Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14636 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14636 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 19596/2016 proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME giusta procura speciale conferita in calce al ricorso per cassazione, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO
Pec: EMAIL
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO
Pec: EMAIL
– controricorrente –
e nei confronti di
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore
; – intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della CAMPANIA n. 417/2016, depositata in data 19 gennaio 2016, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’8 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
L a Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello proposto da COGNOME avverso la sentenza di primo grado che aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso avente ad oggetto una cartella di pagamento relativa ad Irpef, Ilor, Iva ed accessori per gli anni 19921995, ai sensi dell’art. 17 bis del d.lgs. n. 546 del 1992, che, per le controversie di valore inferiore ad euro 20.000,00 riguardanti atti dell’Agenzia delle Entrate notificati dal 1° aprile 2021 aveva previsto l’espletamento, a pena di inammissibilità, del reclamo.
I giudici di secondo grado, in particolare, hanno ritenuto che
-) il ruolo, divenuto esecutivo il 1° agosto 2013, era stato consegnato ad Equitalia il 10 settembre 2013 e che la cartella di pagamento era stata regolarmente notificata alla contribuente il 29 ottobre 2013, nel rispetto dei termini decadenziali prescritti per legge;
-) il ricorso introduttivo era inammissibile ai sensi dell’art. 17 bis del d.lgs. n. 546 del 1992, perché la contribuente non aveva proposto istanza di reclamo avverso l’atto dell’Agenzia delle Entrate;
-) la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 17 bis del d.lgs. n. 546 del 1992 non produceva effetti retroattivi sulla fattispecie in disanima, che afferiva all’iscrizione a ruolo di somme pretese dall’Erario relative ad un rapporto esaurito.
COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a otto motivi e successiva memoria, cui resiste Equitalia RAGIONE_SOCIALE Riscossione s.p.a. con controricorso.
L’ Agenzia delle Entrate non ha svolto difese.
CONSIDERATO CHE
Preliminarmente va rilevato che il decesso della ricorrente, comunicato dal suo difensore nella memoria depositata telematicamente in data 28 marzo 2025, non dà luogo ad interruzione del giudizio di cassazione, poiché le disposizioni di cui agli artt. 299 e segg. cod. proc. civ. si riferiscono ai soli giudizi di merito e non sono analogicamente applicabili al giudizio di legittimità (Cass., 25 febbraio 1995, n. 2142; Cass., 18 aprile 2002, n. 5626; Cass., 8 luglio 2004, n. 12581; Cass., 31 maggio 2012, n. 8685; Cass., 17 luglio 2013, n. 17450; Cass., 15 novembre 2017, n. 271439).
Il primo motivo deduce la violazione dell’art. 2 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 2, cod. proc. civ., e la nullità del decreto del 3 giugno 2015, a firma del Presidente f.f. della CTR della Campania, dott. NOME COGNOME in quanto la sentenza emessa dalla CTR di Napoli era affetta da nullità insanabile in quanto pronunciata in violazione del giudice naturale precostituito per legge di cui all’art. 25, comma primo, Cost..
Il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 17 bis del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., in forza della sentenza della Corte Costituzionale n. 98 del 16 aprile 2014, che aveva dichiarato incostituzionale l’art. 17 bis citato e che aveva efficacia retroattiva.
Il terzo motivo deduce l’omessa notificazione -inesistenza o nullità della notificazione e la violazione degli artt. 148 e 160 c.p.c., anche in relazione all’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973 e dell’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art . 360, primo comma, n. 3, c.p.c., in
quanto la cartella di pagamento non recava la relazione di notificazione ed era stata eseguita a mezzo raccomandata direttamente ed illegittimamente da persona di cui si ignorava nome e qualità.
Il quarto motivo deduce la carenza di motivazione, di chiarezza e del titolo per l’iscrizione a ruolo, la violazione degli artt. 6, 7 e 10 della legge n. 212 del 2 000, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., in quanto la cartella di pagamento era priva di motivazione e sussisteva l’impossibilità di comprendere le ragioni della pretesa creditoria.
Il quinto motivo deduce la nullità della notifica degli atti presupposti, la prescrizione de l diritto di credito e la violazione dell’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. e la violazione dell’art. 8, comma 3, della legge n. 212 del 2000, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., esse ndo prescritte le pretese creditorie risalenti agli anni 1992, 1993, 1994 e 1995.
Il sesto motivo deduce la decadenza dal potere di iscrivere a ruolo e la violazione degli artt. 17 e 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., in quanto l’Agente della riscossione doveva notificare la cartella di pagamento entro il 31 dicembre del secondo anno consecutivo a quello in cui l’accertamento era divenuto definitivo.
