Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3758 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3758 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/02/2024
Avv. Acc. IRPEF 2007
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27749/2015 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, INDIRIZZO.
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in INDIRIZZO, INDIRIZZO rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. LOMBARDIA n. 1707/13/2015, depositata in data 22 aprile 2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 dicembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
La contribuente riceveva notifica dall’RAGIONE_SOCIALE -dell’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, relativo ad IRPEF ed altro per l’anno di imposta
2007, con il quale le veniva determinato un maggior reddito pari ad € 74.826,62, comprensivo di IRPEF, addizionale comunale, addizionale regionale, interessi e sanzioni; costei risultava possedere beni indice di capacità contributiva non dichiarati, ossia cavalli detenuti presso un centro ippico del RAGIONE_SOCIALEgiano e tali animali, a parere dell’Ufficio, non potevano considerarsi meramente da affezione quanto piuttosto da equitazione/competizione, e dunque indice di capacità contributiva della ricorrente.
Avverso l’avviso di accertamento, la contribuente proponeva ricorso dinanzi la C.t.p. di RAGIONE_SOCIALE; resisteva l’ Ufficio con controdeduzioni.
La RAGIONE_SOCIALEtRAGIONE_SOCIALEpRAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 112/01/2014 del 20/02/2014, accoglieva il ricorso della contribuente.
Contro la sentenza proponeva appello l’ufficio dinanzi la C.t.r. della Lombardia; resisteva la contribuente con controdeduzioni.
Con sentenza n. 1707/13/2015, depositata in data 22 aprile 2015, la C.t.r. adita accoglieva il gravame dichiarando la legittimità dell’avviso impugnato ma rideterminando il reddito accertato in misura di poco inferiore a quella originaria ossia € 46.413,00.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Lombardia, la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 13 dicembre 2023 per la quale la contribuente ha depositato memoria.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.» la contribuente lamenta l’omessa valutazione di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha omesso di dare rilievo alle deduzioni della contribuente in merito al reddito posseduto, deduzioni atte a dimostrare l’ausilio economico fornito dal padre che, unitamente al proprio reddito di
lavoro dipendente, era atto a permetterle il sostenimento dei cavalli.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 38, comma quarto, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)» la contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha erroneamente interpretato la norma censurata laddove ha ritenuto che i cavalli da affezione (puledro, fattrice e cavallo di giovane età) potessero assurgere a fonte di reddito e, dunque, ritenersi cavalli da equitazione.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 38, comma terzo, del d.P.R. 1973, n. 600 (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)» la contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto che l’onere della prova fosse a carico della contribuente e non a carico dell’Amministrazione finanziaria, malgrado l’art. 38 tratti di presunzioni semplici e non legali.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 53 Cost. (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)» la contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto che la contribuente dovesse assolvere un obbligo fiscale sproporzionato rispetto alla propria capacità contributiva.
1.5. Con il quinto motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 2728 c.c. (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)» la contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto che le presunzioni sottese al metodo accertativo del redditometro fossero presunzioni legali.
Va premesso che in tema di accertamento in rettifica RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi RAGIONE_SOCIALE persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992,
riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 31/10/2021, n. 27811). Il sistema del ‹‹redditometro›› collega alla disponibilità di determinati beni e servizi in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito del soggetto secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di mantenimento del bene o servizio in questione. L’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la l. n. 413 del 1991 e il d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla l. n. 122 del 2010), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le «spese per incrementi patrimoniali», cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Ai sensi del sesto comma dell’art. 38 citato, resta salva la prova contraria, da parte del contribuente, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, o, più in RAGIONE_SOCIALE, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore. Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo
la legge stessa di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori dì capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) RAGIONE_SOCIALE somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (Cass. 29/01/2020, n. 1980; Cass. 11/04/2019, n. 10266; Cass. 26/02/2019, n. 5544; Cass. 11/04/2018, n. 8933; Cass. 31/03/2017, n. 8539; Cass. 01/09/2016, n. 17487; Cass. 20/01/2016, n. 930; Cass. 21/10/2015, n. 21335). Rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in RAGIONE_SOCIALE, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 19/10/2016, n. 21142; Cass. 29/04/2012, n. 18604; Cass. 24/10/2005, n. 20588). Questa Corte, con orientamento ormai consolidato, ha chiarito, altresì, i confini della prova contraria che il contribuente può offrire, in ordine alla presenza di redditi non imponibili, per opporsi alla ricostruzione presuntiva del reddito operata dall’Amministrazione finanziaria, precisando che non è sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente ‹‹sia
onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere››; è la norma stessa infatti a chiedere qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), in quanto, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere), in tal senso dovendosi leggere lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) dell’entità di tali eventuali ulteriori redditi e della durata del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi. Né la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la durata del possesso dei redditi in esame (Cass. 28/12/2022, 37985Cass. 14/06/2022, n. 19082; Cass. 20/04/2022, n. 12600; Cass. 24/05/2018, n. 12889; Cass. 16/05/2017, n. 12207; Cass. 26/01/2016, n. 1332; Cass. 18/04/2014, n. 8995).
