Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 527 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 527 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma ;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME
– intimato –
avverso
la sentenza n. 1446, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Liguria il 9.11.2015, e pubblicata il 15.12.2015;
ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
la Corte osserva:
Fatti di causa
L’Agenzia delle Entrate procedendo ai sensi dell’art. 38, quarto comma, del Dpr n. 600 del 1973, c.d. redditometro, accertava con metodo sintetico il maggior reddito ritenuto
OGGETTO: Redditometro – Beni indice – Cavallo da passeggio – Spese per incrementi patrimoniali – Origine della provvista.
conseguito da COGNOME NOME, ai fini Irpef, nell’anno 2007, in considerazione di riscontrate spese per incrementi patrimoniali (Euro 13.000,00), e del possesso di un cavallo, con relative spese di mantenimento.
Il contribuente impugnava l’atto impositivo, innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Genova, sostenendo di aver provato di possedere provviste non reddituali con le quali aveva fatto fronte agli oneri per incrementi patrimoniali, ed inoltre affermando che il cavallo era ancora un puledro nell’anno 2007, e comportava spese assai contenute. La CTP riteneva fondate le difese proposte dal contribuente ed annullava l’atto impositivo.
L’Agenzia delle Entrate spiegava appello avverso la decisione sfavorevole conseguita dai giudici di primo grado, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Liguria. La CTR confermava la decisione dei primi giudici.
Ha proposto ricorso per cassazione, avverso la decisione adottata dal giudice del gravame, l’Amministrazione finanziaria, affidandosi a due motivi di impugnazione. NOME COGNOME ha ricevuto la notificazione del ricorso (6.6.2016), anche presso il difensore costituito in grado di appello (3.6.2016), ma non ha svoto difese nel giudizio di legittimità.
Ragioni della decisione
Con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Ente impositore contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 38 del Dpr n. 600 del 1973, nonché dell’art. 2697 cod. civ., per avere il giudice dell’appello erroneamente ritenuto che il cavallo pacificamente posseduto dal contribuente non risultasse idoneo ad integrare prova della disponibilità di un reddito rilevante ai fini del redditometro.
Con il secondo strumento di impugnazione, anch’esso introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.,
l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza adottata dalla CTR per aver ritenuto che la mera prova della disponibilità di redditi non imponibili sia sufficiente ad evitare le presunzioni di legge in materia di accertamento sintetico, quando non sia dimostrato che le spese effettuate per gli incrementi patrimoniali siano state sostenute proprio con quei redditi non imponibili.
Mediante il primo motivo di ricorso l’Amministrazione finanziaria critica la decisione assunta dal giudice del gravame per aver erroneamente ritenuto che il cavallo, pacificamente posseduto dal ricorrente nel 2007, non dovesse considerarsi decisivo indice ai fini dell’accertamento sintetico del reddito.
3.1. Ai sensi dell’art. 2 del Dpr n. 600 del 1973, nella formula applicabile ratione temporis , ‘La dichiarazione delle persone fisiche … deve indicare … 1) disponibilità di aeromobili da turismo, di navi e imbarcazioni da diporto, di cavalli da equitazione o da corsa e di autoveicoli per il trasporto di persone …’ (evidenza aggiunta).
Ribadito come sia pacifico che NOME COGNOME non possedeva nel 2007 un cavallo da corsa , occorre ricordare che, al fine di illustrare le caratteristiche del ‘cavallo da equitazione’, l’Agenzia delle Entrate, nella Circolare 14.8.1981, ha scritto che ‘Cavalli di equitazione. si intendono per tali sia i cavalli da concorso ippico che i cavalli da maneggio. Il loro possesso non produce generalmente reddito d’impresa, anche nel caso in cui partecipino a delle gare, a meno che gli stessi non siano usati come beni strumentali di una specifica attività quale, ad esempio, il “noleggio ad ore”. In quest’ultima ipotesi, per esplicita previsione di legge, l’ufficio non potrà trarre deduzioni utili per l’accertamento sintetico; analoga preclusione si ha nel caso in cui i cavalli posseduti siano beni di un’azienda agricola, nel cui ambito sono sostenuti i costi relativi al loro mantenimento’ (cap. II, par. 1.3., lett. A).
