Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 35029 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 35029 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
Redditometro – Art. 38 d.P.R. 600/1973 ante riforma 2010 Contraddittorio endoprocedimentale -Obbligatorietà – Esclusione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14109/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. COGNOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso il secondo;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto, n. 1823/24/2015, depositata in data 2 dicembre 2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle entrate, Direzione Provinciale di Treviso, emetteva due avvisi di accertamento sintetico (nn. T6X01BS00065/2013 e T6X01BS03915/2012) con cui recuperava ad imposizione, a fini Irpef, maggior reddito di NOME COGNOME (euro 195.949,34, a fronte d i euro 11.268,00 dichiarati per l’anno 2007, ed euro 201.756,14, a fronte di euro 11.415,00 dichiarati per l’anno 2008), in base ad incrementi patrimoniali (acquisto di azioni per complessivi euro 900.000,00, conferimento in danaro per la costituzione di una società ed acquisto di un’autovettura ).
Il contribuente proponeva due distinti ricorsi (poi riuniti) innanzi alla CTP di Treviso, affidati a diversi motivi (mancata considerazione del reddito familiare, contributo esclusivo del coniuge nelle spese di mantenimento dell’abitazione, gli acquisti delle azioni erano in realtà donazioni). Solo nel ricorso avverso l’avviso di accertamento per l’anno 2008 il contribuente eccepiva anche la mancata instaurazione del contraddittorio preventivo.
La CTP accoglieva i ricors i rilevando che ‘le supposizioni fatte dall’Ufficio non sono sostenute da prove concrete infatti non vi è traccia di movimenti bancari infine con riferimento alle spese di mantenimento dell’abitazione si precisa che la moglie del ricorrente, intestataria dell’abitazione, aveva la capacità contributiva, documentate in atti, per sostenere, da sola, tutte le spese di mantenimento dell’abitazione’.
L’Ufficio spiegava appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto; il contribuente si costituiva spiegando appello incidentale (condizionato) volto all’accoglimento di alcuni motivi di ricorso rimasti assorbiti.
La CTR accoglieva l’eccezione preliminare, sollevata dall’appellato, di difetto di contraddittorio preventivo (ritenuto parziale per l’anno 2007 ed insussistente per l’anno 2008), e rigettava l’appello principale.
Avverso la decisione della Commissione Tributaria Regionale ha proposto ricorso per cassazione l’Ufficio , affidandosi a cinque motivi di impugnazione. Il contribuente resiste con controricorso.
Il ricorso è stato, quindi, fissato per l ‘udienza camerale del 26/11/2024.
I procuratori del controricorrente depositavano memoria ex art. 380bis1. cod. proc. civ. in data 21 ottobre 2024 dichiarando il decesso del proprio assistito, avvenuto in data 27 giugno 2021 ed instando per la estinzione del giudizio per effetto della mancata riassunzione da parte dell’Ufficio ricorrente a seguito della comunicazione dell’evento interruttivo (ovvero il decesso del COGNOME).
Considerato che:
Va, preliminarmente, rigettata la richiesta di estinzione del giudizio per mancata riassunzione del giudizio, a seguito del decesso del controricorrente. Invero, la morte della parte intervenuta dopo l’instaurazione del giudizio di cassazione non comporta l’interruzione di questo, né quindi la necessità di una sua riassunzione: per costante orientamento di questa Corte, infatti, «nel giudizio di cassazione, in considerazione della particolare struttura e della disciplina del procedimento di legittimità, non è applicabile l’istituto dell’interruzione del processo, con la conseguenza che la morte di una delle parti, intervenuta dopo la rituale instaurazione del giudizio, non assume alcun rilievo, nè consente agli eredi di tale parte l’ingresso nel processo» (Cass. 29/01/2016, n. 1757).
Con il primo strumento di impugnazione l’Ufficio lamenta la «violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. », atteso che la CTR avrebbe omesso qualsiasi decisione sul motivo di gravame relativo all’inutilizzabilità della documentazione (prodotta dal contribuente solo in iudicio ) atta a dimostrare la partecipazione dei membri familiari alle spese, in virtù dell’art. 32 d.P.R. n. 600/1973. L’Ufficio, infatti, aveva invano
richiesto la documentazione de qua , indicando espressamente le conseguenze in caso di mancata esibizione (cd. avvertenze, pag. 9 del questionario), ed il contribuente non l’aveva depositata nella fase pre-accertativa.
