Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34455 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34455 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 26/12/2024
Irpef -avviso accertamento – redditometro
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 162/2016 R.G. proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso l’Avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente-
controricorrente incidentale -contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende,
-controricorrente-
ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. TOSCANA, n. 1071/2015, depositata l’11 /06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16 ottobre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Ufficio, con l’avviso di accertamento oggetto di giudizio, a fronte di un reddito dichiarato da NOME COGNOME di euro 60.417,00, ricostruiva il medesimo, in via sintetica a mezzo del c.d. redditometro, nella misura euro 247.507,23, ravvisando, in ragione di indici di una maggiore capacità contributiva (rappres entanti da un’abitazione principale ed una secondaria, quattro cavalli e due autovetture), uno scostamento superiore a ¼ rispetto a quanto esposto in dichiarazione.
In sede di contraddittorio endoprocedimentale, l’Ufficio, sulla scorta delle deduzioni del contribuente, proponeva la definizione della controversia, ricalcolando il reddito nella minor somma di euro 159.000,51.
Il contribuente non accettava la proposta e proponeva ricorso.
La C.t.p. di Siena accoglieva parzialmente il ricorso riducendo ad euro 120.000,00 il reddito accertato. Rilevava, quanto agli immobili ed ai cavalli, che il valore attribuito in sede di accertamento era sovrastimato in quanto, per i primi, l’incidenza delle rate dei mutui andava limitata agli importi effettivamente pagati e, per i secondi, doveva tenersi conto che si trattava di animali da allevamento e non da corsa.
La C.t.r. confermava la sentenza, così rigettando sia l’appello principale del contribuente, che aveva insistito per l’annullamento integrale dell’atto impositivo , che quello incidentale dell’Ufficio che, viceversa, aveva ribadito la sua legittimità.
Avverso la sentenza della C.t.r. ricorrono in cassazione il contribuente in via principale e l’Agenzia delle entrate in via incidentale. Entrambi resistono a mezzo controricorso.
Considerato che:
NOME COGNOME con il ricorso principale propone tre motivi.
1.1. Con il primo denuncia, in relazione all’art. 360, pr imo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
Censura la sentenza per aver omesso di pronunciarsi sul motivo di appello con il quale aveva criticato la sentenza di primo grado per aver rideterminato il reddito rendendo sul punto motivazione che non consentiva di comprendere i criteri adottati. Rileva che in appello aveva evidenziato che la C.t.p. pareva aver accolto le proprie deduzioni, sia con riferimento agli immobili sia con riferimento ai cavalli; che, tuttavia, tale condivisione avrebbe dovuto portare ad accertare un reddito inferiore a quello di euro 120.000,00 ricostruito in sentenza.
1.2. Con il secondo motivo denuncia «insufficiente e contraddittoria motivazione in riferimento a fatti decisivi per il giudizio».
Assume che la CRAGIONE_SOCIALE ha reso motivazione perplessa ed incomprensibile e che la sentenza contiene affermazioni inconciliabili con quanto disposto nella sentenza di primo grado, benché confermata, sì da rendere incomprensibile la ratio decidendi sottesa al decisum.
Aggiunge che la C.t.r. ha commesso «errore su di un dato di fatto (e non valutativo)» avendo fatto riferimento ad un provvedimento di autotutela adottato dall’Ufficio di riduzione del reddito derivante dal possesso dei cavalli che, in realtà, era relativo ad altro anno di imposta e, precisamente, al 2006, per il quale vi era stato accertamento con adesione; ha errato nell’attribuire al contribuente la rettifica de l reddito in misura pari ad euro 123.661,00, mentre quest’ultima era stata fatta dall’Amministr azione; ha affermato di non condividere quanto argomentato in merito agli immobili ed ai cavalli, pur confermando la sentenza della C.t.p. che, invece, aveva accolto quanto prospettato sul punto; per un verso, aveva affermato che il redditometro costituiva prova legale e, per altro verso, che sull’Ufficio gravava un qual che onere probatorio.
1.3. Con il terzo motivo denuncia «nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione di norme di diritto: illegittimità dei decreti ministeriali del 1992 e conseguente inapplicabilità degli stessi anche ad annualità successive al 2009 ai sensi dell’art. 7, comma 5, del D.LGS. 546/ 1992 per violazione dell’art. 53 della Costituzione».