3.2. Il giudice del gravame ha osservato ‘che, affinché il possesso di un cavallo possa essere considerato come indice di
capacità contributiva, deve trattarsi di cavallo da corsa o da equitazione, ma nella fattispecie il cavallo era posseduto dal contribuente per fare passeggiate, o trekking che dir si volglia, e quindi non possono essere utilizzati parametri per rilevare la capacità contributiva; il cavallo in oggetto è infatti un cavallo da diporto o da passeggiata. Aggiungasi che, come risulta dalla documentazione allegata, e dalla attestazione del maneggio, le spese per l’anno in contestazione sono state insussistenti per il fatto che l’associazione non richiede alcun rimborso per le spese sostenute relativamente alla cura e al mantenimento dei puledri … Aggiungasi che la cavalla di cui trattasi è un pony di razza meticcio, che non appartiene alla categoria dei cavalli di razza ma è un cavallo da passeggio … i cavalli adibiti a passeggiate non rientrano nelle categorie previste quali indici di capacità contributiva’ (sent. CTR, p. 3 s.).
3.3. Contesta la ricorrente Amministrazione finanziaria che ‘sono cavalli da equitazione anche quelli da maneggio … la sentenza impugnata fonda la decisione sull’esistenza della categoria: cavalli da compagnia, cavalli di affezione. Tale categoria, però, non esiste … i cavalli utilizzati a fini ricreativi, da maneggio, per l’equitazione, sono indici di spesa’ (ric., p. 4 s.).
3.4. Risulta allora opportuno evidenziare che la CTR ha ripetutamente qualificato la cavalla posseduta dal contribuente come un cavallo da passeggiata, e non da compagnia, e ribadire che si tratta di un pony di razza meticcia. Quindi il giudice del gravame, esprimendo il giudizio di fatto che gli compete, ha ritenuto che un simile cavallo non rientri tra quelli idonei a costituire indice di particolare capacità contributiva ai fini dell’accertamento sintetico del reddito, ed ha avuto pure cura di specificare da quali elementi abbia dedotto che le spese per il mantenimento dell’equino risultavano minime.
3.4.1. La questione controversa è stata già ripetutamente analizzata da questa Corte di legittimità, la quale ha condivisibilmente statuito essere ‘pacifico che, secondo la normativa di riferimento, costituisce indice di particolare capacità contributiva non il generico possesso di cavalli ma solo di quelli da equitazione o da corsa; nella prima categoria dovendosi intendere ricompresi, per come specificato dallo stesso documento di prassi invocato dalla ricorrente (Circolare n. 27 del 1981), sia i cavalli da concorso ippico che quelli da maneggio. La ratio delle norme è, quindi, evidente nell’attribuire solo ai cavalli a tali specifiche attività adibiti, per la particolare cura e addestramento che gli stessi richiedono, la qualità di indici di particolare capacità contributiva … Ciò posto, il motivo appare infondato laddove non contrasta l’accertamento in fatto compiuto dal Giudice di merito il quale, aldilà delle espressioni usate (animale di affezione non produttivo di reddito), ha accertato che i cavalli, in oggetto, non rientravano nelle categorie previste quali indici di capacità contributiva, essendo fattrici adibite a passeggiate. Tale ultima attività, infatti, non può farsi rientrare, neppure in via ermeneutica, nell’equitazione (sia da “concorso” che da “maneggio” come specificato dalla prassi) la quale presuppone l’arte e la tecnica del cavalcare e, nella sua accezione sportiva, l’attività dell’andare a cavallo nelle sue diverse specialità (praticabili, per l’appunto, in un maneggio, luogo dove si addestrano cavalli e cavalieri)’, Cass. sez. VI-V, 21.10.2015, n. 21335 (conf. Cass. sez. VI-V, 26.9.2017, n. 22386).
Il primo mezzo di impugnazione introdotto dall’Amministrazione finanziaria risulta pertanto infondato, e deve perciò essere respinto.
