Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19470 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19470 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3951/2024 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-ricorrente-
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio degli avv.ti COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME dai quali è rappresentato e difeso
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DI BOLZANO n. 37/2023 depositata il 13 luglio 2023
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 21 maggio 2025 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale di Bolzano dell’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti di NOME COGNOME un avviso di accertamento relativo all’anno 2015, con il quale, per quanto qui ancora
interessa, disconosceva la detraibilità delle spese da questi sostenute per il recupero edilizio e la riqualificazione energetica di un fabbricato di sua proprietà sito nel Comune di Egna, composto da dodici alloggi, altrettanti posti auto e una cantina, operando le conseguenti riprese a tassazione ai fini dell’IRPEF e irrogando le sanzioni amministrative previste dalla legge.
La pretesa erariale si fondava sull’assunto che al contribuente dovesse essere attribuita la qualifica di imprenditore, avendo egli venduto o concesso in locazione a terzi le singole unità immobiliari dopo aver acquistato all’asta il suddetto edificio e sottoposto lo stesso a intervento di ristrutturazione.
Lo COGNOME impugnava tale avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria di primo grado di Bolzano, che accoglieva «in parte qua» il suo ricorso -con il quale era stato contestato anche il mancato riconoscimento della detraibilità delle spese da lui sostenute in relazione ad altro immobile sito in Bressanone-, annullando la ripresa fiscale in discussione.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado di Bolzano, che con sentenza n. 37/2023 del 13 luglio 2023 respingeva l’appello dell’Amministrazione Finanziaria.
A fondamento della decisione adottata il collegio altoatesino osservava che al contribuente non poteva attribuirsi la qualifica di imprenditore ai fini tributari, in mancanza di esercizio di un’attività economica organizzata consistente nella produzione di beni o nella prestazione di servizi, essendosi lo stesso limitato a concedere in locazione a terzi le unità immobiliari componenti l’edificio ristrutturato.
Contro questa sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
Lo COGNOME ha resistito con controricorso, con il quale ha avanzato richiesta di condanna della ricorrente al risarcimento dei danni per
lite temeraria o al pagamento di una somma equitativamente determinata, ai sensi dell’art. 96, commi 1 e 3, c.p.c..
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, dello stesso articolo il controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è denunciata la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 16bis e 55 del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR) e dell’art. 2697 c.c..
1.1 Si rimprovera alla CGT-2 di aver erroneamente posto a base della decisione la nozione civilistica di imprenditore commerciale, tralasciando di considerare che in àmbito tributario, ai fini della configurabilità di un reddito d’impresa, non assume rilievo il requisito dell’organizzazione, ma unicamente l’esercizio per professione abituale, ancorchè non esclusiva, di una delle attività indicate nell’art. 2195 c.c..
1.2 Contrariamente a quanto eccepito dal controricorrente, il motivo non incorre nella preclusione da cd. «doppia conforme» sancita dall’art. 360, comma 4, c.p.c., non essendo stato formulato ai sensi del n. 5) del comma 1 dello stesso articolo; né può fondatamente sostenersi che detto motivo, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, tenda, in realtà, a sollecitare una rivalutazione degli accertamenti in fatto compiuti dalla Corte di secondo grado, giacchè quel che viene contestato dall’Agenzia delle Entrate è la correttezza dell’interpretazione dell’art. 55 del TUIR offerta dai giudici «a quibus» , con i conseguenti riflessi sull’esatta applicazione delle regole in tema di riparto dell’onere della prova.
1.3 Tanto premesso, la doglianza in esame deve essere respinta,
pur rendendosi necessario correggere la motivazione della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 384, ultimo comma, c.p.c., nei termini che seguono.
1.4 La CGT-2 ha accertato in fatto che lo COGNOME, dopo aver realizzato «consistenti interventi di ristrutturazione» dell’edificio di sua proprietà sito nel Comune di Egna, precedentemente «acquistato all’asta» , aveva concesso in locazione a terzi gli appartamenti di cui questo si compone.
Ha, quindi, evidenziato «come un imprenditore necessiti… di un’organizzazione, composta da forza lavoro e capitale» , soggiungendo che, «nel caso di specie, la stessa Agenzia da (va) atto che il contribuente non aveva nessun dipendente» .
Nell’immediato prosieguo della motivazione ha sottolineato che «l’altra caratteristica di un imprenditore è quella di produrre beni o di fornire servizi» e che, « nel caso di specie, l’Ufficio non (avev) a fornito, nella maniera più assoluta, nessun elemento dal quale poter dedurre che COGNOME NOME fornisse un qualsivoglia servizio, laddove, pacificamente, concedere in locazione un immobile non costituisce un servizio» , bensì «fruizione di una rendita» .
1.5 Ciò posto, giova rammentare che, per consolidata giurisprudenza di legittimità, la nozione tributaristica di impresa commerciale non coincide con quella civilistica, giacchè l’art. 55 (corrispondente nella vecchia formulazione all’art. 51) del TUIR intende come tale l’esercizio per professione abituale, ancorchè non esclusiva, delle attività indicate dall’art. 2195 c.c., pur se non organizzate in forma di impresa, e prescinde, quindi, dal requisito organizzativo -che, invece, rappresenta elemento qualificante e imprescindibile per la configurabilità dell’impresa commerciale agli effetti civilistici-, esigendo soltanto che l’attività svolta sia caratterizzata dalla professionalità abituale (cfr. Cass. n. 27211/2006, Cass. n. 15021/2020, Cass. n. 20065/2022).
