripete, la sussistenza dei presupposti per l’accertamento sintetico, quali la disponibilità di alcuni beni o la manifestazione di una certa capacità di spesa, crea in favore del fisco una presunzione di esistenza di un maggior reddito, spostando, conseguenzialmente, sul contribuente la prova contraria; tale carico probatorio risulta ben individuato nel suo oggetto dall’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973 il quale prevede la facoltà di dimostrare o che i presupposti suddetti siano in realtà inesistenti o che il maggior reddito è costituito da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta a titolo d’imposta (cfr. da ultimo: Cass. 02/08/2022, n. 23940).
2.3. In conclusione, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata ed il giudizio va rinviato innanzi al giudice a quo affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia il giudizio innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 12 novembre 2024.