Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4130 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5   Num. 4130  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LA COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/02/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 12309/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo  studio  dell’avvocato  COGNOME  NOME  (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso  la  SENTENZA  di  COMM.TRIB.REG.  BARI  n.  2776/2022 depositata il 26/10/2022.
Udita  la  relazione  svolta  nell’udienza  pubblica  del  22/10/2024  dal Consigliere NOME COGNOME.
Sentito  il  Pubblico  Ministero,  in  persona  del  AVV_NOTAIO Generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto.
Uditi  l’AVV_NOTAIO  per  la  ricorrente  e  l’AVV_NOTAIO per la controricorrente e ricorrente incidentale.
FATTI DI CAUSA
Con PVC 27.8.2013 si accertava che tra la società RAGIONE_SOCIALE, titolare di una centrale termoelettrica in Candela, e il gruppo RAGIONE_SOCIALE era intercorso un rapporto contrattuale, formalizzato con lettera di intenti del 2004 e successivi accordi prima con la RAGIONE_SOCIALE e poi, con la partecipata RAGIONE_SOCIALE, che prevedeva la realizzazione, da parte di queste ultime, di complessi di serre adiacenti o limitrofe alla RAGIONE_SOCIALE di Candela, da alimentare con l’energia termica di scarto da questa prodotta, al fine di ottenere il riconoscimento per la stessa RAGIONE_SOCIALE della qualifica di impianto di cogenerazione ad alta efficienza con conseguenti benefici economici previsti dalla normativa in materia.
A favore della RAGIONE_SOCIALE era stato pattuita la retrocessione « del valore economico dei certificati verdi ottenuti dal GSE» e «tali diritti» erano stati determinati «in ragione dell’energia termica erogata dalla società RAGIONE_SOCIALE per l’utilizzo nelle serre di proprietà della verificata, ed erogati nella misura del 70% del valore dei cd ‘certificati verdi’ ottenuti dalla società RAGIONE_SOCIALE per i primi 4 anni di validità del contratto e del 50% per i successivi 4 anni».
Sulla scorta di tale PVC l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE emetteva avvisi di accertamento per maggiori IRES, IVA e IRAP per gli anni dal 2010 al 2013, ritenendo che il rapporto instaurato tra la società RAGIONE_SOCIALE e la società ricorrente, fosse di tipo sinallagmatico, con prestazioni non riconducibili ad un’attività RAGIONE_SOCIALE bensì ad attività commerciale, per cui i proventi conseguiti dalla ricorrente (quota del valore dei “certificati verdi”) costituivano reddito d’impresa, anche considerato che i volumi d’affari conseguiti nello svolgimento RAGIONE_SOCIALE specifiche attività, desunti dalla nota integrativa al bilancio,
evidenziavano la prevalenza di quei ricavi rispetto a quelli derivanti dall’attività RAGIONE_SOCIALE.
La ricorrente impugnava gli avvisi con separati ricorsi deducendo che i ricavi derivanti da contratti stipulati con la società RAGIONE_SOCIALE rientravano nel reddito agrario e che fra la RAGIONE_SOCIALE e la ricorrente non esisteva alcun rapporto di scambio né era individuabile alcuna prestazione di servizi; si trattava di produzione di “energie rinnovabili” estensibile all’ipotesi di utilizzo di energia cogenerata -elettrica e calore – per scopi civili ed industriali con benefici legati ai c.d. “certificati verdi” in misura corrispondente all’energia termica utilizzata nelle serre.
La Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Bari accoglieva i ricorsi riuniti ritenendo che la ricorrente non svolgesse un’attività diversa da quella RAGIONE_SOCIALE, ma si limitasse ad acquistare l’energia termica somministrata dalla RAGIONE_SOCIALE termoelettrica e a concorrere agli incentivi previsti (certificati verdi) riconosciuti all’impianto di cogenerazione che, secondo la CTP, rappresentavano una componente economica positiva analoga ad un contributo in conto esercizio e non costituivano il corrispettivo di prestazioni di servizi.