1.6 È stato, inoltre, puntualizzato che non può escludersi la qualità
di imprenditore anche in colui il quale compia un unico affare, di non trascurabile rilevanza economica, a sèguito dello svolgimento di un’attività che abbia richiesto una pluralità di operazioni costituenti attività di impresa (cfr. Cass. n. 36502/2022, Cass. n. 8193/1997).
1.7 Alla stregua dei suenunciati princìpi di diritto, si appalesa erronea l’affermazione del collegio d’appello secondo cui la mancata dimostrazione da parte dell’Amministrazione Finanziaria dell’esistenza di un’organizzazione di lavoro e capitale facente capo al contribuente non consentirebbe di attribuire allo stesso la qualifica di imprenditore commerciale ai fini tributari.
1.8 Fermo quanto precede, va però tenuto presente che, secondo un diffuso orientamento nomofilattico, la mera locazione di immobili a terzi non equivale necessariamente all’allegazione in fatto dell’esplicazione di un’attività che trascenda la gestione del patrimonio immobiliare (comprendente gli atti necessari alla conservazione e alla valorizzazione di quest’ultimo) e integri, invece, una vera e propria attività commerciale produttiva di reddito d’impresa, ai sensi degli artt. 2195 c.c. e 55 del TUIR.
1.9 Tale conclusione è condivisa dalla stessa Agenzia delle Entrate, la quale nella risoluzione n. 55/E del 26 febbraio 2002, ha rimarcato che «sul tema della gestione degli immobili, … la semplice attività di locazione di appartamenti, quand’anche svolta da un’impresa, non consente di qualificare come strumentali i beni immobili dati in godimento» , e quindi di affermare la loro destinazione all’attività di produzione o di scambio oggetto dell’impresa (cfr. Cass. n. 24223/2020, Cass. n. 24813/2021, Cass. n. 23105/2022).
1.10 L’impugnata sentenza appare, dunque, condivisibile laddove ha negato che la sola locazione a terzi di immobili di proprietà dello Scherer potesse reputarsi idonea a integrare esercizio di un’impresa commerciale, in difetto di ulteriori elementi atti ad
evidenziare la professionalità nello svolgimento dell’attività contestata.
1.11 A prescindere dai suesposti rilievi, non va comunque dimenticato che, per potersi ritenere configurabile un’impresa commerciale rilevante in àmbito tributario, è necessario che l’attività sia svolta con caratteri di stabilità e regolarità e si protragga per un apprezzabile periodo di tempo, pur se non necessariamente con rigorosa continuità; con la precisazione che l’abitualità dell’attività deve essere definita con riguardo alla sua stabilità nel periodo d’imposta preso in considerazione (cfr. Cass. n. 13893/2024, Cass. n. 36992/2022, Cass. n. 36502/2022, Cass. n. 20065/2022, Cass. n. 32590/2019).
1.12 Orbene, dalla stessa ricostruzione in fatto operata in ricorso dall’Agenzia delle Entrate emerge che la ristrutturazione dell’edificio acquistato all’asta dallo Scherer è iniziata nel febbraio 2016 e che la stipula dei contratti di locazione inerenti a undici dei dodici alloggi con pertinenziali posti auto di cui esso si compone è avvenuta fra il 2018 e il 2019.
1.13 Trattasi, in tutta evidenza, di attività che si colloca temporalmente al di fuori del periodo d’imposta oggetto di verifica fiscale (anno 2015).
Corretta nei termini dianzi illustrati la motivazione sorreggente il «decisum» , il ricorso va quindi rigettato.
Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Le ragioni della decisione inducono ad escludere che la ricorrente abbia agito in giudizio con mala fede o colpa grave o tenuto una condotta oggettivamente valutabile come abuso del processo, onde non può trovare accoglimento la richiesta di condanna al risarcimento dei danni per lite temeraria o al pagamento di una somma equitativamente determinata proposta nei suoi confronti dal controricorrente a norma dell’art. 96, commi 1 e 3, c.p.c..
4.1 In proposito, è bene ricordare che, in caso di rigetto sia del ricorso per cassazione che dell’istanza, meramente accessoria, avanzata dal controricorrente ai sensi dell’art. 96 c.p.c., non si realizza un’ipotesi di pluralità di domande effettivamente contrapposte idonea a determinare una situazione di parziale reciproca soccombenza (cfr. Cass. n. 16517/2024, Cass. n. 14813/2020).
Non deve farsi luogo all’attestazione di cui all’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, essendo applicabile all’Agenzia fiscale delle Entrate in virtù del rinvio contenuto nell’art. 12, comma 5, del D.L. n. 16 del 2012, convertito in L. n. 44 del 2012la disposizione recata dall’art. 158, comma 1, lettera a), dello stesso D.P.R., prevedente la prenotazione a debito del contributo unificato in favore delle amministrazioni pubbliche.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c., al pagamento della somma di 2.000 euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione