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Reddito estero: la Cassazione chiarisce la tassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 30800/2024, ha stabilito che il reddito estero percepito da un cittadino fiscalmente residente in Italia è imponibile sia nello Stato in cui è stato prodotto sia in Italia. Per evitare la doppia imposizione, il contribuente ha diritto a un credito per le imposte già pagate all’estero. La Corte ha rigettato la tesi del ricorrente secondo cui la Convenzione internazionale escludeva la tassazione nello Stato di residenza.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Reddito Estero: Quando e Come si Tassa in Italia secondo la Cassazione

La gestione del reddito estero rappresenta una sfida per molti professionisti e lavoratori italiani. La questione centrale è semplice: se guadagno all’estero ma risiedo in Italia, dove devo pagare le tasse? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo tema, chiarendo l’interpretazione delle Convenzioni contro le doppie imposizioni e il principio della tassazione su base mondiale per i residenti.

Il caso: un contribuente e il suo reddito estero

La vicenda nasce dalla rettifica fiscale operata dall’Amministrazione finanziaria nei confronti di un contribuente, residente in Italia, che aveva percepito redditi da lavoro dipendente in un Paese estero. L’Agenzia aveva annullato il credito d’imposta per il reddito prodotto all’estero, imputando la somma a maggior reddito con le relative imposte, sanzioni e interessi.

Il contribuente si era opposto, sostenendo che, in base all’articolo 15 della Convenzione contro la doppia imposizione tra l’Italia e lo Stato estero, quel reddito dovesse essere tassato esclusivamente nel Paese in cui era stato prodotto. Mentre la Commissione tributaria provinciale gli aveva dato ragione, la Commissione regionale aveva riformato la decisione, affermando la tassabilità del reddito anche in Italia, sebbene con il riconoscimento di una detrazione per le imposte federali già versate all’estero. Il caso è quindi approdato in Cassazione.

L’interpretazione della Convenzione e la tassazione del reddito estero

Il cuore della controversia risiedeva nell’interpretazione dell’Articolo 15 della Convenzione. Il contribuente sosteneva che il primo comma di tale articolo stabilisse una regola di tassazione esclusiva nello Stato della fonte del reddito (quello estero).

La Corte di Cassazione ha respinto questa lettura, fornendo un’interpretazione sistematica della norma. Secondo i giudici, l’articolo 15 distingue due scenari:

1. Primo periodo: Le retribuzioni che un residente di uno Stato riceve in quello stesso Stato sono imponibili soltanto lì. Questo non era il caso in esame.
2. Secondo periodo: Se l’attività lavorativa è svolta nell’altro Stato contraente, le remunerazioni sono imponibili in questo altro Stato. La Corte sottolinea che la norma dice “imponibili”, non “imponibili soltanto”.

Questa distinzione è cruciale: il reddito da lavoro dipendente percepito da un residente italiano per un’attività svolta all’estero è imponibile sia nello Stato estero (Stato della fonte) sia in Italia (Stato di residenza).

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha fondato la sua decisione sul principio fondamentale della “worldwide taxation”, secondo cui i soggetti residenti fiscalmente in uno Stato sono tenuti a pagare le imposte in quello Stato per tutti i redditi posseduti, ovunque prodotti. La Convenzione internazionale non deroga a questo principio, ma si limita a coordinare le potestà impositive dei due Stati per evitare che il contribuente subisca una doppia imposizione giuridica.

La soluzione per evitare di pagare due volte le tasse non è escludere la tassazione in Italia, ma applicare il meccanismo del credito d’imposta previsto dalla normativa nazionale (in Italia, l’art. 165 del TUIR). Questo articolo permette di detrarre dall’imposta lorda italiana le imposte pagate a titolo definitivo all’estero.

La Corte ha quindi concluso che il reddito percepito dal contribuente nello Stato estero era correttamente imponibile in quel Paese in base alla Convenzione, ma anche in Italia in base al principio della residenza fiscale. La legge italiana stabilisce poi il modo per neutralizzare la doppia imposizione, ovvero attraverso la detrazione delle imposte già versate, come peraltro già riconosciuto dal giudice di merito.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio chiave per tutti i cittadini fiscalmente residenti in Italia che producono redditi all’estero. La sentenza chiarisce che la residenza fiscale in Italia comporta l’obbligo di dichiarare tutti i redditi, inclusi quelli di fonte estera. Le convenzioni contro le doppie imposizioni non servono a esentare tali redditi dalla tassazione in Italia, ma a regolare il concorso tra le pretese fiscali dei due Stati. Lo strumento per evitare un doppio prelievo è il credito d’imposta, che permette di recuperare, in sede di dichiarazione in Italia, quanto già pagato al fisco straniero. È quindi fondamentale per i contribuenti conservare la documentazione che attesti il pagamento delle imposte all’estero per poter beneficiare di questo meccanismo.

Un cittadino residente in Italia che percepisce un reddito da lavoro dipendente in un altro Stato deve pagare le tasse anche in Italia?
Sì. Secondo la Corte, il reddito è imponibile sia nello Stato estero dove è stato prodotto, sia in Italia, che è lo Stato di residenza fiscale, in base al principio della tassazione dei redditi ovunque prodotti.

Se il reddito estero è tassato in entrambi i Paesi, il contribuente paga due volte l’intera imposta?
No. Per evitare la doppia imposizione, la legge italiana (art. 165 TUIR) prevede un meccanismo di credito d’imposta. Il contribuente può detrarre dalle imposte dovute in Italia le tasse già pagate a titolo definitivo all’estero su quel reddito.

La Convenzione contro le doppie imposizioni esclude la tassazione del reddito in Italia?
No, salvo casi eccezionali non applicabili alla fattispecie. La Corte ha chiarito che la Convenzione stabilisce che il reddito da lavoro dipendente svolto in uno Stato estero è imponibile “anche” in quello Stato, ma non esclude la tassazione nello Stato di residenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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