Censura la sentenza impugnata per aver ritenuto applicabile il c.d. «nuovo redditometro», più favorevole al contribuente, solo a decorrere dall’anno di imposta 2009 , nonostante la disparità di trattamento che ne consegue in violazione dell’art. 53 Cost.
Aggiunge che la C.t.r. ha confermato la sentenza di primo grado la quale, invece, aveva ritenuto illegittimi i coefficienti moltiplicatori relativi agli immobili.
L’Agenzia delle entrate, con il ricorso incidentale, propone un unico motivo e denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma , n. 1 cod. proc. civ. la violazione dell’art. 38, comma 4, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
2.1. Con una prima censura, critica la sentenza impugnata per aver affermato che il minor reddito, rispetto a quello oggetto di accertamento, oggetto della proposta avanzata dall’Ufficio in sede di autotutela, rifiutata dal contribuente, non si fondava su «criteri inappuntabili».
2.2. Con una seconda censura critica la sentenza per aver ritenuto che l’Ufficio non potesse fondare l’accertamento solo sul redditometro.
2.3. Con una terza censura critica la sentenza per aver ritenuto dubbiosa ed inattendibile la pretesa originaria solo perché l ‘U fficio aveva mantenuto in sede giudiziale la quantificazione proposta in sede di accertamento con adesione.
I motivi del ricorso principale e di quello incidentale vanno trattati congiuntamente in quanto connessi. Gli stessi, infatti, involgono l’individuazione della disciplina applicabile ratione temporis
all’accertamento sintetico dei redditi relativi all’anno di imposta 2007; i criteri di ripartizione dell’onere della prova in tema di accertamento sintetico e la motivazione resa sul punto nella sentenza impugnata.
3.1. In primo luogo va rigettato il terzo motivo del ricorso principale con il quale la contribuente lamenta, sotto il profilo della violazione di legge, anche costituzionale, l’applicazione alla fattispecie della disciplina del c.d. vecchio redditometro.
3.1.1. L’art. 22, comma 1, d.l. n. 78 del 2010, ha disposto, con specifica norma di diritto transitorio, che le modifiche apportate all’art. 38, quarto, quinto, sesto, settimo ed ottavo comma, d.P.R. n. 600 del 1973, operano in relazione agli «accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore del presente decreto» e quindi la norma ha effetto dal periodo d’imposta 2009 (Cass. 07/06/2021, n. 15760, Cass. 06/10/2014, n. 21041; 06/11/2015, n. 22746).
A sua volta, l’art. 5 d.m. 24 dicembre 2012, emesso in attuazione del novellato quinto comma dell’art. 38 conformemente alla citata disposizione di legge, statuisce che le «disposizioni contenute nel presente decreto si rendono applicabili alla determinazione dei redditi e dei maggiori redditi relativi agli anni d’imposta a decorrere dal 2009».
3.1.2. Al riguardo questa Corte, nell’escludere l’applicazione retroattiva della citata novella, ha già avuto modo di chiarire che: a) non sono in questione i principi sulla retroattività, atteso che la giurisprudenza che afferma l’applicabilità degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e del 19 novembre 1992 ai periodi d’imposta precedenti alla loro adozione si fonda, piuttosto, sulla natura procedimentale delle norme dei decreti, dalla quale soltanto (e non dalla retroattività) consegue la loro applicazione con riferimento al momento dell’accertamento; b) neppure è in questione il principio del favor rei , la cui applicazione è predicabile unicamente rispetto a norme
sanzionatorie, non invece in materia di poteri di accertamento o di formazione della prova, rilevanti in materia di redditometro; c) comunque, l’individuazione della norma applicabile è questione di diritto intertemporale; inoltre, a fronte delle esplicite previsioni di diritto transitorio, già richiamate, che inequivocabilmente identificano la norma applicabile ratione temporis , è recessivo anche il principio tempus regit actum , altrimenti applicabile alle norme che dovessero qualificarsi come procedimentali (tra le più recenti Cass. 08/05/2023, n. 12153).
Va pure escluso che il vecchio redditometro si ponga in contrasto con l’art. 53 Cost., posto che, come già affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 283 del 1987, l’accertamento induttivo, lungi dal violare il principio costituzionale della correlazione tra capacità contributiva e imposizione tributaria, ne costituisce mezzo di attuazione (Cass. 13/09/2022, n. 26918).