3. Tanto premesso, il primo motivo, ossia quello con cui, invocando il num . 5 dell’art. 366, primo comma, cod. proc. civ., ci si duole del fatto che la C.t.r. ha omesso di dare rilievo alle deduzioni atte a dimostrare l’ausilio economico fornito dal padre che, unitamente al proprio reddito di lavoro dipendente, era atto a permetterle il sostenimento dei cavalli, è infondato.
3.1.
applicabile ratione temporis , ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale
o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto RAGIONE_SOCIALE previsioni degli artt.366, primo comma, n. 6 e 369, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ. il ricorrente deve indicare il «fatto storico», il cui esame sia stato omesso, il «dato», testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il «come» e il «quando» tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua «decisività», fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. 12/08/2017, n. 19987).
3.2. Nella fattispecie in esame, la C.t.r., ha deciso in conformità alla proposta conciliativa effettuata in sede di accertamento con adesione, sì che il reddito complessivo imponibile accertato dall’Ufficio dalle originarie € 74.826,62 veniva ridotto ad € 46.413,00; pertanto, i giudici di seconde cure hanno preso in esame e debitamente valutato per quali limitati periodi dell’anno i cavalli in questione sono stati considerati da corsa. In particolare, il cavallo ‘Carezza de Villanova’ è stato considerato cavallo da equitazione soltanto per quattro mesi in quanto, nell’aprile del 2007, risultava incinta e quindi inidonea all’utilizzo per equitazione; il puledro ‘May Be True’, nato nel giugno del DATA_NASCITA, è stato ritenuto inidoneo all’equitazione perché immaturo per struttura ossea e muscolare; infine, il cavallo ‘Incanto de Villanova’, acquistato nel marzo del 2007, andava considerato da equitazione soltanto per 10 mesi.
3.3. Per le altre circostanze fattuali – quali i redditi di lavoro dipendente della stessa contribuente che, all’epoca, lavorava presso la RAGIONE_SOCIALE, percependo un reddito imponibile per l’anno 2007 pari ad € 24.716,00, cui dovevano aggiungersi i due bonifici versati dal padre NOME COGNOME sul conto corrente bancario della figlia per un totale complessivo di € 11.550,00, oltre un rimborso pari ad € 5.757,44, un altro pari ad € 1.196,41 ed un altro di € 493,55 per un totale di ulteriori € 18.947, 40 – il motivo difetta di specificità, atteso che non si specifica se nell’accertamento siano state omesse la titolarità di reddito da lavoro dipendente e/o la percezione RAGIONE_SOCIALE altre somme indicate.
la RAGIONE_SOCIALE.t.r. ha erroneamente ritenuto che i
cavalli da affezione (puledro, fattrice e cavallo di giovane età) potessero assurgere a fonte di reddito e, dunque, ritenersi cavalli da equitazione, è infondato per le stesse ragioni prospettate nella valutazione del primo motivo.
4.1. In particolare, l’Ufficio ha precisato come il cavallo ‘Carezza de Villanova’ è stato considerato cavallo da equitazione soltanto per quattro mesi in quanto, nell’aprile del 2007, risultava incinta e quindi inidonea all’utilizzo per equitazione; il puledro ‘May Be True’, nato nel giugno del DATA_NASCITA, è stato ritenuto inidoneo all’equitazione perché immaturo per struttura ossea e muscolare; infine, il cavallo ‘Incanto de Villanova’, acquistato nel marzo del 2007, andava considerato da equitazione soltanto per 10 mesi; né la contribuente ha dedotto prova in ordine al fatto che per i residui periodi valutati dalla RAGIONE_SOCIALE.t.r., a seguito della proposta conciliativa, i cavalli non fossero da corsa.