Il motivo è fondato.
1.1. È noto che nel giudizio di legittimità la deduzione del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., postula, per un verso, che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili e ritualmente e inequivocabilmente formulate e, per altro verso, che tali istanze siano puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire la verifica, innanzitutto, della ritualità e della tempestività e, in secondo luogo, della decisività delle questioni prospettatevi. Pertanto, non essendo detto vizio rilevabile d’ufficio, la Corte di cassazione, quale giudice del “fatto processuale”, intanto può esaminare direttamente gli atti processuali in quanto, in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente abbia, a pena di inammissibilità, ottemperato all’onere di indicarli compiutamente, non essendo essa legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca, ma solo alla verifica degli stessi (Cass. 14/10/2021, n. 28072).
Nella specie la ricorrente ha trascritto nel corpo del ricorso le pagine dell’atto di gravame in cui aveva avanzato il motivo relativo all’inutilizzabilità della documentazione ex art. 32 cit.; la CTR omette qualsiasi indicazione, prima ancora che qualsiasi decisione, sul detto motivo, pur avendo il giudice di seconde cure ricostruito lo svolgimento del processo in termini non generici.
L’omissione integra il vizio denunciato, ovvero la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. .
1.2. I confini tra ‘omessa pronuncia’ (denunziabile con la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.) ed il ‘rigetto implicito’ sono stati tracciati da tempo da questa Corte; si è costantemente affermato che ricorre la statuizione implicita di rigetto di una dom anda o di un’eccezione quando la pretesa non espressamente esaminata risulti incompatibile con l’impostazione logico -giuridica della pronuncia, nel senso che la domanda o l’eccezione, pur se non espressamente trattate, siano superate o travolte dalla soluzione di altra questione, il cui esame presuppone, come necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza (da ultimo, Cass. 26/09/2024, n. 25710).
Nella specie, la CTR si è limitata a confrontare le prove addotte dalle parti, senza, in particolare, pronunciarsi sulla tempestività e, quindi, sull’ammissibilità della documentazione depositata dal contribuente.
1.3. In tema di accertamento fiscale, l’invito dell’Amministrazione finanziaria a fornire dati e notizie, di cui all’art. 32, quarto comma, del d.P.R. n. 600/1973, assolve alla funzione di assicurare -in ossequio ai canoni di lealtà, correttezza e collaborazione operanti in materia tributaria -un dialogo preventivo tra fisco e contribuente per definire le rispettive posizioni, mirando altresì ad evitare l’instaurazione del contenzioso giudiziario, per cui la mancata risposta è espressamente sanzionata con la preclusione (in sede amministrativa e processuale) dell’allegazione di dati e della esibizione di documenti non forniti in fase procedimentale.
Tale inutilizzabilità consegue automaticamente all’inottemperanza all’invito, non è soggetta alla eccezione di parte e può essere rilevata d’ufficio in ogni stato e grado di giudizio: essa non opera soltanto quando il contribuente, beneficiando della deroga prevista dal quinto comma del citato art. 32, depositi unitamente all’atto introduttivo del giudizio di primo grado le notizie, i dati, i documenti, i libri e i registri non trasmessi e contestualmente dichiari di non aver potuto adempiere alle richieste dell’Ufficio per causa a
lui non imputabile ( ex plurimis , Cass. 06/10/2021, n. 27045; Cass. 11/02/2021, n. 3442; Cass. 03/05/2019, n. 11608; Cass. 22/06/2018, n. 16548; Cass. 19/06/2018, n. 16106; Cass. 09/11/2016, n. 22745; Cass. 14/05/2014, n. 10489).
Nel puntualizzare la diversità tra i precetti dettati dal quarto e dal quinto comma dell’art. 32 in parola, questa Corte con orientamento cui si intende dare continuità -ha affermato che la dichiarazione del contribuente che, in uno all’allegazione dei documenti non esibiti in fase amministrativa, impedisce l’inutilizzabilità deve essere fatta in maniera « chiara ed esplicita », nel ricorso introduttivo del giudizio di prime cure, proprio perché essa non richiede la prova contestuale di non imputabilità della causa d’inadempimento, a differenza di quanto accade in caso di rifiuto ad esibire documentazione esplicitamente richiesta con l’invito a rispondere al questionario (così Cass. 30/12/2009, n. 28049: «diversamente opinando, il quinto comma vanificherebbe del tutto la norma contenuta nel comma precedente»; conformi, Cass. 21/03/2018, n. 7011; Cass. 01/08/2019, n. 20731).
