Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4130 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 4130 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/02/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 12309/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso la SENTENZA di COMM.TRIB.REG. BARI n. 2776/2022 depositata il 26/10/2022.
Udita la relazione svolta nell’udienza pubblica del 22/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto.
Uditi l’avv. dello Stato NOME COGNOME per la ricorrente e l’avv. NOME COGNOME per la controricorrente e ricorrente incidentale.
FATTI DI CAUSA
Con PVC 27.8.2013 si accertava che tra la società RAGIONE_SOCIALE, titolare di una centrale termoelettrica in Candela, e il gruppo RAGIONE_SOCIALE era intercorso un rapporto contrattuale, formalizzato con lettera di intenti del 2004 e successivi accordi prima con la RAGIONE_SOCIALE e poi, con la partecipata RAGIONE_SOCIALE. agricola a responsabilità limitata, che prevedeva la realizzazione, da parte di queste ultime, di complessi di serre adiacenti o limitrofe alla Centrale di Candela, da alimentare con l’energia termica di scarto da questa prodotta, al fine di ottenere il riconoscimento per la stessa Centrale della qualifica di impianto di cogenerazione ad alta efficienza con conseguenti benefici economici previsti dalla normativa in materia.
A favore della G.RAGIONE_SOCIALE era stato pattuita la retrocessione « del valore economico dei certificati verdi ottenuti dal GSE» e «tali diritti» erano stati determinati «in ragione dell’energia termica erogata dalla società RAGIONE_SOCIALE per l’utilizzo nelle serre di proprietà della verificata, ed erogati nella misura del 70% del valore dei cd ‘certificati verdi’ ottenuti dalla società RAGIONE_SOCIALE per i primi 4 anni di validità del contratto e del 50% per i successivi 4 anni».
Sulla scorta di tale PVC l’Agenzia delle entrate emetteva avvisi di accertamento per maggiori IRES, IVA e IRAP per gli anni dal 2010 al 2013, ritenendo che il rapporto instaurato tra la società RAGIONE_SOCIALE e la società ricorrente, fosse di tipo sinallagmatico, con prestazioni non riconducibili ad un’attività agricola bensì ad attività commerciale, per cui i proventi conseguiti dalla ricorrente (quota del valore dei “certificati verdi”) costituivano reddito d’impresa, anche considerato che i volumi d’affari conseguiti nello svolgimento delle specifiche attività, desunti dalla nota integrativa al bilancio,
evidenziavano la prevalenza di quei ricavi rispetto a quelli derivanti dall’attività agricola.
La ricorrente impugnava gli avvisi con separati ricorsi deducendo che i ricavi derivanti da contratti stipulati con la società RAGIONE_SOCIALE rientravano nel reddito agrario e che fra la RAGIONE_SOCIALE e la ricorrente non esisteva alcun rapporto di scambio né era individuabile alcuna prestazione di servizi; si trattava di produzione di “energie rinnovabili” estensibile all’ipotesi di utilizzo di energia cogenerata -elettrica e calore – per scopi civili ed industriali con benefici legati ai c.d. “certificati verdi” in misura corrispondente all’energia termica utilizzata nelle serre.
La Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Bari accoglieva i ricorsi riuniti ritenendo che la ricorrente non svolgesse un’attività diversa da quella agricola, ma si limitasse ad acquistare l’energia termica somministrata dalla Centrale termoelettrica e a concorrere agli incentivi previsti (certificati verdi) riconosciuti all’impianto di cogenerazione che, secondo la CTP, rappresentavano una componente economica positiva analoga ad un contributo in conto esercizio e non costituivano il corrispettivo di prestazioni di servizi.