L’RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello che la Corte di giustizia tributaria (CGT) di secondo grado della Puglia ha accolto parzialmente. Secondo la CGT la ricorrente aveva erogato alla RAGIONE_SOCIALE « servizi » che avevano consentito a quest’ultima « di conseguire un’elevata riduzione di immissione nell’aria di anidride carbonica, contribuendo, in modo determinante, alla produzione di energia termoelettrica mediante l’utilizzo, per connessione, di strumenti alternativi a quelli convenzionali, ottimizzando, senza alterarlo, in modo sinergico, il processo produttivo agricolo della stessa impresa appellata ». Riteneva applicabile, pertanto, il terzo comma dell’articolo 56 -bis del d.P.R. n. 917/1986 e « disponeva, a carico dell’RAGIONE_SOCIALE, la rideterminazione, per ognun o
degli anni 2010, 2011, 2012 e 2013 oggetto degli atti impugnati, dell’IRES dovuta dalla contribuente (appellata), applicando il pluricitato terzo comma dell’articolo 56 -bis del D.P.R. n. 917/1986, con sanzioni al minimo di legge» , mentre teneva ferma l’applicazione dell’aliquota ridotta per il settore agricolo ai fini IRAP sul valore netto imponibile della produzione.
 L’RAGIONE_SOCIALE  ha  proposto  ricorso  per  cassazione della sentenza fondato su un motivo.
 La  RAGIONE_SOCIALE  (già RAGIONE_SOCIALE)  ha  resistito  con  controricorso  e  ha  proposto ricorso incidentale fondato su quattro motivi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo l’RAGIONE_SOCIALE deduce, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3) c.p.c., « Falsa applicazione degli articoli 2135, terzo comma, del codice civile, 32 e 56-bis, comma 3, del TUIR e contestuale violazione degli artt. 55 ss. del T.U.I.R. (redditi di impresa)», laddove la CGT ha ricondotto l’attività svolta alle attività agricole per connessione, disciplinate dall’articolo 2135, comma 3, seconda parte, c.c. per ritenere i redditi in questione tassabili secondo quanto previsto dell’art. 56 -bis , comma 3, del TUIR.
1.1. Osserva la ricorrente che l’attività di cui si discute non possiede nessuno dei requisiti previsti dall’art. 2135 comma 3 c.c., perché, come ammesso dalla stessa contribuente, la società doveva esclusivamente svolgere la propria attività RAGIONE_SOCIALE floricola utilizzando l’energia prodotta dalla RAGIONE_SOCIALE per il riscaldamento RAGIONE_SOCIALE strutture. Contrattualmente la società aveva soltanto l’obbligo di ricevere energia termica da incanalare nelle serre, venendo congruamente remunerata da RAGIONE_SOCIALE. Non vi era, peraltro, alcuna fornitura di beni prodotti dall’attività RAGIONE_SOCIALE né lo svolgimento di alcuna prestazione connessa all’attività RAGIONE_SOCIALE da parte della ricorrente a favore della RAGIONE_SOCIALE. L’attività RAGIONE_SOCIALE
svolta, invece, era strumentale all’attività commerciale derivante dagli accordi con la RAGIONE_SOCIALE come confermato dal confronto tra i ricavi RAGIONE_SOCIALE due attività: per il 2010, i ricavi dell’attività RAGIONE_SOCIALE ammontava ad euro 8.879.125, i proventi dell’accordo con RAGIONE_SOCIALE erano pari ad euro 43.967.607; nel 2011 i primi erano euro 3.632.821 contro euro 45.803.670 dei secondi, nel 2012 euro 2.680.781 contro euro 50.986.798, nel 2013 euro 1.231.572 contro euro 38.819.487.
Con il primo motivo del ricorso incidentale si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., Violazione e falsa applicazione dell’art. 56 bis, comma 3, del TUIR (DPR 22 dicembre 1986, n. 917) in relazione agli artt. 56 bis, comma 4, e 73, comma 1, lett. a), del TUIR, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., perché la determinazione forfettaria della imposizione sui redditi da servizi connessi all’attività RAGIONE_SOCIALE si applica, secondo l’art. 56 bis comma 4, solo all’imprenditore individuale e alla società semplice e non alle società a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., Violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 56 bis, comma 3, del TUIR (DPR 22 dicembre 1986, n. 917), ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., sotto distinto profilo, perché la determinazione forfettaria della imposizione sui redditi da servizi connessi all’attività RAGIONE_SOCIALE, di cui all’art. 56 bis comma 3, non si applica alle società di capitali che svolgono esclusivamente attività RAGIONE_SOCIALE, come la ricorrente.
