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Recupero crediti fiscali UE: Comunicazioni e Statuto

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18411/2024, ha stabilito che la comunicazione con cui l’Amministrazione Finanziaria informa della richiesta di un’autorità fiscale estera di proseguire la procedura di recupero crediti fiscali UE, nonostante un contenzioso pendente, non è un atto impositivo. Pertanto, non è soggetta ai rigidi obblighi di motivazione e allegazione previsti dall’art. 7 dello Statuto del contribuente. Tale comunicazione ha una mera funzione conoscitiva e va valutata come prova del fatto che la richiesta di prosecuzione è stata effettuata.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Recupero crediti fiscali UE: la comunicazione informativa non segue le regole dello Statuto

Il tema del recupero crediti fiscali UE è sempre più rilevante in un mercato unico e integrato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale sulla natura delle comunicazioni tra amministrazioni fiscali e contribuenti in questo contesto. La Corte ha stabilito che una comunicazione interna, che informa della volontà di un’autorità fiscale estera di procedere con la riscossione nonostante un ricorso pendente, non è un atto impositivo e, di conseguenza, non deve sottostare ai rigidi requisiti formali dello Statuto del contribuente.

I Fatti di Causa

Un contribuente italiano si è visto notificare una cartella di pagamento per IVA e altre imposte relative a una procedura di recupero di un credito fiscale avviata dall’autorità tributaria di un altro Stato membro dell’UE (nella fattispecie, la Romania). Il contribuente ha impugnato la cartella, sostenendo di aver già presentato ricorso contro l’accertamento originario presso la Corte d’Appello competente nello Stato estero e chiedendo la sospensione della riscossione in Italia.

Inizialmente, i giudici di primo grado avevano accolto la richiesta di sospensione. Successivamente, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva respinto l’appello dell’Amministrazione Finanziaria italiana. La CTR aveva ritenuto ‘nulla’ una comunicazione interna dell’Agenzia con cui si informava della richiesta dell’autorità estera di proseguire con la riscossione, poiché tale comunicazione faceva riferimento a documenti non messi a disposizione del contribuente, violando così l’articolo 7 dello Statuto del contribuente (Legge n. 212/2000).

La Decisione della CTR e il problema del recupero crediti fiscali UE

Il cuore del problema, secondo la CTR, risiedeva nella violazione del diritto di difesa del contribuente. Trattando la comunicazione dell’Agenzia come un atto che incideva sulla procedura, la CTR ha applicato rigorosamente il principio secondo cui ogni atto richiamato nella motivazione di un provvedimento fiscale deve essere allegato o reso disponibile. Non avendolo fatto, l’atto era da considerarsi nullo, con la conseguenza di mantenere sospesa la procedura di riscossione. Questa interpretazione, tuttavia, non ha tenuto conto della specificità delle procedure di cooperazione amministrativa internazionale.

L’Analisi della Cassazione sulla Comunicazione per il recupero crediti fiscali UE

La Corte di Cassazione ha ribaltato completamente la decisione della CTR, accogliendo il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria. I giudici supremi hanno chiarito una distinzione fondamentale: quella tra un atto impositivo e un atto a mera funzione conoscitiva.

L’articolo 7 dello Statuto del contribuente, che impone obblighi di motivazione e allegazione, si applica agli atti che hanno un contenuto impositivo, ovvero quelli che costituiscono, modificano o estinguono una pretesa tributaria. La comunicazione in esame, invece, non aveva tale natura. Essa si limitava a trasmettere un’informazione: la volontà dell’autorità fiscale estera di non avvalersi della sospensione automatica della riscossione prevista dalla normativa europea in caso di contestazione.

Le Motivazioni

La Corte ha fondato la sua decisione sulla normativa europea e nazionale che disciplina l’assistenza reciproca per il recupero dei crediti fiscali (in particolare il D.Lgs. n. 69/2003, applicabile al caso). Tale normativa prevede che, in caso di impugnazione del titolo esecutivo nello Stato di origine del credito, la procedura di riscossione nello Stato richiesto (l’Italia) venga sospesa. Tuttavia, la stessa normativa consente all’autorità richiedente (quella estera) di formulare una ‘domanda contraria’ per proseguire l’esecuzione.

La Cassazione ha sottolineato che per questa ‘domanda contraria’ non sono previste forme o modalità particolari di comunicazione al contribuente. È sufficiente che la richiesta provenga dall’autorità estera. La comunicazione dell’Agenzia italiana, quindi, non era un nuovo atto impositivo, ma semplicemente il veicolo di un’informazione proveniente da un’altra amministrazione. Il suo scopo era puramente conoscitivo. Di conseguenza, il giudice di merito non avrebbe dovuto valutarne la ‘nullità’ sulla base dello Statuto del contribuente, ma avrebbe dovuto considerarla come prova del fatto storico della richiesta di prosecuzione, apprezzandola secondo le normali regole probatorie (art. 2697 c.c. e segg.).

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un importante principio guida per il recupero crediti fiscali UE. Le comunicazioni che si inseriscono nel dialogo tra amministrazioni fiscali europee e che hanno il solo scopo di informare il contribuente o gli organi giudiziari su sviluppi procedurali non sono soggette agli stessi oneri formali degli atti di accertamento. Dichiarare la nullità di tali comunicazioni per vizi formali è un errore, poiché si confonde la forma con la sostanza. I giudici devono invece accertare il fatto che esse intendono provare: in questo caso, la volontà dell’autorità estera di procedere. La sentenza viene quindi cassata con rinvio, affinché il giudice del merito riesamini la questione alla luce di questo corretto inquadramento giuridico.

Una comunicazione dell’Agenzia delle Entrate che trasmette una richiesta di un’autorità fiscale estera deve rispettare lo Statuto del contribuente?
No. Secondo la Corte di Cassazione, se la comunicazione ha una mera funzione conoscitiva, cioè si limita a informare di una richiesta proveniente dall’estero (come quella di proseguire la riscossione), non è un atto impositivo e quindi non è soggetta ai rigidi obblighi di motivazione e allegazione previsti dall’art. 7 dello Statuto del contribuente.

È possibile sospendere in Italia la riscossione di un debito fiscale di un altro Stato UE se è in corso un ricorso in quello Stato?
Sì, la normativa prevede la sospensione della procedura esecutiva in caso di contestazione del credito nello Stato membro richiedente. Tuttavia, la stessa normativa consente all’autorità di quello Stato di formulare una ‘domanda contraria’, chiedendo espressamente di proseguire con la procedura di recupero.

Qual è il valore probatorio di una comunicazione che informa della richiesta di prosecuzione dell’esecuzione da parte di un’autorità estera?
Non è un atto autonomamente impugnabile per vizi formali, ma un documento con valore di prova. Il giudice deve valutarlo per accertare il fatto che l’autorità estera abbia effettivamente richiesto la prosecuzione della riscossione, secondo le ordinarie regole in materia di prova.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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