Il settimo motivo deduce la violazione del giudicato della sentenza della CTP di Avellino n. 270/04/12 e la nullità della sentenza, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., in quanto era stato revocato uno sgravio operato sulla scorta della sentenza indicata ed era stata iscritta a ruolo la somma sgravata secondo una distribuzione non conosciuta e comunque contestata.
L’ottavo motivo deduce la violazione dell’art. 97 Cost. e dell’art. 96 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. e la responsabilità processuale aggravata dell’Agenzia delle Entrate, con condanna al pagamento della somma ex art. 96, comma 3, c.p.c., in
quanto l’esposizione dell’intera vicenda era funzionale a supportare e reiterare anche in sede di legittimità la richiesta di condanna per responsabilità processuale aggravata.
Il secondo motivo, la cui trattazione è prioritaria, è fondato, con conseguente assorbimento dei restanti motivi.
10.1 La questione posta all’attenzione di questa Corte attiene alla corretta applicazione alla fattispecie del regime relativo alla mancata presentazione del ricorso-reclamo di cui all’art. 17 bis del d.lgs. n. 546 del 1992.
10.2 Ed invero, i n base all’articolo censurato – le cui disposizioni si applicano « con riferimento agli atti suscettibili di reclamo notificati a decorrere dal 1° aprile 2012» (comma 11 dell’art. 39 del d.l. n. 98 del 2011) – per le controversie «relative ad atti emessi dall’Agenzia delle entrate» e «di valore non superiore a ventimila euro» (da tale àmbito applicativo dei nuovi istituti sono peraltro escluse, a norma del comma 4 dello stesso art. 17-bis, le liti relative ad atti volti al recupero di aiuti di Stato), chi intende proporre ricorso alla commissione tributaria provinciale «è tenuto preliminarmente a presentare reclamo» (comma 1) alla Direzione provinciale o alla Direzione regionale che ha emanato l’atto, le quali provvedono attraverso apposite strutture diverse ed autonome da quelle che curano l’istruttoria degli atti reclamab ili» (comma 5). L’adempimento di tale obbligo di previa presentazione del reclamo «è condizione di ammissibilità del ricorso», la cui inammissibilità «è rilevabile in ogni stato e grado del giudizio» (comma 2, primo e secondo periodo )» (cfr. par. 1.1 della parte «Considerato in diritto», della sentenza della Corte Costituzione n. 98 del 16 aprile 2014).
10.3 La previsione normativa in esame è stata successivamente modifica dal legislatore con l’art. 1, comma 611, lett. a), n. 1), della legge 27 dicembre 2013, n. 147, sostituendo, a partire dall’1 gennaio 2014, la sanzione della inammissibilità del ricorso con quella della
improcedibilità, prevendo, in particolare, nel caso in cui fosse stata rilevata dal giudice, il rinvio della trattazione per consentire l’effettivo espletamento della procedura finalizzata alla conciliazione; i giudici delle leggi, al riguardo, hanno affermato che le modificazioni dell’impugnato art. 17 bis non possono avere alcuna influenza sui giudizi principali, in quanto « va rilevato che la lettera b) del comma 611 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013 ha previsto che «Le modifiche di cui alla lettera a) si applicano agli atti notificati a decorrere dal sessantesimo giorno successivo all’entrata in vigore della presente legge» (cioè – essendo detta legge entrata in vigore il 1° gennaio 2014 – agli atti notificati a decorrere dal 2 marzo 2014). Ne conse gue che l’indicato ius novum non si applica alle fattispecie oggetto dei giudizi a quibus, le quali continuano a essere regolate dal testo originario dell’art. 17 -bis (cfr. par. 3, della parte «Considerato in diritto», della sentenza della Corte Costituzionale n. 98 del 16 aprile 2014).
10.4 Con riferimento, quindi, alla fattispecie in esame era applicabile la previsione normativa nel testo previgente alla modifica normativa, non anche quella successiva che, come detto, poteva regolare solo atti processuali successivi alla sua entrata in vigore ( nel caso in esame viene in evidenza il ricorso proposto in data 24 dicembre 2013 avverso la cartella di pagamento asseritamente notificata in data 29 ottobre 2013 ).