Mediante il secondo motivo di ricorso l’Amministrazione finanziaria censura la violazione di legge in cui ritiene essere incorsa la CTR, per aver ritenuto che la mera prova della disponibilità di redditi non imponibili, da parte del ricorrente, sia
sufficiente ad evitare le presunzioni di legge in materia di accertamento sintetico del reddito, quando non sia dimostrato che gli oneri affrontati per gli incrementi patrimoniali siano stati sostenuti proprio con qui redditi non imponibili.
L’Agenzia delle Entrate opera riferimento alle spese per incrementi patrimoniali (Euro 2.600,00) sostenute dal COGNOME, per l’acquisto di quote societarie, in data 7.7.2008, sopportando un costo di Euro 10.000,00, nonché di un fuoristrada, acquistato il 12.11.2009 con esborso di Euro 3.000,00. L’Amministrazione finanziaria non contesta che il contribuente avesse ottenuto in data 24.6.2008 il prestito di Euro 20.000,00, garantito dal padre e ritirato il 3.7.2008, con il quale assume di avere finanziato le spese per gli acquisti, ma oppone che il COGNOME non ha assicurato la prova di aver sostenuto le spese indicate proprio servendosi del denaro ottenuto in prestito.
4.1. La CTR ha statuito: ‘La Commissione evidenzia che trattasi di un finanziamento garantito dal padre, e richiama la recente giurisprudenza della Cassazione (N. 6396/14), secondo cui non è richiesto al contribuente l’ulteriore onere probatorio circa la specifica destinazione di tale reddito supplementare alle spese contestate dall’Amministrazione finanziaria’ (sent. CTR, p. 4).
4.2. La decisone adottata dal giudice dell’appello, pur nella sua stringatezza, appare comunque conforme all’orientamento interpretativo, ormai consolidato, seguito in proposito da questa Corte regolatrice.
Si è infatti avuto occasione di chiarire ripetutamente che ‘in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alle spese per incrementi patrimoniali, la prova documentale contraria ammessa, a carico del contribuente, ai sensi dell’art. 38, comma 6, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, vigente “ratione temporis”, riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o soggetti a
ritenuta alla fonte e non anche la dimostrazione del loro impiego negli acquisti effettuati, in quanto la prima circostanza è idonea, da sola, a superare la presunzione dell’insufficienza del reddito dichiarato in relazione alle spese sostenute’, Cass. sez. V, 19.3.2014, n. 6396; non essendosi mancato di ulteriormente specificare che ‘in tema di accertamento sintetico del reddito, ai sensi dell’art. 38, comma 6, del d.P.R. n. 600 del 1973, ove il contribuente deduca che la spesa sia il frutto di liberalità o di altra provenienza, la relativa prova deve essere fornita con la produzione di documenti, dai quali emerga non solo la disponibilità all’interno del nucleo familiare di tali redditi, ma anche l’entità degli stessi e la durata del possesso in capo al contribuente interessato dall’accertamento, pur non essendo lo stesso tenuto, altresì, a dimostrare l’impiego di detti redditi per l’effettuazione delle spese contestate, attesa la fungibilità delle diverse fonti di provvista economica’, Cass. sez. VI -V, 28.3.2018, n. 7757.
4.3. Nel caso di specie la CTR ha ritenuto che il contribuente avendo ricevuto, a breve distanza temporale dall’erogazione della spesa per incrementi patrimoniali, un finanziamento anche sovrabbondante rispetto agli oneri sopportati, abbia dimostrato la non rilevanza di dette spese ai fini dell’accertamento sintetico del reddito e tale valutazione, del resto non specificamente contrastata dall’Amministrazione finanziaria, appare condivisibile.
Anche il secondo strumento d’impugnazione proposto dall’Ente impositore risulta pertanto infondato e deve perciò essere rigettato.
In definitiva, il ricorso introdotto dall’Amministrazione finanziaria deve essere respinto.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese di lite, non avendo l’intimato contribuente svolto difese nel giudizio di legittimità.
5.1. Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere Amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello
Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
rigetta il ricorso proposto dall’ Agenzia delle Entrate .
Così deciso in Roma, il 15.12.2023.