L’Agenzia delle entrate ha proposto appello che la Corte di giustizia tributaria (CGT) di secondo grado della Puglia ha accolto parzialmente. Secondo la CGT la ricorrente aveva erogato alla EDISON « servizi » che avevano consentito a quest’ultima « di conseguire un’elevata riduzione di immissione nell’aria di anidride carbonica, contribuendo, in modo determinante, alla produzione di energia termoelettrica mediante l’utilizzo, per connessione, di strumenti alternativi a quelli convenzionali, ottimizzando, senza alterarlo, in modo sinergico, il processo produttivo agricolo della stessa impresa appellata ». Riteneva applicabile, pertanto, il terzo comma dell’articolo 56 -bis del d.P.R. n. 917/1986 e « disponeva, a carico dell’Agenzia delle Entrate, la rideterminazione, per ognun o
degli anni 2010, 2011, 2012 e 2013 oggetto degli atti impugnati, dell’IRES dovuta dalla contribuente (appellata), applicando il pluricitato terzo comma dell’articolo 56 -bis del D.P.R. n. 917/1986, con sanzioni al minimo di legge» , mentre teneva ferma l’applicazione dell’aliquota ridotta per il settore agricolo ai fini IRAP sul valore netto imponibile della produzione.
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione della sentenza fondato su un motivo.
La RAGIONE_SOCIALE agricola a responsabilità limitata (già RAGIONE_SOCIALE) ha resistito con controricorso e ha proposto ricorso incidentale fondato su quattro motivi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo l’Agenzia deduce, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3) c.p.c., « Falsa applicazione degli articoli 2135, terzo comma, del codice civile, 32 e 56-bis, comma 3, del TUIR e contestuale violazione degli artt. 55 ss. del T.U.I.R. (redditi di impresa)», laddove la CGT ha ricondotto l’attività svolta alle attività agricole per connessione, disciplinate dall’articolo 2135, comma 3, seconda parte, c.c. per ritenere i redditi in questione tassabili secondo quanto previsto dell’art. 56 -bis , comma 3, del TUIR.
1.1. Osserva la ricorrente che l’attività di cui si discute non possiede nessuno dei requisiti previsti dall’art. 2135 comma 3 c.c., perché, come ammesso dalla stessa contribuente, la società doveva esclusivamente svolgere la propria attività agricola floricola utilizzando l’energia prodotta dalla Centrale per il riscaldamento delle strutture. Contrattualmente la società aveva soltanto l’obbligo di ricevere energia termica da incanalare nelle serre, venendo congruamente remunerata da RAGIONE_SOCIALE. Non vi era, peraltro, alcuna fornitura di beni prodotti dall’attività agricola né lo svolgimento di alcuna prestazione connessa all’attività agricola da parte della ricorrente a favore della RAGIONE_SOCIALE. L’attività agricola
svolta, invece, era strumentale all’attività commerciale derivante dagli accordi con la RAGIONE_SOCIALE come confermato dal confronto tra i ricavi delle due attività: per il 2010, i ricavi dell’attività agricola ammontava ad euro 8.879.125, i proventi dell’accordo con RAGIONE_SOCIALE erano pari ad euro 43.967.607; nel 2011 i primi erano euro 3.632.821 contro euro 45.803.670 dei secondi, nel 2012 euro 2.680.781 contro euro 50.986.798, nel 2013 euro 1.231.572 contro euro 38.819.487.
Con il primo motivo del ricorso incidentale si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., Violazione e falsa applicazione dell’art. 56 bis, comma 3, del TUIR (DPR 22 dicembre 1986, n. 917) in relazione agli artt. 56 bis, comma 4, e 73, comma 1, lett. a), del TUIR, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., perché la determinazione forfettaria della imposizione sui redditi da servizi connessi all’attività agricola si applica, secondo l’art. 56 bis comma 4, solo all’imprenditore individuale e alla società semplice e non alle società a responsabilità limitata.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., Violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 56 bis, comma 3, del TUIR (DPR 22 dicembre 1986, n. 917), ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., sotto distinto profilo, perché la determinazione forfettaria della imposizione sui redditi da servizi connessi all’attività agricola, di cui all’art. 56 bis comma 3, non si applica alle società di capitali che svolgono esclusivamente attività agricola, come la ricorrente.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., Violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 56 bis, comma terzo, del TUIR (DPR 22 dicembre 1986, n. 917) e dell’art. 2135, terzo comma, c.c., perché nella fattispecie non esisteva un rapporto di scambio tra i due contraenti, non essendo individuabile alcuna prestazione di servizi da parte della RAGIONE_SOCIALE a favore di RAGIONE_SOCIALE. Nel caso in specie, infatti, era la
sola EDISON a somministrare energia sotto forma di calore alla ricorrente, la quale doveva esclusivamente svolgere la propria attività agricola floricola fruendo di quell’energia per riscaldare le proprie serre; vi era quindi un « abbinamento dell’attività produttiva di RAGIONE_SOCIALE con quella agricola di RAGIONE_SOCIALE» ma non una prestazione di servizi da parte di quest’ultima a favore della prima . Anzi, secondo il « contratto di somministrazione di energia termica per teleriscaldamento di ambienti agricoli », stipulato in data 1.12.2008, la G.RAGIONE_SOCIALE era tenuta a pagare l’energia termica somministrata da Edison, in base a fatturazioni mensili e con pagamenti a 120 giorni.
Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., Violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 56 bis, comma terzo, del TUIR (DPR 22 dicembre 1986, n. 917) e dell’art. 2135, terzo comma, c.c., sotto distinto profilo, perché il ricevere calore dalla centrale RAGIONE_SOCIALE non rientrava nei servizi di cui al comma 3 dell’art. 2135 c.c. ma costituiva oggetto di una prestazione strumentale e accessoria a quella agricola e corrispondeva alla fondamentale necessità di migliorare la redditività del fondo, quale componente essenziale del ciclo produttivo agricolo . I ‘certificati verdi’, proprio perché monetizzabili sul mercato, equivalgono, nella sostanza, ad un contributo finanziario di origine pubblica, destinato a favorire condotte improntate al risparmio energetico ed al contenimento dei danni da inquinamento. Il ricevere calore dalla centrale RAGIONE_SOCIALE corrispondeva alla fondamentale necessità di migliorare la redditività del fondo, quale componente essenziale del ciclo produttivo agricolo. Ed infatti, in assenza di detti accordi, la società avrebbe dovuto provvedere in altro modo al riscaldamento delle proprie serre.
Viene in evidenza, in via preliminare, il ricorso incidentale della società e, in particolare, vanno esaminati il terzo e quarto
motivo con cui si sostiene che non esisteva un rapporto di scambio tra le provvidenze economiche garantite dagli accordi in questione a favore della ricorrente e l’utilizzazione da parte di quest’ultima dell’energia termica prodotta dalla Centrale, cosicché le prime costituivano ‘contributo’ in conto esercizio. I due motivi presentano profili di inammissibilità e sono comunque infondati.
6.1. Va rammentato che « in tema di interpretazione del contratto, il procedimento di qualificazione giuridica consta di due fasi, delle quali la prima consistente nella ricerca e nella individuazione della comune volontà dei contraenti – è un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione in relazione ai canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., mentre la seconda – concernente l’inquadramento della comune volontà nello schema legale corrispondente – risolvendosi nell’applicazione di norme giuridiche – può formare oggetto di verifica e riscontro in sede di legittimità sia per quanto attiene alla descrizione del modello tipico della fattispecie legale, sia per quanto riguarda la rilevanza qualificante degli elementi di fatto così come accertati, sia infine con riferimento alla individuazione delle implicazioni effettuali conseguenti alla sussistenza della fattispecie concreta nel paradigma normativo » (Cass. n. 29111 del 2017). La censura è inammissibile laddove contesta l’interpretazione degli accordi e la ricostruzione della volontà delle parti date dal Giudice di merito, che, ricollegando i proventi in questione a « servizi » svolti dalla ricorrente a favore della RAGIONE_SOCIALE vi riconosce un contenuto contrattuale con reciproci impegni atteso che l’interpretazione del contratto è « incensurabile in sede di legittimità, se non nell’ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., o di motivazione inadeguata, ovverosia non idonea a consentire la ricostruzione dell'”iter” logico seguito per giungere alla decisione. Pertanto, onde far valere una
violazione sotto il primo profilo, occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti, ma occorre, altresì, precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato, con l’ulteriore conseguenza dell’inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa» (Cass. n. 10554 del 2010; Cass. n. 15603 del 2021).
