Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30599 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30599 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/11/2024
Ires-credito di imposta-cartella
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22480/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in INDIRIZZO, INDIRIZZO, è domiciliata ex lege,
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l ‘AVV_NOTAIO,
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA, n. 1907/2017, depositata il 04/05/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 ottobre 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE ricorre nei confronti della RAGIONE_SOCIALE che resiste con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe. Con quest’ultima la C.t.r. ha accolto l’appello della società contribuente avverso la sentenza della C.t.p. di Milano che aveva rigettato il ricorso avverso cartella d pagamento emessa a seguito di liquidazione automatica, ai sensi del l’art. 36 -bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 con riferimento ai redditi del 2009.
1.1. RAGIONE_SOCIALE, per atto pubblico del 17 dicembre 2007, conferiva alla RAGIONE_SOCIALE – neocostituita e interamente partecipata dalla prima – il ramo di azienda relativo alla gestione dell’attività alberghiera ; contestualmente conferiva un credito di imposta per un importo complessivo di euro 1.142.250,00 spettante in ragione di investimenti in aree svantaggiate ai sensi dell’art. 8 legge n. 388 del 2000 nel periodo compreso tra il 31 dicembre 2002 ed il 31 dicembre 2006 di cui, euro 514.359,78 maturati ante 8 luglio 2002 ed euro 627.889,91 post 8 luglio 2002. La suddivisione derivava dalle n uove modalità di accedere al credito introdotte dall’art. 62 legge n. 289 del 2002.
1.2. Per l’effetto, la RAGIONE_SOCIALE, divenuta cessionaria del credito, negli anni successivi, lo portava il credito in compensazione inserendolo nel Modello Unico di competenza.
Per quanto, in particolare, attiene al presente giudizio, la contribuente inseriva nel Modello NUMERO_DOCUMENTO il residuo credito portato in compensazione nel 2009 per euro 29.365,00.
L’Amministrazione, riscontrando l’assenza di qualunque credito maturato nell’anno precedente , provvedeva, con la cartella oggetto di
giudizio, emessa ai sensi dell’art. 36 -bis d.P.R. n. 600 del 1973, al recupero RAGIONE_SOCIALE compensazioni indebitamente effettuate.
1.3. La società contribuente, per quanto ancora di rilievo, impugnava la cartella assumendo che l’Ufficio avrebbe dovuto procedere al recupero a mezzo atti motivato.
Considerato che:
Con il primo motivo l’RAGIONE_SOCIALE denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. , violazione e falsa applicazione dell’art. 36bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dell’art.1, comma 421 legge 2004, n. 311, dell’art. 2697 cod. civ.
Censura la sentenza impugnata per aver erroneamente ritenuto che per il recupero di crediti di imposta indebitamente utilizzati l’Ufficio debba procedere ex art. 1, comma 421 legge n. 311 del 2004. Osserva che, al contrario, l’Ufficio ben può emettere la cartella di cui all’ art. 36bis d.P.R. n. 600 del 1973.
Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 3 6 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
Osserva che se la C.t.r., affermando che il corretto inquadramento della vicenda è la «riscossione di crediti di imposta debitamente utilizzati», avesse sottinteso che vi è un recupero di imposta non inquadrabile nei casi si cui all’ art. 36bis d.P.R. n. 600 del 1973, la sentenza sarebbe nulla per motivazione ellittica ed involuta.
Il primo motivo è infondato, restando assorbito il secondo.
3.1. Deve rilevarsi di ufficio che, con riferimento al medesimo credito di imposta, ovvero quello conferito alla odierna contribuente dalla RAGIONE_SOCIALE, l’Ufficio aveva emesso cartella di pagamento ai sensi dell’art. 36 -bis cit. anche per l’anno 2008 in ragione di quanto esposto nel Modello Unico 2009.
Su detta prima cartella questa Corte si è pronunciata con l’ordinanza n. 3881 del 2023 ritenendo che l’Ufficio non potesse procedere al recupero con la cartella di cui all’art. 36 -bis.