 Con  il  terzo  motivo  si  deduce,  in  relazione  all’art.  360 comma 1 n. 3 c.p.c., Violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 56 bis, comma terzo, del TUIR (DPR 22 dicembre 1986, n. 917) e dell’art.  2135,  terzo  comma,  c.c., perché  nella  fattispecie  non esisteva un rapporto di scambio tra i due contraenti, non essendo individuabile alcuna prestazione di servizi da parte della  RAGIONE_SOCIALE a favore di RAGIONE_SOCIALE. Nel caso in specie, infatti, era la
sola RAGIONE_SOCIALE a somministrare energia sotto forma di calore alla ricorrente, la quale doveva esclusivamente svolgere la propria attività RAGIONE_SOCIALE floricola fruendo di quell’energia per riscaldare le proprie serre; vi era quindi un « abbinamento dell’attività produttiva di RAGIONE_SOCIALE con quella RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE» ma non una prestazione di servizi da parte di quest’ultima a favore della prima . Anzi, secondo il « contratto di somministrazione di energia termica per teleriscaldamento di ambienti agricoli », stipulato in data 1.12.2008, la RAGIONE_SOCIALE era tenuta a pagare l’energia termica somministrata da RAGIONE_SOCIALE, in base a fatturazioni mensili e con pagamenti a 120 giorni.
Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., Violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 56 bis, comma terzo, del TUIR (DPR 22 dicembre 1986, n. 917) e dell’art. 2135, terzo comma, c.c., sotto distinto profilo, perché il ricevere calore dalla centrale RAGIONE_SOCIALE non rientrava nei servizi di cui al comma 3 dell’art. 2135 c.c. ma costituiva oggetto di una prestazione strumentale e accessoria a quella RAGIONE_SOCIALE e corrispondeva alla fondamentale necessità di migliorare la redditività del fondo, quale componente essenziale del ciclo produttivo agricolo . I ‘certificati verdi’, proprio perché monetizzabili sul mercato, equivalgono, nella sostanza, ad un contributo finanziario di origine pubblica, destinato a favorire condotte improntate al risparmio energetico ed al contenimento dei danni da inquinamento. Il ricevere calore dalla centrale RAGIONE_SOCIALE corrispondeva alla fondamentale necessità di migliorare la redditività del fondo, quale componente essenziale del ciclo produttivo agricolo. Ed infatti, in assenza di detti accordi, la società avrebbe dovuto provvedere in altro modo al riscaldamento RAGIONE_SOCIALE proprie serre.
 Viene  in  evidenza,  in  via  preliminare,  il  ricorso  incidentale della  società  e,  in  particolare,  vanno  esaminati  il  terzo  e  quarto
motivo con cui si sostiene che non esisteva un rapporto di scambio tra le provvidenze economiche garantite dagli accordi in questione a  favore  della  ricorrente  e  l’utilizzazione  da  parte  di  quest’ultima dell’energia  termica  prodotta  dalla  RAGIONE_SOCIALE,  cosicché  le  prime costituivano ‘contributo’ in conto esercizio. I due motivi presentano profili di inammissibilità e sono comunque infondati.
6.1. Va rammentato che « in tema di interpretazione del contratto, il procedimento di qualificazione giuridica consta di due fasi, RAGIONE_SOCIALE quali la prima consistente nella ricerca e nella individuazione della comune volontà dei contraenti – è un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione in relazione ai canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., mentre la seconda – concernente l’inquadramento della comune volontà nello schema legale corrispondente – risolvendosi nell’applicazione di norme giuridiche – può formare oggetto di verifica e riscontro in sede di legittimità sia per quanto attiene alla descrizione del moAVV_NOTAIO tipico della fattispecie legale, sia per quanto riguarda la rilevanza qualificante degli elementi di fatto così come accertati, sia infine con riferimento alla individuazione RAGIONE_SOCIALE implicazioni effettuali conseguenti alla sussistenza della fattispecie concreta nel paradigma normativo » (Cass. n. 29111 del 2017). La censura è inammissibile laddove contesta l’interpretazione degli accordi e la ricostruzione della volontà RAGIONE_SOCIALE parti date dal Giudice di merito, che, ricollegando i proventi in questione a « servizi » svolti dalla ricorrente a favore della RAGIONE_SOCIALE, vi riconosce un contenuto contrattuale con reciproci impegni atteso che l’interpretazione del contratto è « incensurabile in sede di legittimità, se non nell’ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., o di motivazione inadeguata, ovverosia non idonea a consentire la ricostruzione dell'”iter” logico seguito per giungere alla decisione. Pertanto, onde far valere una
violazione sotto il primo profilo, occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti, ma occorre, altresì, precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato, con l’ulteriore conseguenza dell’inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione RAGIONE_SOCIALE norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa» (Cass. n. 10554 del 2010; Cass. n. 15603 del 2021).
