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Redditi esteri non dichiarati: la Cassazione decide

Un contribuente non ha dichiarato redditi da capitali detenuti in Svizzera, sostenendo di essere stato vittima di una frode. La Corte di Cassazione ha respinto la difesa nel merito per mancanza di prove, ma ha cassato la sentenza per quanto riguarda le sanzioni, ordinando l’applicazione del principio del favor rei, e per un’omissione di pronuncia. La questione centrale rimane l’accertamento per redditi esteri non dichiarati.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Redditi Esteri non Dichiarati: Onere della Prova e Principio del Favor Rei

La gestione di capitali all’estero impone obblighi dichiarativi precisi. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 33504/2024) fa luce su un caso complesso di redditi esteri non dichiarati, affrontando temi cruciali come l’onere della prova in caso di presunta frode, i limiti dello scudo fiscale e l’applicazione del principio del favor rei per le sanzioni.

I Fatti: Investimenti all’Estero e la Tesi della Frode

Un contribuente si è visto notificare un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate per l’omessa dichiarazione, nell’anno 2008, di ingenti redditi da capitale derivanti da fondi investiti in Svizzera. La difesa del contribuente si basava su un presupposto fondamentale: egli sosteneva di essere stato vittima di una truffa perpetrata dal legale a cui aveva affidato i suoi capitali, il quale se ne sarebbe appropriato indebitamente. Di conseguenza, le somme che l’amministrazione finanziaria qualificava come interessi non sarebbero state altro che una minima e parziale restituzione del capitale sottratto, e quindi non tassabili.

Inoltre, il contribuente aveva aderito al cosiddetto “scudo fiscale”, regolarizzando una piccola parte dei suoi asset esteri, e riteneva che tale adesione dovesse precludere ulteriori accertamenti.
Il contenzioso, dopo due gradi di giudizio con esiti opposti, è giunto dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Cassazione sui Redditi Esteri non Dichiarati

La Suprema Corte ha adottato una decisione articolata. Ha respinto la maggior parte dei motivi di ricorso del contribuente, confermando la legittimità dell’accertamento sui redditi. Tuttavia, ha accolto due specifiche censure, relative all’applicazione delle sanzioni e a un vizio procedurale della sentenza d’appello.

In sintesi, la Corte ha stabilito che:
1. La tesi della frode non era stata adeguatamente provata dal contribuente.
2. Lo scudo fiscale copriva solo la somma specificamente dichiarata e non l’intero patrimonio estero.
3. Le sanzioni devono essere ricalcolate applicando la legge più favorevole successiva (favor rei).
4. La sentenza d’appello era nulla per non aver motivato su una parte specifica della pretesa fiscale.

La causa è stata quindi cassata con rinvio al giudice di secondo grado per una nuova valutazione limitatamente ai punti accolti.

Le Motivazioni della Corte

Onere della Prova e Presunzioni Fiscali

Il punto centrale della decisione riguarda l’onere della prova. La Cassazione ha chiarito che, a fronte degli elementi indiziari gravi, precisi e concordanti raccolti dall’Agenzia delle Entrate (documenti trovati presso il fiduciario, ammissioni parziali dello stesso contribuente in sede di verifica), spettava al contribuente dimostrare in modo inequivocabile di essere stato vittima di una frode e di non aver percepito alcun reddito. Il semplice fatto di aver intentato cause civili contro il presunto truffatore, senza una sentenza di condanna definitiva, non è stato ritenuto prova sufficiente. Di conseguenza, la presunzione di percezione dei redditi esteri non dichiarati è rimasta valida.

Scudo Fiscale: Limiti di Applicabilità

Anche la difesa basata sullo scudo fiscale è stata respinta. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: la procedura di regolarizzazione copre esclusivamente le attività e le somme che ne sono state oggetto. Nel caso di specie, avendo il contribuente “scudato” solo 10.000 euro a fronte di un capitale investito di oltre un milione e mezzo, la protezione non poteva estendersi ai redditi derivanti dalla parte di patrimonio non regolarizzata.

Il Principio del Favor Rei e le Sanzioni Tributarie

Di grande rilevanza è l’accoglimento del motivo relativo alle sanzioni. La Corte ha affermato che il principio del favor rei impone di applicare la normativa sanzionatoria più mite, anche se introdotta successivamente alla violazione contestata, purché il procedimento sia ancora in corso. Poiché la Legge n. 208 del 2015 aveva modificato in senso più favorevole al contribuente il sistema sanzionatorio per la dichiarazione infedele, il giudice di rinvio dovrà ricalcolare le sanzioni applicando questa nuova e più vantaggiosa disciplina.

L’Omissione di Pronuncia

Infine, la Corte ha rilevato che la sentenza di secondo grado, pur confermando in toto l’avviso di accertamento, non aveva speso una parola per giustificare la ripresa a tassazione di un’ulteriore somma di 7.500 euro, derivante da indagini bancarie. Questa mancanza di motivazione su un punto specifico della controversia costituisce un’omissione di pronuncia che rende nulla la sentenza su quel capo.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza offre spunti pratici di notevole importanza. In primo luogo, ribadisce che in un contenzioso tributario basato su presunzioni, il contribuente che adduce fatti a sua discolpa (come una frode subita) ha il preciso onere di fornirne prova rigorosa. In secondo luogo, sottolinea la portata limitata dello scudo fiscale, che non può essere utilizzato come uno schermo per proteggere asset non esplicitamente regolarizzati. Infine, e forse è l’aspetto più significativo per molti contenziosi pendenti, conferma la piena applicabilità del principio del favor rei, obbligando i giudici a tenere conto delle modifiche normative più favorevoli in materia di sanzioni fino alla conclusione del processo.

Chi deve provare che i redditi derivanti da capitali all’estero non sono stati effettivamente percepiti?
Spetta al contribuente. La Corte di Cassazione ha stabilito che, di fronte a presunzioni gravi, precise e concordanti raccolte dall’Amministrazione Finanziaria, l’onere di dimostrare la mancata percezione dei redditi, ad esempio a causa di una frode, ricade interamente sul contribuente.

Lo scudo fiscale copre tutti i capitali detenuti all’estero, anche quelli non dichiarati nella procedura di adesione?
No. La sentenza chiarisce che lo scudo fiscale offre protezione solo per le somme e le attività che sono state specificamente oggetto della procedura di regolarizzazione. Non può estendere i suoi effetti a capitali ulteriori non dichiarati.

Se una legge sulle sanzioni diventa più favorevole durante un processo, si applica al contribuente?
Sì. La Corte ha accolto il motivo del ricorrente basato sul principio del favor rei, affermando che la normativa sanzionatoria più favorevole, anche se sopravvenuta, deve essere applicata ai procedimenti ancora in corso. Il giudice deve quindi ricalcolare le sanzioni in base alla legge più mite.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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