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Redditometro: come funziona l’onere della prova

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1766/2025, ha rigettato il ricorso di un contribuente contro un avviso di accertamento basato sul redditometro. L’accertamento, relativo all’anno 2008, era scaturito da acquisti immobiliari effettuati dalla moglie, priva di redditi dichiarati, negli anni 2010 e 2011. La Corte ha stabilito due principi fondamentali: primo, per gli anni d’imposta antecedenti al 2009 si applicano le vecchie regole del redditometro, che consentono di “spalmare” la spesa su più anni; secondo, per vincere la presunzione del Fisco, il contribuente deve fornire una prova documentale rigorosa non solo della disponibilità di fondi, ma anche di circostanze che colleghino tali fondi alla spesa contestata, non essendo sufficiente la mera allegazione della loro esistenza.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Redditometro e Onere della Prova: La Cassazione Chiarisce i Limiti della Difesa

La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto tributario: l’accertamento sintetico tramite il cosiddetto redditometro. Con una recente ordinanza, i giudici hanno fornito importanti chiarimenti sulla normativa applicabile nel tempo e, soprattutto, sulla natura e i limiti della prova che il contribuente deve fornire per contrastare la pretesa del Fisco. La sentenza analizza il caso di un accertamento basato su spese per incrementi patrimoniali sostenute dal coniuge, delineando un percorso difensivo molto rigoroso.

I Fatti del Caso: L’Accertamento Fiscale

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di un contribuente per l’anno d’imposta 2008. L’Ufficio, utilizzando il metodo sintetico previsto dall’art. 38 del D.P.R. 600/73, contestava maggiori redditi per oltre 34.000 euro. La base dell’accertamento non era una spesa diretta del contribuente, ma il suo possesso di beni (per un valore di oltre 185.000 euro) riconducibili a quote di incrementi patrimoniali. Nello specifico, si trattava di immobili acquistati nel 2010 e nel 2011 dalla moglie, la quale risultava priva di proprie fonti di reddito dichiarate. Secondo il Fisco, tali spese erano da ricondurre al nucleo familiare e, quindi, al contribuente, unico soggetto titolare di reddito.

Il Contenzioso e l’Applicazione del Redditometro

Il contribuente ha impugnato l’atto, dando il via a un lungo iter giudiziario. I principali motivi di ricorso si sono concentrati su due aspetti fondamentali:

1. La legge applicabile: il ricorrente sosteneva che l’Ufficio avesse erroneamente applicato la vecchia disciplina del redditometro, la quale consentiva di “spalmare” il costo di un acquisto patrimoniale sugli anni precedenti. A suo avviso, avrebbe dovuto trovare applicazione la nuova normativa introdotta nel 2010, che invece imputa la spesa esclusivamente all’anno in cui è sostenuta. Essendo gli acquisti del 2010 e 2011, l’accertamento per il 2008 sarebbe stato illegittimo.
2. L’onere della prova: il contribuente lamentava che la Corte territoriale avesse richiesto una prova troppo rigorosa, ossia la dimostrazione del nesso diretto tra le disponibilità finanziarie della moglie (derivanti da un portafoglio titoli) e il loro concreto utilizzo per gli acquisti immobiliari. Secondo la sua difesa, sarebbe stato sufficiente provare la mera esistenza di tali disponibilità economiche.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la legittimità dell’operato dell’Agenzia delle Entrate e della sentenza di secondo grado.

Sul primo punto, i giudici hanno chiarito che la riforma del redditometro del 2010 ha efficacia solo per gli accertamenti relativi ai periodi d’imposta a decorrere dal 2009. Poiché il caso in esame riguardava l’anno 2008, era corretto applicare la normativa previgente, che ammetteva la cosiddetta “spalmatura” nel quinquennio precedente. La spesa sostenuta nel 2010 poteva quindi legittimamente essere imputata, pro quota, al reddito del 2008.

Sul secondo e più rilevante punto, quello relativo all’onere della prova, la Cassazione ha ribadito il suo orientamento consolidato. In tema di accertamento sintetico, il Fisco è dispensato da ogni prova ulteriore una volta dimostrata l’esistenza dei fattori-indice di capacità contributiva (in questo caso, l’incremento patrimoniale). Spetta al contribuente dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore. Questa prova contraria, tuttavia, non può consistere nella semplice dimostrazione della “mera disponibilità” di ulteriori redditi (esenti o tassati alla fonte). La legge richiede qualcosa di più: una prova documentale su “circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere”. In altre parole, il contribuente deve fornire elementi oggettivi, quantitativi e temporali, che colleghino in modo credibile la disponibilità economica alla spesa contestata. Nel caso di specie, la difesa del contribuente è stata ritenuta insufficiente perché la documentazione prodotta (un estratto del portafoglio titoli della moglie) dimostrava che, alla fine del 2010, i titoli erano ancora in possesso della signora, confermando il “mancato smobilizzo” per finanziare l’acquisto immobiliare.

Le Conclusioni

La decisione in commento rafforza la natura presuntiva del redditometro e definisce con precisione i confini della prova contraria a carico del contribuente. Non basta affermare di avere altre fonti di reddito o disponibilità finanziarie; è necessario documentare, con elementi oggettivi e circostanziati, che tali risorse siano state effettivamente utilizzate per sostenere le spese che hanno generato l’accertamento. La sentenza rappresenta un monito importante: la difesa contro un accertamento sintetico richiede una strategia probatoria attenta e meticolosa, capace di superare la semplice allegazione di disponibilità finanziarie, ancorandola a fatti concreti e verificabili.

Per un accertamento fiscale relativo all’anno 2008, si applica il “vecchio” o il “nuovo” redditometro?
Si applica il “vecchio” redditometro. La Corte di Cassazione ha chiarito che le modifiche introdotte dal D.L. n. 78/2010 hanno effetto solo per gli accertamenti relativi ai periodi d’imposta a decorrere dal 2009. Per l’anno 2008, è quindi legittima la “spalmatura” della spesa per incrementi patrimoniali nel quinquennio precedente.

Come può un contribuente difendersi da un accertamento basato sul redditometro per spese sostenute da un familiare?
Il contribuente deve fornire la prova contraria, dimostrando che il reddito presunto dal Fisco non esiste o è inferiore. Questa prova deve essere documentale e rigorosa, non limitandosi a dimostrare la mera esistenza di fondi da parte del familiare che ha sostenuto la spesa.

È sufficiente dimostrare la semplice disponibilità di fondi per superare la presunzione del redditometro?
No, non è sufficiente. Secondo la Corte, il contribuente è onerato di fornire la prova documentale non solo dell’entità e della durata del possesso di ulteriori redditi, ma anche di circostanze sintomatiche che rendano verosimile l’utilizzo di tali fondi per coprire le spese contestate. La mera prova della disponibilità economica non basta a vincere la presunzione legale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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