Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30600 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30600 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/11/2024
Ires-credito di imposta-cartella
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13180/2019 R.G. proposto da:
CURATELA DEL FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO,
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in INDIRIZZO, INDIRIZZO, è domiciliata ex lege,
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA, n. 4546/2018, depositata il 26/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 ottobre 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE ricorre nei confronti dell ‘RAGIONE_SOCIALE , che resiste con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe. Con quest’ultima la C.t.r. ha rigettato l’appello della società contribuente avverso la sentenza della C.t.p. di Milano che aveva rigettato il ricorso avverso cartella d pagamento emessa a seguito di liquidazione automatica, ai sensi del l’art. 36 -bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 con riferimento ai redditi del 2011.
1.1. RAGIONE_SOCIALE, per atto pubblico del 17 dicembre 2007, conferiva alla RAGIONE_SOCIALE – neocostituita e interamente partecipata dalla prima – il ramo di azienda relativo alla gestione dell’attività alberghiera; contestualmente conferiva un credito di imposta per un importo complessivo di euro 1.142.250,00 spettante in ragione di investimenti in aree svantaggiate ai sensi dell’art. 8 legge n. 388 del 2000 nel periodo compreso tra il 31 dicembre 2002 ed il 31 dicembre 2006 di cui, euro 514.359,78 maturati ante 8 luglio 2002 ed euro 627.889,91 post 8 luglio 2002. La suddivisione derivava dalle nuove modalità di accedere al credito introdotte dall’art. 62 legge n. 289 del 2002.
1.2. Per l’effetto, la RAGIONE_SOCIALE, divenuta cessionaria del credito, negli anni successivi portava il credito in compensazione inserendolo nel Modello Unico di competenza.
Per quanto, in particolare, attiene al presente giudizio la contribuente inseriva nel Modello Unico del 2012 il residuo credito portato in compensazione nel 2011 per l’importo di euro 21.339,57.
L’Amministrazione , riscontrando l’assenza di qualunque credito maturato nell’anno precedente provvedeva, con la cartella oggetto di
giudizio, emessa ai sensi dell’art. 36 -bis d.P.R. n. 600 del 1973, al recupero RAGIONE_SOCIALE compensazioni indebitamente effettuate.
1.3. La società contribuente, per quanto ancora di rilievo, impugnava la cartella assumendo che l’Ufficio avrebbe dovuto procedere al recupero a mezzo atti motivato.
Considerato che:
Con il primo motivo la RAGIONE_SOCIALE della società contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. , la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 421 legge 2004, n. 311, dell’art. 2697 cod. civ.
Con una prima censura, critica la sentenza impugnata per aver ritenuto che l’Ufficio potesse procedere al recupero RAGIONE_SOCIALE compensazioni mediante cartella di pagamento; così ignorando che per il recupero di crediti di imposta indebitamente utilizzati l’Ufficio de ve procedere mediante atto di recupero motivato ex art. 1, comma 421 legge n. 311 del 2004. Aggiunge che la questione controversa era relativa alla possibilità di trasferire un credito di imposta ad una società interamente partecipata nell’ambito di un procedimento aziendale riorganizzativo che comportava anche la cessione del ramo di azienda; che, pertanto, non era in discussione il recupero di una compensazione indebitamente e/o erroneamente eseguita, bensì il recupero del credito di imposta in quanto non spettante; che, pertanto, l’Ufficio non si sarebbe potuto avvalere della procedura automatizzata, stante la natura accertativa del recupero.
Con una seconda censura, critica la sentenza impugnata nella parte in cui, ritenendo non sussistente il credito di imposta in capo alla cessionaria, nulla aveva statuito in ordine al «ripristino» del medesimo in capo alla cedente.
Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione e
falsa applicazione dell’art. 8, comma 7, legge 23 dicembre 2000, n. 388.
Censura la sentenza impugnata per aver ritenuto elusiva l’operazione posta in essere con la società cedente il ramo di azienda e, per l’effetto, per aver disconosciuto la possibilità di trasferire il credito di imposta senza, per altro, provvedere a ripristinarlo in capo alla conferente.
La prima censura di cui al primo motivo è fondata, restando assorbiti gli ulteriori motivi e censure.
3.1. Deve rilevarsi di ufficio che, con riferimento al medesimo credito di imposta, ovvero quello ceduto alla odierna contribuente dalla RAGIONE_SOCIALE contestualmente alla sua costituzione, l’Ufficio aveva emesso cartella di pagamento ai sensi dell’art. 36 -bis cit. anche per l’anno 2008 in ragione di quanto esposto nel Modello Unico 2009.
Su detta prima cartella questa Corte si è pronunciata con l’ordinanza n. 3881 del 2023 ritenendo che l’Ufficio non potesse procedere al recupero con la cartella di cui all’art. 36 -bis.
