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Reddito estero: tassazione concorrente e residenza

Un contribuente, fiscalmente residente in Italia ma lavoratore in Kazakhstan per oltre 183 giorni, si è visto recapitare un avviso di accertamento per non aver dichiarato in Italia i redditi percepiti all’estero. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5524/2024, ha stabilito che, nonostante il lungo soggiorno estero, la residenza fiscale italiana permaneva a causa del mantenimento del centro degli interessi familiari e patrimoniali in Italia. La Corte ha chiarito che la Convenzione Italia-Kazakhstan prevede una tassazione concorrente, permettendo a entrambi gli Stati di imporre tasse sul medesimo reddito, con l’obbligo per l’Italia di riconoscere un credito per le imposte già pagate all’estero.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Reddito da Lavoro Estero: Quando si Applica la Tassazione Concorrente?

La gestione fiscale dei redditi percepiti all’estero è un tema complesso per i cittadini italiani che lavorano fuori dai confini nazionali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 5524 del 1° marzo 2024) ha fornito chiarimenti cruciali sulla tassazione concorrente e sul concetto di residenza fiscale, elementi chiave per determinare gli obblighi dichiarativi in Italia. Questo articolo analizza la decisione, spiegando perché anche chi lavora all’estero per lunghi periodi potrebbe essere tenuto a pagare le tasse in Italia.

Il Caso: Lavoro in Kazakhstan e Accertamento Fiscale

Il caso ha origine da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di un cittadino italiano. Per l’anno fiscale 2002, il contribuente aveva lavorato come dipendente per una società in Kazakhstan, soggiornando nel Paese per un periodo superiore a 183 giorni. Avendo già pagato le imposte in Kazakhstan, riteneva di non avere più alcun obbligo dichiarativo in Italia.

L’Amministrazione Finanziaria, tuttavia, sosteneva che il contribuente fosse ancora fiscalmente residente in Italia e, pertanto, soggetto al principio della tassazione su base mondiale (c.d. worldwide taxation), che impone di dichiarare tutti i redditi, ovunque prodotti. La Commissione Tributaria Regionale aveva inizialmente dato ragione al lavoratore, ma l’Agenzia delle Entrate ha impugnato la decisione portando il caso dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Questione della Residenza Fiscale e la Tassazione Concorrente

Il nodo centrale della controversia ruota attorno a due concetti fondamentali: la residenza fiscale e la potestà impositiva degli Stati secondo le convenzioni internazionali.

La Residenza Fiscale non dipende solo dalla Presenza Fisica

Secondo l’articolo 2 del T.U.I.R., una persona è considerata fiscalmente residente in Italia se, per la maggior parte del periodo d’imposta, soddisfa anche solo una delle seguenti condizioni:
1. È iscritta nelle anagrafi della popolazione residente.
2. Ha il domicilio in Italia, inteso come sede principale dei propri affari e interessi economici e personali.
3. Ha la dimora abituale in Italia.

Nel caso specifico, sebbene il contribuente avesse trascorso più di 183 giorni in Kazakhstan, aveva mantenuto in Italia la propria famiglia, l’unica abitazione di proprietà e i principali interessi patrimoniali, come conti correnti bancari. Questi elementi sono stati ritenuti sufficienti dalla Corte per confermare il suo domicilio in Italia e, di conseguenza, la sua residenza fiscale italiana.

L’Interpretazione della Convenzione Italia-Kazakhstan

Una volta stabilita la residenza in Italia, era necessario interpretare l’articolo 15 della Convenzione tra Italia e Kazakhstan per evitare le doppie imposizioni. La Corte ha sottolineato una differenza linguistica e sostanziale cruciale nel testo della convenzione:
– Il primo paragrafo stabilisce che i salari sono imponibili soltanto nello Stato di residenza, a meno che l’attività lavorativa non sia svolta nell’altro Stato.
– La seconda parte dello stesso paragrafo afferma che, se l’attività è svolta nell’altro Stato (in questo caso, il Kazakhstan), le remunerazioni possono essere tassate in quest’altro Stato.

L’assenza dell’avverbio “soltanto” nella seconda proposizione è stata decisiva. Indica che lo Stato della fonte del reddito (Kazakhstan) ha il diritto di tassare, ma non in via esclusiva. Si configura così una tassazione concorrente, in cui entrambi i Paesi mantengono la propria potestà impositiva.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ribaltando la decisione di merito. I giudici hanno chiarito che il criterio della permanenza fisica per oltre 183 giorni all’estero non è di per sé sufficiente a escludere la residenza fiscale in Italia se il soggetto mantiene nel nostro Paese il centro dei propri interessi vitali. La presenza della famiglia e degli interessi economici costituisce un legame forte che radica il domicilio in Italia.

Di conseguenza, il contribuente era obbligato a dichiarare in Italia anche il reddito prodotto in Kazakhstan. Per evitare la doppia imposizione giuridica, la normativa italiana (art. 165 T.U.I.R.) prevede il meccanismo del credito d’imposta, che consente di scomputare dalle imposte dovute in Italia quelle già versate a titolo definitivo all’estero. Poiché il contribuente non aveva presentato alcuna dichiarazione dei redditi in Italia, non ha potuto beneficiare né di questo meccanismo né di regimi agevolativi come quello previsto dall’art. 51, comma 8-bis, del T.U.I.R. per i lavoratori all’estero.

Conclusioni: Obblighi Dichiarativi per i Residenti in Italia

La sentenza stabilisce un principio di diritto fondamentale: un soggetto fiscalmente residente in Italia che svolge un’attività di lavoro dipendente in Kazakhstan è soggetto a una tassazione concorrente. Il reddito percepito all’estero, anche se già tassato alla fonte in Kazakhstan, deve essere dichiarato in Italia. Il contribuente ha poi il diritto di utilizzare il credito d’imposta per non subire un doppio prelievo. Questa pronuncia sottolinea l’importanza di una corretta valutazione della propria posizione di residenza fiscale e degli obblighi che ne derivano, anche quando si lavora all’estero, per evitare contenziosi con il Fisco.

Se lavoro all’estero per più di 183 giorni, perdo automaticamente la residenza fiscale in Italia?
No. La permanenza fisica all’estero per la maggior parte dell’anno non è sufficiente a escludere la residenza fiscale in Italia se si mantiene nel nostro Paese il domicilio, inteso come centro principale degli interessi familiari, sociali ed economici.

Il reddito da lavoro percepito in uno Stato estero con cui l’Italia ha una convenzione può essere tassato da entrambi i Paesi?
Sì. Se la convenzione contro le doppie imposizioni, come quella tra Italia e Kazakhstan, prevede che i redditi “possono essere tassati” nello Stato in cui il lavoro è svolto (senza usare l’avverbio “soltanto”), si instaura un regime di tassazione concorrente in cui entrambi gli Stati hanno il diritto di imporre il tributo.

Come si evita di pagare due volte le tasse sul reddito estero in caso di tassazione concorrente?
Per evitare la doppia imposizione, il contribuente deve dichiarare il reddito estero nel proprio Paese di residenza (Italia) e può usufruire del meccanismo del credito d’imposta. Questo permette di detrarre dalle imposte italiane quelle già pagate a titolo definitivo nello Stato estero.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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