Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7665 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7665 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/03/2025
Irpef -Iva -Irap -Accertamento -reddito agrario- attività connesse -indagini bancarie Principio di diritto
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8197/2022 R.G. proposto da: AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa dal l’Avvocatura generale dello Stato,
-ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall ‘Avv. NOME COGNOME
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. CAMPANIA, SEZIONE STACCATA DI SALERNO n. 6698/2021, depositata il 21 settembre 2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 febbraio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Rilevato che:
L’Agenzia delle Entrate -dopo aver rilevato che NOME COGNOME, es ercente l’attività di silvic oltura e della produzione e vendita di di pallets di legno (bancali da carico) , per l’anno 201 3, aveva dichiarato un reddito agrario di euro 1.532,00 ed un reddito di impresa, derivante dalla produzione e vendita di euro 7.057,00 ed un volume di affari di euro 974.825,00, emetteva nei suoi confronti avviso di accertamento con il quale rideterminava il solo reddito di impresa sulla scorta di quanto accertato con precedente processo verbale di constatazione. Con detto ultimo l’Ufficio aveva riscontrato l’omessa registrazione di fatture, l’indebita deduzione di costi per carburante ed operazioni bancarie, di addebito ed accredito, risultate non giustificate. Tuttavia, nell’accertamento di un maggior reddito e di un maggior volume di affari, in ragione di presunti ricavi in nero, teneva esclusivamente conto di quanto emerso dalle indagini bancarie, mentre considerava le fatture non conta bilizzate ai soli fini dell’Iva. Nell’att o impositivo precisava, inoltre, che i ricavi in nero venivano imputati ad un maggior reddito di impresa (e non a quello agrario) in ragione della prevalenza dell’attività di commercio di pallets .
2 . Il contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi alla C.t .p. di Salerno che accoglieva il ricorso limitatamente al recupero a tassazione delle somme risultanti dall’indagine bancaria, mentre lo rigettava in relazione all’Iva dovuta per le fatture emesse ma non registrate.
L’Ufficio spiegava appello che veniva rigettato dalle C.t.r . con la sentenza di cui all’epigrafe .
Avverso detta ultima ricorre l’Agenzia delle entrate ; il contribuente si è difeso a mezzo controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo l’Agenzia delle Entrate denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 36, secondo comma, n. 4, d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546.
Deduce che la sentenza è immotivata laddove ha affermato che il contribuente aveva dato sufficiente dimostrazione e giustificazione delle movimentazioni finanziarie contestate, senza darne alcuna spiegazione, nonostante la compiuta disamina di queste ultime contenuta nell’appello.
Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 32 d.lgs. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992.
Censura la sentenza impugnata laddove ha ritenuto che non potesse trovare ingresso l’indagine bancaria e che la medesima era non necessaria ed inutile fiscalmente. Osserva che non vi è alcuna incompatibilità tra detta indagine e la qualifica non imprenditoriale del soggetto passivo dell’accertamento e che non spetta al giudice tributario valutare l’utilità di una determinata modalità accertativa.
Con il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ, la violazione dell’art. 2135 cod. civ.
Censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che il contribuente svolgesse attività agricola e che la lavorazione del legno per la produzione e commercializzazione di pallets fosse attività connessa alla silvicoltura e per aver tratto detta conclusione in ragione del provvedimento autorizzativo al taglio del bosco. Osserva che la produzione e vendita di pallets no n è riconducibile all’attività agricola , ovvero né a manipolazione del prodotto del bosco, da intendersi come attività che lascia inalterate le qualità merceologiche, né ad una sua
trasformazione, da intendersi come attività che costituisce evoluzione naturale del prodotto agricolo. Aggiunge che l’attività per essere connessa a quella agricola deve avere ad oggetto i soli beni elencanti da un decreto ministeriale adottato biennalmente.
Con il quarto motivo, denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 34 t.u.i.r. e dell’art. 2697 cod. civ.
Censura la sentenza per aver attratto alla tassazione come reddito agrario i ricavi derivante dal commercio di pallets , sebbene si trattasse di attività commerciale e trascurando che lo stesso contribuente aveva dichiarato un reddito di impresa.