Più precisamente, questa Corte, nel precedente citato, in fatto ha riferito che l’Ufficio aveva provveduto al recupero RAGIONE_SOCIALE compensazioni che la società aveva indebitamente effettuato, per complessivi € 596.440,00, ritenendo sussistente un proprio credito d’imposta maturato ai sensi dell’art. 8 legge 23 dicembre 2000, n. 388 e che aveva esposto nel Modello Unico del 2009; che la RAGIONE_SOCIALEt.r. – dopo aver affermato che la società aveva iniziato la propria attività a far data dal 31 dicembre 2007, ed era così impossibile che essa avesse maturato crediti anteriori al 1° gennaio 2008 -aveva ritenuto che ‘Amministrazione avrebbe dovuto procedere ad una rettifica mediante l’emissione di un avviso di recupero motivato ai sensi e non cartella di pagamento ex art. 36-bis d.P.R. n. 600 del 1973. Di seguito, in diritto, richiamando il proprio indirizzo di legittimità, condiviso anche da questo
Collegio, ha evidenziato che: 1) la diretta iscrizione a ruolo della maggiore imposta ai sensi dell’art. 36 -bis d.P.R. n. 600 del 1973 è consentita solo quando il dovuto si determina tramite un semplice controllo della dichiarazione cartolare, sulla base dei dati forniti dal contribuente, o di una mera correzione di errori materiali o di calcolo, e non anche quando vadano risolte questioni giuridiche; 2) con riferimento all’esposizione di crediti di imposta non spettanti, l’art. 36 -bis, comma 2, lett. e), d.P.R. cit. prevede che il controllo automatizzato possa applicarsi anche a tale fattispecie, sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate e di quelli in possesso dell’anagrafe tributaria; che, pertanto, in termini generali, pertanto, l’iscrizione a ruolo di un credito di imposta indicato dal contribuente nella dichiarazione dei redditi postula, per la sua legittimità, che l’Ufficio abbia verificato la correttezza della suddetta indicazione; 3) ove, tuttavia, tale verifica abbia comportato il disconoscimento del credito esposto nella dichiarazione dei redditi, il recupero non può avere luogo mediante emissione di una cartella di pagamento, comportando verifiche e valutazioni giuridiche che impongono la previa emissione di motivato avviso di verifica . Per l’effetto la Corte ha confermato la sentenza della C.t.r. la quale aveva ritenuto che l’Ufficio non avrebbe potuto procedere al recupero a mezzo della cartella ex art. 36bis cit.
3.2. Ciò posto, deve osservarsi che sulla questione oggetto del contendere -ovvero la possibilità per l’Ufficio di recuperare a mezzo cartella ex art. 36bis d.P.R. n. 600 del 1973 il credito di imposta ceduto dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE, neocostituita, contestualmente alla cessione del ramo di azienda -in virtù della pronuncia sopra richiamata è sceso il giudicato.
3.2.1. In primo luogo. deve rammentarsi che nel caso in cui il giudicato esterno si sia formato a seguito di una sentenza della Corte
di cassazione, i poteri cognitivi del giudice di legittimità possono pervenire alla cognizione della precedente pronuncia anche mediante quell’attività d’istituto (relazioni preliminari ai ricorsi e massime ufficiali) che costituisce corredo della ricerca del collegio giudicante, in tal senso deponendo non solo il principio generale che impone di prevenire il contrasto tra giudicati ed il divieto del “ne bis in idem”, ma anche il rilievo secondo cui la conoscenza dei propri precedenti costituisce un dovere istituzionale della Corte, nell’adempimento della funzione nomofilattica di cui all’art. 65 dell’ordinamento giudiziario (Cass. Sez. U. 17/12/2007, n. 26482)
Per altro, il precedente è stato segnalato dalla contribuente nell’istanza di fissazione di udienza.
3.2.2. Inoltre Questa Corte, a Sezioni Unite, seguita da giurisprudenza consolidata, ha affermato che l’efficacia del giudicato, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente. (Cass., Sez. U., 16/06/2006, n. 13916 e, ex plurimis, Cass. 07/12/2021, n. 38950, Cass. 22/11/2021, n. 35920).
3.2.3. Nella fattispecie in esame, nel precedente richiamato, si è già accertato, con riferimento al medesimo credito di imposta, che non
era possibile il recupero a mezzo cartella ex art. 36bis cit . E’ irrilevante, pertanto, ai fini degli effetti del giudicato esterno, che il credito sia stato utilizzato in compensazione dalla cessionaria in più anni di imposta in quanto non solo il credito è il medesimo – ovvero quello ceduto dalla RAGIONE_SOCIALE contestualmente alla cessione del ramo di azienda alla neocostituita RAGIONE_SOCIALE – ma anche le ragioni del recupero sono le medesime, ovvero che il credito di imposta non era stato dichiarato nel 2007.
Il ricorso pertanto va accolto e la sentenza impugnata va cassata; non essendovi ulteriori accertamenti in fatto, il ricorso può essere deciso nel merito ex art. 384 cod. proc. civ. accogliendo l’originario ricorso del contribuente .
Le spese RAGIONE_SOCIALE fasi di merito restano compensate in ragione dell’andamento del giudizio.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito ex art. 384 cod. proc. civ. accoglie l’originario ricorso del contribuente; condanna la l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi, euro 2.200,00, a titolo di compenso, oltre il 15 per cento per rimborso forfetario spese generali, cap ed iva come per legge.
Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2024.