LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Reddito di partecipazione: prova contraria del socio

Un socio di una Srl a ristretta base sociale ha ricevuto un avviso di accertamento per un presunto reddito di partecipazione non dichiarato. L’accertamento sulla società era divenuto definitivo per mancata impugnazione. La Corte di Cassazione ha stabilito che il socio ha sempre il diritto di fornire la prova contraria, dimostrando che i maggiori redditi accertati alla società non sono stati distribuiti ma, ad esempio, reinvestiti. In questo caso, il ricorso dell’Agenzia delle Entrate è stato respinto.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Reddito di partecipazione: il socio può sempre contestare la distribuzione degli utili

L’accertamento fiscale nei confronti di una Srl a ristretta base sociale può avere dirette conseguenze sul reddito di partecipazione dei singoli soci. Ma cosa succede se l’avviso di accertamento notificato alla società diventa definitivo? Il socio è automaticamente tenuto a pagare le imposte sui maggiori utili presunti, o può ancora difendersi? Un’importante ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti della presunzione di distribuzione degli utili e i diritti di difesa del socio.

Il caso: accertamento sulla società e presunzione di distribuzione al socio

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a un contribuente, ex socio al 47% di una Srl. L’amministrazione finanziaria contestava al socio un maggior reddito IRPEF per l’anno 2009, derivante da un reddito di partecipazione che si presumeva percepito dalla società ma non dichiarato.

L’atto impositivo si fondava su un precedente accertamento notificato alla società, il quale era diventato definitivo per mancata impugnazione da parte di quest’ultima. Il contribuente, che nel frattempo aveva ceduto la sua quota e non era legale rappresentante, impugnava l’atto a lui notificato. Sosteneva di non aver mai percepito tali utili e che i maggiori ricavi contestati alla società erano in realtà stati interamente reinvestiti per coprire i costi operativi.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale accoglievano le ragioni del contribuente, annullando l’avviso di accertamento. L’Agenzia delle Entrate, insoddisfatta, ricorreva in Cassazione, sostenendo che, una volta divenuto definitivo l’accertamento societario, il socio non potesse più contestarne il merito né la conseguente presunzione di distribuzione degli utili.

La difesa del socio e il suo reddito di partecipazione

Il nodo cruciale della questione era stabilire se la definitività dell’accertamento sulla società impedisse al socio di fornire la prova contraria sulla distribuzione degli utili. Secondo l’Agenzia delle Entrate, la definitività dell’atto societario cristallizzava il maggior reddito, e la presunzione di distribuzione nelle società a ristretta base sociale diventava incontestabile.

La Corte di Cassazione ha rigettato questa tesi, confermando la decisione dei giudici di merito e affermando un principio fondamentale a tutela del diritto di difesa del contribuente.

le motivazioni

La Suprema Corte ha chiarito che l’accertamento del reddito societario e quello del reddito di partecipazione del socio sono due procedimenti distinti e autonomi. Di conseguenza, la definitività dell’accertamento notificato alla società non ha efficacia di giudicato nei confronti del socio che non ha partecipato a quel procedimento.

Il socio conserva sempre la facoltà di contestare la presunzione di distribuzione dei maggiori utili. Egli può dimostrare, anche attraverso prove documentali, che tali utili:
1. Non sono mai stati effettivamente realizzati dalla società.
2. Non sono stati distribuiti, ma accantonati o reinvestiti nell’attività aziendale.
3. Sono stati percepiti da un altro soggetto.

Nel caso di specie, il contribuente aveva fornito ampia prova documentale (fatture, bilanci, dichiarazioni) che dimostrava come i ricavi dell’esercizio fossero stati impiegati per la copertura dei costi, escludendo quindi qualsiasi distribuzione di utili occulti. L’Agenzia delle Entrate, nel suo ricorso, non aveva contestato specificamente la validità di tali prove, limitandosi a insistere sulla questione di principio della definitività dell’accertamento societario.

le conclusioni

La Corte di Cassazione ha concluso che il ricorso dell’Amministrazione finanziaria era infondato. La decisione impugnata aveva correttamente ritenuto che il socio avesse superato la presunzione, fornendo la prova positiva della mancata distribuzione del presunto maggior reddito. Questa ordinanza ribadisce un importante principio: anche in presenza di un accertamento definitivo nei confronti di una Srl a ristretta base sociale, il socio può sempre difendersi in sede di accertamento del proprio reddito di partecipazione, provando che gli utili non gli sono mai stati attribuiti. La presunzione legale non si trasforma mai in una prova assoluta e incontestabile.

Un socio di una Srl a ristretta base sociale può contestare l’accertamento sul proprio reddito di partecipazione se l’accertamento nei confronti della società è divenuto definitivo?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il socio conserva sempre la facoltà di contestare la presunzione di distribuzione degli utili, anche se l’atto di accertamento nei confronti della società è definitivo. I due procedimenti sono autonomi.

Quale tipo di prova può fornire il socio per dimostrare di non aver percepito i maggiori utili accertati alla società?
Il socio può fornire prove documentali (come fatture, bilanci, dichiarazioni reddituali) per dimostrare che i maggiori ricavi accertati non sono stati distribuiti, ma sono stati, ad esempio, reinvestiti per coprire i costi sostenuti dalla società o accantonati.

L’accertamento fiscale divenuto definitivo per la società ha efficacia di giudicato nei confronti del singolo socio?
No, la decisione o la definitività dell’accertamento relativo alla società non può avere efficacia di giudicato nei confronti del socio che non ha partecipato a quel procedimento. Il socio ha il diritto di difendersi in un processo separato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati