Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14353 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14353 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 29/05/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso n.r.g. 6033/2020, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliata a ROMA, in INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al controricorso , dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 9482/2018 della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata il 31 dicembre 2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 maggio 2025 dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Rilevato che:
L ‘amministrazione finanziaria notificò a NOME COGNOME titolare dell’omonima impresa individuale, un avviso di accertamento con il quale riprendeva a tassazione ricavi non contabilizzati per complessivi € 72.862,00.
L’atto impositivo, relativo ad Irap e Irpef per l’anno 201 2, traeva origine da un processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza all’esito di un’indagine, dalla quale era emerso che la contribuente, nell’ambito della propria attività di gestione di un centro di scommesse autorizzate, aveva raccolto giocate relative a scommesse gestite da un bookmaker estero non autorizzato.
A l riguardo, infatti, l’art. 1, comma 66, lett. a ), della l. n. 220/2010 stabilisce che, ferma restando l’illiceità della condotta, l’imposta sui concorsi pronostici e sulle scommesse è dovuta anche se la raccolta del gioco sia avvenuta in assenza della concessione rilasciata dai Monopoli di Stato.
La contribuente impugnò l’avviso innanzi alla C.T.P. di Viterbo, la quale accolse parzialmente il ricorso, osservando che andavano imputati a reddito i proventi delle scommesse raccolte al netto di quelle riversate al bookmaker e che non potevano essere portati in detrazione i costi sostenuti per la produzione di tali proventi.
La sentenza della C.T.P. fu oggetto di appello principale dell’Erario e di appello incidentale della contribuente.
Con la sentenza indicata in epigrafe, la C.T.R. del Lazio, dichiarato il gravame principale inammissibile per tardività, accolse invece l’appello della COGNOME, rilevando che l’unico reddito imponibile della contribuente fosse quello costituito dai compe nsi percetti per l’attività prestata; le giocate raccolte, infatti, non potevano essere accluse al reddito, perché la contribuente ne aveva avuto la disponibilità solo temporaneamente, in nome e per conto dell’allibratore estero.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate sulla base di due motivi.
La contribuente ha depositato controricorso e ricorso incidentale affidato a un unico motivo.
Il Pubblico Ministero ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte.
Le parti hanno depositato memoria in prossimità dell’udienza.
Considerato che:
Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 155 e 327 cod. proc. civ. e dell’art. 38 del d.lgs. n. 546/1992.
Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto inammissibile per tardività il suo appello principale, osservando che, invece, il termine per proporre impugnazione non era ancora perento.
Il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 14, comma 4bis , della l. n. 537/1993 e 2697 cod. civ.
Secondo l’amministrazione, i giudici d’appello avrebbero errato nel ritenere indistintamente deducibili le somme indicate dalla contribuente quali vincite distribuite, senza onerarla della prova del relativo quantum.
Con l’unico motivo del ricorso incidentale, la controricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 330 cod. proc. civ., assumendo che i giudici regionali, nel dichiarare inammissibile l’appello
erariale, avrebbero dovuto rilevarne non già la tardività, bensì la nullità della relativa notificazione, in quanto effettuata a lei personalmente anziché presso il domicilio eletto.
In via preliminare va osservato che la controricorrente, con la memoria integrativa depositata il 23 aprile 2025, ha dato atto della propria assoluzione in sede penale, verificatasi medio tempore per effetto della sentenza n. 211/2024 del Tribunale di Civitavecchia (ritualmente depositata), passata in giudicato (come da relativa attestazione del competente cancelliere).
Ferme restando le ulteriori questioni sottoposte alla cognizione di questa Corte, poiché a fondamento della pretesa erariale risulta il riscontro della mancata imputazione a reddito dei proventi da fatto costituente reato ai sensi dell’art. 6, comma 1, del TUIR -in relazione all’illecito penale di cui all’art. 4, comma 4 -bis , della l. n. 40/1989 (oggetto della pronunzia assolutoria), e richiamato il contenuto dell’ordinanza n. 5714/2025 di questa Corte, che ha rimesso alle Sezioni Unite la questione di massima di particolare importanza attinente al vincolo derivante dagli effetti, ai fini fiscali, della sentenza penale definitiva di assoluzione dal reato tributario, emessa ad esito del dibattimento con la formula “perché il fatto non sussiste”, il Collegio ritiene opportuno rinviare la causa a nuovo ruolo in attesa della pronunzia delle Sezioni Unite di questa Corte.
P.Q.M.
La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte Suprema