La previsione ‘formale’ di cui al quinto comma della disposizione in esame -che trova puntuale corrispondenza, in materia di IVA, nell’art. 53, ultimo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 -comporta che, a seguito della dichiarazione necessariamente resa dal contribuente nel libello introduttivo, competa all’autorità giudiziaria ( ex officio , anche in assenza di eccezione dell’A.F.) il vaglio sulla regolarità dei documenti e delle sue modalità di produzione, nonché la sussistenza e la congruità delle d ichiarazioni ‘di non aver potuto adempiere alla richiesta degli uffici per causa a lui non imputabile’ (da ultimo, Cass. 10/03/2021, n. 6617).
Invero, la lettera e la ratio della disposizione in questione sono chiare: la necessità della deduzione in sede contenziosa ( rectius , con il ricorso introduttivo della lite) della causa non imputabile ostativa all’ottemperanza all’invito dell’A.F. si giustifica (e, ad un tempo, si
correla) con l’ineludibile controllo (esercitabile anche in via officiosa) dell’autorità giudiziaria sulla ricorrenza e sulla plausibilità di circostanze, non ascrivibili ad un contegno o atteggiamento psicologico del contribuente, giustificanti la mancata evasione della richiesta amministrativa dell’Ufficio.
1.4. Il motivo va, per tutto quanto esposto, accolto e la CTR, in sede di rinvio, dovrà valutare, alla luce dei suesposti principi, se, ed eventualmente in quale parte, la documentazione depositata dal contribuente in sede di ricorsi giurisdizionali fosse ammissibile.
Con il secondo strumento di impugnazione l’Ufficio lamenta, sostanzialmente in via subordinata, la «violazione e falsa applicazione dell’art. 32 DPR 600/73, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.», per non avere la CTR ritenuto inutilizzabile la documentazione depositata dal contribuente solo in giudizio relativamente al contributo dei familiari alle spese di mantenimento dei beni.
Il motivo deve ritenersi assorbito nell’accoglimento del primo .
Con il terzo strumento di impugnazione l’Ufficio lamenta la «violazione e falsa applicazione dell’art. 38 DPR 600/73 e dell’art. 22 D.L. 78/2010, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.» per avere la CTR ritenuto nella specie obbligatorio il contraddittorio preventivo, pur trattandosi di annualità precedenti al 2009 e, per l’effetto, non soggette alla disciplina introdotta nel 2010.
Il motivo è fondato.
3.1. Almeno sino al d.lgs. n. 219 del 30 dicembre 2023 che ha introdotto nello Statuto del contribuente (legge n. 212/2000) l’art. 6bis, rubricato ‘principio del contraddittorio’, è mancato, al di fuori delle fattispecie normative in cui fosse espressamente previsto, un obbligo generale, in capo all’amministrazione finanziaria, di attivare il contraddittorio endoprocedimentale con il contribuente.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale non poteva ricavarsi dalla previsione dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212/2000, la
cui applicazione è limitata, secondo il suo tenore testuale, ai soli accertamenti conseguenziali ad accessi, ispezioni e verifiche presso i luoghi di riferimento del contribuente con esclusione delle verifiche ‘a tavolino’ ( ex multis , Cass. n. 36502/2022 e Cass. n. 23729/2022).
Vi sono, poi, disposizioni specifiche che prescrivono l’interlocuzione preventiva con il contribuente con modalità ed effetti diversamente declinati: ad es., l’art. 38, comma 7, d.P.R. n. 600/1973, in relazione alla determinazione sintetica del reddito delle persone fisiche (a partire, però, dall’anno di imposta 2009, per effetto della modifica operata con il d.l. n. 78/2010), e l’art. 10, comma 3bis, l. 146/1998 in tema di studi di settore.
Nell’ambito del diritto eurounionale, invece, l’obbligo generale di attivazione del contraddittorio in capo all’Amministrazione rappresenta un principio pienamente acquisito; l’orientamento espresso al riguardo dalla Corte di Giustizia Europea in plurime pronunce ( ex multis 24/02/2022 in causa C-582/20, RAGIONE_SOCIALE ma già 03/07/2014 in cause riunite C-129/13 e C-130/13, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, è stato recepito dal giudice nazionale, il quale riconosce che i principi fondamentali del diritto europeo impongono, nell’ambito dei cosiddetti ‘tributi armonizzati’, ove ha ‘luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione’, un generale obbligo dell’amministrazione di instaurare un’interlocuzione preve ntiva con il contribuente, la cui inosservanza può portare all’invalidità dell’atto impositivo, ma solo quando quest’ultimo assolve alla ‘prova di resistenza’ (Cass. Sez. U. 09/12/2015, n. 24823 e, nella giurisprudenza successiva, ex multis , Cass. n. 9076/2021 e Cass. n. 7690/2020).
In definitiva, al di fuori delle ipotesi specifiche e dei tributi cd. armonizzati, non sussiste l’obbligo, in capo all’amministrazione finanziaria, del contraddittorio preventivo con il contribuente (da ultimo, Cass. 22/03/2024, n. 7829).
3 .2. Con particolare riferimento all’obbligo del contraddittorio preventivo in materia di redditometro, l’art. 38, comma 7, d.P.R. n. 600/1973 (come modificato con il d.l. n. 78/2010) si applica, per giurisprudenza costante di questa, solo a partire dagli accertamenti relativi all’anno di imposta 2009 : «con disposizione di diritto transitorio, il D.L. n. 78 del 2010, art. 22, comma 1, statuisce che le modifiche apportate al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, producono effetti ‘per gli accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore del presente decreto’, ossia per l’accertamento del reddito relativo a periodi d’imposta successivi al 2009» ( ex multis , Cass. 26/02/2016, n. 3885; Cass. 31/05/2016, n. 11283; Cass. 07/06/2021, n. 15760).
La CTR, nella pronuncia gravata, non si è conformata ai detti principi, ritenendo nella specie obbligatorio il contraddittorio endoprocedimentale, sebbene si vertesse in materia di accertamento sintetico relativo all’anno di imposta 2007.
L’accoglimento del terzo motivo comporta l’assorbimento del quarto strumento di impugnazione, proposto in via subordinata, con il quale la ricorrente lamenta la «violazione e falsa applicazione dell’art. 57 D.Lgs. 546/1992, in relazione all’art. 360, co mma 1, n. 4 c.p.c.».
Con il quinto (ed ultimo) strumento di impugnazione l’Ufficio lamenta la «violazione e falsa applicazione dell’art. 38 DPR 600/73 e degli artt. 2721 e 2729 c.c., e del combinato disposto degli artt. 1414, comma 2, c.c., 1424 c.c. e 782 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.». In particolare, deduce, con riferimento agli incrementi patrimoniali, che la legge prevede la presunzione (relativa) che l’acquisto di un bene (spesa per incremento patrimoniale) sia stato eseguito, in quote, nell’anno di acquis to e nei 4 anni precedenti, con redditi non dichiarati; il contribuente può fornire la prova contraria dimostrando che il reddito sinteticamente ricostruito è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte o da smobilizzi patrimoniali. Nella specie, nessuna prova
contraria era stata fornita dal contribuente, atteso che: a) le dichiarazioni rese dalla figlia e dalla moglie del ricorrente non possono dimostrare l’esistenza di contratti di donazione, pena la violazione dell’art. 2722 cod. civ.; b) gli estratti conto ( dai quali emerge la mancanza di movimenti finanziari) integrano una prova presuntiva, non dotata di gravità, precisione e concordanza, se solo si considera che fanno riferimento agli anni 2007 e 2008, mentre due dei tre acquisti in contestazione risalgono al 2009; ad ogni modo, la prova presuntiva non sarebbe nella specie ammessa, ai sensi dell’art. 2729 comma secondo cod. civ., essendo esclusa la prova per testimoni.
Il motivo è fondato.
5.1. Va premesso che in tema di accertamento in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori -indice della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 31/10/2021, n. 27811). Il sistema del «redditometro» collega alla disponibilità di determinati beni e servizi in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito del soggetto secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di manteni mento del bene o servizio in questione. L’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la l. n. 413 del 1991 e il d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla l. n. 122 del 2010), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza
induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le «spese per incrementi patrimoniali», cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Ai sensi del sesto comma dell’ art. 38 citato, resta salva la prova contraria, da parte del contribuente, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, o, più in generale, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore.
Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo la legge stessa di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori di capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (Cass. 29/1/2020, n. 1980; Cass. 11/4/2019, n. 10266; Cass. 26/2/2019, n. 5544; Cass. 11/4/2018, n. 8933; Cass. 31/3/2017, n. 8539; Cass. 1/9/2016, n. 17487; Cass. 20/1/2016, n. 930; Cass. 21/10/2015, n. 21335).
5.2. Questa Corte, con orientamento ormai consolidato, ha chiarito, altresì, i confini della prova contraria che il contribuente può offrire, in ordine alla presenza di redditi non imponibili, per opporsi alla ricostruzione presuntiva del reddito operata d all’Amministrazione finanziaria, precisando che non è sufficiente
dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente «sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere»; è la norma stessa, infatti, a chiedere qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), in quanto, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere), in tal senso dovendosi leggere lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) dell’entità di tali eventuali ulteriori redditi e della durata del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi. Né la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la durata del possesso dei redditi in esame (Cass. 31/1/2024, n. 2893; Cass. 28/12/2022, n. 37985; Cass. 14/6/2022, n. 19082; Cass. 20/4/2022, n. 12600; Cass. 24/5/2018, n. 12889; Cass. 16/5/2017, n. 12207; Cass. 26/1/2016, n. 1332).
Inoltre, nel contenzioso tributario conseguente ad accertamenti sintetici-induttivi mediante c.d. redditometro, per la determinazione dell’obbligazione fiscale del soggetto passivo d’imposta, a tutela della parità delle parti e del regolare contraddittorio processuale, opera il principio per il quale, all’inversione dell’onere della prova, che impone al contribuente
l’allegazione di prove contrarie a dimostrazione dell’inesistenza del maggior reddito attribuito dall’Ufficio, deve seguire, ove a quell’onere abbia adempiuto, un esame analitico da parte dell’organo giudicante, che non può, pertanto, limitarsi a giudizi sommari, privi di ogni riferimento alla messa documentale entrata nel processo relativa agli indici di spesa (Cass. 23/2/2024, n. 4838/2024; Cass. 7/6/2022, n. 18178; Cass. 8/10/2020, n. 21700).
5.3. Nella fattispecie in esame, i redditi ripresi a tassazione dall’Ufficio e sui quali verte l’impugnativa in parte qua si fondano sull’acquisto di azioni e sul conferimento in denaro per la costituzione di una società.
I giudici di secondo grado hanno considerato la documentazione fornita dal contribuente dando conto dei seguenti elementi: la cospicua disponibilità economica del coniuge del ricorrente (oltre 3 milioni e mezzo di euro), che avrebbe sostanzialmente fornito la provvista per l’acquisto delle azioni (per complessivi Euro 900.000,00); la (conseguente) mancanza di traccia di trasferimenti di danaro nei conti correnti; l’irrilevanza, trattandosi di atto simulato, della quietanza di pagamento nell’atto di trasferimento.
5.4. Ora, va premesso che la decisione circa assolvimento, o meno, dell’ onus probandi incombente sul contribuente, dipenderà nella specie dalla valutazione che la CTR in sede di rinvio, per effetto dell’accoglimento del primo motivo, opererà circa l’individuazione di quale sia la documentazione depositata dal contribuente utilizzabile per la decisione.
La CTR, all’esito, dovrà, poi, tener eventualmente conto di quanto affermato da questa Corte in tema di estratti conto, precisamente circa la loro non decisività tout court (potendo le movimentazioni bancarie essere eseguite, ad es., su diversi conti correnti o per contanti) e, di contro, il loro possibile valore presuntivo, quando si riferiscano, però, all’intero arco temporale in contestazione.
In conclusione vanno accolti il primo, il terzo ed il quinto motivi di ricorso, assorbiti il secondo ed il quarto; la sentenza impugnata va cassata ed il giudizio va rinviato alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo, il terzo ed il quinto motivo di ricorso, assorbiti il secondo ed il quarto, cassa la sentenza impugnata con rinvio del giudizio innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo e motivato esame e provveda anche a regolare tra le parti le spese di lite del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26 novembre