5 . Va in primo luogo disattesa l’eccezione sollevata dal contribuente in controricorso secondo la quale sulla questione controversa si sarebbe formato il giudicato esterno in virtù della sentenza n. 7416 del 2021 resa tra le medesime parti con riferimento a ll’anno di imposta 2015 che si assume divenuta definitiva per mancata impugnazione come da attestazione di cancelleria.
5.1. In primo luogo, deve rilevarsi che l’attestazione rilasciata dalla Cancelleria e prodotta dal contribuente quale doc. 5 allegato al controricorso non attiene al passaggio in giudicato della sentenza, bensì, alla mancanza, alla data del 23 febbraio 2022 dell’istanza di trasmissione del fascicolo in Corte di Cassazione.
Questa Corte ha già chiarito che nel processo tributario, in mancanza di una previsione specifica sulla certificazione del passaggio in giudicato della sentenza, va applicato per “analogia legis”, secondo la previsione dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, l’art. 124 disp. att. c.p.c., sicché è necessario che il segretario della commissione tributaria, provinciale o regionale, certifichi, in calce alla copia della sentenza contenente la relazione della notificazione alla controparte o alla copia della sentenza non notificata, che nei termini di legge non è
stata proposta impugnazione, mentre non può ritenersi equipollente l’attestazione della commissione tributaria provinciale secondo cui, ad una data posteriore alla scadenza del termine per la proposizione dell’appello di una sua sentenza, non è stata chiesta dalla commissione tributaria regionale la trasmissione del fascicolo di primo grado prevista dall’art. 53, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992 (Cass. 07/02/2019, n. 3621)
5.2. In secondo luogo, risulta a questa Corte che anche la sentenza n. 7416 del 2022 è stata impugnata dall’Agenzia delle entrate con ricorso (Rg 6463 del 2022) deciso alla medesima udienza camerale del presente ricorso previo accoglimento dell’istanza di rimessione in termini.
Il primo ed il secondo motivo, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono fondati.
6.1. Per costante giurisprudenza di questa Corte, in virtù della presunzione stabilita da ll’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973 -che, data la fonte legale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 cod. civ. per le presunzioni semplici -sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari del contribuente vanno considerati come elementi positivi di reddito se questi non dimostra che ne ha tenuto conto nella determinazione della base imponibile oppure che sono estranei alla produzione del reddito (tra le più recenti, Cass. 28/04/2022, n. 13236, Cass. 23/09/2021, n. 25812, Cass. 03/03/2021, n. 5788).
A propria volta, il contribuente che voglia superare la presunzione ha l’onere di fornire, non una prova generica, bensì una prova analitica, idonea a dimostrare che i proventi desumibili dalla movimentazione bancaria non debbono essere recuperati a tassazione. Tale prova può essere data in due modi: o dimostrando che ne ha già tenuto conto nelle dichiarazioni, oppure dimostrando che si sia trattato di movimenti
non fiscalmente rilevanti, in quanto non riferiti a operazioni imponibili (Cass. 30/06/2020, n. 13112, Cass. 18/09/2013, n. 21303).
Quanto alle modalità tramite le quali assolvere all’onere probatorio, si è precisato che spetta al contribuente indicare e dimostrare la provenienza e la destinazione dei singoli pagamenti con riferimento tanto ai termini soggettivi dei singoli rapporti attivi e passivi, quanto alle diverse cause giustificative degli accrediti (Cass. 30/12/2015, n. 26111).
6.2. Secondo questa Corte, inoltre, l’utilizzazione dei dati acquisiti presso le aziende di credito quali prove presuntive di maggiori ricavi o operazioni imponibili, ai sensi dell’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art 51 d.P.R. n.633 del 1972, non è subordinata alla previa dimostrazione che il contribuente rivesta la qualifica di imprenditore: infatti, i medesimi possono essere valorizzati sia per dimostrare l’esistenza di un’eventuale attività occulta di impresa (o arte o professione), sia per quantificare il reddito ricavato da tale attività, incombendo al contribuente l’onere di dimostrare che i movimenti bancari non sono fiscalmente rilevanti (Cass. 23/09/2021, n. 25812, Cass. 28/02/2017, n. 5135; Cass. 13/10/2011, n. 21132, Cass. 23/04/2007, n. 9573).