Più precisamente, la Corte, nel precedente richiamato, in fatto ha riferito che l’Ufficio aveva provveduto al recupero RAGIONE_SOCIALE compensazioni che la società aveva indebitamente effettuato, per complessivi € 596.440,00, ritenendo sussistente un proprio credito d’imposta maturato ai sensi dell’art. 8 legge 23 dicembre 2000, n. 388 e che aveva esposto nel Modello Unico del 2009; che la RAGIONE_SOCIALE.t.r. – dopo aver affermato che la società aveva iniziato la propria attività a far data dal 31 dicembre 2007, ed era così impossibile che essa avesse maturato crediti anteriori al 1° gennaio 2008 -aveva ritenuto che ‘Amministrazione avrebbe dovuto procedere ad una rettifica mediante l’emissione di un avviso di recupero motivato e non mediante cartella di pagamento ex art. 36-bis d.P.R. n. 600 del 1973. Di seguito, in diritto, richiamando il proprio indirizzo di legittimità, condiviso anche da questo Collegio, ha evidenziato che: 1) la diretta iscrizione a ruolo della maggiore imposta ai sensi dell’art. 36 -bis d.P.R. n. 600 del 1973 è consentita solo quando il dovuto si determina tramite un semplice controllo della dichiarazione cartolare, sulla base dei dati forniti dal contribuente, o di una mera correzione di errori materiali o di calcolo, e non anche quando vadano risolte questioni giuridiche; 2) con riferimento all’esposizione di crediti di imposta non spettanti, l’art. 36 -bis, comma 2, lett. e), d.P.R. cit. prevede che il controllo automatizzato possa applicarsi anche a tale fattispecie, sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate e di quelli in possesso dell’anagrafe tributaria; che, pertanto, in termini generali, pertanto, l’iscrizione a ruolo di un credito di imposta indicato dal contribuente nella dichiarazione dei redditi postula, per la sua legittimità, che l’Ufficio a bbia verificato la
correttezza della suddetta indicazione; 3) ove, tuttavia, tale verifica abbia comportato il disconoscimento del credito esposto nella dichiarazione dei redditi, il recupero non può avere luogo mediante emissione di una cartella di pagamento, comportando verifiche e valutazioni giuridiche che impongono la previa emissione di motivato avviso di verifica. Per l’effetto la Corte ha confermato la sentenza della C.t.r. la quale aveva ritenuto che l’Ufficio , nella fattispecie specifica, non avrebbe potuto procedere al recupero a mezzo della cartella ex art. 36bis cit.
3.2. Ciò posto, deve osservarsi che sulla questione oggetto del contendere -ovvero la possibilità per l’Ufficio di recuperare a mezzo cartella ex art. 36bis d.P.R. n. 600 del 1973 il credito di imposta ceduto dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE, neocostituita, contestualmente alla cessione del ramo di azienda -in virtù della pronuncia sopra richiamata è sceso il giudicato.
3.2.1. In primo luogo deve rammentarsi che nel caso in cui il giudicato esterno si sia formato a seguito di una sentenza della Corte di cassazione, i poteri cognitivi del giudice di legittimità possono pervenire alla cognizione della precedente pronuncia anche mediante quell’attività d’istituto (relazioni preliminari ai ricorsi e massime ufficiali) che costituisce corredo della ricerca del collegio giudicante, in tal senso deponendo non solo il principio generale che impone di prevenire il contrasto tra giudicati ed il divieto del “ne bis in idem”, ma anche il rilievo secondo cui la conoscenza dei propri precedenti costituisce un dovere istituzionale della Corte, nell’adempimento della funzione nomofilattica di cui all’art. 65 dell’ordinamento giudiziario (Cass. Sez. U. 17/12/2007, n. 26482).
Per altro, il precedente è stato segnalato dalla contribuente nell’istanza di fissazione di udienza.
3.2.2. Inoltre Questa Corte, a Sezioni Unite, seguita da giurisprudenza consolidata, ha affermato che l’efficacia del giudicato, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente. (Cass., Sez. U., 16/06/2006, n. 13916 e, ex plurimis, Cass. 07/12/2021, n. 38950, Cass. 22/11/2021, n. 35920).
3.2.3. Nella fattispecie in esame, nel precedente richiamato si è già accertato, con riferimento al medesimo credito di imposta, che non era possibile il recupero a mezzo cartella ex art. 36bis cit . E’ irrilevante, pertanto, ai fini degli effetti del giudicato esterno, che il credito sia stato utilizzato in compensazione dalla cessionaria in più anni di imposta in quanto non solo il credito è il medesimo – ovvero quello ceduto dalla RAGIONE_SOCIALE contestualmente alla cessione del ramo di azienda alla neocostituita RAGIONE_SOCIALE – ma anche le ragioni del recupero sono le medesime, ovvero che il credito di imposta non era stato dichiarato nel 2007.
Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1quater , d.P.R., 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a corrispondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 200, per esborsi, euro 2.200,00 per compenso, oltre il 15 per cento per rimborso forfetario spese generali, iva e cap come per legge.
Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2024.