5. Il terzo motivo, ossia quello con cui, sotto il profilo dell’ error in iudicando, ci si duole che la C.t.r. ha ritenuto che l’onere della prova fosse a carico della contribuente e non a carico
dell’Amministrazione finanziaria, malgrado l’art. 38 tratti di presunzioni semplici e non legali, è inammissibile.
La censura, sebbene contenga doglianze svolte ai sensi del n. 3 dell’art. 366, primo comma, cod. proc. civ., non prospetta violazione astratte RAGIONE_SOCIALE denunciate norme, ma violazioni in concreto RAGIONE_SOCIALE norme medesime, la cui delibazione passa attraverso l’inevitabile esame di elementi probatori acquisiti in giudizio. In particolare, mira a superare un accertamento di fatto sull’inidoneità della mera dichiarazione della parte medesima sostitutiva di atto di notorietà a dimostrare il sostenimento RAGIONE_SOCIALE spese di manutenzione dei cavalli da parte della struttura del maneggio facente capo al compagno della contribuente.
Ne consegue che la valutazione del ricorso implica il sindacato sulle modalità di accertamenti di fatto insindacabili in sede di legittimità, come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, cosi mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito giudizio di merito, nel quale ridiscutere tanto il contenuto di fatti e vicende processuali, quanto ancora gli apprezzamenti espressi dal giudice di appello non condivisi e per ciò solo censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consone ai propri desiderata, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa potessero ancora legittimamente porsi dinanzi al giudice di legittimità.
Di poi, la ricorrente ha contestato l’incidenza dei cavalli di sua proprietà nella determinazione sintetica del reddito, adducendo che le spese per il loro mantenimento erano sostenute per intero dal compagno, COGNOME NOME, titolare della ditta individuale di gestione e maneggio di cavalli nonché presidente dell’RAGIONE_SOCIALE sì che la maggiore capacità di spesa rilevata non era veritiera. Tuttavia, la contribuente non ha dimostrato a quale titolo quest’ultimo detenesse i cavalli e se gli stessi fossero stati impiegati nell’esercizio dell’attività e comunque
la contribuente non ha provato il costo effettivo del mantenimento dei cavalli di cui era proprietaria né come venivano sostenuti.
Il quarto motivo, ossia quello con cui ci si duole, sotto il profilo della violazione di legge, che la C.t.r. ha ritenuto che la contribuente dovesse assolvere un obbligo fiscale sproporzionato rispetto alla propria capacità contributiva, è infondato.
Invero, l’accertamento redditometrico basato sui beni indice di cui al D.M. del 10 settembre 1992 è stato ritenuto conforme al tessuto costituzionale con la sentenza n. 283 del 1987 affermando che i metodi di accertamento induttivo previsti dall’art. 38, quarto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, pur se fondano su presunzioni, iuris tantum e non juris et de jure -sono rispettosi dell’art. 53 della Costituzione in quanto ancorano l’accertamento ad elementi che devono essere rigorosamente dimostrati e sono idonei a costituire fonte sicura di rilevamento della capacità contributiva. Trattasi di un accertamento presuntivo, che lungi dal violare il principio costituzionale della correlazione tra capacità contributiva e imposizione tributaria, ne costituisce un mezzo di attuazione in quanto il reso ragionevole dal ricorso a indici idonei a dare fondamento reale alla corrispondenza tra imposizione e capacità contributiva.
Il quinto motivo, ossia quello con cui ci si duole, sotto il profilo della violazione di legge, che la C.t.r. ha ritenuto che le presunzioni sottese al metodo accertativo del redditometro fossero presunzioni legali, è infondato.
La C.t.r. ha fatto buon governo della giurisprudenza indicata sub 2 avendo espressamente affermato il carattere di presunzione legale relativa degli elementi indicativi di capacità contributiva secondo l’art. 38, comma 4, d.P.R. 600/1973 nella formulazione applicabile ratione temporis.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente alla refusione in favore dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE spese processuali che si liquidano in € 2 .300, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma il 13 dicembre 2023.