6.2. La doglianza è comunque infondata perché la Corte d’appello ha fatto buon governo dei principi in materia. La categoria dei contributi comprende gli aiuti diretti a ridurre il carico finanziario gravante sull’impresa e al suo interno si distinguono i contributi in conto esercizio, definiti come conferimenti in denaro o in natura destinati al finanziamento di esigenze di gestione, dai contributi in conto capitale, conferimenti destinati ad aiutare il potenziamento, la crescita o la ristrutturazione del patrimonio aziendale (tra i quali si collocano i contributi in conto impianti che sono destinati all’acquisizione di specifici beni ammortizzabili). Si tratta, quindi, di erogazioni a favore dell’impresa che si distinguono in ragione della loro destinazione. Assai significativo, in tal senso, è lo stesso TUIR che accomuna i « proventi in denaro o in natura a titolo di contributo» a quelli a titolo di «liberalità » (v. art. 88 comma 3 lett. b). Come ben sintetizzato dalla Circ. n. 34/E del 21 novembre 2013 Agenzia delle Entrate -Dir. Centrale Normativache, pur dedicata a tracciare le differenze tra contributo e corrispettivo ai fini IVA, offre elementi interpretativi di portata generale «un contributo assume rilevanza ai fini IVA se erogato a fronte di un’obbligazione di dare, fare, non fare o permettere, ossia quando si è in presenza di un rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive. In altri termini, il contributo assume natura onerosa e
configura un’operazione rilevante agli effetti dell’IVA quando tra le parti intercorre un rapporto giuridico sinallagmatico, nel quale il contributo ricevuto dal beneficiario costituisce il compenso per il servizio effettuato o per il bene ceduto (..) Di contro, l’esclusione dal campo d’applicazione dell’IVA è stata ravvisata ogni qual volta il soggetto che riceve il contributo non diventa obbligato a dare, fare, non fare o permettere qualcosa come controprestazione ».
6.2.1. La ricostruzione degli accordi in termini di rapporto sinallagmatico trova adeguati riscontri documentali: in particolare, il « contratto » 2.2.2005 tra RAGIONE_SOCIALE e la capogruppo (trascritto per autosufficienza in ricorso) prevedeva una serie di « impegni » a carico della capogruppo, quali la realizzazione di complessi di serre su aree limitrofe alla Centrale RAGIONE_SOCIALE in Candela in modo da renderle idonee all’utilizzo dell’energia termica di scarto prodotta dalla stessa Centrale, stabilendosi altresì, l’« impegno (..) a ritirare » dalla EDISON l’energia termica da questa prodotta (v. art. 3.2. lett. e), il tutto in termini di esclusiva « per sé e tramite società da essa controllate e partecipate » (art. 4), così da realizzare il ciclo che avrebbe consentito alla EDISON di ottenere per la centrale termoelettrica di Candela il riconoscimento di ‘impianto di cogenerazione’ ai sensi dell’art.1 comma 71 della l. n. 239 /2004 (« hanno diritto alla emissione dei certificati verdi previsti ai sensi dell’articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e successive modificazioni, l’energia elettrica prodotta con l’utilizzo dell’idrogeno e l’energia prodotta in impianti statici con l’utilizzo dell’idrogeno ovvero con celle a combustibile nonché l’energia prodotta da impianti di cogenerazione abbinati al teleriscaldamento, limitatamente alla quota di energia termica effettivamente utilizzata per il teleriscaldamento »).
