Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26310 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26310 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 29/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19423/2023 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in SOVERATO, INDIRIZZO DIG, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA), che la rappresenta e difende -controricorrente- avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO CALABRIA n. 1156/02/23 depositata il 19/04/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 1156/02/2023 del 19/04/2023, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria (di seguito CGT2) respingeva l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) avverso la sentenza n. 95/01/22 della Commissione tributaria provinciale di Catanzaro (di seguito CTP), che aveva a sua volta rigettato il ricorso della società contribuente nei confronti di un’intimazione di pagamento.
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata e dalle difese delle parti, l’intimazione di pagamento riguardava due cartelle di pagamento, l’una per credito d’imposta ed IVA relativi all’anno d’imposta 2014 e l’altra per IVA relativa all’anno d’imposta 2012, nonché un avviso di accertamento per IVA relativa all’anno d’imposta 2011.
1.2. La CGT2 respingeva l’appello di SSP evidenziando che: a) in primo grado era stata impugnata unicamente l’intimazione di pagamento e non anche i tre atti ad essa prodromici e la contestazione della omessa notifica di detti atti era, pertanto, nuova; b) in ogni caso, l’agente della riscossione aveva comprovato la regolare notificazione sia delle cartelle di pagamento (avvenuta a mezzo PEC), sia dell’avviso di accertamento (avvenuta a mezzo raccomandata a.r.); c) la notifica a mezzo PEC era stata regolarmente effettuata da un indirizzo riconducibile al mittente, non essendo necessario che detto indirizzo risulti nell’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata; d) irrilevante era, infine, la mancata sottoscrizione digitale degli atti notificati.
SSP impugnava la sentenza della CGT2 con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
L’Agenzia delle entrate -Riscossione (di seguito ADER) resisteva con controricorso.
Con decreto del 22/01/2024, questa Corte formulava proposta di definizione anticipata ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.
Con istanza del 14/02/2024 SSP chiedeva la decisione del ricorso e, quindi, depositava memoria ex art. 380 bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso di SSP è affidato a quattro motivi, di seguito riassunti.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 132, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nonché dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. , per avere la CGT2 reso motivazione apparente, in quanto la sentenza impugnata avrebbe evitato di confrontarsi con le censure prospettate dalla ricorrente, da un lato, qualificandole come nuove, e, dall’altro, affermando apoditticamente la regolarità delle suddette notifiche.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e la falsa applicazione dell’art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, per avere la CGT2 erroneamente ritenuto la regolarità della notificazione delle cartelle di pagamento a mezzo PEC sebbene non risulti che il domicilio digitale utilizzato dall’agente della riscossione sia effettivamente quello di SSP risultante dai pubblici elenchi, in assenza della necessaria attestazione.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 16, comma 12, del d.l. 18 ottobre 2012 conv. con modif. nella l. 17 dicembre 2012, n. 221, del d.m. n. 44 del 2011 , dell’art. 26, secondo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, degli artt. 6 ter e 6 quinquies del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale -CAD) e dell’ art. 160 cod. proc. civ., per essere la sentenza impugnata, da un lato, nulla, poiché
omette di illustrare le ragioni della decisione e, dall’altro, illegittima, poiché «la notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi».
1.4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la carenza di firma digitale in calce alle cartelle di pagamento notificate, configurandosi una violazione degli artt. 20, 21 e 22 del CAD , nonché dell’ art. 2702 cod. civ. Nella prospettazione della ricorrente, il documento informatico avrebbe dovuto essere sottoscritto e la carenza di firma rende l’atto invalido alla stessa stregua di un atto cartaceo non firmato, sicché la CGT2 avrebbe dovuto accogliere l’appello di SSP e dichiarare invalide le contestate notifiche.
Il primo motivo di ricorso, con il quale si contesta motivazione apparente ed omessa pronuncia, è infondato.
2.1. Secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte, si è in presenza di una motivazione apparente allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice. Sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente è poi quella perplessa e incomprensibile: in entrambi i casi, invero -e purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali -l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza
impugnata per cassazione (Cass. S.U. n. 22232 del 03/11/2016; Cass. S.U. n. 16599 del 05/08/2016; Cass. S.U. n. 8053 del 07/04/2014).
2.2. Nel caso di specie, la CGT2 -con riferimento alla questione concernente l’omessa notifica degli atti prodromici ha articolato una duplice ratio decidendi : i) la censura non è stata proposta in primo grado, con conseguente inammissibilità del rilievo proposto solo in sede di gravame; ii) in ogni caso, le cartelle di pagamento risultano regolarmente notificate a mezzo PEC e l’avviso di accertamento risulta regolarmente notificato a mezzo posta.
2.3. Tale motivazione, sicuramente sintetica, soddisfa pienamente il minimo costituzionale e, quindi non può dirsi apparente. Né può configurarsi un’omessa pronuncia, non dovendo il giudice di merito dar conto di tutte le questioni sollevate dalle parti allorquando la motivazione assunta è incompatibile con il loro accoglimento.
Il rigetto del primo motivo di ricorso comporta l’inammissibilità degli altri motivi per sopravvenuto difetto di interesse.
3.1. Invero, come precedentemente chiarito, la sentenza della CTR si affida a due concorrenti rationes decidendi , ciascuna idonea a sostenere di per sé sola la decisione. Orbene, poiché l’unico motivo di ricorso con il quale è stata messa (per il vero, nemmeno direttamente) in discussione la prima ratio decidendi (cfr. sub 2.2., lett. i) è stato rigettato, non v’è più l’interesse della società contribuente all’esame delle altre tre censure proposte (cfr., ex multis e da ultimo, Cass. n. 17182 del 14/08/2020; Cass. n. 13880 del 06/07/2020; Cass. n. 10815 del 18/04/2019; Cass. n. 15399 del 13/06/2018).
In conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle
spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite di euro 45.502,44.
4.1. La società contribuente va, altresì, condannata, ai sensi dell’art. 96, terzo e quarto comma, cod. proc. civ., richiamati dall’art. 380 bis cod. proc. civ., al pagamento delle ulteriori somme pure liquidate in dispositivo.
4.2. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 4.300,00, oltre alle spese di prenotazione a debito e alla somma di euro 2.000,00 a titolo di responsabilità aggravata; condanna, altresì, la ricorrente al pagamento della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 13/03/2025.
Il Presidente NOME COGNOME