Sono fondati, invece, il primo ed il secondo motivo del ricorso principale e l’unico motivo del ricorso incidentale.
4.1. Il metodo di accertamento fondato sul c.d. «redditometro» desume dalla disponibilità di determinati beni e servizi in capo al contribuente, un importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di mantenimento del bene o servizio in questione.
L’art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la legge n. 413 del 1991 e il d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di
determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le «spese per incrementi patrimoniali», cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Ai sensi del sesto comma dell’art. 38 cit. resta salva la prova contraria, da parte del contribuente.
4.2. Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa (tra le più recenti Cass. 13/06/2023, n. 16904, Cass. 28/12/2022, n. 37985). Conseguentemente, l’accertamento non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, oltre che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, anche che, più in generale, il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 19/10/2016, n. 21142, Cass. 24/10/2005, n. 20588).
Questa Corte, sul punto, ha chiarito che il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori di capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova contraria offerta dal contribuente (cfr. Cass. 13/06/2023, n. 16904, Cass. 22/06/2021, n. 17837, Cass. 24/09/2019, n. 3715).
Inoltre, nel contenzioso tributario conseguente ad accertamenti sintetici-induttivi mediante c.d. redditometro, per la determinazione dell’obbligazione fiscale del soggetto passivo d’imposta, a tutela della parità delle parti e del regolare contraddittorio processuale, opera il principio per il quale, all’inversione dell’onere della prova, che impone al contribuente l’allegazione di prove contrarie a dimostrazione
dell’inesistenza del maggior reddito attribuito dall’Ufficio, deve seguire, ove a quell’onere abbia adempiuto, un esame analitico da parte dell’organo giudicante, che non può, pertanto, limitarsi a giudizi sommari, privi di ogni riferimento alla massa documentale entrata nel processo relativa agli indici di spesa (Cass. 07/06/2022, n. 18178, Cass. 08/10/2020, n. 21700).
4.3. La C.t.r. non si è attenuta a questi principi, non ha risposto alla specifica censura mossa dal contribuente in ordine ai criteri di quantificazione del reddito ed ha reso sul punto motivazione confusa e contraddittoria.
In primo luogo, dopo aver affermato che le risultanze del redditometro costituiscono prova legale, con onere del contribuente di provare l’incongruenza anche quantitativa della pretesa erariale, ha successivamente contraddittoriamente affermato che non può ritenersi che, in caso di accertamento con metodo sintetico a mezzo redditometro, null’altro incomba all’Ufficio, così evidentemente, onerando quest’ultimo di una prova ulteriore il cui contenuto non è nemmeno chiaro, così disattendendo i principi sopra esposti.
In secondo luogo, sebbene oggetto specifico della censura mossa dal contribuente in appello fosse la quantificazione del reddito fatta propria dalla C.t.p. -la quale aveva accertato quest’ultimo nella mis ura inferiore di euro 120.000,00 – senza alcuna giustificazione ha rigettato il motivo, così confermando la sentenza di primo grado, omettendo, a propria volta, di dare conto dei criteri adottati.
Infatti, la C.t.r., nel motivare in ordine agli elementi fattuali per i quali vi era contrasto tra le parti, ovvero gli immobili ed i cavalli, ha confermato la riduzione del reddito già operata in primo grado, senza illustrare, né nell’ an né nel quantum, le ragioni sottese al decisum, limitandosi a rilevare che il contribuente aveva indicato un reddito minore rettificando i coefficienti moltiplicativi (mentre tale allegazione
era dell’Amministrazione) e che tanto si traduceva in un difetto di prova; che per i cavalli non era provato che non fossero cavalli da equitazione; che la proposta dell’Ufficio in sede di accertamento con adesione confermava l’inattendibilità dell’accerta mento originario.
Ne consegue, in accoglimento del primo e secondo motivo del ricorso principale -rigettato il terzo – e del l’unico motivo del ricorso incidentale, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, la quale provvederà al riesame, fornendo congrua motivazione, e al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso principale del contribuente – rigettato il terzo -ed accoglie il ricorso incidentale dell’Agenzia delle entrate ; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, la quale provvederà anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2024.