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Redditi all’estero: la presunzione di evasione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18480/2024, ha stabilito un importante principio in materia di redditi all’estero non dichiarati. Il caso riguardava un contribuente con fondi in un paese a fiscalità privilegiata, accertati per un’annualità precedente alla legge del 2009 che ha introdotto una presunzione legale di evasione. La Corte ha confermato la non retroattività di tale presunzione, in quanto norma di natura sostanziale. Tuttavia, ha cassato la decisione di merito perché il giudice d’appello avrebbe dovuto comunque valutare se i fatti (detenzione di fondi occulti, mancata risposta al Fisco) costituissero prova per presunzioni semplici (praesumptio hominis) dell’avvenuta evasione fiscale.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Redditi all’estero: la presunzione non è retroattiva, ma l’evasione si prova lo stesso

La gestione dei redditi all’estero è da sempre un tema delicato nel rapporto tra Fisco e contribuente. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 18480 del 5 luglio 2024, offre chiarimenti cruciali su come l’Amministrazione Finanziaria può provare l’evasione fiscale legata a capitali non dichiarati detenuti in paradisi fiscali, anche per periodi antecedenti alle normative specifiche più recenti.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a un contribuente per l’anno d’imposta 2006. L’Agenzia contestava l’omessa dichiarazione di circa 723.000 euro, frutto di capitali incassati presso un istituto di credito di San Marino, all’epoca considerato un paese a fiscalità privilegiata.

Secondo il Fisco, tali somme, detenute in un paese “black list” e non indicate nel quadro RW della dichiarazione, dovevano considerarsi reddito sottratto a tassazione in base alla presunzione legale introdotta dall’art. 12 del D.L. n. 78/2009.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione al contribuente, annullando l’accertamento. La motivazione dei giudici di merito era chiara: la presunzione legale del 2009 ha natura sostanziale e, pertanto, non può essere applicata retroattivamente a un anno d’imposta come il 2006. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Valutazione dei redditi all’estero in Cassazione

La Corte di Cassazione ha esaminato due motivi di ricorso.

Con il primo, l’Agenzia sosteneva che la norma del 2009 avesse natura procedimentale e fosse quindi retroattiva. La Corte ha respinto questa tesi, confermando il suo orientamento consolidato: la presunzione secondo cui gli investimenti in paradisi fiscali si considerano costituiti con redditi sottratti a tassazione è una norma di natura sostanziale, che introduce una nuova presunzione legale (iuris tantum). Come tale, non può essere applicata a periodi d’imposta anteriori alla sua entrata in vigore.

Con il secondo motivo, tuttavia, l’Agenzia ha lamentato che i giudici d’appello avessero errato nel non considerare che la pretesa fiscale potesse comunque fondarsi su presunzioni semplici (praesumptio hominis), a prescindere dalla norma del 2009. La Corte ha accolto questo secondo motivo, cassando la sentenza e rinviando la causa.

Le Motivazioni: Presunzione Legale vs. Presunzione Semplice

Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra presunzione legale e presunzione semplice.

La presunzione legale (iuris tantum) dell’art. 12 D.L. 78/2009 è uno strumento specifico, introdotto dal legislatore in un dato momento storico, che inverte l’onere della prova: spetta al contribuente dimostrare che i capitali all’estero sono stati costituiti con redditi già tassati o esenti. Essendo una norma sostanziale, vale solo per il futuro (pro futuro).

La presunzione semplice (praesumptio hominis), prevista dall’art. 2729 del Codice Civile, è invece uno strumento generale a disposizione del giudice. Egli può desumere l’esistenza di un fatto ignoto (l’evasione) da fatti noti (gli indizi), purché questi siano gravi, precisi e concordanti.

La Cassazione ha chiarito che il giudice d’appello, a causa dell’effetto devolutivo pieno del processo tributario, non poteva limitarsi a dichiarare inapplicabile la presunzione legale del 2009. Avrebbe dovuto, invece, procedere a un riesame completo del merito della causa, valutando se gli elementi forniti dall’Agenzia fossero sufficienti a fondare un accertamento basato su presunzioni semplici. Tali elementi erano:

1. L’incontestata disponibilità di ingenti somme di denaro in un paese a fiscalità privilegiata.
2. L’omessa compilazione del quadro RW.
3. Il rifiuto del contribuente di fornire chiarimenti in risposta a un questionario del Fisco.

Secondo la Corte, questi indizi, presi insieme, avrebbero potuto costituire la base per una praesumptio hominis di evasione, che il giudice di merito ha completamente omesso di valutare.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Contribuenti

La sentenza stabilisce un principio di grande rilevanza pratica. Anche quando una specifica norma anti-elusiva non è applicabile ratione temporum, la detenzione di capitali non dichiarati in paradisi fiscali non mette il contribuente al riparo da accertamenti.

Il Fisco può sempre utilizzare le regole generali sulle presunzioni semplici per provare l’esistenza di redditi non dichiarati. La presenza di fondi in un paese “black list”, unita a un comportamento non collaborativo del contribuente, costituisce un indizio grave e preciso. Di fronte a un simile quadro probatorio, l’onere di dimostrare la legittima provenienza delle somme si sposta di fatto sul contribuente.

Questa decisione ribadisce che la lotta all’evasione fiscale internazionale può contare su strumenti probatori generali e flessibili, non legati esclusivamente a singole leggi introdotte in specifici momenti storici.

La presunzione legale di evasione per i capitali all’estero è retroattiva?
No. La Corte di Cassazione ha confermato che la presunzione legale introdotta dall’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78/2009 ha natura sostanziale e non procedimentale. Pertanto, non può essere applicata a periodi d’imposta anteriori alla sua entrata in vigore (1° luglio 2009).

Se la presunzione legale non si applica, il Fisco può comunque accertare i redditi all’estero?
Sì. Anche se la presunzione legale specifica non è applicabile, l’accertamento può basarsi su presunzioni semplici (o praesumptio hominis). La prova dell’esistenza di redditi non dichiarati può essere fornita attraverso indizi gravi, precisi e concordanti, come la detenzione occulta di fondi in un paese a fiscalità privilegiata.

Quale era l’errore del giudice di secondo grado secondo la Cassazione?
L’errore è stato quello di fermarsi alla dichiarazione di inapplicabilità della norma del 2009, senza procedere a un riesame completo del merito della causa. A causa dell’effetto devolutivo dell’appello, il giudice avrebbe dovuto verificare se gli elementi portati dall’Agenzia delle Entrate (fondi in paradiso fiscale, omessa dichiarazione, mancata risposta al Fisco) fossero sufficienti a provare l’evasione sulla base delle regole generali in materia di presunzioni semplici.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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