6.2.2. A favore del gruppo RAGIONE_SOCIALE lo stesso contratto prevedeva « conseguentemente l’esenzione dall’acquisto dei CERTIFICATI VERDI con attribuzione del valore economico di tale
esenzione in favore di COGNOME alle condizioni e per la quota parte determinata dal (..) contratto » (lett. h); con successive scritture del 2009 la consociata RAGIONE_SOCIALE, titolare delle serre, che utilizzava l’energia prodotta dalla Centrale per il loro riscaldamento, partecipò all’operazione ottenendo dalla RAGIONE_SOCIALE la retrocessione di una quota del valore dei ‘certificati verdi’ a suo favore. Questi proventi, quindi, trovano causa negli accordi stretti tra le parti e nelle prestazioni svolte, tra le quali spicca il ‘ritiro’ dell’energia termica di scarto (come osserva la stessa controricorrente, la G.C. Partecipazioni « deve esclusivamente svolgere la propria attività agricola floricola fruendo del riscaldamento per le proprie serre» ); derivano cioè da un rapporto sinallagmatico, hanno natura corrispettiva e soltanto convenzionalmente sono rapportati ai cd. ‘certificati verdi’, erogati a favore di RAGIONE_SOCIALE. Appare fuori luogo la ricostruzione del rapporto in termini di ‘abbinamento’ tra le parti in vista del conseguimento dei miglioramenti energetici e dei benefici legati ai ‘certificati verdi’, perché è pacifico che solo alla RAGIONE_SOCIALE, quale titolare dell’impianto, sono state riconosciute dal GSE quelle provvidenze; e questa ricostruzione non è inficiata dal ‘mandato senza rappresentanza’ rilasciato dalla G.C. Partecipazione alla RAGIONE_SOCIALE per la « commercializzazione dei certificati verdi di sua competenza », che anzi conferma il rilievo meramente interno degli accordi. Né la società ricorrente aveva altro interesse ad aderire ai suddetti accordi con la RAGIONE_SOCIALE oltre quello di conseguire quei proventi economici, atteso che l’interesse al riscaldamento delle serre era assicurato dal parallelo contratto di fornitura di energia del 1.12.2008.
Passando al motivo del ricorso principale dell’Agenzia, deve preliminarmente rigettarsi l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla controricorrente sul rilievo che le censure investono la valutazione di risultanze probatorie di merito nonché questioni di
fatto, non sindacabili nel giudizio di legittimità. La ricorrente non contesta la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, né, tanto meno, l’interpretazione degli accordi tra le parti ma assume che tali fatti -come accertati dalla sentenza impugnata – non determinerebbero l’applicazione della fattispecie astratta applicata dalla sentenza impugnata. Si è, dunque, in presenza di una doglianza che non investe la ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di merito, ma la individuazione che questi ha compiuto della norma applicata a quel fatto così come accertato, ed è riconducibile all’ipotesi di falsa applicazione della legge, usualmente definita ‘vizio di sussunzione’ (cfr. Cass., n. 3340 del 2019; Cass., n. 10320 del 2018; Cass., n. 24155 del 2017; Cass., n. 640 del 2019; Cass., n. 13747 del 2018). E’ infondata anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso principale con riguardo all’IRAP: secondo la controricorrente, l’impugnazione era stata proposta soltanto in relazione all’IRES, cosicché si era formato il giudicato interno sulla decisione dei giudici d’appello relativa all’IRAP. Sebbene quest’ultima imposta non sia stata esplicitamente citata dalla ricorrente, la doglianza, incentrandosi sulla natura commerciale e non agricola per connessione dell’attività in questione, si riflette su entrambi i tributi e non vi sono elementi univoci che inducano a ritenere l’acquiescenza della ricorrente alla decisione sull’IRAP.
Passando al merito, il motivo è fondato, con conseguente inapplicabilità del criterio di determinazione del reddito cui all’art. 56 bis comma 3, cit., mentre restano assorbiti il primo e secondo motivo del ricorso incidentale con cui la controricorrente ha contestato l’applicazione di questa normativa.
