Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15133 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15133 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
– ricorrente
–
contro
NOME COGNOME , con avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-controricorrente –
Avverso la sentenza n. 2540/2019 depositata il 13 giugno 2019 e resa dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16 aprile 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Si dà atto che il AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME ha concluso per la declaratoria di inammissibilità o in subordine per il rigetto del ricorso.
RILEVATO CHE
1.La CTR, nell’accogliere con la sentenza impugnata l’appello proposto dal contribuente, ha confermato l’annullamento dell’avviso di accertamento nei confronti del contribuente (anno
d’imposta 2007), conseguente alla contestazione di aver lo stesso svolto le mansioni di amministratore occulto del gruppo ‘RAGIONE_SOCIALE‘, costituito da una società operativa (che periodicamente veniva spogliata dei beni e strutture in favore di una nuova società) e di una serie di società ‘cartiere’, tra cui la RAGIONE_SOCIALE, i cui fatti di evasione sono imputati nell’avviso oggetto di causa all’amministratore occulto, queste ultime costituite al solo scopo di abbattere il reddito dell’operativa, ponendosi come fittizie intermediarie all’acquisto e vendita di beni, di cui maggioravano gli importi, gonfiando così i costi o riducendo il margine di reddito, dunque in adempimento di un disegno fraudolento complessivo, poiché le suddette ‘cartiere’ si trovavano poi nella condizione di non avere mezzi e dunque non offrire alcuna garanzia per il pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte maturate.
L’RAGIONE_SOCIALE propone così ricorso in cassazione affidato a tre motivi, mentre il contribuente resiste a mezzo di controricorso.
Successivamente le parti hanno depositato memorie illustrative.
CONSIDERATO CHE
1.Col primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 57, d.p.r. n. 633/1972 e 43, d.p.r. n. 600/1973, laddove la pronuncia d’appello ha ritenuto la decadenza del potere di accertamento dell’IRPEF e dell’IVA (avendo prestato acquiescenza l’amministrazione circa l’IRAP) in quanto si è esclusa l’applicabilità nella specie del raddoppio dei termini ivi previsti a pena di decadenza dell’indicata potestà.
2.Col secondo motivo si denuncia omesso esame di un fatto decisivo, costituito dalla copia della segnalazione dell’ufficio antifrode, che recava stralci del p.v.c., allegato infatti agli avvisi di accertamento, e per tale omissione dichiarava che nulla fosse stato comunicato al contribuente relativamente al p.v.c. presupposto, elevato nei riguardi della società RAGIONE_SOCIALE nella quale lo stesso non rivestiva alcun incarico.
Col terzo motivo si denuncia nullità della sentenza per omessa motivazione, laddove la pronuncia impugnata non indicava i motivi in base ai quali ha ritenuto che l’RAGIONE_SOCIALE non ebbe a fornire elementi a riprova del coinvolgimento del COGNOME nella gestione RAGIONE_SOCIALE società del gruppo RAGIONE_SOCIALE, e che gli addebiti ascritti al COGNOME non erano provati in quanto estraneo ad ogni attività decisionale o gestoria.
4. Il ricorso è inammissibile.
La pronuncia impugnata si basa su diverse rationes decidendi, una RAGIONE_SOCIALE quali effettivamente è fondata sulla carenza di motivazione degli atti impositivi per rinviare essi a ‘atti sconosciuti al contribuente’.
Tale ratio è attinta dal secondo motivo di ricorso.
Con una seconda ratio, la pronuncia afferma che il COGNOME era estraneo ad ogni attività decisionale e gestoria, e che l’amministrazione non ebbe a dimostrare che lo stesso era coinvolto nella gestione stessa.
Tale ratio è attinta dal secondo motivo di ricorso.
La pronuncia poi si basa su una terza ratio, costituita dall’intervenuta decadenza dell’amministrazione dalla propria potestà di accertamento, e anch’essa risulta attinta dal ricorso, precisamente dal primo motivo.
Viceversa, nessun motivo del ricorso attinge un’ulteriore ratio decidendi, che pure caratterizza la pronuncia impugnata, costituita dal fatto che secondo la CTR ‘gli avvisi di accertamento erano stati emessi nei confronti di società estinta e, quindi, sono inesistenti, assolutamente privi di qualsivoglia validità ed efficacia, in quanto entrambi emessi nei confronti di una società (da ormai da quasi sette anni) estinta e, dunque, nei riguardi di un soggetto non più esistente…’.
Come noto, in caso di pronunce sorrette da plurime ed autonome rationes decidendi, ove anche una sola di esse non risulti oggetto di
impugnazione, rispetto ad essa la sentenza diventa definitiva, con conseguente difetto di interesse all’impugnazione e inammissibilità radicale del ricorso.
‘Nel caso in cui venga impugnata con ricorso per cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario, per giungere alla cassazione della pronuncia, non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso sia accolto nella sua interezza, affinché si compia lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, il quale mira alla cassazione della sentenza, ossia di tutte le ragioni che autonomamente la sorreggono. È sufficiente, pertanto, che anche una sola RAGIONE_SOCIALE ragioni non formi oggetto di censura, ovvero che sia respinta la censura relativa anche ad una sola di esse, perché il motivo di impugnazione debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni’ (Cass. 23/03/2002, n. 4199).
Poiché nella specie, come visto, la ratio da ultimo riferita non risulta oggetto di impugnazione, deve ritenersi che la sentenza sia divenuta in rapporto alla stessa definitiva, e pertanto difettando l’interesse a ricorrere il ricorso spiegato è inammissibile.
5. Le spese gravano sull’amministrazione soccombente, mentre n ei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE non sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.p.r. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non potendo tale norma trovare applicazione nei confronti RAGIONE_SOCIALE Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass.n.1778 del 29/01/2016).
P. Q. M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso.
Condanna l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese, che liquida in € 13.000,00 oltre rimborso forfettario 15 %, i.v.a. e c.p.a., ed oltre ad € 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, il 16 aprile 2024