10.5 E, tuttavia, la previsione normativa di cui all’art. 17 bis , comma 2, citato, nel testo applicabile ratione temporis , è stata dichiarata incostituzionale con la sentenza, citata, della Corte Costituzionale n. 98 del 16 aprile 2014; in particolare, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 17 bis , comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, nel testo originario, anteriore alla sostituzione dello stesso ad opera dell’art. 1, comma 611, lettera a), numero 1), della legge n. 147 del 2013, con la precisazione che, con riguardo ai rapporti non esauriti ai quali era ancora applicabile il censurato comma 2 dell’art.
17 bis nel suo testo originario, per effetto della decisione dichiarativa di illegittimità costituzionale, l’eventuale omissione della previa presentazione del reclamo rimaneva priva di conseguenze giuridiche; in tal modo, la stessa Corte ha chiarito che, con riferimento ai rapporti non esauriti, la pronuncia di incostituzionalità ha comportato il venire meno degli effetti della previsione normativa sin dall’origine.
10.6 Si tratta di un’a ffermazione in linea con il costante orientamento del Giudice delle leggi in ordine agli effetti retroattivi della pronuncia di incostituzionalità di una previsione normativa; ed invero, in base all’art. 136 Cost., quando viene dichiarata la illegittimità costituzionale di una legge, questa « cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione » ; inoltre, l’art. 30 della legge n. 87 del 1953, dopo avere disposto in ordine alla pubblicazione della sentenza ed alla comunicazione alle Camere « affinchè, ove lo ritengano necessario, adottino i provvedimenti di loro competenza », statuisce a sua volta che « le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione »; dunque, diversamente da quanto si verifica nel caso di abrogazione delle norme, che ha per presupposto la invalidità della legge, in quanto viziata dall’essere in contrasto con un precetto costituzionale fin dalla sua emanazione, la dichiarazione di incostituzionalità di una norma comporta che la norma dichiarata incostituzionale non è più applicabile ai rapporti che siano o divengano oggetto di giudizio, ancorché riguardanti situazioni anteriori alla pronuncia di incostituzionalità, salvi gli effetti dei giudicati già formatisi, nonché delle decadenze e delle prescrizioni verificatesi e non direttamente investite nei loro presupposti normativi dalla pronuncia di incostituzionalità (cfr. Cass., 14 ottobre 2021, n. 27955, secondo cui « In tema di processo tributario, per effetto della dichiarazione di incostituzionalità (sent. n. 98 del 2014) dell’art. 17-bis, d.lgs. n. 546 del 1992 (vigente “ratione temporis”), l’omessa presentazione del reclamo non è condizione di
ammissibilità del ricorso con riguardo ai rapporti non esauriti per i quali è applicabile l’indicata disposizione normativa e i cui effetti, in ragione della pronuncia di incostituzionalità, devono considerarsi venuti meno sin dall’origine »).
10.7 Tutto ciò premesso, da un lato, alla fattispecie in esame non poteva essere applicato il nuovo testo della previsione normativa, perché la stessa avrebbe potuto applicarsi solo per gli atti notificati dal 2 marzo 2014, mentre il ricorso introduttivo del giudizio è stato notificato in data 24 dicembre 2013 e ha avuto ad oggetto la cartella di pagamento asseritamente notificata in data 29 ottobre 2013 (cfr. pag. 2 del ricorso per cassazione) (e, in ogni caso, ove si fosse applicata la suddetta novella normativa, il giudice non avrebbe potuto dichiarare l’inammissibilità, ma rinviare la trattazione al fine di consentire l’effettivo espletamento della procedura finalizzata alla conciliazione); d’altro lato, la pronuncia della Corte costituzionale, con la dichiarazione di incostituzionalità, ha espunto dall’ordinamento la precedente disposizione normativa con effetto retroattivo con riguardo ai rapporti non esauriti, sicché non era possibile dichiarare l’inammissibilità del ricorso; ed infatti, nella vicenda in esame, non si può ragionare in termini di «rapporti esauriti», in quanto proprio la questione della regolare introduzione del ricorso, in caso di omessa presentazione del reclamo, costituiva ancora oggetto del contendere e non poteva trovare più applicazione la previsione contenuta nell’art. 17 bis , citato nel testo previgente, sicché non correttamente il giudice del gravame (confermando la statuizione di inammissibilità del giudice di primo grado) ha ritenuto che, non essendo stato presentato il reclamo, il ricorso doveva essere dichiarato inammissibile.
10.8 Ne consegue l’accoglimento del secondo motivo di ricorso, con assorbimento dei restanti motivi, e la cassazione della sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di
Giustizia tributaria di secondo grado della Campania, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, con assorbimento dei restanti motivi; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 8 aprile 2025.