In quest’ottica si è , altresì, precisato che la norma in esame stabilisce, in maniera chiara ed incondizionata, che i dati emergenti dai conti sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti, sia ai fini del quantum che ai fini dell ‘an . La ricostruzione della qualifica del contribuente e della sua attività non costituisce necessariamente un prius rispetto alla quantificazione della materia imponibile; tanto più ove si consideri che l’onere di provare che gli elementi acquisiti non si riferiscono ad operazioni imponibili grava su quest’ultimo , per espressa disposizione. Il legislatore, infatti, ha stabilito una presunzione di inerenza dei movimenti risultanti dai conti ad operazioni imponibili, che
può essere superata soltanto dalla prova contraria offerta dal contribuente.
Questa conclusione non contrasta con l’art. 2697 cod. civ. in quanto l’emersione di movimenti bancari che non trovano giustificazione sulla base delle dichiarazioni del contribuente è un fatto in relazione al quale solo quest’ultimo può dimostrare che i conti stessi non siano fiscalmente rilevanti o che, comunque, non diano luogo a recuperi (Cass. 19/02/2001, n. 2435).
Da tale ricostruzione consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze (Cass. 30/06/2020, n. 13112 e tra le più recenti, Cass. 02/03/2025, n. 5529).
6.3. La C.t.r. non si è attenuta a questi principi in quanto, un volta ritenuto che il reddito dovesse essere tassato quale reddito agrario, con un primo argomento, errando, ha escluso in radice che l’Ufficio potesse ricorrere ad indagini bancarie; con un secondo argomento ha ritenuto in modo del tutto generico, e quindi senza rendere adeguata motivazione, come invece richiesto dalla giurisprudenza di legittimità, che il contribuente avesse dato sufficiente dimostrazione e giustificazione deli movimenti finanziari.
Anche il terzo ed il quarto motivo sono fondati.
7.1. Va preliminarmente ricostruito il quadro normativo con riferimento al regime impositivo per le «attività connesse» a quelle agricole.
7.1.1. L’art. 2135 cod. civ., come sostituito dall’art.1 d.lgs. 18 maggio 2001, n.228, dopo aver dato, al primo comma, la definizione di imprenditore agricolo (colui che esercita l’attività di coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse) ed aver precisato, al secondo comma, cosa deve intendersi per tali attività
(attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine) al terzo comma, individua le attività connesse in quelle attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risolse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge.
7.1.2. L ‘art. 32 (ex art. 35) comma 1, t.u.i.r., nella versione applicabile ratione termporis, stabilisce che «il reddito agrario è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d’esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell’esercizio di attività agricole su di esso».
Per completezza va rilevato che il comma 1, in virtù dell’art. 1, comma 1, d.lgs. 13 dicembre 2024, n. 192 è stato così sostituito: «il reddito agrario è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d’esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati nell’esercizio delle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile.». È stato, pertanto, eliminato il riferimento alle potenzialità del terreno; detta modifica, tuttavia, non si applica alla fattispecie in esame.
Il successivo comma 2, rimasto invariato, precisa quali sono le attività agricole; tra queste ultime, alla lett. a) menziona
espressamente la silvicoltura, mentre alla lett. c) prende in considerazione le attività connesse, includendovi le attività di cui all’art. 2135, terzo comma, cod. civ., dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, con riferimento ai beni individuati, ogni due anni e tenuto conto dei criteri di cui al comma 1, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze su proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali.
Il riferimento ratione temporis è, al d.m. 17 giugno 2011 il quale ha previsto che sono attività connesse quelle di manipolazione dei prodotti derivanti dalla silvicoltura di cui alle classi 02.10.0-02.20.0, comprendenti la segagione e la riduzione in tondelli, tavole, travi ed altri prodotti similari, compresi i sottoprodotti, i semilavorati e gli scarti di segagione delle piante. Successivamente è entrato in vigore il d.m. 13 febbraio 2015 di analogo tenore.
7.1.3. Il regime fiscale delle attività connesse è completato dall ‘art. 56bis, comma 2, t.u.i.r. il quale, sempre con riferimento a queste ultime (ovvero dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione) ma di prodotti diversi da quelli indicati dall’art. 32, comma 2, lett. c) t.u.i.r. , purché ugualmente ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, stabilisce che il reddito è determinato applicando all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, conseguiti con tali attività, il coefficiente di redditività del 15 per cento.