6.2. La doglianza è comunque infondata perché la Corte d’appello ha fatto buon governo dei principi in materia. La categoria dei contributi comprende gli aiuti diretti a ridurre il carico finanziario gravante sull’impresa e al suo interno si distinguono i contributi in conto esercizio, definiti come conferimenti in denaro o in natura destinati al finanziamento di esigenze di gestione, dai contributi in conto capitale, conferimenti destinati ad aiutare il potenziamento, la crescita o la ristrutturazione del patrimonio aziendale (tra i quali si collocano i contributi in conto impianti che sono destinati all’acquisizione di specifici beni ammortizzabili). Si tratta, quindi, di erogazioni a favore dell’impresa che si distinguono in ragione della loro destinazione. Assai significativo, in tal senso, è lo stesso TUIR che accomuna i « proventi in denaro o in natura a titolo di contributo» a quelli a titolo di «liberalità » (v. art. 88 comma 3 lett. b). Come ben sintetizzato dalla Circ. n. 34/E del 21 novembre 2013 RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE Normativache, pur dedicata a tracciare le differenze tra contributo e corrispettivo ai fini IVA, offre elementi interpretativi di portata generale «un contributo assume rilevanza ai fini IVA se erogato a fronte di un’obbligazione di dare, fare, non fare o permettere, ossia quando si è in presenza di un rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive. In altri termini, il contributo assume natura onerosa e
configura un’operazione rilevante agli effetti dell’IVA quando tra le parti  intercorre  un  rapporto  giuridico  sinallagmatico,  nel  quale  il contributo  ricevuto  dal  beneficiario  costituisce  il  compenso  per  il servizio effettuato o per il bene ceduto (..) Di contro, l’esclusione dal campo d’applicazione dell’IVA è stata ravvisata ogni qual volta il soggetto che riceve il contributo non diventa obbligato a dare, fare, non fare o permettere qualcosa come controprestazione ».
6.2.1. La ricostruzione degli accordi in termini di rapporto sinallagmatico trova adeguati riscontri documentali: in particolare, il « contratto » 2.2.2005 tra RAGIONE_SOCIALE e la capogruppo (trascritto per autosufficienza in ricorso) prevedeva una serie di « impegni » a carico della capogruppo, quali la realizzazione di complessi di serre su aree limitrofe alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in Candela in modo da renderle idonee all’utilizzo dell’energia termica di scarto prodotta dalla stessa RAGIONE_SOCIALE, stabilendosi altresì, l’« impegno (..) a ritirare » dalla RAGIONE_SOCIALE l’energia termica da questa prodotta (v. art. 3.2. lett. e), il tutto in termini di esclusiva « per sé e tramite società da essa controllate e partecipate » (art. 4), così da realizzare il ciclo che avrebbe consentito alla RAGIONE_SOCIALE di ottenere per la centrale termoelettrica di Candela il riconoscimento di ‘impianto di cogenerazione’ ai sensi dell’art.1 comma 71 della l. n. 239 /2004 (« hanno diritto alla emissione dei certificati verdi previsti ai sensi dell’articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e successive modificazioni, l’energia elettrica prodotta con l’utilizzo dell’idrogeno e l’energia prodotta in impianti statici con l’utilizzo dell’idrogeno ovvero con celle a combustibile nonché l’energia prodotta da impianti di cogenerazione abbinati al teleriscaldamento, RAGIONE_SOCIALEmente alla quota di energia termica effettivamente utilizzata per il teleriscaldamento »).
6.2.2.  A  favore  del  gruppo  RAGIONE_SOCIALE  lo  stesso  contratto prevedeva « conseguentemente l’esenzione dall’acquisto dei CERTIFICATI VERDI con attribuzione del valore economico di tale
esenzione in favore di COGNOME alle condizioni e per la quota parte determinata dal (..) contratto » (lett. h); con successive scritture del 2009 la consociata RAGIONE_SOCIALE, titolare RAGIONE_SOCIALE serre, che utilizzava l’energia prodotta dalla RAGIONE_SOCIALE per il loro riscaldamento, partecipò all’operazione ottenendo dalla RAGIONE_SOCIALE la retrocessione di una quota del valore dei ‘certificati verdi’ a suo favore. Questi proventi, quindi, trovano causa negli accordi stretti tra le parti e nelle prestazioni svolte, tra le quali spicca il ‘ritiro’ dell’energia termica di scarto (come osserva la stessa controricorrente, la RAGIONE_SOCIALE « deve esclusivamente svolgere la propria attività RAGIONE_SOCIALE floricola fruendo del riscaldamento per le proprie serre» ); derivano cioè da un rapporto sinallagmatico, hanno natura corrispettiva e soltanto convenzionalmente sono rapportati ai cd. ‘certificati verdi’, erogati a favore di RAGIONE_SOCIALE. Appare fuori luogo la ricostruzione del rapporto in termini di ‘abbinamento’ tra le parti in vista del conseguimento dei miglioramenti energetici e dei benefici legati ai ‘certificati verdi’, perché è pacifico che solo alla RAGIONE_SOCIALE, quale titolare dell’impianto, sono state riconosciute dal RAGIONE_SOCIALE quelle provvidenze; e questa ricostruzione non è inficiata dal ‘mandato senza rappresentanza’ rilasciato dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE per la « commercializzazione dei certificati verdi di sua competenza », che anzi conferma il rilievo meramente interno degli accordi. Né la società ricorrente aveva altro interesse ad aderire ai suddetti accordi con la RAGIONE_SOCIALE oltre quello di conseguire quei proventi economici, atteso che l’interesse al riscaldamento RAGIONE_SOCIALE serre era assicurato dal parallelo contratto di fornitura di energia del 1.12.2008.
Passando al motivo del ricorso principale dell’RAGIONE_SOCIALE, deve preliminarmente  rigettarsi  l’eccezione  di  inammissibilità  sollevata dalla controricorrente sul rilievo che  le censure  investono la valutazione  di  risultanze  probatorie  di  merito  nonché  questioni  di
fatto, non sindacabili nel giudizio di legittimità. La ricorrente non contesta la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, né, tanto meno, l’interpretazione degli accordi tra le parti ma assume che tali fatti -come accertati dalla sentenza impugnata – non determinerebbero l’applicazione della fattispecie astratta applicata dalla sentenza impugnata. Si è, dunque, in presenza di una doglianza che non investe la ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di merito, ma la individuazione che questi ha compiuto della norma applicata a quel fatto così come accertato, ed è riconducibile all’ipotesi di falsa applicazione della legge, usualmente definita ‘vizio di sussunzione’ (cfr. Cass., n. 3340 del 2019; Cass., n. 10320 del 2018; Cass., n. 24155 del 2017; Cass., n. 640 del 2019; Cass., n. 13747 del 2018). E’ infondata anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso principale con riguardo all’IRAP: secondo la controricorrente, l’impugnazione era stata proposta soltanto in relazione all’IRES, cosicché si era formato il giudicato interno sulla decisione dei giudici d’appello relativa all’IRAP. Sebbene quest’ultima imposta non sia stata esplicitamente citata dalla ricorrente, la doglianza, incentrandosi sulla natura commerciale e non RAGIONE_SOCIALE per connessione dell’attività in questione, si riflette su entrambi i tributi e non vi sono elementi univoci che inducano a ritenere l’acquiescenza della ricorrente alla decisione sull’IRAP.
 Passando  al  merito,  il  motivo  è  fondato,  con  conseguente inapplicabilità  del  criterio  di  determinazione  del  reddito  cui  all’art. 56 bis comma 3, cit., mentre restano assorbiti il primo e secondo motivo  del ricorso incidentale con cui la controricorrente ha contestato l’applicazione di questa normativa.
