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Redditometro e onere della prova: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro due coniugi, annullando una sentenza di secondo grado che aveva invalidato un accertamento basato sul redditometro. L’ordinanza chiarisce che il redditometro genera una presunzione legale: non spetta all’Agenzia fornire ulteriori prove, ma è il contribuente a dover dimostrare che il maggior reddito presunto non esiste. La Corte ha inoltre censurato i giudici d’appello per motivazione apparente e per aver applicato erroneamente le norme sul redditometro introdotte nel 2010 a periodi d’imposta precedenti (2006-2007).

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Redditometro e Onere della Prova: La Cassazione Annulla Decisione Favorevole al Contribuente

L’accertamento sintetico tramite redditometro rappresenta uno degli strumenti più incisivi a disposizione dell’Amministrazione Finanziaria per contrastare l’evasione fiscale. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è intervenuta per ribadire alcuni principi fondamentali sul suo funzionamento, in particolare per quanto riguarda la ripartizione dell’onere della prova tra Fisco e contribuente. La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, annullando una decisione di secondo grado che aveva dato ragione a una coppia di contribuenti.

Il caso: l’accertamento sintetico tramite redditometro

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate contestava a due coniugi maggiori redditi per gli anni d’imposta 2006 e 2007. L’accertamento era di tipo sintetico, basato cioè sull’applicazione del redditometro. Il Fisco aveva rilevato una discordanza tra i redditi dichiarati e la capacità di spesa manifestata attraverso il possesso di alcuni beni-indice: per il marito, la disponibilità di un’autovettura e la comproprietà di un’abitazione con relativo mutuo; per la moglie, due autovetture (di cui una d’epoca), la comproprietà della stessa abitazione, rate di mutuo e spese per una collaboratrice domestica.

Inizialmente, la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) aveva accolto solo parzialmente il ricorso di uno dei coniugi. Successivamente, la Commissione Tributaria Regionale (CTR), in sede di appello, aveva invece accolto pienamente le ragioni dei contribuenti, annullando l’accertamento. Contro questa decisione, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione.

Le motivazioni: i principi sul redditometro e sull’onere della prova

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondati i motivi di ricorso dell’Agenzia, individuando diversi errori di diritto nella sentenza della CTR. L’ordinanza si sofferma su tre aspetti cruciali.

1. La motivazione apparente della sentenza d’appello

In primo luogo, la Suprema Corte ha stabilito che la sentenza della CTR era viziata da ‘motivazione meramente apparente’. I giudici d’appello si erano limitati ad affermare che i ‘costi effettivi sostenuti’ per i beni-indice erano ‘inferiori alle risultanze redditometriche’, senza spiegare il percorso logico seguito per giungere a tale conclusione. Non era chiaro se tale valutazione si riferisse a tutti i beni o solo ad alcuni, rendendo la decisione incomprensibile e, di conseguenza, invalida.

2. L’inversione dell’onere della prova nel redditometro

Il punto centrale della decisione riguarda l’onere della prova. La CTR aveva erroneamente sostenuto che le risultanze del redditometro dovessero essere ‘supportate ed integrate e corroborate da altri fattori’. La Cassazione ha ribaltato questa impostazione, richiamando la propria giurisprudenza consolidata (Cass. n. 16912/2016). L’accertamento basato sugli indici del redditometro si fonda su una presunzione legale. Questo significa che l’Amministrazione Finanziaria è dispensata dal fornire qualsiasi ulteriore prova. È il contribuente, una volta contestata l’esistenza dei fattori-indice (come il possesso di un’auto), che ha l’onere di dimostrare che il maggior reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore.

3. L’errata applicazione della legge nel tempo

Infine, la Corte ha rilevato un grave errore nell’applicazione della normativa. La CTR aveva fatto riferimento alle innovazioni introdotte all’articolo 38 del D.P.R. 600/1973 dal Decreto Legge n. 78/2010. Tuttavia, la stessa legge specifica che tali modifiche si applicano solo a partire dal periodo d’imposta 2009. Poiché gli anni oggetto di accertamento erano il 2006 e il 2007, i giudici avrebbero dovuto applicare la versione della norma in vigore all’epoca dei fatti, e non quella successiva.

Le conclusioni: cosa insegna questa ordinanza

La decisione della Cassazione è di grande importanza pratica. In primo luogo, riafferma la legittimità e la forza probatoria del redditometro come strumento di accertamento. In secondo luogo, chiarisce in modo definitivo che, di fronte a un accertamento sintetico, l’onere di fornire la prova contraria grava interamente sul contribuente. Quest’ultimo non può limitarsi a contestare genericamente le stime del Fisco, ma deve fornire prove concrete e specifiche (ad esempio, dimostrando che i beni sono stati acquistati con redditi esenti o già tassati) per superare la presunzione legale. La Corte ha quindi cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Veneto per un nuovo esame, che dovrà attenersi ai principi di diritto enunciati.

Quando un accertamento basato sul redditometro è legittimo?
Un accertamento basato sul redditometro è legittimo quando si fonda sugli indici di capacità contributiva previsti dalla normativa (es. possesso di auto, immobili), i quali generano una presunzione legale di maggior reddito, senza che l’Amministrazione Finanziaria debba fornire ulteriori prove.

A chi spetta l’onere della prova in un accertamento con redditometro?
L’onere della prova spetta interamente al contribuente. Una volta che l’Agenzia delle Entrate ha dimostrato l’esistenza dei fattori-indice, sta al contribuente fornire la prova contraria, ossia dimostrare che il reddito presunto non esiste o è inferiore.

Le nuove norme sul redditometro introdotte nel 2010 si applicano agli anni d’imposta precedenti?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che le innovazioni normative apportate al redditometro dal D.L. n. 78/2010 sono applicabili solo a partire dal periodo d’imposta 2009. Per gli anni precedenti, si deve fare riferimento alla normativa in vigore all’epoca dei fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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