7.2. Così ricostruita la normativa rilevante nella fattispecie, va evidenziato che il legislatore fiscale, pur avendo mutuato dalla disciplina civilistica la qualificazione di imprenditore agricolo e la
definizione di «attività connesse» all’attività agricola, ha tuttavia introdotto alcune specificità.
In primo luogo, nel comma 1, ha limitato la tassazione quale «reddito agrario» a quello ricavabile «nei limiti della potenzialità del terreno» (limite eliminato con l’ultima riforma, ma ancora applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame).
In secondo luogo, ha delimitato le attività connesse soggette al regime fiscale del reddito agrario con una più specifica articolazione in ragione del prodotto ottenuto dalle stesse. Infatti, stante il tenore letterale della disposizione di cui all’art. 32 , comma 2, lett. c) t.u.i.r. non tutte le attività agricole connesse, secondo la disciplina civilistica rientrano sotto l’applicazione della disciplina più favorevole del reddito agrario, determinato su base catastale in ragione del successivo art. 34 t.u.i.r., ma solo quelle a cui conseguono i prodotti di volta in volta individuati con decreto ministeriale. Il legislatore, ha riservato, pertanto, all’Amministrazione finanziaria il compito di individuare, con scadenza periodica e per la durata di vigenza del decreto ministeriale, i beni che possono essere oggetto di attività agricole connesse rientranti nel regime fiscale più favorevole
In terzo luogo, ha dettato il regime fiscale per le attività, ancorché connesse, ma relative a prodotti diversi da quelli individuati con i vari decreti ministeriali.
7.3. Ciò, posto, poiché per l’attività agricola il legislatore riserva alcuni regimi speciali agevolativi, va ribadito che le relative disposizioni sono di stretta interpretazione e possono essere applicate solo ove ne ricorrano i presupposti, la prova della cui ricorrenza grava sul contribuente. Tale principio vige anche per le attività agricole connesse (Cass. 22/04/2016, n. 8128).
7.4. Come detto, la disciplina fiscale, se da un lato richiama la disciplina civilistica, sia attraverso il rinvio diretto all’art.2135, terzo
comma, cod. civ., sia attraverso la descrizione delle attività considerate, dall’altro circoscrive le «attività connesse» soggette al regime del reddito agrario di cui all’art. 34 t.u.i.r. spostando il punto di osservazione sugli specifici prodotti, attraverso il rinvio mobile al decreto del Ministero dell’Economia, da emanarsi ogni due anni tenuto conto dei criteri di cui al comma 1, dell’art.32 cit. (Cass. n. 8128 del 2016 cit.).
Ne consegue che, per l’applicazione di detto regime più favorevole , oltre ai presupposti di cui all’art. 32, comma 1, t.u.i.r. occorrerà che le attività connesse, rispondano ai requisiti di cui all’art. 2135, cod. civ. richiamati dal comma 2, ovvero siano dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, dei prodotti; che questi ultimi siano ottenuti «prevalentemente» dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento d i animali; che i prodotti di cui alle attività connesse siano tra quelli contemplati dai singoli d.m. ratione temporis vigenti . Infine, occorre che il reddito percepito sia prodotto nell’ambito dell’attività agricola esercitata «nei limiti della potenzialità del terreno» (Cass. 08/03/2022, n. 7447).
Questa Corte, poi, ha avuto modo di precisare che si ha trasformazione quando il prodotto originario, per effetto della lavorazione, viene a perdere i caratteri merceologici che lo distinguono (ad esempio nel caso dei cereali utilizzati per produrre farine o delle olive con cui viene prodotto l’olio). Si ha, invece, manipolazione quando il prodotto, nonostante le lavorazioni subite, abbia conservato le sue qualità merceologiche originarie (ad esempio pulitura e confezionamento di verdure e frutta). Dunque, sul piano civilistico, sono qualificabili come attività agricole connesse quelle che si esplicano su prodotti che provengono prevalentemente e direttamente dall’attività agricola principale, mentre vanno escluse le attività che
riguardano prodotti di secondo grado, conseguenti a successive attività (Cass. n. 8128 del 2016 cit.).