8.1. Come noto, l’art. 2135 c.c. distingue le attività agricole in ‘essenziali’  (di  cui  al  primo  comma,  così  come  esplicitate  dal secondo  comma)  e  ‘per  connessione’  (di  cui  al  terzo  comma). L’attività  di  coltura  in  serre  costituisce  attività  RAGIONE_SOCIALE,  come previsto  espressamente  dall’art.  32  comma  2  lett.  b)  del  TUIR,
nella versione applicabile ratione temporis , che comprende le « attività dirette alla produzione di vegetali tramite l’utilizzo di strutture fosse o mobili, anche provvisorie, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione insiste», e come affermato tradizionalmente: « la coltivazione RAGIONE_SOCIALE piante e dei fiori messi a dimora nel terreno costituisce una coltivazione agraria, anche se siano allocate in serre coperte o scoperte, calde o fredde; ciò in quanto la serra costituisce soltanto uno strumento utilizzato per la coltivazione, ma non fa venir meno il collegamento con il fattore terra e la conseguente riconduzione dell’attività a quella RAGIONE_SOCIALE » (Cass. n. 6662 del 1996). I proventi in questione sono estranei alla categoria di reddito agrario di cui all’art. 32 cit. (applicabile anche alle società agricole che abbiano optato alla tassazione su base catastale, v. art. 1 comma 1093 l. n. 296/2006), secondo cui « Il reddito agrario è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale di esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati nei limiti della potenzialità del terreno, nell’esercizio di attività agricole su di esso», perché tali ricavi non sono il risultato della « cura e sviluppo di un ciclo biologico » che costituisce elemento essenziale dell’attività RAGIONE_SOCIALE (per tutte, Cass. n. 24995 del 2010).
8.2. I proventi in questione non derivano neppure da una attività RAGIONE_SOCIALE per connessione di cui all’art. 2135 c.c. comma 3, tali essendo quelle « esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività RAGIONE_SOCIALE esercitata , ivi comprese le attività di
valorizzazione  del  territorio  e  del  patrimonio  rurale  e  forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge» .
8.2.1. Va precisato che la connessione rileva sia dal punto di vista soggettivo sia dal punto di vista oggettivo. La connessione soggettiva postula che le attività di cui al terzo comma siano esercitate da chi è imprenditore agricolo ‘essenziale’ (Cass. n. 4790 del 2023); si tratta, quindi, di attività ulteriori rispetto a quella propriamente RAGIONE_SOCIALE. La connessione oggettiva, a sua volta, si fonda, con riguardo alle attività di fornitura di beni o servizi, sui criteri di ‘normalità’ (Cass. n. 8690 del 2013) e di ‘prevalenza’ (Circolare RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 44/E del 14.5.2002): gli strumenti o le risorse dell’azienda RAGIONE_SOCIALE devono essere utilizzati continuativamente e sistematicamente nell’attività RAGIONE_SOCIALE principale e « le attrezzature agricole non devono essere impiegate nell’attività connessa in misura prevalente rispetto all’utilizzo operato nell’attività RAGIONE_SOCIALE di coltivazione del fondo, del bosco o di allevamento» (Circolare cit., par. 2). Si tratta di criteri eminentemente quantitativi che devono condurre ad un giudizio di tipo qualitativo, secondo cui, per poter rientrare fra le attività connesse, l’attività di fornitura di beni o servizi da parte dell’imprenditore agricolo non deve aver assunto per dimensione, organizzazione di capitali e risorse umane, la connotazione di attività principale, perché altrimenti non si configurerebbe più come attività RAGIONE_SOCIALE connessa di fornitura di servizi ma assumerebbe i connotati di attività commerciale (Cass. n. 16614 del 2016; Cass. n. 7238 del 2015; Cass. n. 6853 del 2011).
8.2.2. In questo caso non vi è stato lo svolgimento di alcuna attività rientrante nella previsione di cui all’art. 2135 comma 3 c.c.; la società si è RAGIONE_SOCIALE alla conduzione RAGIONE_SOCIALE serre ma con l’adesione agli accordi della sua capogruppo con RAGIONE_SOCIALE e l’utilizzo dell’energia  di  scarto  prodotta  dalla  RAGIONE_SOCIALE  per  il  riscaldamento RAGIONE_SOCIALE  strutture,  ha  partecipato  all’integrazione  del  ciclo  produttivo
della  centrale  termoelettrica  per  il  conseguimento  dei  benefici economici legati ai ‘certificati verdi’ e alla loro commercializzazione. Si è trattato, evidentemente, di una operazione  a  carattere  industriale  e  commerciale,  che  ha  visto l’attività  RAGIONE_SOCIALE  in  posizione  servente  e  strumentale,  come  è confermato dal confronto tra i ricavi dell’una e dell’altra.
 Conclusivamente,  accolto  il  ricorso  principale  e  rigettato quello  incidentale  nei  termini  di  cui  sopra,  la  causa  deve  essere rinviata al Giudice del merito.
p.q.m.
accoglie il ricorso principale, rigettati il terzo e quarto motivo e assorbiti il  primo e secondo motivo di quello incidentale, cassa di conseguenza la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria  di  secondo  grado  della  Puglia,  in  diversa  composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Roma, 22 ottobre 2024