8.1. Come noto, l’art. 2135 c.c. distingue le attività agricole in ‘essenziali’ (di cui al primo comma, così come esplicitate dal secondo comma) e ‘per connessione’ (di cui al terzo comma). L’attività di coltura in serre costituisce attività agricola, come previsto espressamente dall’art. 32 comma 2 lett. b) del TUIR,
nella versione applicabile ratione temporis , che comprende le « attività dirette alla produzione di vegetali tramite l’utilizzo di strutture fosse o mobili, anche provvisorie, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione insiste», e come affermato tradizionalmente: « la coltivazione delle piante e dei fiori messi a dimora nel terreno costituisce una coltivazione agraria, anche se siano allocate in serre coperte o scoperte, calde o fredde; ciò in quanto la serra costituisce soltanto uno strumento utilizzato per la coltivazione, ma non fa venir meno il collegamento con il fattore terra e la conseguente riconduzione dell’attività a quella agricola » (Cass. n. 6662 del 1996). I proventi in questione sono estranei alla categoria di reddito agrario di cui all’art. 32 cit. (applicabile anche alle società agricole che abbiano optato alla tassazione su base catastale, v. art. 1 comma 1093 l. n. 296/2006), secondo cui « Il reddito agrario è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale di esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati nei limiti della potenzialità del terreno, nell’esercizio di attività agricole su di esso», perché tali ricavi non sono il risultato della « cura e sviluppo di un ciclo biologico » che costituisce elemento essenziale dell’attività agricola (per tutte, Cass. n. 24995 del 2010).
8.2. I proventi in questione non derivano neppure da una attività agricola per connessione di cui all’art. 2135 c.c. comma 3, tali essendo quelle « esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata , ivi comprese le attività di
valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge» .
8.2.1. Va precisato che la connessione rileva sia dal punto di vista soggettivo sia dal punto di vista oggettivo. La connessione soggettiva postula che le attività di cui al terzo comma siano esercitate da chi è imprenditore agricolo ‘essenziale’ (Cass. n. 4790 del 2023); si tratta, quindi, di attività ulteriori rispetto a quella propriamente agricola. La connessione oggettiva, a sua volta, si fonda, con riguardo alle attività di fornitura di beni o servizi, sui criteri di ‘normalità’ (Cass. n. 8690 del 2013) e di ‘prevalenza’ (Circolare Agenzia delle entrate n. 44/E del 14.5.2002): gli strumenti o le risorse dell’azienda agricola devono essere utilizzati continuativamente e sistematicamente nell’attività agricola principale e « le attrezzature agricole non devono essere impiegate nell’attività connessa in misura prevalente rispetto all’utilizzo operato nell’attività agricola di coltivazione del fondo, del bosco o di allevamento» (Circolare cit., par. 2). Si tratta di criteri eminentemente quantitativi che devono condurre ad un giudizio di tipo qualitativo, secondo cui, per poter rientrare fra le attività connesse, l’attività di fornitura di beni o servizi da parte dell’imprenditore agricolo non deve aver assunto per dimensione, organizzazione di capitali e risorse umane, la connotazione di attività principale, perché altrimenti non si configurerebbe più come attività agricola connessa di fornitura di servizi ma assumerebbe i connotati di attività commerciale (Cass. n. 16614 del 2016; Cass. n. 7238 del 2015; Cass. n. 6853 del 2011).
8.2.2. In questo caso non vi è stato lo svolgimento di alcuna attività rientrante nella previsione di cui all’art. 2135 comma 3 c.c.; la società si è limitata alla conduzione delle serre ma con l’adesione agli accordi della sua capogruppo con RAGIONE_SOCIALE e l’utilizzo dell’energia di scarto prodotta dalla Centrale per il riscaldamento delle strutture, ha partecipato all’integrazione del ciclo produttivo
della centrale termoelettrica per il conseguimento dei benefici economici legati ai ‘certificati verdi’ e alla loro commercializzazione. Si è trattato, evidentemente, di una operazione a carattere industriale e commerciale, che ha visto l’attività agricola in posizione servente e strumentale, come è confermato dal confronto tra i ricavi dell’una e dell’altra.
Conclusivamente, accolto il ricorso principale e rigettato quello incidentale nei termini di cui sopra, la causa deve essere rinviata al Giudice del merito.
p.q.m.
accoglie il ricorso principale, rigettati il terzo e quarto motivo e assorbiti il primo e secondo motivo di quello incidentale, cassa di conseguenza la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Roma, 22 ottobre 2024