7.5. Ove le attività, pur sempre connesse a quella agricola, siano, però, relative a prodotti non rientranti in quelli previsti dai citati d.m., soccorre l’art. 56 -bis, comma 2, t.u.i.r. che sottopone il relativo reddito al regime forfetario (Cass. 20/03/2022, n. 27535)
In merito a detta ultima disposizione, va chiarito che, anche se manca il richiamo diretto all’art. 2135 cod. civ., lo stesso può essere desunto sia dalla descrizione dell’attività in esame -che ripropone sostanzialmente la disposizione civilistica -sia dal rinvio diretto all’art.32, comma 2, lett. c), t.u.i.r., anche se utilizzato per definire per esclusione ed in via residuale il campo di operatività del regime fiscale forfettario (Cass. n. 8128 del 2016 cit.).
7.6. Per le attività agricole «connesse» il regime di tassazione è, pertanto, diversificato in quanto il reddito, laddove ricorrano i presupposti di cui all’art. 32, comma 2, lett. c) con riferimento ai beni individuati con apposito d.m., rientra nel reddito agrario; laddove sia relativo a prodotti diversi da quelli di cu al citato art. 32, comma 2, lett. c) rientra nel regime forfetario di cui all’art. 56 -bis .t.u.i.r. Se non ricorrono i presupposti né dell’art. 32 t.u.i.r. né dell’art. 56 t.u.i.r. la tassazione avverrà secondo il reddito di impresa. Pertanto, i beni prodotti a seguito di attività che non possono essere qualificate come connesse ai sensi dell’art. 2135, comma 3, cod. civ. e che non rientrano nella previsione della decretazione ministeriale periodica sono soggetti al regime ordinario.
7.7. Va pertanto affermato il seguente principio di diritto: «In tema di reddito agrario, la tassazione secondo il regime di cui all’art. 34 t.u.i.r. si applica alle ‘attività agricole connesse’ , secondo la definizione di cui all’art. 2135, terzo comma cod. civ., purché ricorrano i presupposti di cui all’art. 32, comma 2,
lett. c), t.u.i.r. e ‘nei limiti della potenzialità del terreno’ di cui all’art. 32, comma 1, t.u.i.r. vigente ratione temporis ».
7.8. Con riferimento alla fattispecie in esame, che ha ad oggetto la produzione di pallets va ribadito, pertanto, che pe potersi ritenere che si tratti di «attività connessa», tassabile come reddito agrario, occorre, in primo luogo, che ricorrano le condizioni previste dall’art. 2135 cod. civ. e, in particolare, che sia attività rientrante nella definizione di attività derivante dalla manipolazione o trasformazione del prodotto originario e che non si tratti di prodotti «di secondo grado»; inoltre, in ragione del disposto di cui art. 32, comma 1, t.u.i.r. occorre che il reddito percepito sia prodotto nell’ambito dell’attività agricola esercitata «nei limiti della potenzialità del terreno» Infine, per applicare il sistema impositivo proprio del reddito agrario di cui all’art. 34 t.u.i.r. che assicura un trattamento fiscale agevolato, occorre che il prodotto rientri tra quelli contemplati dai d.m. vigenti ratione temporis.
7.9. La C.t.r. non si è attenuta a questi principi.
Infatti, ha concluso per la natura agricola dell’attività , senza chiarire -nonostante lo stesso contribuente avesse esposto nella propria dichiarazione un reddito di impresa maggiore rispetto a quello agrario -perché l’attività connessa, di produzione e commercializzazione di pallets fosse attratta alla natura della attività principale di silvicoltura; ha omesso di verificare la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 2135 cod. c iv., pure richiamato, degli ulteriori presupposti di cui all’art. 32, comma 2, lett. c) t.u.i.r. e del limite di cui all’art. 32, comma 1, t.u.i.r.; inoltre, ha affermato erroneamente che spettasse all’Ufficio provare la prevalenza dell’attività commerciale rispetto a quella agricola.
8. Ne consegue, in accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, sezione staccata di Salerno, in diversa
composizione, la quale provvederà al riesame, fornendo congrua motivazione, e al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, sezione staccata di Salerno, in diversa composizione, che si pronuncerà anche sulle spese di lite del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2025.